“Napoli sarà la città delle bici”

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Con questa esilarante affermazione il sindaco della mia città ha accolto l’arrivo del Giro, la scorsa domenica.

Napoli ha ospitato per la terza volta consecutiva una tappa, io quest’anno ho scelto di non essere per strada. Non per snobismo o avversità al Giro, semplicemente dovevo lavorare. Mi sono goduto i panorami a me noti con le riprese dall’alto, quelle sono le strade che uso durante i test, con la differenza che loro vanno in salita più veloce di me in discesa. Ma questa è un’altra storia, triste ma non quanto l’affermazione del sindaco.

Fu il suo predecessore a volere per primo alcune inutili ciclabili, altre ipotetiche (uno stencil sul marciapiede), una più inutile di tutte ma divenuta iconica, non fosse altro per lo splendido colpo d’occhio che offre percorrendola.

Chi di voi ha seguito la tappa di domenica immagino si sarà goduto i panorami degli ultimi 40 km, col gruppo che attraversava zone ricche di fascino, storia e, se l’uomo non le avesse deturpate, di una bellezza commovente.

Fermarsi il cima al Belvedere Stupor mundi per riprendere fiato in una tersa giornata primaverile, dopo quella che in telecronaca definivano “salitella” infliggendo un duro colpo al mio orgoglio, ti riconcilia col mondo. 

Ok, tecnicamente non siamo a Napoli seppure nella cinta della città metropolitana, a pochi metri c’è l’area del comune di Bacoli dove un giovane e bravissimo Sindaco (per lui la maiuscola ci vuole) sta facendo risorgere il territorio lasciando riemergere le bellezze e le potenzialità enormi della zona flegrea, via via che ci avviciniamo al cuore della città piange l’anima a vedere l’incuria, l’abbandono, l’indifferenza della gestione del territorio.

Poi esplode la bellezza e pensi quanto sei fortunato ad avere a pochi passi tutto questo, pochi giri di pedale e ti rigeneri godendo di uno spettacolo che è divenuto meta incessante per turisti da ogni dove. Pure troppi per i miei gusti.

E ti rendi conto di due cose: la bellezza è protagonista, ci si affida solo a lei.

La ciclabile, che seppure inutile è un simbolo importante, viene sacrificata a ogni sagra, manifestazione, sfilata.

Il ristretto perimetro a beneficio del turismo di massa che gode di una minima pulizia, vanificata dalle orde affamate di turisti e dall’unica lunga teoria di tavolini di bar e ristoranti che presidiano militarmente ogni spazio.

Il lungomare aperto al traffico, perché sebbene spacciato da anni come liberato in realtà solo una minima porzione è quasi libera dalle auto; ed è pure quella più pericolosa per pedoni e ciclisti perché le auto autorizzate a percorrerla non ci vanno leggere con l’acceleratore.

Ma la cosa più bella, emblematica della considerazione che il sindaco ha per la mobilità a piedi e in bici, sono i semafori.

Sede stradale ampia, auto che sfrecciano a oltre 70km/h in assenza di traffico, semafori con prenotazione per i pedoni: durata del verde per attraversare 6 secondi. Poi subito giallo e tutti ad affrettarsi, anche perché la carreggiata è larga.

Una mattina ero fermo a sistemare una bici durante un test, mi vedo questa signora che puff, preme la chiamata, attende e quando finalmente è verde per lei muove il primo passo, dubbiosa perché non tutti gli automobilisti partenopei si lasciano comandare da un semaforo rosso, al secondo è già scattato il giallo, il terzo manco lo compie e torna indietro, per ricominciare tutto di nuovo.

Alla terza volta che l’ho vista prenotare la chiamata ho piazzato la bici a centro strada e fermato il traffico, sennò la signora stava ancora lì.

E mi sono fatto un giro tra i semafori, volevo scoprire se la rapidità fosse solo di quello o anche di altri.

No, tutti temporizzati su 6 secondi per i pedoni.

Così ho iniziato a indagare, scoprendo che praticamente tutti i semafori del centro sono temporizzati per una durata minima dedicata all’attraversamento pedonale. Alcuni scendono a 5 secondi.

Quando ho chiesto spiegazioni in Comune la risposta è stata “così le auto non stanno ferme, la gente non perde tempo”.

E i pedoni che devono fare, lo sprint? “Si vabbè, ma tanto quelli possono passare pure col rosso, mica gli fanno la multa…”.

Queste brevi clip aiutano a focalizzare.

Vedete, a voi potrà sembrare poca cosa o che stia andando del tutto fuori tema.

No, questa dei semafori tutti dedicati alle auto, in zone dove ci si muove moltissimo a piedi e dove il flusso turistico è imponente e costante, è emblematica della visione autocentrica dell’attuale sindaco.

Che infatti a parole proclama le virtù di bici e pedoni, nei fatti già dai primi giorni del suo insediamento ha assunto solo provvedimenti a favore del traffico automobilistico.

E siccome lo spazio quello è, siamo pur sempre in una città nata qualche millennio fa e stratificata nel tempo, dare spazio e agevolazioni alle auto ha significato e significa toglierlo a ciclisti e pedoni.

Checché ne dicano propaganda e documenti, di fatto Napoli non ha una rete ciclabile.

Ha un trasporto pubblico del tutto carente.

L’intermodalità coi comuni limitrofi è impossibile, soprattutto per chi risiede nell’area vesuviana (tanto che la Circumvesuviana è divenuta leggenda…) e nella zona flegrea.

Ma più di ogni altra cosa regna incontrastata la visione del ciclista zuzzerellone a cui concedere qualche metro per la sua passeggiata.

Sfaccendati che al massimo si fanno due o trecento metri su e giù, inconcepibile che qualcuno voglia usare la bici per spostarsi, usarla come mezzo di trasporto per andare al lavoro. Insomma, come sostiene un Salvini qualunque.

Non è problema solo locale, in tutta la penisola sono la stragrande maggioranza le amministrazioni che vedono i ciclisti solo come persone che hanno del tempo libero da occupare.

Le ciclabili, dove presenti, sono spesso fini a se stesse (a giorni vi mostrerò quella vicino al campo base mio estivo, poi mi direte…), prive di reale collegamento e soprattutto raramente viste e pensate come “vie di collegamento”.

Come strade insomma per unire i punti delle città.

Esempi virtuosi per fortuna non mancano ma siamo ancora nel campo delle eccezioni.

Napoli tira, è un brand come dicono quelli bravi e lo dimostra il flusso continuo, costante e, ripeto, eccessivo per i miei gusti, di turisti.

Sappiamo tutti che se il mercato bici è in crisi quello del cicloturismo è in crescita esponenziale.

Se invece di far passare ai turisti le ore in fila per mangiare al tale ristorante che va di moda non provassimo a proporre dei percorsi guidati, sicuri e ben strutturati da percorrere pedalando?

Alla fine ne potremmo trarre beneficio anche noi residenti.

Si, qualche privato che organizza Tour c’è ma poca roba e soprattutto limitata ai soliti posti noti.

C’è una ampia porzione della città pregna di storia, ignorata dai napoletani, figuriamoci che ne sanno i turisti attratti solo dal cuoppo di fritto: eppure a ridosso c’è una vasta concentrazione di uffici pubblici, supermercati, asl e così via. Creare un percorso ciclabile turistico unirebbe la rinascita di una zona dimenticata e l’utilità per chi si reca lì per lavoro o per le proprie necessità.

Ed è unico esempio, ne potrei fare decine perché Napoli non è solo i Decumani e il lungomare.

C’è tanto ignorato da noi cittadini e ancor più dai turisti. Abito nel palazzo, anzi, nella casa, che vide i natali di Armando Diaz. Lo so io e adesso quelli che hanno trasformato le loro abitazioni in case vacanze, sfruttando il nome celebre. 

Il Giro d’Italia è sempre magnifica vetrina nonché occasione per l’amministratore di turno per le dichiarazioni di rito.

Ormai pubblicità non serve più, anzi.

Se non in nome dei cittadini che amministra, volessimo provare a rendere davvero Napoli una città ciclabile in nome del denaro portato dai turisti, che al momento arricchisce pizzerie, bar e case turistiche abusive?

Perché qui il problema è che non ci crede nemmeno il sindaco.

Uno che proclama Napoli futura città delle bici e poi opera solo a favore delle auto, per questo vi ho parlato dei semafori, è chiaro che parla tanto per far ricordare ai napoletani che la stanza in Municipio non è vuota.

Ma va bene, voglio puntare al risultato non al movente. Se non per i residenti, creiamo una rete ciclabile per i turisti, magari qualche tratta sarà utile pure a noi.

Dovrebbero arrivare i fondi del PNNR, benché mutilati dal governo centrale dei progetti per mobilità dolce. 

Saranno usati per le auto, con solo il classico contentino per gli sfaccendati in bici o, finalmente, vogliamo diventare la metropoli europea che meritiamo di essere?

Abbandonare il folklore e i murales di calciatori e sfruttare l’enorme potenziale paesaggistico e culturale per quel salto di qualità invocato e disatteso da decenni?

Smettere di essere la cartolina, anzi, la foto a beneficio dei social e far emergere la città creativa e ricca di idee che, se sai dove guardare, trovi?

Credere che tutto questo non passi anche attraverso una rivoluzione della mobilità, che significa infrastrutture ma soprattutto pensare la città in modo diverso, è un errore, una miopia se non totale ignoranza che non possiamo più tollerare.

Per dirne una: perché hanno trasferito la asl che serviva il mio quartiere e quelli limitrofi nella zona opposta della città, mal servita dai mezzi pubblici e infatti tutti ci vanno in auto?

C’è una cosa che il il maestro Eduardo de Filippo seppe spiegarci magnificamente: o’ pernacchio.

Ecco, quando sento proclamare Napoli città delle bici la mia reazione è l’irriverente ma efficace gesto.

Buone pedalate

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