Ultegra 8070 Di2, presentazione – parte seconda

Catena CN-HG701-11

Tempo di lettura: 7 minuti

Catena CN-HG701-11

Io di bici non è che capisco molto, così chiedo.

E uno bravo mi disse che se non montavo una catena tra guarnitura e pignoni, avanti non andavo.

Opperò! Meno male, io stavo lì fermo, non capivo perché…

Questo lo scherzo; la parte seria invece è: la catena è lo psicodramma per eccellenza dei ciclisti sportivi.

A frotte son convinti che: a) i produttori di catene le forniscono con la colla nei rulli; b) i produttori di lubrificanti in quelle boccettine costosissime mettano colle ancor più potenti.

E da qui una pletora di balzane teorie, improbabili suggerimenti, bislacche tecniche di pulizia, esoteriche procedure di lubrificazione.

E’ una catena, la pulisci con detergente non aggressivo (per non danneggiare la finitura superficiale) la lubrifichi con olio specifico di buona qualità, poco e spesso, quando è allungata la cambi. Fine.

Però questo non significa che sia un oggetto semplice; cioè si, lo è nella struttura, lo schema è quello da quando l’hanno inventata.

Ma nel corso dei tanti decenni della sua vita è stata migliorata in ogni aspetto: dai materiali al disegno delle sue parti.

Esaltandone la resa globale. Resa che in tanti siam bravissimi a peggiorare convinti di aver trovato il graal della sua cura.

E’ un peccato questa (ennesima) fisima dei ciclisti, soprattutto quando hai tra le mani catene di gran qualità come la Shimano CN-HG701-11.

Disponibile in due lunghezze (116 e 126 maglie) è progettata per equipaggiare bici da strada, fuoristrada ed e-bike.

E’ una catena unidirezionale, cioè progettata per lavorare in un solo senso di rotolamento. Questo significa, all’atto pratico, che ha preciso verso di montaggio, da rispettare assolutamente.

Altrimenti perderemmo le sue qualità, a iniziare dal profilo ottimizzato per le cambiate.

Si, perché usa tecnologia HG-X11, altra “branca” della famiglia HyperGlide; che abbiamo vista per le corone, poi i pignoni, ora la X-11 dedicata alla catena, dove abbiamo precise lavorazioni delle piastre delle maglie.

In dettaglio lo vedremo al momento del montaggio; montaggio che risulta semplificato grazie alla presenza della falsa maglia SM-CN900 11.

Del tipo NON riutilizzabile, è altamente consigliato usare una pinza apposita per la chiusura. Da qualche parte nella sezione officina sicuramente vi ho mostrato come è fatta e come si usa. Non mi ricordo dove…

Altra tecnologia presente è la Sil-Tec.

Un trattamento superficiale che incorpora particella di fluoro, garantendo riduzione di attrito e rumore, protezione dalle intemperie ed elementi esterni (soprattutto dal fango) e un buon prolungamento della vita utile della catena.

Sempre che non provveda il ciclista a rimuoverlo tenendo la catena a bagno in misteriosi acidi perché “l’ho letto sul forum, la catena si pulisce così”.

Ultimo paragrafo, tocca ai dischi freno. Andiamo.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Giovanni74</cite>

    Ciao Fabio, avrei delle curiosità su sistema frenante a disco. Il prodotto Shimano mi sembra veramente ben realizzato e sicuramente il suo funzionamento sarà ineccepibile. Parlando però proprio di funzionamento, suppongo che rispetto al sistema coi pattini le forze in gioco, sopratutto sul fodero della forcella anteriore siano importanti. Vengono previsti irrigidimenti o altre soluzione per contrastare il momento a cui viene sottoposto lo stelo, oltre le altre forze dovute ad asperità e moto? La soluzione dei dischi dà veramente dei vantaggi importanti rispetto al pattino, oppure dipende da condizioni al contorno come orografia, tipo di utilizzo, tipo di utilizzatore ect? Grazie

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Giovanni, hai colto il punto.
      I telai per freni a disco sono diversi e la modifica più importante è proprio la forcella.
      Tagliamo via la Mtb, dove i dischi sono la norma da anni e parliamo solo della strada.
      Coi primi impianti, montati su telai non ancora ottimizzati e gomme sottili, sfruttare la potenza offerta era impossibile e di fatto il rapporto di torchio era inferiore; cioè la “forza” trasmessa alla pinza.
      Inutile avere un freno potente se gomma e telaio non possono gestire.
      Ora che la soluzione è matura, con forcella dimensionate, perno passante, gomme e ruote adatte ecc, il disco è decisamente una gran cosa.
      Se rileggi qualche mio vecchio post troverai la mia poca convinzione all’epoca, proprio perché né gomme né telai erano ottimizzati, frustrando le possibilità offerte dai dischi.
      Con una gravel, che di suo è più “massiccia” e monta gomme larghe, sono la soluzione ottimale.
      Su una bici da corsa lo stanno diventando, seppure il maggior peso complessivo rende un ottimo sistema frenante a cerchio ancora validissima alternativa.
      Di loro i dischi hanno una facilità di utilizzo superiore; lasciamo perdere le fesserie del bagnato perché, come dico spesso, ciclisti infoiati che si lanciano giù dai passi alpini col diluvio non ce ne sono. E tenere i dischi asciutti richiede perizia.
      No, il vantaggio è la grandissima modulabilità, superiore a un impianto a cavo per la sensibilità del ciclista medio. Soprattutto se si opta per la configurazione rotori 160/140, su bici da corsa il 160 dietro è piuttosto eccessivo.
      Sfruttando con abilità il mio sistema a cerchio riesco a frenare prima; se non sai farlo, cappotti.
      Coi dischi chiunque frena in assoluta sicurezza, che sappia farlo o meno. E questo forse vale più di ogni altra considerazione.
      Comunque, sono il futuro, volenti o nolenti la strada è questa. Tanto vale essere preparati.

      Fabio

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