La finestra biomeccanica: perché la posizione in bici cambia…

La finestra biomeccanica è un range di valori entro cui la posizione in sella è corretta.
Si, un range, perché la posizione non è unica, cambia col tempo, l’allenamento, le soste prolungate, l’avanzare dell’età e tanto altro.
Vi è mai capitato di risalire in bici dopo un paio di mesi di inattività e sentirvi troppo alti di sella?
Oppure dopo 3/4 mesi intensi ad allenarvi, troppo bassi di sella?
O partire sentendo il manubrio lontanissimo?
Sicuramente si.
Eppure la bici è stata settata dopo attenta visita biomeccanica, è cambiata la bici?
No, siamo cambiati noi; o, per meglio dire, il nostro corpo cambia col tempo e nell’arco della stagione.
Per questo si parla di finestra biomeccanica, di range di valori.
La posizione in sella non è unica, immutabile, definitiva.
Lo stesso ciclista potrà imbattersi in due assetti diversi dopo due visite con biomeccanici diversi; due ciclisti con identiche misure antropometriche avranno due posizioni in bici differenti.
Ma allora son tutte frottole queste sul posizionamento?
No, anzi. Però dobbiamo cambiare prospettiva, accettare che il nostro corpo si modifica, la bici no, quindi variare altezza sella, altezza manubrio, a volte persino lunghezza dello stem nel corso del tempo è assolutamente normale.
E fa pure bene, perché ci permette di pedalare sempre al meglio. Ovviamente qui escludo patologie che impongono scelte differenti.
Ciò non toglie che se parliamo di range vuol dire che esistono dei valori minimi e massimi.
Millimetri, meglio se però facciamo riferimento agli angoli di flessione delle articolazioni mentre pedaliamo.
Tutti noi prestiamo attenzione all’angolo più importante: l’estensione del ginocchio.
Che serve a sfruttare appieno il gesto atletico ma da cui discende un valore importantissimo: l’altezza sella.
Tutti, troppi, si basano ancora sul cavallo, a volte lo combinano, non so perché, con l’altezza e da qui danno un valore per il posizionamento della sella.
La lunghezza del cavallo ci può fornire il primo dato da cui partire, ossia più o meno come regolare l’altezza sella per il primo impatto. Poi serve valutare l‘angolo di flessione del ginocchio, che deve essere compreso tra i 138° e i 148° usando a riferimento la parte interna del ginocchio.
Misurato al punto morto inferiore; qui in basso il punto è stato appena superato, si vede la pedivella volgere verso la ruota posteriore ma non avevo sottomano una immagine precisa.
Quindi come si vede un range ampio: a seconda della flessione del ginocchio, varia l’altezza sella.
Per questo, come per i valori a seguire, dobbiamo prestare attenzione ai segnali del nostro corpo.
Significa mantenersi nel range calcolando di volta in volta basandoci sulle sensazioni, sui segnali che arrivano dal nostro fisico. Semplificando, se ci sentiamo alti o bassi di sella in base a quanto riusciamo a stendere la gamba con naturalezza.
Non è l’unico dato da prendere in esame, mi ci si sto soffermando perché è quello più importante e maggiormente soggetto a variazioni, anche nel corso della stessa stagione.
La semplifico in maniera eccessiva, al limite dell’iperbole ma così chiariamo: pensiamo alle nostre gambe come a degli elastici tenaci.
A riposo sono contratti, quando iniziamo a tenderli oppongono resistenza, poi si rilassano e dopo un certo numero di estensioni torneranno a riposo un poco più lunghi. E così via nel tempo.
E’ in pratica ciò che avviene quando, come ho scritto in apertura, risaliamo in bici dopo un periodo medio lungo di inattività.
L’inverso però può succedere dopo un periodo di sforzo prolungato, di solito concentrato in un breve periodo.
Per i professionisti è normale, affrontano i grandi giri. Noi amatori possiamo incappare in questa necessità di riabbassare la sella, per esempio, quando sfruttiamo al massimo le ferie e usciamo tutti i giorni, per più ore al giorno.
E’ sintomo di affaticamento, basta dare tempo al nostro organismo di riprendersi e tutto rientra.
Sempre con riferimento a noi amatori il secondo angolo di cui tener conto è l’inclinazione del busto.
In presa sui comandi orbita tra 40 e 50 gradi rispetto al suolo.
E’ un valore indicativo, ovviamente qui mi sto riferendo alla bici da strada, con la piega.
E’ un valore che cambia ma nel lungo periodo. Ossia, mentre l’estensione delle ginocchia può subire variazioni anche nel giro di qualche settimana (a volte persino ore, pensiamo a una Gran fondo fatta a tutta, il giorno prima e il giorno dopo la gara daranno risultati diversi), l’elasticità della schiena si modifica nel tempo.
All’inizio, quando cioè inforchiamo per la prima volta una bici da corsa, quel manubrio ci sembra bassissimo. Anche se siamo giovani.
Con l’uso alleniamo la schiena, acquisiamo una maggiore elasticità e il disagio si ridimensiona. Dico sempre che in bici non si allenano solo le gambe: si allena anche la posizione.
Passano gli anni e il manubrio torna a sembrarci bassissimo e qui, beh, siamo noi che invecchiando perdiamo elasticità.
Arriva per tutti, prima o poi, il momento di aggiungere quello spessore sotto l’attacco manubrio. O, ancora meglio, scegliere una bici con geometrie endurance. Si, possiamo allontanarlo con esercizi specifici, da fare a casa o in palestra, ma mettiamolo in conto…
Gli altri angoli di cui tener conto ci introducono a un campo di applicazione più specialistico, da amatore agonista di buon livello.
Assume qui rilievo l’angolo della caviglia, che deve essere compreso tra 90 e 100 gradi col piede al punto morto inferiore.
Nella pratica dovrebbe essere importante anche per noi amatori ma pochi sono quelli che pedalano anche di trazione e se lo fanno è una percentuale minima di sforzo applicato. Chi è abituato ai misuratori di potenza lo visualizza subito, però anche chi pedala senza intenzioni agonistiche dovrebbe prendere in considerazione la tecnica.
La mobilità della caviglia infatti è fondamentale per applicare al meglio la tecnica della pedalata rotonda di cui vi parlai in questo articolo.
Fondamentale l’uso di scarpe ben sagomate. Ma più di tutto è importante curare l’alimentazione, magari sfruttando integratori e vitamine se necessario, perché è questa una articolazione critica per noi amatori.
In gioventù è tutto perfetto, ma con l’avanzare dell’età purtroppo tende a perdere funzionalità, fa i conti coi tanti piccoli e impercettibili traumi della vita quotidiana, che non avvertiamo al momento ma si sommano col tempo, e troppo spesso paghiamo anche una imprecisa posizione del piede sul pedale. Anche qui non avvertiamo disagio o dolore, ci sembra sia tutto ben regolato. Non lo è e purtroppo lo scopriamo quando è troppo tardi. Chi poi alterna bici e corsa, beh, spesso deve farci i conti prima degli altri.
Non voglio farvela tragica sia chiaro. Dobbiamo solo accettare, io sto accettando, che non riesco più a pedalare come 20 anni fa. Per non dire 30…
Tutti questi angoli di flessione si combinano tra loro ma bisogna aggiungere l’ultimo: l’angolo ascellare, tra busto e braccio. Che deve essere compreso tra 80 e 90 gradi in uso sportivo amatoriale.
Però, insieme all’angolo del busto, è soggetto a variazioni soprattutto per l’uso.
L’ambito agonistico ci aiuta a chiarire: l’assetto in sella per una crono è diverso da quello per una tappa lunga come è diverso da quello per una tappa di montagna.
Inoltre dobbiamo considerare che su una bici da corsa, come su una gravel, la posizione delle mani varia di continuo, quindi serve trovare il giusto compromesso.
Ma il compromesso è nei fatti quello che dobbiamo ricercare nel giusto assetto in sella.
Si, perché se ormai abbiamo capito che la posizione cambia nel tempo, anche breve, dobbiamo trovare il compromesso tra il nostro fisico del momento, il nostro ciclismo, i nostri obiettivi, la nostra bici che è l’unico punto fermo, quindi va adattata.
E poi essere pronti a modificare ogni volta necessario. Ascoltiamo il nostro corpo, ci manda sempre segnali. Interpretiamoli, non trascuriamoli.
Infine, per chi lo preferisse, c’è qui la versione video
Cliccando il link lo aprite sul sito YouTube, altrimenti qui la miniatura.
Buone pedalate
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Interessante anche se è difficile da mettere in pratica per chi non ha un minimo di nozioni di anatomia e fisiologia e, a meno di fare un abbonamento con un biomeccanico (è gia complicato farsi vedere una volta…), diventare i biomeccanici di noi stessi che è poi quello che si fa normalmente.
Poi andando avanti con l’età è difficile distinguere il problema dovuto all’invecchiamento da quello legato al malposizionamento che di solito convivono, e quando esce il dolore bisogna solo aspettare che passi e poi, andando per tentativi graduali, trovare l’aggiustamento che non stressi la parte dolente.
Ma no, è più semplice di quanto si creda. Bastano un cavalletto e uno smartphone, due foto e si valutano gli angoli (esistono decine di app di grafica che lo permettono) e ascoltando anche i segnali del nostro corpo diventa una passeggiata.
Fabio
Non capisco… stai in sella con un cavalletto che regge la bici? Immagino un cavalletto per fare manutenzione con una pinza che regge la bici al reggisella, non avevo mai pensato di usarlo in quel modo anche perché non so se regge il mio peso.
Se fai un video in cui fai vedere come fare in pratica e le app da usare per valutare gli angoli posso provarci.
Di solito mi regolo dalle sensazioni e con un po’ di pratica ma non è che sia il massimo perché un biomeccanico bravo faccio fatica a trovarlo.
Grazie per tutte le informazioni preziose che ci dai!
Saluti,
Angelo
Un cavalletto per fotocamera, passi davanti in autoscatto a raffica o video (e pii estrapoli immagine) e hai fatto.
Ossia come ho create le immagini a corredo di questo articolo…
Fabio
Ero proprio fuori strada , ci proverò,
grazie,
Angelo