Montiamo la bici, serie sterzo, trittico, sella e leve freno

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Prosegue l’assemblaggio della Surly Cross Check che, suo malgrado, si è dovuta sottoporre allo scomodo ruolo di modella. Stavolta vedremo il montaggio della serie sterzo, qualche cenno al taglio del tubo forcella, l’installazione del trittico piega/attacco/reggisella con la sella e infine le leve freno.

Argomenti già trattati sul blog, altri tanto semplici che non meriterebbero nemmeno lo spazio per le foto. Eppure qualche accorgimento da seguire sempre c’è e io resto fedele all’impostazione di questa serie di articoli: più che le operazioni in sé (già presenti come detto sul blog) preferisco indicare qualche “trucchetto” per ottenere un buon lavoro.

Si tratta di dettagli che raramente un meccanico curerà. E aggiungo giustamente non curerà. Allineare perfettamente le scritte sulle calotte di una serie sterzo richiede un tempo supplementare; come, e lo vedremo nei prossimi articoli, installare i parafanghi in alluminio creando distanziali per evitare una luce eccessiva con la gomma oppure dedicarsi a tanti altri piccoli dettagli che vogliono tempo più che capacità: e il tempo è denaro, se il ciclista non è disposto a pagarlo ovviamente il meccanico non glielo regalerà. Per questo lo facciamo noi, la bici è nostra, la vogliamo bella e se dobbiamo impiegarci del tempo in più non ha importanza.

La vulgata vuole che il diavolo si nasconda nei dettagli; io preferisco pensare che i dettagli creino la bellezza.

Ci siamo lasciati col telaio con su solo alcuni componenti della trasmissione: adesso monteremo le calotte della serie sterzo.

Come sappiamo la serie sterzo esiste in due standard, tre diverse configurazioni e in differenti misure. L’argomento è stato già trattato sotto l’aspetto teorico in questo articolo. La manutenzione pure l’abbiamo già vista, con due distinti articoli: uno dedicato alla serie sterzo filettata e l’altro alla serie sterzo non filettata.

Anche l’installazione delle calotte non è stata trascurata, seppure inserita in un più ampio articolo dove ha finito un poco col perdersi. Cosa resta da aggiungere allora? Ben poco in effetti; però a noi piacciono le cose fatte con passione e curiamo anche i dettagli apparentemente insignificanti o a cui nessuno presta caso una volta montati. Come il corretto allineamento delle scritte, se presenti, sulle calotte. Vediamo.

La serie sterzo scelta per consentire alla nostra Surly di mantenersi in traiettoria è prodotta dagli americani di Velo Orange, di cui sapete sono un estimatore per la qualità e la passione che trasfondono nei loro manufatti; e non a caso uno dei fondatori ha vissuto i suoi anni di ragazzo in Italia dove ha scoperto quante belle cose sapevamo fare con le bici. Sapevamo.

Ma torniamo alla serie sterzo, che in questo caso fa parte della linea Grand Cru. La scelta è andata alla versione con finitura a specchio, ma è presente anche la versione nera. Una precisazione; come avete appena visto ho inserito i link, scegliendo però il sito inglese: il principio è che cerco sempre il prezzo migliore tra quelli disponibili.

Come si può notare la calotta superiore reca la serigrafia del marchio, quella inferiore solo un piccolo scudetto. Il nostro scopo è far si che lo scudetto sia centrato rispetto alla scritta; e, saggiamente, il produttore ha previsto due segni grafici per il riferimento sulla zona che andrà inserita nel telaio. Noi le centreremo e lo faremo in modo che scritta e scudetto siano visibili nella vista laterale.

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Ma centrare come? Rispetto a cosa? Già, perché il tubo sterzo ha la sua naturale inclinazione, quindi dobbiamo decidere se vogliamo centrare scritta e scudetto (o scritte inferiore e superiore per quelle calotte che le hanno) rispetto alla perpendicolare al suolo oppure tenerci con una linea centrale che attraversi il tubo sterzo rispettando la sua inclinazione. Dettaglio futile? Forse, ma è proprio la cura di questo e tanti altri piccoli dettagli che alla fine fanno la differenza nel colpo d’occhio globale.

Proviamo la prima ipotesi ossia l’allineamento lungo la perpendicolare al suolo.

Ci servono una livella piccola, del nastro carta per mascheratura e un calibro. Collochiamo la livella sul tubo orizzontale che sappiamo ormai è orizzontale solo di fatto e comunque il telaio è sul cavalletto quindi non avremo mai ad occhio il suo parallelismo al suolo. La fissiamo col nastro carta, sempre utile da avere perché quello per mascheratura non lascia residui ed è perfetto per tante operazioni, e posizioniamo il telaio in bolla. Come si vede nelle immagini adesso abbiamo raggiunto il giusto parallelismo col suolo.

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Attacchiamo una striscia di nastro carta sul tubo sterzo, ci servirà per scriverci sopra.

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Prendiamo il nostro calibro che non ci servirà a misurare: sfruttando le due “punte” lo inseriremo nel tubo sterzo in modo da ricavare il punto centrale della circonferenza. Per trovarlo subito è sufficiente appoggiare una squadra o un grasso righello come quello che vedremo nel passaggio successivo e avremo l’ortogonalità tra calibro e telaio, quindi il perfetto centro nella vista laterale. Purtroppo non ho questa ultima immagine.

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Trovato il centro segniamolo sul nastro.

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Ora che lo conosciamo dobbiamo ricavare il riferimento per la calotta inferiore ottenendo la perpendicolarità al suolo: semplicissimo, basterà applicare un sottile filo a piombo che parte dal punto appena segnato sulla sommità del tubo sterzo. La foto scattata è dispersa insieme a quella di prima, provo con una linea tracciata da me.

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Non è mai stata la mia soluzione preferita, perché centrare lungo la perpendicolare porta la grafica della calotta inferiore ad essere arretrata rispetto a quella superiore. Alla fine la guardi e ti sembra solo messa a casaccio, altro che calibro e filo a piombo…

Invece mi piace l’allineamento lungo la linea che ripercorre la stessa inclinazione del tubo sterzo. Tracciarla è facile, basta allineare un righello al profilo del tubo sterzo e tracciare la linea che parte dal punto segnato prima. Nelle immagini appare arretrato, ma dipende dal fatto che il telaio è moderatamente sloping, non è più in bolla e il fotografo è pessimo; io.

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Adesso abbiamo i nostri due riferimenti che ci serviranno per abbinarli a quelli presenti sulle parti interne delle calotte.

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Purtroppo come detto le mie abilità di fotografo sono scarse e quelle che in anteprima sul display della macchina sembravano buoni scatti, una volta travasati sul pc hanno mostrato troppi errori per essere leggibili. Per questo ho racimolato le meno peggio ma la visuale appare falsata. Ma vi assicuro che una volta montato il tutto abbiamo il perfetto allineamento anche con la linea della forcella. La finitura a specchio mi impedisce di avere immagini chiare, quindi ho tracciato io la mezzeria che corre tra scritta superiore, inferiore e forcella. I più attenti noteranno l’indecisione sul sistema di cambiata da usare.

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Bene, sappiamo come allineare le calotte e non resta che montarle. Per avere un buon risultato ci serve un attrezzo apposito: la pressa per la calotte serie sterzo.

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Ingrassiamo l’interno del tubo sterzo, favorirà l’inserimento.

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E anche la zona delle calotte che andrà a scomparsa.

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Impuntiamo la calotta superiore, inseriamo la prima parte della pressa, poi la calotta inferiore e l’altra parte della pressa; un panno a protezione dell’obliquo, sempre. Una volta che le due calotte saranno andate a battuta rimuoviamo il panno e diamo una ultima stretta con la leva inferiore. Qui in basso la sequenza fotografica ma, come detto, è già stato tutto trattato in altro articolo.

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Fatto questo inseriamo la ralla alla forcella, anche qui serve uno specifico attrezzo. Sia per avere il corretto inserimento che per evitare danni alla pista di scorrimento. Nell’articolo già indicato lo abbiamo usato col suo adattatore da 1″ mentre qui non ci servirà perché la misura è 1″ e 1/8. Io preferisco usarlo col martello in gomma rigida, che richiede qualche colpo in più ma non mi rintrona tutto.

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Solita ingrassata per favorire l’inserimento, ralla in posizione, attrezzo a fasciare e qualche colpo deciso impugnando la testa della forcella dal basso e in meno di un minuto abbiamo la ralla perfettamente in sede.

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Montiamo cuscinetti e calotta superiore della serie sterzo, infiliamo la forcella, gli spessori, l’attacco manubrio e, nel nostro caso, frapponiamo il fermaguaina per il freno anteriore. Ho aggiunto due ulteriori spessori oltre l’attacco manubrio, per una prima prova di assetto con piega a filo sella, ossia dislivello zero calcolato su quello che sarà il probabile assetto del proprietario. Un eccesso di prudenza che mi costringerà, lo so già nel momento in cui prendo la misura così, a eseguire un secondo taglio. Ma a parte che la forcella sporge in modo imbarazzante impedendomi di lavorare (e provare) la bici, meglio eseguire un taglio in più dopo che dover cambiare forcella perché l’abbiamo accorciata troppo.

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Prima però un suggerimento per l’inserimento della piega, una altra di quelle piccole cose figlie dell’esperienza a cui nessuno presta troppo caso ma consentono di mantenere in perfetta efficienza un componente per anni e mi riferisco all’attacco manubrio. Come sappiamo ormai lo standard più diffuso è forcelle non filettate e attacco manubrio a frontalino removibile. Quindi viene naturale a chiunque svitarlo completamente per inserire agevolmente la piega. Si, ha senso, ma non sempre. Non tutti gli attacchi hanno percorso lineare per le viti, molti invece usano far seguire un percorso diciamo così inclinato.

E’ il caso del Ritchey Classic nella sua nuova versione che ha trovato casa sulla bici.

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Nelle immagini in basso ho rimosso il frontalino proprio per evidenziare il percorso delle viti, convergente (o divergente, dipende da come la guardiamo…) e non parallelo.

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Anche questo può sembrare un eccesso ma una volta che avremo inserito lo spessore della piega riuscire ad avvitare in modo preciso, ossia senza forzare e senza che la vite inizi a entrare storta è molto, ma molto difficile. E siccome la vite è in acciaio e il corpo dell’attacco manubrio in alluminio, forzando vince la vite che rovinerà la filettatura. Nel breve periodo nemmeno ci faremo caso, ma dopo qualche tempo inizieranno strani allentamenti; se l’abbiamo dovuta smontare poi sarà problematico rimontarla e così via.

Per evitare tutto questo basta montare la piega come se avessimo a che fare con una semplice pipa di sterzo chiusa, quelle che si usano per le forcelle filettate.

Bulloni del guscio appena impuntati per evitare graffi alla finitura della piega, anche lei una Ritchey Classic. Un poco di crema per mobili aiuta l’inserimento.

Con quattro semplici movimenti potremo inserire la piega senza graffiarla e con le viti dell’attacco in sede.

Partire da destra o da sinistra è indifferente, cambia solo il verso. Qui vedremo partendo dalla destra della bici, il che significa inserire prima la parte sinistra della piega, come vediamo in basso.

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Poi infiliamo seguendo la curvatura della piega.

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Ruotiamo verso il basso per averla in posizione.

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Inseriamo fino alla zona di attacco.

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Fatto.

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Avevo girato un brevissimo video, è un unico movimento fluido ma la macchina fissa sul cavalletto non riusciva a mettere a fuoco in automatico e abbastanza velocemente per rendere il tutto fruibile. Peccato.

Per ora possiamo accontentarci di stringere le quattro viti e inserire le leve freno; per sistemare bene il tutto aspetteremo le ruote.

Torniamo al taglio della forcella; l’argomento è già stato trattato sul blog con due distinti articoli. Il primo che ha riguardato la forcella con stelo in alluminio o acciaio e il secondo la forcella con stelo in carbonio.

Qui faremo giusto un veloce ripasso su come tagliarla senza ricorrere a una guidalama, attrezzo che non amo usare perché mi impedisce di avere completa visuale mentre taglio.

Prendiamo il riferimento per l’altezza del taglio.

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In questo caso ho detto che ho preferito eccedere in prudenza, ma dovevo considerare che il proprietario, Antonello, abita in una altra città e mi serviva avere la bici in condizioni da poter andare in strada per le prove necessarie; anche con un brutto svettamento del tubo forcella.

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Rimuoviamo la forcella, collochiamola su un supporto stabile e con del nastro adesivo creiamo la guida di taglio. E’ importante essere molto precisi, dall’accuratezza con cui posizioniamo il nastro dipende la maggior parte del buon esito dell’operazione.

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Con un seghetto a lama sottile, piccolo e maneggevole, creiamo una prima incisione lungo tutta la circonferenza che servirà da sede per la lama maggiore. E’ fondamentale, usando questo sistema, ruotare di continuo la forcella per ottenere un taglio preciso. Per questo io preferisco usare il cavalletto da lavoro a morsa, stringendo il tubo forcella abbastanza perché sia stabile, non troppo perché non possa ruotare.

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Una volta creata una profonda incisione lungo la circonferenza, aiutandoci con un poco di olio da dare spesso possiamo procedere al taglio vero e proprio con un seghetto più grande e di buona fattura.

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Anche ora è importante assicurarsi di ruotare continuamente la forcella, tagliando poco alla volta lungo tutta la circonferenza e mai concentrandosi su una sola zona.

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Lasciando sia la lama a svolgere il lavoro e non la pressione eccessiva che potrebbe rovinare i denti e indurci all’errore, con un poco di pazienza e una lima per la rifinitura delle bave di lavorazione otterremo un risultato perfetto.

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Prima di rimontare la forcella tagliata dobbiamo inserire il ragnetto. Anche per lui ci vuole un attrezzo apposito in modo che penetri perfettamente dritto, evitando allentamenti precoci della serie sterzo con inevitabile usura anomala dei suoi componenti.

Di solito non richiede una forza eccessiva per essere battuto in sede ma io per praticità preferisco usare una vecchia ruota storta e danneggiata, conservata apposta per fungere da “banco di lavoro”. L’operazione è stata descritta in questo articolo, lo stesso del taglio della forcella in acciaio; come fatto sopra, qui solo un breve riepilogo.

Inseriamo la guida in plastica lungo il tubo forcella.

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Avvitiamo il ragnetto al supporto di spinta.

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Poggiamo il supporto di spinta col suo ragnetto avvitato al tubo forcella e fasciamo tutto con la guida.

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Spingiamo a mano finché non compare completamente la parte superiore dell’elemento di spinta.

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Battiamo con un martello finché l’anello che determina la corsa dell’elemento di spinta non si fermi andando a battuta contro il bordo superiore del tubo forcella.

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Smontiamo il tutto ed ecco il ragnetto perfettamente inserito e alla giusta profondità, determinata proprio grazie al “fine corsa” dell’attrezzo usato.

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Possiamo reinserire la forcella, ma prima dobbiamo completare la serie sterzo. Grasso abbondante nelle calotte, servirà da protezione, sia in quella superiore che in quella inferiore.

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Inseriamo ambedue i cuscinetti, quello inferiore sarà tenuto in sede anche grazie al grasso che è naturalmente adesivo.

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Poi è la volta dell’anello di fermo…

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…e se presente anche del distanziale.

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Poggiamo la calotta superiore, quella di chiusura.

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Grasso anche sulla pista di scorrimento della ralla.

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Ora possiamo inserire la nostra forcella e corredarla di distanziali, supporto guaina se presente, attacco manubrio, un ulteriore distanziale sopra l’attacco e chiudere il tutto col tappo della serie sterzo in cui avvitare la brugola di tiraggio che si collegherà al ragnetto fissato prima.

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Un consiglio; prima di inserire la forcella, se questa ha stelo in acciaio o alluminio, è bene dargli un velo di grasso a protezione dall’ossidazione. Altrimenti vi ritrovereste tra le mani una forcella malridotta come quella della foto in basso, a cui io applicai il grasso ma un meccanico poco attento preferì rimuoverlo, per motivi a me tutt’ora ignoti.

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Due considerazioni. La prima; non esiste un valore di coppia prestabilito per il serraggio della vite che aziona il tiraggio della serie sterzo. Si stringe abbastanza perché lo sterzo giri fluido senza opporre resistenza e al contempo non accusi giochi di funzionamento. La seconda; preferisco tagliare la forcella quasi a filo con l’attacco manubrio e ricavare poi la necessaria luce per il buon tiraggio della serie sterzo grazia all’interposizione di un ulteriore distanziale sopra l’attacco stesso. Questo mi consente di serrare l’attacco in zona tenace e robusta, a tutto vantaggio della sicurezza.

Mi raccomando, prima di serrare il tirante della serie sterzo assicuriamoci che sia l’attacco manubrio che il fermaguaina, sempre ove presente, non siano stretti. Solo dopo aver regolato il gioco della serie sterzo li andremo a stringere, meglio se usando una chiave dinamometrica; altrimenti, se serrati in precedenza, la forcella non sarà “tirata su” annullando i giochi di funzionamento.

Per svolgere queste due ultime operazioni è meglio avere le ruote montate; io di solito lo faccio dopo ma visto che ci siamo e per dare continuità all’articolo, ho deciso di montarle; e avendole sotto il telaio ne approfitteremo anche per regolare la piega, i comandi e la sella in bolla.

Partiamo dalla sella.

Prima di inserire il nostro reggisella, anche lui famiglia Ritchey Classic, se abbiamo un fermaguaina per il freno posteriore del tipo che si assicura al collarino è bene montarlo; come nel nostro caso dove è presente quello originale Surly.

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E’ più comodo montare la sella al reggisella e poi infilare il tutto; ricordandosi di ingrassare sempre sia il tratto iniziale del reggisella che la sua sede al telaio.

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Mettere la sella in bolla è operazione semplice; l’espressione fa riferimento alla bolla della livella, ed è lei che useremo.

Poggiamo la nostra livella, meglio se lunga almeno 50/60 cm, e se non si mantiene un giro di nastro carta adesivo sulla sella; se la forma è irregolare come questa della nostra Brooks Team Pro cerchiamo i due punti, anteriore e posteriore, alla stessa altezza. Nella foto in basso ho ingigantito la cosa facendo puntare la sella decisa verso l’alto.

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Non tutti i reggisella hanno lo stesso sistema per regolare l’inclinazione della sella; quelli a due bulloni di solito hanno un profilo convesso su cui combacia un elemento a profilo concavo. Lo scorrimento avanti e indietro consente di regolare l’inclinazione della sella.

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Due brugole posto sotto assicurano la tenuta.

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Allentiamole tutte e due, sempre con la nostra livella in posizione pronta ad avvisarci del raggiunto obiettivo, e serriamole nuovamente una volta che la sella è in bolla. Mai prima una e poi l’altra ma sempre alternando.

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Ora la nostra sella è in bolla.

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La prova su strada mi confermerà quello che già intuivo durante il montaggio e cioè che questa sella è meglio tenerla leggermente puntata verso il basso perché il “naso” prominente infastidisce. Per ora va bene così, ci serviva spiegare come procedere.

Regolare l’inclinazione della piega Ritchey Classic è anch’essa operazione molto semplice, aiutati dal fatto che ormai quasi tutti i produttori propongono delle grafiche per i riferimenti

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Possiamo vederli nella finestra superiore nel nostro caso; altre volte sono posti ai lati del frontalino dell’attacco manubrio.

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A proposito di frontalino, lo abbiamo lasciato lento. Quindi stringiamolo ma, come sempre quando ci sono più viti disposte in modo intorno a un perimetro, dobbiamo incrociare il serraggio.

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Mai una sola fino alla fine, sempre un poco alla volta ognuna e sempre incrociando. Anche qui l’uso di una chiave dinamometrica è buona abitudine.

Forse qualcuno di voi a questo punto si starà chiedendo che inclinazione è giusto dare alla piega; non esiste regola assoluta, il dogma del perfetto parallelismo della parte finale col suolo è ampiamente sorpassato. L’unica risposta sensata è: regolate nella posizione in cui vi trovate più comodi. In uso sportivo averla parallela al suolo consente di solito di sfruttare meglio la presa bassa e quella finale; ma dipende anche dal dislivello col manubrio. In uso turistico una rotazione di qualche grado verso l’alto avvicina le leve freno a tutto vantaggio delle due prese più usate in quest’ambito, ossia presa alta e presa sui comandi. Insomma, senza dover compiere atti di fede: regoliamo la piega come più ci piace, ci far star bene in sella e ci offre la migliore posizione nelle prese al manubrio da noi più usate.

Ci avviciniamo alla chiusura di questo articolo con l’ultimo argomento: l’altezza dei comandi. Anche qui, come per la piega, non ci sono regole certe, nemmeno le “sacre quote” stabilite dai biomeccanici amanti dei software di posizionamento. Esiste un valore, che è unico per ogni ciclista e deve essere valutato dal vivo, per cui si ottiene l’altezza leve che consente la migliore penetrazione aerodinamica guidando in presa bassa. Ma, chiedo, siamo tutti ciclisti da pancia a terra ogni benedetto chilometro durante l’intera uscita? No, siamo ciclisti normali, ci piace vagare, perderci nei nostri pensieri, cullarci nel ritmo cadenzato della pedalata, guardare il panorama, gustarci gli odori e i colori della natura che stiamo attraversando e lasciarci distrarre dalla graziosa fauna locale. Quindi le monteremo come ci troveremo più comodi, con l’unica accortezza di non sollevarle troppo, altrimenti le nostre mani non riuscirebbero ad afferrare le leve in presa bassa. Che in piano non ci serve tanto, ma in discesa si, il controllo è migliore. Che poi sia una delle tante cose che prima predico e poi razzolo (male) perché scendo spessissimo in presa sui comandi non significa che sia giusto ciò che faccio.

Non vedremo allora a quale altezza collocare le leve ma come fissarle tutte e due alla stessa altezza. In giro leggo ancora le richieste di molti ciclisti che si sentono troppo spesso rispondere con improbabili soluzioni, la peggiore di tutte è la livella. Che può funzionare solo se la bici è perfettamente in bolla nel frattempo, e non avviene mai.

Possiamo usare due sistemi: un righello posto sui copricomandi da far collimare coi segni grafici presenti sulla piega; che siano scritte e scudetti basta ci siano. Oppure ricorrere a un metro da sarto (alcuni usano quello flessibile in metallo, ma non è flessibile e comodo come quello da sarto, che infatti è su uno dei pannelli della microfficina e si rivela utile in decine di applicazioni) che adopereremo per misurare la distanza dell’attacco della leva o della fascetta sino al termine della piega.

Iniziamo dal righello. E’ una procedura davvero semplice, l’importante è che il righello sia rigido, non fletta come quelli in plastica. Ma va bene una qualunque barra in metallo.

Come si può vedere nell’immagine in basso prenderò a riferimento i motivi grafici indicati dalle frecce.

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Sarà sufficiente assicurarsi che col righello poggiato ai comandi questi segni collimino col il righello stesso; sistema efficace anche con la bici inclinata.

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Il secondo sistema prevede la misurazione, con un metro da sarto da poggiare sulla piega in modo ne segua il profilo, della distanza dalla base del comando o della fascetta sino alla fine della piega: misurato uno basterà riportarlo sull’altro lato. Ho preferito tracciare io le linee di misurazione, una viaggia all’esterno della piega se vogliamo prendere a riferimento la base del comando e una viaggia al suo interno se partiamo dalla fascetta di sostegno della leva, piuttosto che scattare le immagini.

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Infine per assicurarci siano dritte, se un semplice ma sempre efficace controllo visivo non ci appare sufficiente, potremo poggiare il nostro righello sulla parte finale della piega, all’interno, e misurare la distanza dalla leva. All’interno perché ormai tutte le leve hanno una loro curvatura verso l’esterno, quindi impossibile rilevare alcunché.

E siamo così giunti alla fine di questo terzo capitolo, arrivato in ritardo sui tempi previsti; ma impegni vari e il riacutizzarsi dei miei acciacchi mi hanno tenuto lontano sia dalla Surly che dal blog. E poi ci sono stati alcuni problemi da risolvere, decisioni da prendere in corso d’opera durante l’assemblaggio e l’attesa di alcuni dettagli che tardavano ad arrivare. La bici ha mosso ieri i primi passi, una pedalata breve solo per assicurarmi che tutto funzionasse sotto carico, ché sul cavalletto alcune cose non le puoi capire; in assetto da “lavori in corso”, senza nastro, cavetti non tagliati e legati alla buona alla bici, comandi cambio in doppia configurazione perché ancora indecisi su quale sistema usare e con un tappo serie sterzo provvisorio e smontato da altra bici perché quello suo è stato affidato alle cure di un artigiano per una lavorazione particolare, che al più presto spero di mostrarvi. Ma il periodo di fermo non è trascorso invano, ho avuto modo di occuparmi di altri piccoli dettagli come per esempio la lavorazione a mano delle brugole per dare questo particolare profilo alle teste e a cui ho smaltato le incisioni per conferire ulteriore risalto.

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O forse a vederle viene da pensare che era meglio terminare la bici? Ah, non è l’unica libertà che mi sono preso…

La prossima volta toccherà a parafanghi e portapacchi, perché senza di loro non era possibile capire quanto spazio avessi libero per i cavetti di collegamento dei freni cantilever.

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COMMENTS

  • <cite class="fn">Guybrush Threepwood</cite>

    Ciao Fabio, una domanda:
    ma quando consigli di passare un velo di grasso sullo stelo in acciaio/alluminio per proteggerlo dalla corrosione, intendi lungo tutta la lunghezza? Ossia, dopo aver reinserito la forcella nella sua sede, non ripulisci dal grasso almeno la parte che viene a contatto con l’attacco manubrio, oppure lasci il grasso anche lì? In tal caso il grasso non riduce la presa dell’attacco sullo stelo forcella?
    Io senza sapere, ho sempre ingrassato tutto ma ripulito poi quella zona. Ho sbagliato?

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      No Daniele, non riduce la presa. Un velo, mica a pennellate. Su attacchi aperti (tipo quelli con la finestrella per capirci) preferisco una passata di vernice. Nero matto o, se la bici lo consente, in tinta col telaio.

      Fabio

      • <cite class="fn">Guybrush Threepwood</cite>

        Allora farò così sulla VO che ha telaio e forcella in acciaio.
        Si ho presente gli attacchi aperti: se vedi le foto, la mia ex Cinelli lo aveva così, e si intravedeva il cannotto in alluminio. Bruttino.
        Grazie

        Daniele

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Mica avevo capito che eri tu…
          Vabbè. Comunque, velo, poco, una trasparenza. Il concetto è lo stesso delle filettature, mica ingrassate non tengono.

          Fabio

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