[Test] Trek Procaliber 9.6

In fuoristrada

Tempo di lettura: 13 minuti

In fuoristrada

Ogni volta che testo una bici o un componente adatto anche al fuoristrada, l’esordio è sempre per specificare come questo fuoristrada è stato declinato.

Normale, fino ad oggi qui in off road abbiamo (ho) portato solo gravel, mai una Mtb pura.

Quindi nulla da declinare stavolta, è fuoristrada vero. Circuiti usati per gare regionali e tanta, ma tanta montagna. Da quella boscosa a quella brulla dove ogni cunetta cela un (pericoloso) masso.

Per me, la parte più difficile di questo test.

Se la Mtb fino ad oggi è stata assente dal blog qualche motivo c’è. Non la mia idiosincrasia al manubrio dritto, che in realtà uso spesso e apprezzo ma siccome sono un inguaribile snob e ho una cattiva reputazione da difendere, ci marcio su.

No, la ragione è più semplice. Per gestire i test ti servono le bici adatte e i luoghi adatti.

Le bici posso procurarmele, per i luoghi la faccenda si complica. Abito in centro città, a pochi passi dalle mura greche dell’antica Neapolis. Per trovare un bosco o un sentiero devo sorbirmi quattro ore quattro tra andata e ritorno o un paio d’ore di treno/auto, a scelta.

Ovvio che in queste condizioni gestire un test è difficile (e infatti gestire questo è stato molto difficile…), obbligandomi a pianificare trasferte anche fuori regione per più giorni, altrimenti nemmeno nel 2023 pubblicavo.

Comunque, autocertificazione e tessera di giornalista alla mano, sono riuscito a spostarmi agevolmente.

Proseguo un altro poco con le mie chiacchiere, sapete che quando parto fatico a fermarmi.

L’altra difficoltà è stata riprendere la mano alla guida della Mtb. Che ho sempre usato in questi anni ma per brevi prese di contatto, senza pretese; giusto per tenermi al passo con il progresso.

Le prime uscite un disastro; ogni automatismo fallito, ogni spostamento del corpo fuori tempo. Sono arrivato persino a togliere i pedali Spd in favore dei flat, per avere la massima velocità nella zampata a terra. Pedali flat che ho lasciato per le uscite fotografiche, per comodità e sicurezza.

Però siccome io ho sempre la scus…ehm, la giustificazione pronta, devo dire che la colpa è pure della Trek Procaliber 9.6.

Eh già, perché la signorina è veloce, tremendamente veloce; e facile, tremendamente facile.

Ti fa sentire talmente bravo e in forma che osi da subito. In barba agli anni; e visto che ci siamo, in barba alla (mia) barba bianca.

Ma entriamo nel vivo, ché se continuo a raccontare non la finiamo più.

I primi indizi ve li ho appena forniti.

La bici è veloce e facile, che però detto così significa nulla.

Aggiungo allora un altro indizio; la geometria del telaio è perfetta.

Che significa? Significa che sei ben “dentro” la bici, quindi ottimo controllo; significa che il grosso obliquo permette ottima reattività, quindi azioni immediate. Al netto delle ruote che vedremo più avanti.

Breve precisazione; la scelta di taglie è buona, molto apprezzabile la taglia intermedia tra M e L che, giocoforza, è identificata come M/L.

Prima di inoltrare la richiesta a mamma Trek per la bici in prova, ho passato molto tempo a studiarmi le geometrie e provare a capire quella più adatta a me, visto che avrei potuto optare sia per la M (cercando il massimo della reattività) che la M/L, cercando un superiore comfort e maggior spazio sulla bici.

Ho scelto la M/L e sono felicissimo di questa decisione, la bici si è rivelata perfetta per me e soprattutto per il mio stile di guida, che non è più quello di quando ero giovincello e prestante…

Proseguiamo.

Le geometrie della Trek Procaliber sono cambiate rispetto al modello precedente; quanto e come abbiano differenziato le reazioni io non posso dirlo perché mai ho guidato la sorella che veniva prima.

Però un telaio è un telaio e come reagisce posso decifrarlo.

L’angolo di sterzo aperto e un tubo piantone abbastanza dritto, a cui unire il generoso obliquo Straight Shot e un reach non lunghissimo ma sicuramente importante (quest’ultimo il dato decisivo nella selezione della taglia, per me), hanno tutti contribuito a una bici dalle reazioni sempre prevedibili, molto semplice nella condotta di guida e capace di perdonare ogni errore. I miei tanti errori, vabbè.

Il bilanciamento nella guida è davvero notevole, chiunque può sentirsi da subito un biker provetto.

C’è poi da non trascurare il sistema Isospeed, altra tecnologia di casa Trek. 

Una tecnologia che all’inizio mi ha spiazzato, come scrissi nella presentazione questa cosa di avere il telaio “separato” mi lasciava perplesso.

Perplessità subito fugate dall’uso.

E vediamo quest’uso in off road, anzitutto in salita. Concentrandoci prima sul telaio, perché è in vendita il solo framekit e perché è in comune con altre versioni della famiglia Procaliber.

La Trek Procaliber si inerpica decisa, grazie all’Isospeed si pedala comodi in sella caricando peso sulla ruota motrice e con il disaccopiatore che si fa carico di smorzare, e davvero bene, le asperità.

Alzandosi sui pedali (tecnica poco proficua con fondo non asfaltato), l’Isospeed non lavora e la bici è reattiva e pronta come una qualunque bici a “telaio rigido”.

A tutto vantaggio del nostro consumo energetico, visto che gambe e corpo non sono obbligati a spendere forze per smorzare i colpi.

Raramente ho avvertito la necessità di spostare il busto in avanti a caricare la ruota anteriore, che è leggera tra le mani, nella guida; ma non è una bici dall’avantreno nervoso o sbarazzino. 

Tutta la zona anteriore, sempre con riferimento alle geometrie, ha una grande neutralità. Non è il boma dell’aratro, questo si e forse c’è chi preferisce un assetto più granitico sul davanti.

Che però finirebbe anche con l’essere impegnativo da gestire, mentre qui la confidenza è assoluta, nessun timore o indecisione.

In salita la Procaliber anticipa questa sua facilità di guida che emergerà del tutto in piano e in discesa, con la  velocità che sale.

Ruote e gomme seguono la pedalata senza porsi come zavorre, seppure nel complesso non abbiamo leggerezza record. Gomme per terreni asciutti quelle di serie, non amano il fango.

Gomme che assicurano ottimo grip in ogni condizione di asciutto o leggermente umido, terreni morbidi e/o erbosi, senza impastarsi.

Telaio decisamente a punto, nelle geometrie come nella posizione che garantisce sulla bici; però è una Mtb front, non posso escludere la forcella dal comportamento globale.

Forcella su cui è necessaria una premessa: la bici al momento in cui scrivo supera di poco i 2300 euro di prezzo al pubblico sul sito ufficiale.

In rapporto a questo prezzo complessivo, di tutta la bici, la forcella non solo è adeguata ma posso tranquillamente definirla eccellente nell’economia globale della bici.

Il prezzo totale resta però basso, quindi se sul rapporto qualità/prezzo il voto è massimo, non significa che qualche limite sia assente.

In salita mi sono trovato sempre più spesso ad andar su con la forcella bloccata, proprio per un suo limite alle basse velocità. La RockShox Recon Gold RL ha buona sensibilità ma la primissima parte dei suoi 110mm di escursione non è subito “gestibile”. Anche lavorando sulla regolazione, il pomello alla base dello stelo, non si hanno significativi cambiamenti.

Ho preferito allora bloccarla direttamente, contando sulla sezione generosa della gomme (dalla eccellente deformabilità elastica della carcassa) per assicurarmi il comfort necessario. Del resto le mie velocità sono davvero ridicole.

Analogo discorso sul rapporto qualità/prezzo può essere traslato sulle ruote. Solide, robuste, in questa fascia di prezzo della bici difficile fare di meglio. Però in salita ogni grammo pesa come macigno, quando serve quel guizzo per risolvere l’ostacolo o il repentino cambio di pendenza ruote più leggere avrebbero aiutato. Avrebbero alleggerito anche il portafoglio, ovviamente. Per questo non pongo il peso delle ruote tra i difetti o limiti che dir si voglia, in tutto questo test (dalla scelta del modello in poi) ho sempre tenuto conto del modesto prezzo di acquisto e cercato quindi la massima qualità in rapporto alla spesa globale. Tenuto conto di questo, forcella e ruote (cerchi) sono ampiamente nel range della promozione.

Continuo a salire e lo faccio cambiando rapporto così da valutare la trasmissione in questo contesto.

Qui mi interessano rapidità e precisione nello spostare la catena su pignoni agili, non la discesa di rapporto.

Trasmissione Shimano, mista; nel senso che i componenti non sono tutti della stessa famiglia ma prelevati da serie diverse. Con il cambio, come avviene sempre nel mondo delle bici, a godere del trattamento di favore. Comprendo la strategia delle aziende, i ciclisti si concentrano sempre sul cambio, giusto offrire lì il componente top, quello più appetibile.

Eppure una trasmissione è tutto l’insieme e la guarnitura riveste il ruolo fondamentale. E’ da lei che parte la pedalata, si imprime la forza. 

Comunque, anche se di famiglie diverse, tutti i componenti sono all’altezza del compito, guarnitura inclusa.

Ma torniamo ad inerpicarci, e non vi nascondo la mia personale difficoltà nelle prime uscite a indovinare il giusto rapporto.

Davanti un monocorona da 30 denti (ho fatto altre prove anche con una 32T, ne leggeremo in futuro), dietro un pacco pignoni 12 velocità dove l’ingranaggio più agile è più grosso della corona maggiore che uso su bici stradali, beh, qualche titubanza iniziale c’è stata.

Fatta la mano, usare il cambio è stato puro piacere. La salita di rapporto sotto sforzo è immediata, istantanea, anche quando la catena è costretta ad arrampicarsi sino alla vetta del 51 iniziale.

Una leggera difficoltà ad azionare la leva col pollice indossando spessi guanti invernali, il comando è privo della ulteriore regolazione I-SPECEV sul collarino ma questo non influisce grazie ai molti gradi di rotazione. E’ che alla fine lo spazio è poco con guanti dalla generosa imbottitura, però siccome invecchio mi copro bene…

Il comando remoto di blocco della forcella è sempre facilmente azionabile, anche con guanti pesanti. 

Ricordo che per blocco non si intende mai un fermo totale, come se diventasse rigida. C’è sempre una minima escursione (ma proprio minima), non si trasforma in una rigida quindi non fatevi problemi.

Freni in salita non pervenuti, vado talmente pieno che un piede a terra basta e avanza per fermarmi.

Ho fatto alcune prove di assetto, abbassando il manubrio al limite minimo e poi ruotando in negativo lo stem, per capire se ed eventualmente di quanto potesse essere proficua questa pratica, molto in voga tra gli amatori da quando i prof iniziarono a usarla.

Mal di schiena a parte, ci si gioca la stupenda neutralità dell’avantreno. Al netto di qualche leggero aggiustamento per le proprie misure antropometriche (aggiustamento minimo, la bici ha geometrie perfette così, se non si sbaglia taglia) molto meglio non caricare troppo il peso all’avantreno.

Nessun vantaggio concreto in salita, dove grazie all’Isospeed si pedala seduti e basta semplicemente inclinare il busto se serve peso davanti, allargando i gomiti e facendo pressione verso il basso (mi avrebbe aiutato un manubrio più piccino, ma non ho ritenuto tagliarlo, è pur sempre una bici test da restituire possibilmente integra…), nessun vantaggio in pianura e un globale peggioramento del feeling di guida in discesa.

Lasciamo perdere i prof, lo dico su strada, lo dico in fuoristrada: è mondo a parte, altre prestazioni, altra tecnica, altra guida. 

La sella di serie è valida, lascia ampia libertà di movimento e smorza bene. Su una Mtb non l’ho mai ritenuto elemento fondamentale, giusto in salita, perché è guida in piedi e col corpo. Però ogni tanto le terga le poggiamo ed è importante avere qualcosa di valido a cui affidarsi.

In definitiva, per quanto riguarda la salita: bici facile da controllare, ragionevolmente leggera, molto reattiva, forcella che alle velocità più basse non lavora fluida nella primissima escursione.

Ora siamo in cima, non è stato faticoso arrivarci, possiamo goderci la discesa.

In discesa conta molto il tipo di terreno scelto. Se siamo su quei bei sentieri nei boschi, fondo compatto, radici affioranti si ma non dei muri improvvisi, svolte ampie da prendere a palla o chiuse da risolvere con una bella staccata a sollevare la ruota posteriore ed eseguire un coreografico nose press, beh, c’è da divertirsi. 

Se scendiamo dal brullo crinale con tratti a gradoni in alcuni passaggi è bene rallentare o addirittura scendere dalla bici. Il primo gradone lo passi, il secondo pure ma inizi a sbilanciarti, al terzo rischi di cappottare in avanti. E’ una front, non possiamo chiederle di risolvere ostacoli dove anche una full potrebbe andare in crisi.

Io li ho provati uguali, fedeli alla linea dei test dove mi immedesimo, e se uno parte alla scoperta non sa cosa troverà.

Comunque, riportata la Trek Procaliber 9.6 sui suoi terreni d’elezione (sempre una XC è) e grazie alla superiore velocità, merito della gravità e non delle mie gambe, sono emerse subito due caratteristiche: la impressionante facilità di guida e l’altrettanto impressionate inadeguatezza del tester…

No, davvero, è stato un duro colpo all’orgoglio vedere quanto fossi arrugginito. Nei primi giorni non coordinavo una azione che fosse una, e non vi racconto le disavventure coi bunny hop (però ho la scusa delle ginocchia malandate). 

Vabbè, poi un poco ho ripreso la mano e le cose son filate quasi lisce ma sono riuscito a cadere da quasi fermo durante una seduta fotografica e ignoro come. Che figura…

Iniziamo a scendere, senza reggisella telescopico. Di cui, onestamente, non ho sentito la mancanza. Forse perché abituato da sempre a non usarlo (e molte discese di questo test sono le stesse che affronto in gravel; più piano perché la forcella rigida della gravel limita rispetto alla Mtb, ma non troppo più piano…), abituato alla guida in piedi, insomma, niente telescopico.

Con il salire della velocità sono spiccate le qualità intraviste ed annullati i pochi limiti rilevati in salita.

Avantreno, impossibile non partire da lui. Perfetto, una assoluta neutralità, leggero e controllabile ma mai imprevedibile. Si può persino dire che abbia una sua intelligenza, scovando la linea migliore e seguendola fedelmente. Non è così, ovvio, la bici va dove l’indirizza lo sguardo, quindi la linea giusta la scegliamo noi (capito perché mai fissare l’ostacolo se vogliamo scansarlo?) ma il punto è che poi la Procaliber segue precisa quella linea, senza sbavature, con estrema naturalezza.

Nella guida in piedi hai spazio sulla bici, riesci a muoverti agevolmente sentendo bene le reazioni del “triangolo”, arretri col busto o ti sposti a lato senza mai incontrare ostacoli.

Se il terreno è quello giusto le gomme hanno ottima presa e il peso delle ruote non è più avvertibile come con pendenza avversa.

La forcella col salire della velocità si dimostra decisamente a punto, per questo prima sono stato benevolo nel giudizio, valuto il rendimento globale che è di ottimo livello.

La poco sensibilità rilevata in salita, nel primissimo tratto di escursione, in discesa è ininfluente. Una volta tarata (ed è facile, basta aiutarsi con la scala graduata per il sag e poi operare qualche leggero aggiustamento sulla pressione, se necessario) copia fedelmente gli ostacoli, non rimbalza, ha una perfetta gradualità in estensione che, nella guida, conta spesso più della compressione perché mai sporca l’azione. Sopporta i maltrattamenti, tetragona agli sforzi, lavorando in simbiosi con la geometria dell’avantreno e la sua, non mi stanco di elogiarla, neutralità, riesce a far sentire un esperto biker anche uno improbabile come me.

E’ una front, mai dimenticarlo; e senza reggisella telescopico. Per questo giocare in discesa con le variazioni di carico per dare/togliere aderenza al posteriore non è stato facile. L’isospeed poi funziona solo da seduti, quindi in piedi la bici è identica a una con telaio rigido.

Però giocando con la taratura della forcella, ammorbidendola cioè, si riesce a innescare quelle variazioni di carico con il retrotreno che alleggerisce e le cose si fanno divertenti. Un notevole contributo lo danno le gomme di serie, dalla grande comunicativa.

Comunque servono doti atletiche e ginocchia in forma che io, ormai, non ho…

La trasmissione non ha mostrato incertezze, anche cambiando in velocità e senza troppi riguardi non c’è stata mai una sola incertezza nella discesa di pignoni così come nella salita per non perdere cadenza nei tratti dove è stato necessario recuperarla per una improvvisa salita.

Grazie al doppio sistema di cambiata, con pollice o indice, scendere di rapporto è immediato, con ampio accesso al comando e corsa della leva assai ridotta. A tutto vantaggio dell’azione e della concentrazione nella guida. Non devi star lì a pensarci, un click e via.

Capitolo freni. Sulla carta l’impianto non fa gridare al miracolo, abbiamo uno Shimano serie 4000/400, siamo nella zona bassa di listino ma non di prestazioni. Anzi, credo che per molti ciclisti poco avvezzi alla guida più tecnica, l’impianto nel complesso sia anche surdimensionato col suo rotore anteriore da 180mm (e per valutare meglio ho montato un disco da 160, trovando la frenata più gestibile), esente da precoci surriscaldamenti ma alla lunga qualche difficoltà a smaltire calore c’è (imputati: i dischi).

Potenza quanta ne serve, anzi, pure più di quella necessaria a molti; modulabilità eccellente, forcella e ruota solide che permettono di sfruttare fino all’ultima stilla l’energia dell’impianto.

Infonde sicurezza la Procaliber scendendo forte, perché hai una ruota anteriore che segue la strada senza imprevisti e recupera subito la traiettoria dopo salti e ostacoli, perché hai una forcella solida e ben frenata in estensione che non sporca la guida “stantuffando, perché hai freni che funzionano perfettamente anche senza vantare soluzioni all’ultima moda, e soprattutto hai un telaio dalla risposta pronta, reattiva, immediata a ogni manovra.

Che nella guida in discesa, rigorosamente in piedi, non sempre è facile ottenere.

Isospeed in discesa non pervenuto, come i freni in salita; perché, appena detto, la guida è tutta in piedi e quindi l’Isospeed non si “attiva”.

Però si attiva, nello stretto, una altra tecnologia di casa Trek: il Knock Block, ossia questa lavorazione della serie sterzo per cui il manubrio non ruota completamente, è bloccato a una certo angolo e non impatta mai sul telaio.

Mi premeva capire se nello stretto, nello slalom tra gli alberi a bassa andatura, questo blocco potesse limitare oltre la rotazione del manubrio anche piacere ed efficacia della guida.

Nulla, non cambia proprio niente, giri uguale sul francobollo e solo se proprio ti ostini a voler fare il pelo a tutta la corteccia a un certo punto allarghi, per forza.   

Si scende veloci, molto veloci e l’unico limite diventa il ciclista, perché la Procaliber permette molto se mantenuta sui suoi terreni di caccia.

Inutile chiedere salti eccessivi, manovre da full sospension. Le ruote dal suolo le stacca se necessario ma non è bici per acrobazie. Che manco saprei fare. E infatti uso la controfigura…

Però ha questa capacità di rendere tutto facile, immediato, intuitivo che aiuta molto della guida e assicura divertimento. Ho solo sofferto, più che in salita, la larghezza del manubrio, eccessiva per me ma, come detto, non ho voluto tagliarlo. Operazione non reversibile e ci tengo a rimandare il materiale test indietro nelle migliori condizioni possibili.

Ora dedichiamoci alla pianura, ammesso che possa parlarsi di pianura andando per boschi. La vogliamo assimilare al gravel? Sentieri di campagna, argini, roba così? Ma si: è uno degli utilizzi preferiti da molti possessori di Mtb, che di tanti tecnicismi non si interessano, vogliono solo una bici che gli permetta di esplorare in serenità. E andare veloce alla bisogna.

Una impostazione che molti duri e puri non condividono. Non io, che non sono un fondamentalista né mai fatto della bici una religione (mi diverte, punto) e comprendo appieno l’esigenza di molti che vogliono pedalare comodi e sicuri, con la certezza di poter affrontare quasi ogni terreno.

Per questo ho voluto questo test e per questo sto battendo dall’inizio su un gran pregio della Procaliber: la sua facilità di guida.

Si pedala veloci, più veloci di quanto peso e gomme larghe lascino immaginare. 

La bici segue sicura la linea, non scarta improvvisa, non si lascia distogliere dai solchi e l’Isospeed in questo frangente si dimostra quella marcia in più che una front “tradizionale” non ha.

La stabilità è esente da critiche, basta lasciare le braccia morbide e pestare sui pedali che al resto pensa la Procaliber.

Viaggiando veloci si comprende il gran lavoro fatto su materiali e geometrie del telaio, l’efficacia dell’Isospeed; ma si apprezzano un assetto in sella mai costrittivo, che non impone spreco di energia per contrastare la strada e l’ottima scorrevolezza dell’insieme ruote/copertoni.

Il percorso è meno tecnico, non serve essere biker navigati, basta avere quel poco di gamba necessaria a spingere e si conosce il doppio volto della bici: capace di assecondare i ciclisti più esigenti, fedele nel rendere felici i ciclisti spensierati.

Strada libera, ci si può rilassare, godersi il paesaggio. E si può decidere di alzare il ritmo, potendo contare su una forcella che al salire della velocità lavora nella sua zona migliore e una trasmissione che non fa avvertire troppi salti. Anche perché la catena ingaggia i pignoni più piccini, quindi con salto meno evidente durante le cambiate. Cambiate sempre perfette, quale che sia la cadenza.

In più di un tratto dei miei circuiti di prova ho sentito la mancanza di una gamma rapporti più veloce. Vero, il 10 finale di questa trasmissione a 12v, unito alla corona da 30T è comunque un bell’andare.

Sarà il mio retaggio da stradista, avrei voluto una corona maggiore piuttosto che il pignone piccino. Vero che non ho mai sofferto la mancanza di rotondità della pedalata, sono solo andato in crisi per troppa agilità mal gestita da me, però una corona da 32 alla fine l’ho montata, con la scusa di un altro test. E ho provato anche gomme più sottili, 2,2″ contro i 2,4″ delle coperture di serie e mi sono ritrovato una bici capace di tenere un ritmo molto, ma molto elevato.

Rientrando al campo base mi sono fatto gli ultimi 30km su asfalto bellamente accodato al gruppo di stradisti, tenendo i 30km/h di passo senza alcuno sforzo. Solo il rumore del battistrada sull’asfalto a disturbare.

Fin qui la bici nel suo uso previsto, da catalogo diciamo così.

Io ho preferito ampliare il raggio d’azione, con pedalate turistiche e persino cittadine, tragitto casa/lavoro.

Un solo breve paragrafo per questo sconfinamento.


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COMMENTS

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Ottima recensione! Aspettavo da tempo una tua impressione su questa bicicletta. Inoltre trovo azzeccatissima l’idea di portarla leggermente fuori dall’ambito d’uso per cui si propone. Che poi è nella realtà di molti affrontare percorsi e utilizzi più disparati, specialmente con le mtb come questa che non sono ne della macchine da gara XC e nemmeno delle Enduro dalle enormi escursioni.
    Avendone viste molte dal vivo, non posso che sottolineare e rimarcare l’enorme cura costruttiva che si percepisce dal telaio e dalla verniciatura. Davvero sopra la media.
    L’unica pecca (secondo l’uso che ne farei io) il non aver pensato ad un reggi sella telescopico di serie. Ma dato il prezzo (e considerando le caratteristiche del telaio) forse sarebbe chiedere troppo.

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Daniele, non condivido la tua ultima affermazione, come ben sai.
      Il telescopico su una front perde gran parte della sua funzione, l’assenza di un sistema ammortizzante al posteriore impedisce o limita moltissime manovre in un cui è telescopico ha la sua ragione d’essere.
      Resta la residuale maggiore libertà in discesa, ma siamo proprio a tirarla per i capelli.

      Fabio

  • <cite class="fn">enrico</cite>

    Complimenti per la recensione! Ottima come sempre.
    Probabilmente la bici che valuterei con più attenzione se dovessi mai cambiare la mia Canyon Nerve AL 7.9. Per il mio utilizzo la sospensione posteriore è più una perdita di tempo per taratura e manutenzione che non un plus nell’utilizzo. Una bella mono, magari in carbonio, con il sistema isospeed per il confort in pedalata, sarebbe senz’altro più adatta.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Enrico, sarebbe una più che valida opzione, me ne sono reso conto in questi mesi e ancor più nelle ultime settimane, dove a test suo chiuso (chiuso da tempo, la messa online e sempre ritardata rispetto alla fine dei lavori) la sto usando per chiudere altri test di materiale Mtb. Quindi la sto usando “più rilassato” diciamo così, godendomela e basta.
      Approfitto per alcune considerazioni più generali.
      Nella selezione del materiale da testare non seguo (quasi) mai le mie preferenze ma cerco di scovare cosa possa interessare i ciclisti.
      E’ qualcosa che anche chi mi conosce da tempo fatica a comprendere, ma qui c’è il Fabio giornalista, non il ciclista.
      Se avessi seguito la mia curiosità personale sarei andato di Supercaliber, perché indagare questo nuovo filone delle front leggermente ammortizzate mi intriga.
      Mi ha frenato il costo, che sarà pure equilibrato rispetto a tanta roba, ma resta una cifra impegnativa e non mi avrebbe permesso il test che avevo in mente, molto fuori dagli schemi soliti affinché potessi essere quanto più vicino possibile alle reali necessità dei ciclisti.
      Necessità che sono troppo spesso lontane da quanto credono alcuni produttori o tanti esperti da tastiera…

      Fabio

  • <cite class="fn">Federico</cite>

    Complimenti per l’accuratezza e professionalità della recensione. Una curiosità: hai scritto di aver scelto la taglia M/L. Quanto sei alto?
    Grazie mille e ancora complimenti

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao, l’altezza conta relativamente nella scelta della taglia, sono tutti i valori che devono essere presi in considerazione e anche, mai dimenticarlo, stato di forma e attitudine personale. Per quel che può servire sono poco sopra il metro e settantadue con cavallo di ottantadue, ma è poco probante.

      Fabio

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