[Test] Good Year Eagle

La prova su strada

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La prova su strada

Mai come stavolta è stato fondamentale eliminare ogni variabile. Troppo in comune con le altre versioni, esclusa la Vector Sport, e soprattutto non dovevo cadere nel tranello del valutare le Good Year Eagle per differenza.

Una cosa del tipo “beh si, tengono bene, però le F1 R…”; oppure “opperò, scorrono veloci, però le Super Sport R vanno che…”

Ci siamo capiti.

Quindi non solo ho usato identica bici e identiche ruote, ma ho cercato, meteo permettendo, di replicare anche identiche o almeno simili condizioni ambientali.

Un eccesso al limite dalle pedanteria? Forse, però so anche che fate affidamento sui miei test nelle vostre scelte e impegnarmi al massimo è il mio modo di ripagare il vostro affetto.

Ma è meglio fugare subito ogni dubbio: si, le Eagle hanno prestazioni inferiori alle F1 R e alle Super Sport R. 

Ma non è la prestazione pura l’obiettivo che si sono posti gli ingegneri Good Year.

No, hanno cercato, e trovato, un’ottima resa in svariate condizioni.

Quindi pedaliamo, al solito partendo dalla pianura.

L’Eagle nasce come copertoncino sportivo da allenamento; non sfigurerebbe in una gran fondo, il passo che permette è notevole. 

E infatti, sempre potendo contare su un eccellente comparto ruote e un ottimo telaio, la pianura è scivolata via veloce.

Con un comfort di marcia decisamente elevato, più delle sorelle sportive a mescola UHP.

La costruzione della carcassa a 60 Tpi, quindi più gomma, non ha significato assolutamente rigidità. Non di risposta, non di comfort di marcia.

Senza dimenticare l’estesa protezione antiforatura, che neppure in questa versione Eagle si è fatta notare per sua intrinseca rigidità.

Si, il peso c’è, nulla fuori norma ma capitemi: nel giro di poche settimane sono passato per tutta la gamma Good Year, impossibile non andare con la mente alla leggerezza delle Super Sport R.

Anzi, va rimarcato che siamo sugli stessi livelli delle F1 R. Mica poco.

Però mi sono ripromesso di non cadere nell’errore di giudicare le Eagle per cosa “hanno in meno” rispetto alle sorelle più sportive, quindi tiro dritto.

Letteralmente, perché lanciarsi di passo gagliardo con le Eagle è sicuramente un’ottima scelta.

Non temono i rilanci, non perdono in velocità, digeriscono senza patemi le malformazioni dell’asfalto. Se la sfida non è contro il cronometro, vanno più che bene per allenarsi sportivamente. 

Non so se dipende dalla mescola diversa, dalla costruzione a 60 Tpi, da tutte e due ke cose insieme ma è come se la gomma fosse “più morbida” nel contatto con l’asfalto. Non frenata o, peggio, cedevole.

No, per niente. Vi capita mai di passare su quei tratti a bordo strada pieni di piccoli detriti e sentirli triturare sotto le ruote? Ecco, è come se le Eagle ci scorrano sopra, masticandoli per poi espellerli subito dopo. Di fatto, eliminano il loro fastidio senza chiederti energia in cambio.

In ogni caso, quale che sia il motivo, a noi interessa che con gli Eagle si viaggi veloci, qualunque sia lo stato dell’asfalto.

Lasciata la pianura possiamo iniziare a inerpicarci per le nostre solite salite, partendo dal “livello semplice”.

E che posso dire, dopo averci pedalato con le sorelle sportive, qui pensavo avrei pagato pegno. Per niente. Si sale spediti su pendenza nella media, sempre accompagnati da questa generale morbidezza e sempre con quella ottima comunicativa già conosciuta con gli altri modelli.

Scegliendo percorsi con ascese impegnative, a due cifre, più che il peso (che è assolutamente competitivo), si sente che la gomma tende a cedere un poco sotto sforzo, quando carichi peso e disperazione sui pedali e tutto proteso in avanti illudendoti di arrivare prima senti l’anteriore che ha un live ondeggiamento.

Dura poco, subito si assesta. E’ come se la carcassa avesse un momento di incertezza dovuto al carico improvviso e avesse bisogno di un suo momento per decidere la migliore strategia di comportamento.

Non è un comportamento pericoloso, sia chiaro, nulla che inficia l’efficacia dell’azione. Probabilmente nell’uso normale uno nemmeno se ne accorge. Nei test tendi, almeno io tendo, a portare ogni componente al limite, a volte pure spostandolo.

Comunque anche in salita, come in pianura, quello che a noi interessa è l’efficacia e su questa non ci sono dubbi.

Ma allora perché spendere di più per gli Eagle F1 R?

Beh, dire che la prestazione è identica non sarebbe vero, ovvio che un vantaggio c’è. Minore di quanto credessi e questo, attenzione, non va a sfavore delle F1 R ma tutto a favore delle Eagle, che riescono a tenersi molto vicine alle sorelle più sportive.

Allora proviamo la discesa e vediamo che succede.

Ecco, finalmente con l’aumentare della velocità (ché io solo in discesa posso andare veloce…) emerge la migliore qualità delle Eagle: il feeling di guida.

Non amo l’uso dell’inglese, preferisco comunicativa ma sarebbe riduttivo.

Feeling è ormai entrato nell’uso comune e racchiude in sé più della semplice empatia. 

Mai come questa volta il detto “provare per credere” è valido.

Sentire in ogni istante la gomma mordere l’asfalto, anticipo qui ancor meglio delle Vector Sport che hanno grip da vendere, dialogare costantemente con le Eagle permette di scendere a velocità notevoli senza alcun patema.

Non è la prima volta in un test che i risultati migliori in discesa li ho avuti non con la gomma più sportiva della casa bensì con quella da allenamento o quattro stagioni. 

Il motivo è proprio nel feeling, non solo nelle qualità intrinseche delle gomme. Se senti la bici e soprattutto le gomme lavorare, non hai timore a forzare il ritmo.

La morbida carcassa dalla eccellente elasticità, la mescola tenace e veloce, forse quel plus di grip garantito dalla bugnatura sulla spalla, la capacità di assorbire le imperfezioni della strada, tutto concorre a rendere le Eagle rassicuranti. 

Solo arrivando molto veloci in ingresso dei tornanti stretti, quando strizzi i freni al limite del ribaltamento (ossia quando preso dalla foga arrivo lungo, mi è successo spesso i queste settimane…), l’avantreno ha una leggera indecisione, molto simile a quella rilevata in salita caricando il peso davanti.

Non impone modifiche alla traiettoria, non è realmente pericolosa ma un poco sporca l’azione. Se non l’hai già rovinata tu (cioè io, in effetti…) perché ti credi meglio di Nibali in discesa. 

Stando così le cose appare superfluo rimarcare che nelle curve veloci si va come missili.

In una delle salite/discese di prova ho segnato la velocità massima mai raggiunta su quella tratta: 87km/h, grazie al fatto che in paio di punti non ho dovuto rallentare come faccio di solito.

E tutto con un senso di sicurezza incredibile, mi sono sentito padrone della strada.

Non è mancata la prova sul bagnato, importante per un copertoncino sportivo che il costruttore orienta all’allenamento (ma non solo).

Pure un involontario test da panico, quando al termine di una discesa particolarmente veloce alla penultima svolta ho trovato la strada allagata per il cedimento di un tubo, due dita d’acqua che ruscellavano veloci invadendo l’intera sede stradale. Frenare era fuori discussione, sarei volato dritto nella cucina della casa difronte, piegare e pregare erano le uniche azioni possibili e per fortuna ne sono uscito bene. 

Superata persino questa prova, facile dirvi che sul bagnato la tenuta è ottima. Non solo il grip, che non manca. Soprattutto resiste intatta la comunicativa tra ciclista e gomma, fondamentale quando il grip è precario a causa della pioggia.

Quindi? Alla fine abbiamo trovato la risposta alle domande iniziali?

Beh, ci provo nel prossimo paragrafo, quello da sempre dedicato alle conclusioni.

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