[Test] Kask Urban-R

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Recensione dedicata a un casco a chiara vocazione urbana, come certificato da Kask che lo ha battezzato, appunto, Urban-R.

Come buona tradizione per l’azienda con sede nella bergamasca, la qualità è senza compromessi e molto si punta sul made in Italy, che non dobbiamo tradurre semplicemente con fatto in Italia: è quell’insieme di design, qualità, tecnologia, eleganza che ci ha fatto conoscere e riconoscere nel mondo.

Ma Kask è pur sempre specializzata nella costruzione di caschi, che potranno essere belli quanto volete ma devono anzitutto essere sicuri.

E infatti Kask ha scelto protocolli propri, messi a punto da loro, per certificare l’eccellenza della protezione in caso di impatto.

Se ne è scritto a suo tempo col test di uno dei modelli sportivi di punta, il Valegro. Senza star qui a ripetere, chi volesse può approfondire andando a leggere la sua recensione.

Il Kask Urban-R appartiene come detto alla categoria destinata al ciclismo urbano ma, leggiamo sull’etichetta interna, può essere impiegato anche per attività di skateboards e roller-skates.

In effetti è proprio da questi che la sua foggia sembra aver trovato ispirazione, presentando una struttura dove il “pieno” prevale di gran lunga sul “vuoto”, con le prese del sistema di ventilazione limitate a sole tre feritoie disposte ortogonalmente sulla parte superiore delle calotta.

Proprio queste fattezze ci fanno immediatamente capire che, anche in questo prodotto, ottenere massima sicurezza e protezione sono stati gli obiettivi principali della progettazione, convinzioni peraltro confermate dalla possibilità di impiego, come detto, anche in attività di skateboards dove spericolate acrobazie sono spesso accompagnate da rovinose cadute su asfalto o cemento ed è quindi necessaria una protezione del capo ai massimi livelli.

Inoltre il test KASK Rotational Impact WG11 a cui questo prodotto è stato sottoposto (eseguito da un laboratorio indipendente esterno) assicura un livello di protezione invisibile che eccede i requisiti degli standard internazionali.

Insomma, ancora una volta viene smentito il luogo comune che vuole i caschi urban poveri, dismessi direi.

Ma per eliminare ogni dubbio andiamo a vedere in dettaglio come è fatto.

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