Shimano State of Nation 2022, ovvero…
… cosa pensano gli europei sull’uso delle e-bike.
Il mese scorso Shimano ha pubblicato un interessante rapporto che ha visto coinvolti 15.500 intervistati tra ciclisti praticanti e no in 12 Paesi europei; in Italia sono stati 1000.
D’accordo, i pedalatori in assoluto son molti di più, ma le ricerche di questo tipo si svolgono sempre selezionando un campione rappresentativo.
In ogni caso, merito all’azienda giapponese per aver commissionato, per la quarta volta, questo report. Sarebbe bello se uno studio analogo venisse svolto dall’Unione Europea, che ha un portale dedicato proprio alle ricerche.
Comunque, desideri a parte, spulciando questo studio emergono diversi dati interessanti, primo fra tutti un cambiamento delle priorità.
Se nel periodo pandemico o immediatamente successivo moltissimi non ciclisti guardavano con favore all’acquisto di una bicicletta per evitare il trasporto pubblico, ossia l’eccessivo affollamento in luoghi chiusi (2 su 5 contro 1 su 5 oggi), adesso emergono preponderanti gli aspetti economici e sociali nella scelta di dotarsi di una e-bike.
Ma emerge anche un’altra considerazione: la necessità di creare infrastrutture ciclabili perché, come dice Henk Swarttouw, Presidente della Federazione europea dei ciclisti (ECF): “Se le costruisci (i ciclisti) arrivano”.
Perché concentrarsi sulle e-bike piuttosto che sulle bici classiche? Perché serve convincere chi in bici non ci va a lasciare l’auto e salire in sella.
Il 25% delle nostre emissioni di gas a effetto serra (GHG) è attribuibile ai trasporti.
A differenza di altri settori, le emissioni del settore dei trasporti sono ancora in aumento. Circa il 75% delle emissioni dei trasporti proviene dal trasporto su strada e due terzi di queste da automobili e furgoni.
Mentre scrivo siamo a ridosso del Natale, sono alla scrivania in maglietta di cotone e finestra aperta. Due giorni fa sono uscito in bici col completo estivo. E’ il caso di porsi qualche domanda…
Credo siano rimasti solo terrapiattisti et similia a negare la velocità repentina nel cambiamento climatico. Star lì a ribattere che le Dolomiti una volta erano un oceano tropicale significa nulla. Il problema è che il clima è cambiato nel corso dei milioni di anni dando tempo alla natura di trovare il suo equilibrio. Ora avviene in decenni e siccome la natura trova sempre il suo equilibrio, l’unico possibile è liberarsi della razza umana. E noi stiamo contribuendo con prodigioso impegno.
Limitare il trasporto alimentato con combustibili fossili da solo non è risolutivo ma sicuramente un passo necessario; insieme ai tanti altri necessari.
Ora a me sarebbe piaciuto leggere che il 100% degli intervistati passa o passerebbe a una e-bike per dare il proprio contributo alla salvaguardia del Pianeta. Non è così, ma non importa, conta il risultato.
E dopo molti mesi che ho trascorso a studiare le questione delle batterie, posso dire con ragionevole certezza che c’è un abisso tra auto elettrica e bici elettrica. La rincorsa alle materie prime necessarie, la produzione (sia delle batterie che dell’energia per alimentarle), lo smaltimento e così via incidono meno dei nostri smartphone in termini globali.
E siamo a distanze siderali dalle auto elettriche che, invece, al momento attuale presentano ancora troppe criticità per essere definite un investimento green senza tentennamenti.
Certo, qualcosa ovviamente si paga, ma nel conto complessivo i benefici per l’ambiente sono superiori, con riferimento alle e-bike. Ancor più se tutti usassero solo bici classiche (non amo la definizione muscolari) ma preferisco guardare il bicchiere mezzo pieno.
Queste premesse sono necessarie perché voglio sgombrare subito il campo da eventuali incomprensioni.
Ora entriamo nel dettaglio, seppur sintetico, di questo interessante rapporto. A fine articolo trovate il link per leggerlo integralmente.
Partendo da un dato: Il 50% di tutti i viaggi in auto è inferiore a 5 chilometri e può essere facilmente sostituito dall’uso della bicicletta.
Appena 5 chilometri, un quarto di quelli che uso per il riscaldamento a ogni uscita.
Però; prendiamo che questi 5 chilometri (massimo, molti sono tragitti assai più brevi) prevedano per esempio un chilometro in salita. Non una salita unica, difficile in città, magari spezzata, comunque c’è la salita. Non vuoi affrontarla perché sei stanco, non vuoi sudare perché stai andando al lavoro, ti sono antipatiche le salite, quello che vuoi, non importa. Bici a pedalata assistita ed il gioco è fatto.
Io stesso ne ho usata una per tutta l’estate, proprio per andare in giro a fare la spesa o commissioni varie e non ridurmi uno straccio di sudore coi 30 e passa gradi già dalle 8 del mattino. Non mi sono sentito meno ciclista per questo e se qualcuno, vedendomi, lo ha pensato, problemi suoi.
E ho capito, in quei mesi che l’ho usata, che si fatica pure con una e-bike; meno certamente, ma se non è “taroccata” attività fisica se ne fa.
Tanto da indurre l’Organizzazione Mondiale della Sanità a includere il ciclismo e la mobilità attiva nella sua agenda per l’invecchiamento in buona salute. Studi svolti hanno dimostrato che gli effetti benefici sulla salute del ciclismo nella vecchiaia superano di gran lunga l’impatto negativo dell’aumento di incidenti e infortuni.
E se Moser consiglia l’uso dell’e-bike dopo una certa età, suppongo possiamo dargli ascolto…
Un freno alla diffusione sembra essere il costo: in pratica una e-bike decente si paga ancora troppo.
L’Unione Europea ha previsto dal mese scorso la possibilità per gli Stati membri di applicare aliquote Iva più favorevoli sia sull’acquisto che sulla manutenzione, ma forse da sola non basta. Ogni Governo nazionale potrà decidere se sfruttare o meno questa possibilità.
Una opzione importante, comunque. Infatti a guardare le percentuali delle interviste nei diversi Paesi Europei, emergono come “elementi di spinta” l’aumento del caro vita (l’energia soprattutto) e gli incentivi all’acquisto.
Io sono contrario ai bonus a pioggia, credo che gli investimenti in infrastrutture ciclabili siano più produttivi nel lungo periodo e non creino distorsioni nel mercato.
Sono favorevole invece a una defiscalizzazione, anche a incentivi economici come per esempio il bike to work, per togliere auto dalle strade e sostituirle con le bici. Classiche o a pedalata assistita che siano.
E prima di passare noi italiani per i soliti profittatori, nello studio commissionato da Shimano risultiamo i più virtuosi sul piano ambientale: infatti il 51% degli intervistati si dichiara favorevole all’uso della bici per salvaguardare la salute del pianeta. Contro il 33% della media europea.
Mentre le Nazioni del Nord Europa chiedono benefici economici. Insomma, almeno a parole siamo più ecologisti noi.
Però mi rincuora il fatto che a dichiarare preoccupazione per l’ambiente siano i più giovani. Il futuro è loro, sono più in gamba di quanto noi vecchietti siamo disposti a riconoscere.
Un altro dato che mi ha favorevolmente colpito è la maggior propensione alla cura e alla manutenzione della propria bici emersa tra gli intervistati italiani.
Una bici ben tenuta e curata è un importante fattore di sicurezza, che ne sia convinto lo dimostra questo blog con la sua corposa sezione “Officina”.
Mentre mi ha stupito che solo il 26% degli intervistati avverta l’esigenza di un ricovero sicuro. Beati loro, o li hanno già o non rubano le bici dalle loro parti. Ma sul punto tornerò in futuro con altro articolo, focalizzato sul Belpaese.
Senza star lì a citare tutti i dati, potete consultarli nello studio al link pubblicato a fine articolo, ne prelevo solo alcuni prima di chiudere con alcune mie considerazioni.
A livello europeo (con riferimento alle Nazioni coinvolte), risulta che il 47% degli intervistati pone il costo della vita al primo posto; medaglia d’argento col 41% la voglia di incentivi economici, sotto varia forma; chiude il podio la tutela dell’ambiente.
E le ciclabili? Solo quinte, battute dalla ricerca del proprio benessere fisico.
Quindi noi che stiamo lì a chiedere a gran voce queste benedette ciclabili stiamo sbagliando strategia?
No, perché queste sono le medie europee. Quindi in queste percentuali abbiamo le risposte di cittadini Olandesi, Austriaci, Svedesi, Francesi ecc: tutte nazioni ampiamente dotate di fitta rete ciclabile.
Ora, se tu la ciclabile la tieni già, non senti l’esigenza di chiederla.
Noi in Italia di percorsi sicuri ne abbiamo ben pochi.
Ed è notizia di questi giorni il definanziamento operato dall’attuale governo (minuscolo) di ben 93 milioni di euro che erano destinati, appunto, alle infrastrutture ciclabili e dirottati su necessità più impellenti, tipo sagre e fiere varie per far contenti amici e parenti.
Che le attuali forze di governo siano storicamente nemiche delle bici è un dato di fatto, che vi ho spesso raccontato anche nelle sue origini ideologiche. La bici era vista come nemica della modernità durante il Ventennio, inadatta a trasmettere quell’immagina propagandata di una Italia proiettata verso il futuro, col motore simbolo di velocità.
La si accettava a denti stretti solo per la grande popolarità e per l’alone eroico e di rivalsa che ammantava i corridori sui pedali, figli di una Italia povera e contadina.
Il tracollo di quel regime non ha significato abbandonare antichi retaggi, ora la bici è vista come passatempo per sfaccendati, roba da ecologisti radical chic, poveri disgraziati insomma.
Basta dargli ogni tanto un recinto in cui giocare e non rompessero.
E non credo sarà colta la possibilità di abbassare l’Iva sulle bici…
Sempre l’attuale governo è tornato alla carica contro un suo antico obiettivo: i monopattini elettrici.
Che si debba in qualche modo regolamentare l’uso selvaggio e soprattutto il parcheggio di quelli in sharing è doveroso.
Ma si preferisce stroncarne l’uso con l’introduzione di obbligo di casco, targa e assicurazione.
Conosco parecchi possessori di monopattini che ora si lamentano per questa scure che potrebbe calargli sul capo; beh, sono gli stessi che hanno votato per questa maggioranza. Informarsi prima evita danni poi.
Alla peggio, si potrà andare a caccia di cinghiali, farne salsicce e rivenderle per coprire le spese di assicurazione. Pagando in fiorini, suppongo, visto l’andazzo.
Ultima nota polemica.
Questo studio svolto da Shimano, il quarto, è molto interessante. Io ho operato una sintesi estrema, estrapolando solo alcuni dati ma vi consiglio la lettura.
Shimano è una azienda privata, come ogni azienda è nata per creare valore: in pratica, far soldi.
Che è assolutamente giusto, sia chiaro. Soprattutto se al contempo si salvaguardano alcuni principi, cosa che Shimano fa e che me la rende simpatica al di là del dato puramente tecnico.
Si sobbarca da anni questa spesa nel commissionare ricerche varie, sicuramente perché servono anche a lei per calibrare i propri piani aziendali.
Altrettanto sicuramente sopperisce a una grave mancanza istituzionale, perché questi sono studi, ricerche, che ogni Stato dovrebbe compiere e più di tutti dovrebbe l’Unione Europea.
Conoscere a fondo un fenomeno è il primo passo per attuare politiche che siano realmente a vantaggio dei cittadini, l’improvvisazione o la rincorsa al consenso nei sondaggi e like sui social, no.
Io non so se questo State of Nation sia finito anche sulle scrivanie della classe dirigente.
Se non lo è, dovrebbe.
Il link
Buone pedalate
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.