[Test] Michelin Power Adventure Competition Line

La prova su strada

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La prova su strada

Col senno di poi potevo bellamente evitarmi questa ulteriore complicazione, come avete visto sono già abbastanza ingolfato coi test; dopo le Pirelli Cinturato, queste Michelin Power Adventure, arriverà la recensione delle Continental Terra HardPack; e nel frattempo, inatteso, si è sommato l’arrivo di quattro set di gomme stradali, praticamente tutta la rinnovata gamma Good Year riservata al bitume.

Però io sono curioso, sempre. Mi piace conoscere, provare a capire, mettere alla prova anzitutto me stesso. Non è il primo test che svolgo con identico modello e in doppia larghezza, già sapevo che la logistica sarebbe stata complicata.

Più bici, più set di ruote, percorsi dove poter creare le condizioni ideali. Tutto raddoppiato.

Un lavoro che mi sono sobbarcato con piacere, ci mancherebbe. Alla fine si tratta di andare in bici, e io a pedalare mi diverto.

 

Forse vi divertite meno voi a sobbarcarvi le mie chiacchiere, quindi evito ulteriori divagazioni per entrare nel vivo, partendo dal montaggio.

Tutti sappiamo che i TLR sono sempre più duretti a calzare sul cerchio, è naturale conseguenza della loro stessa tecnologia.

Nulla di difficile, si fa il lavoro a mani nude usando una tecnica semplicissima e che ho mostrato spesso; alla peggio ci si aiuta con qualche utensile specifico per tubeless (mai le levette cacciacopertoni) e anche di questo vi ho già parlato.

Coi Michelin Power Adventure non sembra di avere tra le mani un TLR bensì un normale copertoncino, tra l’altro molto morbido.

Per praticità tendo a svolgere subito la trafila delle immagini in esterno, da quando testando una bici scivolai sul ghiaccio danneggiando il manubrio; e me stesso.

Da quel momento, poiché odio le immagini con le bici o il componente in cattivo stato, preferisco risolvere subito la (per me noiosa) questione immagini.

E sempre per praticità, quando si tratta di gomme e ho più gomme da fotografare, le TLR le monto con le camere. Il lattice solo a inizio test vero e proprio.

Perché vi sto tediando con queste considerazioni? Perché nelle giornate dedicate alle immagini mi sono trovato a montare le gomme su strada varie volte su diversi cerchi, sempre a mano, sempre velocemente. Sempre senza attrezzi.

Una volta in officina e preparate le ruote per i test, ho inserito il sigillante (quantità indicata dal produttore del liquido, ognuno ha i suoi parametri) e tallonato subito, grazie alla “morbidezza” del copertoncino che non oppone alcuna resistenza.

Sempre a proposito delle camere: non ho svolto il test aggiuntivo come fatto l’ultima volta con le Pirelli Cinturato Gravel RC, sia perché sapete sono contrario a questa pratica e sia perché, onestamente, mi mancava il tempo per aggiungere una ulteriore complicazione.

Però mi sono bastati i pochi chilometri percorsi nelle giornate dedicate alle immagini per capire, subito, che se usi le camere hai sprecato un ottimo set di gomme.

Bene chiarito questo, possiamo realmente partire.

Dall’asfalto, mi sembra giusto.

Regolata subito la corretta pressione di esercizio in base al mio peso, immediatamente ci si ritrova a pedalare su gomme scorrevolissime, veloci, leggere.

I pesi da me rilevati sono stati un soffio sotto i 400 grammi per la 36, 50g in più per la sorella in carne.

Nella misura maggiore, la 700×42, si può contare su un comfort di elevato livello, con la carcassa che assorbe perfettamente l’asfalto rovinato.

Nulla cambia, se non di pochissimo, con la dimensione inferiore, la 700×36, ma giusto perché lavora con qualche decimale di bar in più e quindi avverti qualche colpetto.

In ambedue i casi si scivola veloci, con sempre ben chiara la percezione del grip sull’asfalto, esattamente come mi è capitato nei diversi test di copertoncini Michelin stradali.

Il peso non si avverte più di tanto, del resto siamo abbastanza vicini a quello di copertoncini da asfalto, permettendo di tenere un ottimo passo in pianura.

Rilanciando l’andatura c’è una minima, quasi impercettibile differenza tra due misure, con la 42 che mostra un leggerissimo ritardo.

Più che il peso supplementare è lo “schiacciamento” della gomma al suolo quando ci si alza sui pedali a caricare tutto. Non è una frenata, capiamoci, è il normale comportamento di una gomma siffatta, la differenza c’è con la 36 e siamo nella norma.

Comunque ho sempre ritenuto la pianura poco probante per le gomme, salita e discesa fanno risaltare le caratteristiche.

Siamo ancora su asfalto, impegniamo la prima salita, non molto lunga e con pendenze pedalabili, intorno al 5%, qualche strappetto che arriva all’8%.

La gomma sale spedita, a parità di bici e ruote non richiede mai di essere rilanciata, l’assorbimento delle irregolarità resta sempre molto alto.

Nella misura inferiore ancora una volta un leggerissimo vantaggio, avvertibile al variare della pendenza senza cambiare rapporto.

Però di contro si perde un filo di comfort, sempre dovuto alla differenza nelle pressioni di esercizio.

In tutti e due i casi, con l’andatura che cala a causa della pendenza rispetto alla pianura, puoi “sentire” la gomme lavorare.

Non l’ho virgolettato perché non avevo verbi giusti a disposizione: sentire è quello giusto.

Hai questo suono di sottofondo con la gomma, la mescola, che passa su piccoli detriti, sassolini, quelli minuscoli che sempre riposano sull’asfalto.

E senti come vengono “masticati” dalle Michelin Power Adventure. Stavolta le virgolette ci vogliono ma l’effetto, credetemi, mentre si pedala è proprio quello.

Traslocando le gomme su salite più impegnative, pendenze medie del 9% e punte del 15%, in alcuni tratti 18%, hai la conferma che al giorno d’oggi la storia che le gomme larghe penalizzano non ha più ragione d’essere.

Ovviamente nei tratti più impegnativi, quelli dove ogni grammo è macigno nelle gambe, la più sottile e leggera 700×36 si avvantaggia.

Senza il contraltare del comfort che peggiora, l’andatura così bassa (la mia, ma vorrei vedere…) non da modo alla bici tutta di subire colpi, di doverli in qualche modo attutire.

Sempre la bassa andatura unita alla pendenza a due cifre lascia avvertire maggiormente lo schiacciamento della gomma alzandosi sui pedali, giusto in quel momento e poi tutto rientra nella normalità.

La carcassa è morbida, buon segno. Già si capiva durante il montaggio, la strada lo conferma.

Dopo la salita possiamo goderci la discesa; non riposarci perché si fa fatica anche scendendo, se non ci si affida solo alla gravità.

Qui il carattere stradale delle Michelin Power Adventure può dispiegarsi completamente.

Serve la velocità per apprezzarle, velocità che io posso ottenere solo in discesa.

Il comportamento delle gomme qui si è fatto apprezzare in pieno.

Trovare differenze, in peggio, con gomme tipicamente stradali è puro esercizio di stile, nella pratica devi sapere che sono gravel altrimenti non noteresti diversità.

In ambedue le misure l’appoggio è costante, sincero, generoso.

La tassellatura sui fianchi, ma dovrei dire battistrada data la minima estensione in altezza, mantiene grip in ogni condizione.

La deformazione controllata della carcassa è dolcissima, permette alle gomme di poggiare con sicurezza senza alcuna sensazione di liquidità, con l’avantreno ben saldo in traiettoria.

Non importa il raggio della curva, che sia uno stretto tornante da spigolare o un curvone largo da fare a tutta, ti ci puoi fiondare dentro con la certezza che le Power Adventure non tradiranno.

Sempre accompagnati dalla chiara sensazione del grip esercitato, esattamente, anche stavolta, come avvertii con le sorelle stradali della casa in altri test.

E la diversa dimensione?

Si, la diversa dimensione si avverte, o per meglio dire, si notano alcune differenze.

Entrando forte a freni tirati, quando vuoi spigolare la traiettoria per tenerti stretto, con la 42 hai una superiore resistenza all’avantreno e un  minimo effetto autoraddrizzante, credo imputabile alla minore pressione di esercizio più che a una differenza sostanziale della carcassa.

E diversamente da quanto credevo, la precisione in traiettoria si è rivelata a vantaggio della 36. Sempre alla fine hanno giocato quei decimi di bar in più che, se l’asfalto è buono, permettono alle Michelin Power Adventure di mantenere la linea con marziale cipiglio.

L’appoggio è generoso anche nella larghezza minore, l’avantreno guadagna ulteriore sveltezza, si può spigolare senza remore.

Solo qualche slittamento in frenata da panico, tipo “oddio sono largo, casco di sotto” che pure succede quando ci si illude di essere gran discesisti…

Ancora una volta la 42 lascia trasparire la sua superiore morbidezza, con un trasferimento di carico più accentuato. O, per meglio dire, il naturale trasferimento di carico che hai sull’anteriore in frenata mostra la maggior cedevolezza, che comporta un ancor minor carico sulla ruota motrice e qualche bloccaggio.

Tutto rimediabile trasferendo peso sul retrotreno, ma a volte non si ha né tempo né lucidità per pensare. In effetti servirebbe avere lucidità per pensare prima di trovarsi in queste situazioni, a volte cercate ma spesso non volute: comunque, anche questo è fieno in cascina per il mio notes.

Michelin, lo abbiamo visto prima, dichiara queste gomme 80% asfalto e 20% off road, da intendersi gravel, quindi strade bianche, sentieri, roba così. Non certo terreni morbidi o fango, il disegno del battistrada certifica subito non è il loro campo.

Per come sono andate le cose fin qui, posso dire di avere sotto le bici due ottime gomme stradali. Sportive.

Quindi andiamo a esplorare questo 20% e vediamo che succede.

Ho volutamente limitato la selezione dei percorsi, non avrebbe avuto senso portare le Michelin Power Adventure su terreni non suoi.

Ma complice il maltempo, comunque ho pedalato su sentieri ammorbiditi dall’acqua e anche questo è servito a costruire il quadro di questo test.

Senza star lì a specificare punto per punto (ma tanto lo farò lo stesso, mi conosco), anticipo che in fuoristrada la 42 si è avvantaggiata in ogni situazione.

Non significa che la 36 si è comportata male, chiariamo. Nel confronto diretto fuori dall’asfalto la superiore larghezza e la minore pressione di esercizio hanno prevalso.    

Come prevedibile, in fuoristrada l’assenza di tassellatura sui fianchi mette in crisi la guida se il terreno è morbido, se si curva sull’erba, se uno è così tonto (io…) da prenderla a tutta quella curva a gomito con l’erba bagnata, il ghiaietto stessa storia.

Non è ovviamente ascrivibile ai limiti della gomma, solo alle caratteristiche d’uso. Avessero sfoderato una circonferenza d’artigli e poi preso sotto, allora si, sarebbe un limite.

Quindi l’assenza di un battistrada tipicamente off road significa alla fine dover calibrare la guida.

Non che sia difficile, la sincerità delle Michelin Power Adventure è tale che si può osare; bisogna usare il giusto approccio.

Del resto per precisa scelta della casa, il fuoristrada è residuale. Anche se quel misero 20% non rende piena giustizia.

Il vero punto dove prestare attenzione sono le curve stretta prive di appoggio, dove cioè manca quel rialzo del terreno che possiamo sfruttare come “percorso di bob” per tenerci in traiettoria.

Qui, poco da fare, o hai i tasselli o non vai.

E poi ci sono le frenate troppo brusche, dove la striscia centrale priva di intagli non garantisce tutto il grip possibile.

Nulla quindi di anomalo viste le caratteristiche d’uso di queste gomme.

Prestata la giusta attenzione a questo, poi tutto il resto è divertimento.

Soprattutto con la 42 che fa valere il suo comfort superiore e un migliore assorbimento delle asperità.

Non si viaggia proprio lisci come con gomme più orientate all’off road, la derivazione stradale si fa sentire soprattutto con la 36, ma assorbimento, direzionalità e tenuta sono di livello tale che chiunque potrà pedalare senza pensieri.

Serve solo qualche chilometro a prendere confidenza con le reazioni, diversamente dall’asfalto dove il feeling è immediato.

Però bisogna tener presente che, bene o male, su asfalto il grip è omogeneo ché dire costante è solo una aspirazione.

In fuoristrada ti cambia quasi a ogni giro di ruota quindi serve familiarizzare con la tenuta della fascia centrale e capire quanto appoggio offrono le spalle.

Presa la mano si viaggia decisamente veloci, aiutati come detto dall’ottimo assorbimento, dalla scorrevolezza, dal peso limitato.

Sfruttando il minor grip sui fianchi rispetto a gomme tassellate è divertente prodursi in coreografiche derapate, inutili sul piano prestazionale (anche perché poi devi rilanciare…) ma è divertente tornare bambini. Ammesso che un ciclista sia mai realmente cresciuto.

Sia la 36 che la 42 sono accumunate dalla stessa precisa direzionalità, dall’appoggio sincero nelle curve larghe, dal grip valido su terreni compatti e veloci.

Come detto, la misura maggiore si avvantaggia sulla minore in due precise caratteristiche: migliore comfort, superiore appoggio in curva.

Ma anche qui più che la sezione, del resto la differenza è davvero minima, un ruolo fondamentale lo gioca la pressione d’esercizio.

Sul comfort è intuitivo, per l’appoggio vale il contrario di quanto rivelato su asfalto.

Mentre sul bitume la minore cedevolezza ha fatto preferire la 36, in fuoristrada è proprio questa cedevolezza a garantire miglior appoggio, con la gomma che lavora su porzione superiore e rende la 42 meglio gestibile.

Attenzione però: quando parlo di cedevolezza non associate all’idea di gomma flaccida. Dovrei dire deformazione controllata, perché questa la terminologia giusta. Però nel linguaggio comune deformazione suona pure peggio e potrebbero generarsi equivoci maggiori.

Comunque, a essere sinceri a me quel 20% dichiarato da Michelin mi lasciava presagire ben di peggio.

O sono stati prudenti loro o troppo scarso io, ma il gravel così come vissuto da tanti, soprattutto da chi viene dalla strada, è assolutamente alla portata delle Michelin Power Gravel.

Insomma, se vuoi farci il track da Mtb è normale non lo fai a tutta; ma, sempre causa pioggia, terreni morbidi li ho percorsi e problemi nessuno. Solo il tratto argilloso, bagnato, ha trasformato in pochissimo le ruote in due ciambelloni, impossibile andare avanti. E sarebbe stato strano il contrario…

In ogni caso, credo che abbiamo abbastanza elementi per tirare le conclusione e cercare una risposta al dubbio: 36 o 42?

Voltiamo pagina.

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