[Test] Trek Procaliber 9.6

Turismo e urban
Turismo e urban
Ve l’ho scritto nell’introduzione, in tanti anni sui pedali vedo i ciclisti usare la propria Mtb nei modi più svariati. Non ho percentuali da offrirvi, studi o statistiche. Però l’osservazione quotidiana mi mostra un mondo variegato, dove chi acquista una bici da fuoristrada lo fa spinto da motivazioni che col fuoristrada c’entrano nulla.
Apprezzano la comodità, la stabilità, la facilità di guida, l’assetto alto, il comfort di gomme generose e sospensioni; o solo l’aria avventurosa.
Quale che sia il motivo a me non interessa. Ognuno libero di pedalare come crede, l’importante è trovare la felicità sui pedali.
Se poi con i miei “esperimenti” riesco a far essere felice qualche ciclista in più, allora il tempo per curare questo blog è ben speso.
Problema uno: la Mtb è una bici specialistica.
Problema due: in questa specializzazione c’è un mondo di infinite correnti di ulteriori specializzazioni.
Dovevo risolvere i due problemi in un colpo solo e potevo farlo solo selezionando un modello che per sue caratteristiche, almeno sulla carta, mi avrebbe garantito la necessaria polivalenza.
Nessun telaio dallo sloping estremo, angolo di sterzo non troppo ampio, geometrie confortevoli in rapporto alle taglie, componenti robusti anche se non leggerissimi, facilità di intervento e manutenzione, ottimo rapporto qualità prezzo. Ma doveva essere anche una bici capace di trasformarsi, sia affinando le proprie doti di guida che con pochi, mirati interventi, assecondare in pieno una possibile voglia di fuoristrada specialistico esplosa nel nostro ciclista all’inizio poco interessato a quest’aspetto.
Ci ho visto giusto con la Trek Procaliber 9.6? Si, e questo test lo racconta.
Per uso turistico non ho ovviamente inteso il giro del mondo in solitaria. Le due settimane di vacanza come limite, bagaglio minimale caricato col sistema bikepacking e non sfruttando portapacchi specifici per Mtb a forcella ammortizzata.
Ho montato un kit Pro Bike Gear, con borsa al telaio, borsa al manubrio, borsa da sella e borsino da top tube, in pratica quello recensito in questo articolo.
L’idea di questa configurazione è uno dei motivi per cui non volevo telai dallo sloping estremo, mi serviva spazio per il bagaglio.
Non mi sono fatto le due settimane di vacanze in bici, magari; no, ho simulato, caricando nelle borse quello che avrei portato con me in questa ipotetica vacanza, più avventurosa di quanto avrei fatto nella realtà perché al manubrio ho fissato il mio “storico” sacco a pelo ma non la tenda (e mi ci vedete voi a …antuno anni dormire sotto le stelle? E la mattina chi si alza più?) e nelle borse quello che un viaggiatore spartano come ero in gioventù avrebbe portato con sé.
Il peso sull’avantreno quasi nullo, come è giusto che sia se non vuoi sacrificare la guidabilità in fuoristrada, una certa sproporzione col posteriore che, giocoforza, ha alleggerito ancor più l’avantreno, come si guida?
Benissimo, avendo solo l’accortezza in salita di spostarsi col busto in avanti; salita in off road, ripida, non salita stradale, perché questa mia ipotetica vacanza prevede di abbandonare l’asfalto ogni volta che posso. Sognare costa nulla, siate comprensivi…
Ma siamo in viaggio, seppure solo ipotetico, quindi c’è da verificare ogni possibile situazione.
Guida su asfalto a pieno carico, tanto per cominciare.
La Procaliber non risente del peso aggiuntivo e non proprio coordinato, col grosso del bagaglio a gravare sull’asse posteriore. Si viaggia veloci su asfalto grazie alla rapportatura indovinata, con agilità più che sufficiente per affrontare anche le asperità più dure.
Tra l’altro per poter montare al meglio la borsa da manubrio avrei dovuto lavorare sul passaggio cavi; cose che avrei fatto se la bici fosse stata mia e non da far rientrare a fine test. C’è infatti una distanza che la cinghia posteriore della borsa non riesce a coprire se non, appunto, sistemando meglio tubi e guaine.
Le ruote scorrono bene, la forcella bloccabile aiuta, solo le gomme di serie, pensate per tutt’altro scopo, mostrano qualche crepa. Rumorosità, inevitabile; una certa tendenza a scaldarsi troppo ma è normale.
La sella in questo particolare utilizzo ha pure lei mostrato qualche limite; nulla a cui un buon fondello non riesce a porre rimedio e comunque, giova ricordarlo, siamo fuori dal naturale alveo di utilizzo della bici.
Tradotto: se pensate di partire con la Procaliber, una sella e due gomme più stradali e siete in una botte di ferro. Con questo secondo aspetto da valutare solo se il percorso si snoda essenzialmente su asfalto, altrimenti van bene quelle di serie.
In assetto bikepacking c’è ampio spazio per la borsa da telaio, si piazza facile quella da top tube. Almeno su questo telaio in taglia M/L. Immagino valga anche per la M e poi quelle superiori. La più piccina potrebbe non farcela ad accogliere una borsa come questa.
E nessun problema, ovviamente, per quella posteriore.
Una modifica che potrei suggerire, sempre se l’itinerario è soprattutto stradale, è aumentare la dentatura della corona.
Una 32T e si guadagna quella rotondità/velocità che può far comodo. Tanto col padellone che sta lì dietro si scalano i muri anche a pieno carico…
Abbandonando l’asfalto per raggiungere luoghi di pace e serenità, cosa di cui tutti avremmo bisogno di questi tempi e non solo in un viaggio immaginario, la Procaliber non rallenta il passo più di tanto. Il limite lo da il ciclista, la sua gamba che deve portar su il peso aggiuntivo del bagaglio. Lei va, se tu vai…
Queste sono notazioni tecniche però c’è una altra domanda a cui rispondere: ma è divertente?
Usare così una Mtb, da gusto o è una noia?
Beh, per me che bazzico meno il mondo delle ruote grasse, la Procaliber su asfalto è stata una sorpresa. La velocità di crociera che ho potuto mantenere, mantenere a lungo intendo e non la sparata e poi stop, è stata troppo spesso molto vicina a quella della gravel che uso per i test e francamente non me lo aspettavo.
Ho dovuto ricredermi su molte convinzioni sedimentate negli anni con questa piccolina…
Non ho dovuto ricredermi invece sulla mia convinzione, frutto questa di esperienza diretta negli anni, che una Mtb sia una ottima bici per le nostre metropoli.
Non parlo della piccola città di provincia, magari tutta in piano.
Parlo dei grandi centri urbani, per lo più collinari o che si inerpicano sulle alture a cercar spazio, con centri storici lastricati di pavé o basolato, fondi infidi oltre che faticosi.
Assetto rialzato, ottimo controllo, gomme larghe, sospensioni, freni potenti e modulabili, maneggevolezza di gran livello, rapporti che permettono qualunque percorso. Due parafanghi a sgancio rapido, un set di luci e ti sposti comodo e veloce.
Giusto un manubrio appena più stretto e sgusci come una anguilla nel traffico più caotico.
Sul martoriato pavé dei nostri centri storici la Procaliber è perfettamente a suo agio, con una marcia in più: l’Isospeed.
Sarà che si guida subendo tanti piccoli colpi in rapidissima successione, sarà che io percorro pavé ogni giorno e sul tema sono sensibile, ma in questo frangente ho spesso ringraziato gli ingegneri Trek per la loro intuizione.
L’effetto, il lavoro dell’Isospeed è persino più avvertibile che in off road, nel senso che lo senti proprio lavorare di continuo. Penso dipenda sia dal fatto che, come detto poco sopra, la marcia sul pavé è una lunga teoria di piccoli colpi; e sia dal fatto che mancando il “filtro” dell’abbigliamento tecnico ti affidi del tutto al telaio. E alla sella, che devo dire in ambito urbano si è rivelata davvero ben fatta.
Sapevo che la tecnologia Knock Block non mi avrebbe dato noia e così è stato. Giri sul francobollo, e nessun problema nel traffico come nello slalom tra i pedoni concentrati a leggere sul telefono mentre passeggiano serafici in ciclabile.
Un avantreno preciso, solido ma sempre leggero tra le mani completa il quadro di una bici che amplia di molto la sua possibilità di utilizzo, potendo all’occorrenza accompagnarci durante la settimana nel tragitto casa/lavoro e poi la domenica farci divertire per boschi e sentieri.
Bene, direi che ne sappiamo abbastanza per trarre qualche conclusione: tecnica ma non solo.
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Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali.
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Ottima recensione! Aspettavo da tempo una tua impressione su questa bicicletta. Inoltre trovo azzeccatissima l’idea di portarla leggermente fuori dall’ambito d’uso per cui si propone. Che poi è nella realtà di molti affrontare percorsi e utilizzi più disparati, specialmente con le mtb come questa che non sono ne della macchine da gara XC e nemmeno delle Enduro dalle enormi escursioni.
Avendone viste molte dal vivo, non posso che sottolineare e rimarcare l’enorme cura costruttiva che si percepisce dal telaio e dalla verniciatura. Davvero sopra la media.
L’unica pecca (secondo l’uso che ne farei io) il non aver pensato ad un reggi sella telescopico di serie. Ma dato il prezzo (e considerando le caratteristiche del telaio) forse sarebbe chiedere troppo.
Daniele
Ciao Daniele, non condivido la tua ultima affermazione, come ben sai.
Il telescopico su una front perde gran parte della sua funzione, l’assenza di un sistema ammortizzante al posteriore impedisce o limita moltissime manovre in un cui è telescopico ha la sua ragione d’essere.
Resta la residuale maggiore libertà in discesa, ma siamo proprio a tirarla per i capelli.
Fabio
Complimenti per la recensione! Ottima come sempre.
Probabilmente la bici che valuterei con più attenzione se dovessi mai cambiare la mia Canyon Nerve AL 7.9. Per il mio utilizzo la sospensione posteriore è più una perdita di tempo per taratura e manutenzione che non un plus nell’utilizzo. Una bella mono, magari in carbonio, con il sistema isospeed per il confort in pedalata, sarebbe senz’altro più adatta.
Ciao Enrico, sarebbe una più che valida opzione, me ne sono reso conto in questi mesi e ancor più nelle ultime settimane, dove a test suo chiuso (chiuso da tempo, la messa online e sempre ritardata rispetto alla fine dei lavori) la sto usando per chiudere altri test di materiale Mtb. Quindi la sto usando “più rilassato” diciamo così, godendomela e basta.
Approfitto per alcune considerazioni più generali.
Nella selezione del materiale da testare non seguo (quasi) mai le mie preferenze ma cerco di scovare cosa possa interessare i ciclisti.
E’ qualcosa che anche chi mi conosce da tempo fatica a comprendere, ma qui c’è il Fabio giornalista, non il ciclista.
Se avessi seguito la mia curiosità personale sarei andato di Supercaliber, perché indagare questo nuovo filone delle front leggermente ammortizzate mi intriga.
Mi ha frenato il costo, che sarà pure equilibrato rispetto a tanta roba, ma resta una cifra impegnativa e non mi avrebbe permesso il test che avevo in mente, molto fuori dagli schemi soliti affinché potessi essere quanto più vicino possibile alle reali necessità dei ciclisti.
Necessità che sono troppo spesso lontane da quanto credono alcuni produttori o tanti esperti da tastiera…
Fabio