Il forte gap dell’Italia per gli obiettivi europei del 2030

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Il 2030 si avvicina, è una tappa intermedia fondamentale verso l’ulteriore traguardo del 2050 indicato dall’Unione Europea come limite per il raggiungimento di importanti obiettivi in tema di mobilità, lotta all’inquinamento, conversione alle energie rinnovabili, sicurezza sulle strade e tanto altro.

Potremmo definirlo il traguardo per una migliore qualità della vita e della salute del nostro Pianeta, quella Terra che vorremmo lasciare alle generazioni future in condizioni migliori.

Ridurre il numero di veicoli in circolazione nelle città, potenziare ed elettrificare il trasporto pubblico, promuovere la mobilità in bicicletta e a piedi, ridefinire opzioni sostenibili. Sono in linea di massima gli obiettivi europei nel medio e lungo termine per abbattere le emissioni e trasformare il sistema dei trasporti in chiave green e digitale.

Sono obiettivi concreti e ambiziosi, basta seguire i lavori della UE per averne contezza, tutti sempre reperibili sui siti istituzionali, trascurando per qualche tempo le futili chiacchiere interne e le piccole beghe elettorali o i sondaggi su chi guadagna o perde lo 0.2 percentuale.

Però quanto emerge dal sesto rapporto di Mobilitaria, realizzato da Kyoto Club e dall’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IIA), è sconfortante, con particolare riferimento al nostro Paese. Soprattutto tra le città metropolitane.

Infatti, tra queste Catania è quella più lontana dall’obiettivo europeo di mobilità sostenibile al 2030, con un deficit del 76%, seguita da Reggio Calabria (75%) e Palermo (73%). 

E aggiungo: non è un caso se la classifica sia guidata da città del Sud Italia, io ci vivo…

La sesta edizione del rapporto rileva, per la prima volta, il “deficit di mobilità sostenibile” di 14 città metropolitane italiane, ovvero la distanza tra la situazione attuale e gli obiettivi di decarbonizzazione e vivibilità urbana al 2030.

Un indice sintetico che include la media dei valori di cinque indicatori chiave: l’offerta di trasporto pubblico non inquinante e la quota di autobus elettrici, la densità di piste ciclabili rispetto al numero di abitanti, il numero complessivo di veicoli in sharing (auto, biciclette, monopattini e scooter elettrici, su questi ultimi sta per abbattersi la scure delle nuove norme del C.d.S.) ogni 10mila abitanti, il tasso di motorizzazione ogni mille abitanti e infine la ripartizione modale attuale rispetto all’obiettivo del 65% di mobilità sostenibile.

Una percentuale calcolata aggregando trasporto pubblico, mobilità attiva e mobilità condivisa.

Il risultato è un’analisi comparativa che fotografa l’evoluzione del sistema dei trasporti in previsione dell’obiettivo di decarbonizzazione al 2030.

Ma serve specificare: solo cinque città (Bologna, Firenze, Milano, Roma e Torino) aderiscono alla missione NetZero2030 (la riduzione del 55% delle emissioni rispetto al 1990 e poi zero al 2050) proposta dalla Commissione Europea.

Le altre città (Bari, Cagliari, Catania, Genova, Messina, Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Venezia) preferiscono far riferimento direttamente al al 2050, anno entro cui l’Unione Europea intende raggiungere la neutralità climatica con il Green Deal.

Secondo la relazione Mobilitaria, Milano è la città metropolitana italiana più vicina ai target europei di mobilità sostenibile al 2030, registrando un deficit del 32% (pur difficile da colmare), seguita nell’ordine da Firenze (ritardo del 47%), Venezia (51%), Bologna (52%), Roma (53%), Torino (54%), Napoli (56%).

La capitale del nord mostra segnali incoraggianti grazie anche alle strategie negli ultimi anni sui fronti della mobilità condivisa, della ripartizione modale e del trasporto pubblico, mentre arranca ancora sul versante della motorizzazione privata e della mobilità attiva.

Dati che però potrebbero peggiorare, c’è un allontanamento soprattutto dalla bici privata a causa della lunga sequela di incidenti mortali di quest’anno. E l’introduzione dell’obbligo dei sensori per l’angolo cieco sui veicoli pesanti in città potrebbe non bastare a rimuovere la paura.

Catania, bellissima, è messa male: chiude la classifica con un ritardo del 76%. Un disavanzo che si aggrava ulteriormente se si considera la mobilità condivisa, ambito nel quale la città siciliana segna un deficit del 99%. Ben lontane dagli obiettivi europei di decarbonizzazione, anche Reggio Calabria (75%), Palermo (73%), Bari (71%), Messina (69%), Genova (69%) e Cagliari (66%).

In generale, tra il 2015 e il 2020, nei centri urbani presi in esame si sono registrati incrementi ridotti nelle reti di metropolitane e tram ecologici, mentre si è osservato un aumento significativo delle reti filoviarie, che sono passate da 127 a 180 chilometri complessivi.

Nel 2020, la maggioranza delle flotte di autobus (62%) era composta da veicoli più inquinanti, con una situazione particolarmente critica a Cagliari, Napoli e Catania. I capoluoghi delle 14 città metropolitane, hanno in media 1,5 km di ciclabili ogni 10mila abitanti, molto al di sotto dell’obiettivo ideale di almeno 10 chilometri.

Una disponibilità di infrastrutture per la ciclabilità ben lontana da quanto presente in altre città europee come Helsinki (20 km) e Amsterdam (15 km).La presenza di automobili per abitante è aumentata in quasi tutte le città nel periodo 2016-2021, mantenendo l’Italia tra i paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione.

Per quanto riguarda la ripartizione modale dei trasporti, secondo i dati forniti dall’indagine Audimob di Isfort e rielaborati nei rapporto Mobilitaria, l’obiettivo di ridurre la quota di spostamenti effettuati con mezzi motorizzati privati al di sotto del 35% del totale appare ancora lontano: nel periodo 2017-2019 la quota quota variava infatti dal 51% a Genova al 76% a Reggio Calabria e Messina.

Al solito in questi studi non si tiene conto degli anni della pandemia, le condizioni eccezionali che abbiamo vissuto non sono specchio del reale andamento.

Infine, come emerge dai dati annuali gestiti dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione dell’Ambiente (Ispra), l’incidenza delle emissioni da trasporto stradale è passata dalle 31.468 kt del 1990 (21%) alle 32.372 del 2019 (34%). Una situazione diversificata tra le 14 città metropolitane, con Bologna e Roma che registrano i maggior incrementi (+50%), che richiede azioni concrete per diminuire del 55% al 2030 le emissioni o addirittura azzerarle, come si sono impegnate a fare le città NetZero2030.

Uno strumento fondamentale possono essere i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS), esaminati nel dettaglio per ogni città metropolitana all’interno del rapporto Mobilitaria.

L’origine dei Pums può essere ricondotta al 2013, quando la Commissione Europea ha introdotto il Pacchetto sulla mobilità urbana per attribuire ad attori ed enti locali la responsabilità per l’adozione di misure volte a perseguire una mobilità più sostenibile nelle città. In Italia, la loro adozione è stata resa obbligatoria per i comuni con più di 100mila abitanti, ad eccezione delle città metropolitane che avevano già sviluppato i propri piani.

Ma sviluppato non è sinonimo di attuato…

Secondo i dati dell’Osservatorio Pums aggiornati a settembre 2023, il totale dei piani strategici ammonterebbe a 211, con 76 documenti approvati, 56 adottati mentre 79 risultano ancora in redazione. I piani mirano principalmente a ridurre le emissioni di CO2 e la congestione stradale, a promuovere la mobilità condivisa, nonché ad eliminare i veicoli più inquinanti e a diminuire il tasso di motorizzazione.

In tutto questo si colloca il definanziamento dei progetti del PNRR rivolti proprio alla mobilità sostenibile e alla lotta all’inquinamento.

Progetti approvati, alcuni persino iniziati ma è evidente che l’attuale Governo ha ben altre priorità. Del resto mai ha fatto mistero, sia ai vertici che nelle seconde file, di ritenere una fandonia sia l’inquinamento che il repentino riscaldamento globale.

Come vi ho detto pochi giorni fa, la prossima primavera ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, forse le elezioni più importanti da quando questo bellissimo progetto è nato.

Tutti danno per vittoriosi proprio quei movimenti e partiti che hanno fatto della negazione dei temi ambientali il loro cavallo di battaglia, con una massiccia campagna di disinformazione soprattutto tramite social che sta avendo, come sempre avviene con le fake news, ben più successo della verità.

Chi politicamente gli si oppone non mostra il coraggio necessario, preferendo inseguire sulla stessa rotta, con solo qualche timido richiamo.

L’unica cosa da fare resta continuare a informare, con fonti certe, scientifiche, verificate.

Mi ripeto dal precedente articolo: sono speranzoso ma poco fiducioso. E continuerò finché posso a tenere viva l’attenzione su questi temi, lo ritengo un dovere per chiunque abbia un minimo di seguito. Anche a costo di perderne una parte.

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