The Golden age of handbuilt bicycles
Una bicicletta deve essere bella da pedalare e bella quando è ferma.
Un affermazione tanto semplice quanto vera, è il mio mantra da anni. Mi ha portato a costruire molte bici, anche se non tutte come avrei voluto io perché, alla fine, contano i desideri (e il limite di spesa…) del ciclista che me l’ha commissionata.
E mi ha portato alle mie Elessar, la prima che mi è stata rubata e la seconda che attende paziente alcuni lavori sempre rimandati perché questo blog vuole ogni risorsa.
La mie bici, nate dal mio cuore e che affondano le radici in un passato in cui ogni dettaglio doveva essere curato, ogni componente frutto di tecnica e maestria, ogni accessorio utile si ma bello.
Nomi come René Herse e Alex Singer, conosciuti da molti; e nomi come Marcadier, Barra, Pitard e altri che invece a molti dicono nulla.
Eppure sono proprio loro, quelli meno conosciuti, verso i quali sono in debito. Idee, soluzioni, spunti, il tutto rivisitato in chiave moderna e migliorandolo grazie a tecnologie nuove. Ma senza questi artisti io non avrei Elessar e nemmeno tanti ciclisti potrebbero creare la propria bici, bella e perfetta.
Tutti di scuola francese, perché possiamo continuare a ripeterci all’infinito che le belle bici le sapevamo fare pure in Italia, ma se guardiamo alla storia c’è poco da discutere: è dalla Francia che sono arrivate le più affascinanti.
Sono loro ad aver ispirato telaisti e costruttori, dal Nord America al Giappone. Vediamo telai, manubrio, mozzi, portapacchi e quant’altro serve ad abbigliare una bici prodotti oltreoceano e ci colpisce la loro bellezza. Poi andiamo a ritroso nel tempo e scopriamo che quel mozzo è una copia di quello disegnato da Singer, che quel portapacchi ha fatto la sua prima comparsa oltre settanta anni fa, che quei parafanghi i francesi li facevano già ai tempi delle Grande guerra.
Più volte ho ricordato dalle pagine di questo blog che tante delle soluzioni che crediamo moderne, presentate come novità, germogliano da semi piantati decadi fa. Freni a comandi idraulico e trasmissione elettroassistita erano in uso già dagli sessanta e settanta. Il brevetto di cambio interno al mozzo risale ai primi del ‘900. Un corpo freno del tutto assimilabile ai V-brake attuale era al lavoro già negli anni trenta. Anche l’idea, spacciata come novità, di usare una sola corona davanti e pignoni oversize dietro è più antica di quanto si pensi. Ora possiamo avere il tutto migliorato grazie a tecnologie moderne, ma l’idea, l’ispirazione, moderna non è. Tutto quello che vediamo adesso, tranne le fibre composite per i telai (materiale però usato sin dagli anni ottanta) è solo la rivisitazione di quanto già inventato.
Se qualcuno dubita di questa affermazione potrà ricredersi sfogliando un bellissimo libro fotografico: The Golden age of handbuilt bicycles.
Un libro essenzialmente fotografico, dedicato a quella che il titolo definisce l’età d’oro delle bici artigianali.
Cinquanta modelli per coprire quasi un secolo, partendo dalla La Gaulouise del 1909 per chiudere con una Alex Singer del 2003.
Un indice anch’esso fotografico che è già di per sé un viaggio nella bellezza.
Nessuna bici da corsa, solo modelli turistici, da rando. Bici pensate per accompagnare il ciclista per molte ore e molti chilometri; bici capaci di affrontare le intemperie e le strade bianche; bici sulle quali caricare le borse.
Cioè quelle bici che ora i costruttori stanno proponendo, con inclinazioni stradali o fuoristradistiche a seconda dei casi, come fossero novità. Telai in acciaio, passaggio gomme largo, attacchi per gli accessori. Però belle come queste non sanno replicarle…
Eccovi un piccolo estratto.
Ed ora qualche dettaglio.
Vi ricordano qualcosa questi freni o questa trasmissione?
Sono di una Schulz, anno 1935. Con telaio aperto, senza obliquo: chi ha disegnato le moderne pieghevoli chissà dove avrà pescato l’idea…
E chissà a chi si sarà ispirata l’azienda al cui catalogo ricorro spesso…
Ed ecco alcune mie citazioni che a queste bici rimandano…
Il libro è in inglese, non omnicomprensivo perché mancano alcuni artigiani ed è normale. Ma la scelta, la selezione diciamo così, è frutto di ampia conoscenza e gusto per il bello.
C’è molto da vedere e molto da ammirare.
Non è un libro tecnico e giustamente i curatori non si soffermano più di tanto sugli aspetti prettamente ingegneristici, lasciando alle immagini la rappresentazione di cosa possa nascere unendo dei semplici tubi.
Mi consolo perché so che è sapienza che non è andata perduta, tutt’ora è possibile trovare artigiani che sappiano trasformare in una bici la nostra idea. Sempre meno sul Vecchio Continente però. Da tempo Usa e Giappone sventolano il vessillo delle lavorazioni artigianali ma se si ha la pazienza e si sa cosa e dove cercare non sempre è necessario traversare un oceano.
E dopo aver sfogliato questo libro la voglia viene, o si se viene 😀
Buone pedalate
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Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Il secondo libro che, su consiglio di un caro amico, ho acquistato on line al momento della mia personale rinascita al mondo delle bici. Il primo fu “Ciò che conta è la bicicletta” di Robert Penn , il terzo “Bici su misura” di Guy Andrews. Ma quello che tu suggerisci si mangia con gli occhi, quando lo sfogli viene l’acquolina in bocca. Bici stupende. Ciao!
Sarà il prossimo libro che acquisterò…a brevissimo. Concordo con te che attualmente non c’e’ nulla di nuovo sotto al sole, anzi è tutto stato rifatto e peggio (in economia)…oserei dire senza passione ne orgoglio; unica “innovazione” che mi “intrippa” ultimamente è la trazione a cinghia…sempre che non venga a scoprire che anche questa è già stata sperimentata nelle bici d’epoca.
volevo dire “trasmissione” (ho fatto un mischione l’altra mia passione, i giradischi…)
Questo libro lo conosco bene, mi permetto di suggerire anche questo: Bici !, Rizzoli di Richard Moore e Daniel Bensom
Semplicemente spettacolari, vere opere d’arte.
Posso suggerire anche una altra lettura? Un ebook,, mi sembra si chiami “la bici perfetta”.
Niente ne capisce di bici l’autore, ma alcuni che l’hanno letto dicono sia gradevole… 😀 😀 😀 😀
Fabio