Non sciupiamo questa opportunità
La bicicletta è parte della soluzione a questa emergenza, impossibile negarlo.
Si fa un gran parlare di voglia di normalità, di ritorno alle nostre abitudini.
Che sono spesso sbagliate, e tutti noi fatichiamo a rendercene conto. Fatichiamo a comprendere che un nostro singolo gesto è importante, senza star lì a pensare “vabbè, tanto che fa se per stavolta non differenzio, non chiudo l’acqua o non spengo la lampadina che illumina la stanza vuota”.
Piccoli gesti che incidono poco sulla bolletta, non gli diamo peso. Ma pensate ai miliardi di lampadine accese per nulla e vi rendete conto dello spreco di energia non rinnovabile che provochiamo.
In queste settimane di chiusura forzata in casa forse abbiamo iniziato a ragionarci.
E sicuramente abbiamo atteso il momento di poter tornare in sella. Per svago, per sport, per gusto.
E per utilità.
Già, voi sapete che anche se da queste pagine ho sempre incitato alla mobilità in bici, ho altrettanto sempre ribadito che fatico a vedere la bici come semplice mezzo di trasporto.
Per me è passione, il fatto mi permetta di muovermi agevolmente in città, per andare al lavoro o fare la spesa è un di più, non il motivo per cui pedalo.
Però lo faccio, ogni giorno; e lo faccio da moltissimi anni.
Ho vissuto si può dire ogni evoluzione.
Ho vissuto il periodo pioneristico quando in questa città adagiata all’ombra del Vesuvio eravamo pochissimi a pedalare per le sue affanascinanti e martoriate strade.
Ho vissuto la nascita di una nuova voglia di pedalare, bici tirate fuori da polverosi scantinati, cigolanti e con ruote ballerine ma pronte a scorrazzare chiunque ne avesse voglia.
Ho vissuto la delusione, quando le tante promesse di percorsi ciclabili e dedicati sono state disattese in cambio di pochi inutili metri spesso occupati per feste e sagre.
Sto vivendo questa rinascita, vuoi per la voglia di uscire, vuoi per il timore sull’uso dei mezzi pubblici che qui, nella mia città, mai hanno brillato per efficienza. Figurarsi ora, con posti contingentati.
Pochi giorni fa, in questo articolo, vi ho detto che non mi faccio illusioni.
Il mio stato d’animo non è cambiato.
Vero che siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma per bocca del ministro (della ministra? Forse politicamente corretto ma orribile) resta il limite alla densità abitativa del comune, non sappiamo se di residenza o domicilio, per accedere al possibile bonus acquisto bici. Che dovrebbe scendere a 50.000 abitanti.
A salire invece dovrebbe essere il bonus, sino a 500 euro, ma non sappiamo ancora se sarà a scalare in proporzione al prezzo finale.
Scompare, sempre nelle parole del ministro, l’obbligo per il negoziante di anticipare lo sconto in attesa del riborso dallo Stato; sostituito da un rimborso direttamente al cittadino ma dopo l’acquisto.
Non sappiamo quanti fondi saranno stanziati (e se saranno stanziati), col pericolo concreto che il cittadino acquista la bici, sceglie anche confidando nel rimborso, presenta fattura e mentre la domanda viene intrappolata nella rete della burocrazia, i soldi finiscono.
Sarebbe assai più sensato, per esempio, l’eliminazione dell’IVA. Però tecnicamente di difficile realizzazione, potrebbe portare sino a pratiche di concorrenza sleale.
Uno sconto fiscale? Lo si fa per tanti settori, detrai dalla dichiarazione o lo metti a credito di imposta. Vero che così devi pagare tutto subito e soldi, di questi tempi, ne girano pochi. Ma recuperi alla prima dichiarazione dei redditi.
Insomma, volendo un sistema logico e utile si trova.
A patto ci si renda conto che la mobilità ciclistica non è passatempo per sfaccendati, retaggio di radical-chic, pratica da invasati.
L’Italia è da sempre in cima alle classifiche su uso dell’automobile e ore perse nel traffico; che significa anche emissioni di Co2, denari bruciati insieme al carburante e così via.
Il timore sull’uso dei mezzi pubblici, in parte giustificato sia chiaro, porterà molte più persone alla guida.
L’Osservatorio sulla bikeconomy ha simulato due scenari post-covid: uno con massiccio utilizzo della mobilità a motore, l’altro con le stessa mobilità ma sostenibile, cioè non solo bici muscolari ma ebike, monopattini ecc.
Nel primo caso avremmo costi sociali in una forbice tra 10 e 20 miliardi di euro l’anno. Costi, ossia denari che escono dalle nostre tasche, sotto forma di tasse che servono a coprire le spese, di acquisto carburante, manutenzione e tutte le altri voci di spesa. Anche quelli sanitari, causati dallo smog. Non mi sembra siano calcolati i costi sociali per la sinistrosità stradale, inevitabile con tante più auto sulle strade. Ma sul punto non sono certo, non ho compreso bene, chiederò lumi.
Nel secondo caso abbiamo un beneficio economico in una forbice tra 9 e 20 miliardi di euro l’anno. Beneficio, ossia economia che gira, soldi che restano nelle nostre tasche, spesa sanitarie da non pagare e così via.
Voi, davanti a una simile alternativa, cosa scegliereste? Appunto.
Per questo ogni intervento che sia indirizzato a favorire la mobilità sostenibile deve essere visto come investimento produttivo. Una spesa che genera un guadagno superiore al suo importo.
Ma non possiamo ridurre il tutto a scelte economiche.
La scelta è politica. Nazionale ed Europea.
Dobbiamo decidere adesso, non fra un anno, tre anni o dieci anni.
Dobbiamo decidere senza farci trascinare dall’emergenza, con interventi spot che potrebbero rivelarsi dannosi sul lungo periodo.
Dobbiamo comprendere che non significa solo sconti, bonus e ciclabili estemporanee.
Dobbiamo accettare che anzitutto tocca a noi cambiare mentalità, non avere alcuna remora ad andare al lavoro in bici invece di sfoggiare la costosa automobile per far vedere che siamo in gamba.
Dobbiamo capire che questa emergenza può essere davvero una possibilità e star lì a tacere ogni critica o pensiero perché altrimenti si può essere giudicati disfattisti è un errrore. Ma badate: una cosa è urlare sui social che servono millemilamiliardi e se non me li dai allora stai facendo nulla, come alcuni (un paio in particolare) di esponenti politici son soliti fare e tutt’altra porre l’accento, per esempio, sulla incongruità manifesta della concessione del bonus in base alla densità abitativa.
Chi mi legge da tempo sa che sono uno che sempre cerca il buono delle cose; e ha notato quanto sia sfiduciato in questo momento. Forse dipende dal mio stato d’animo, ho preso colpi troppo duri in questi mesi per non risentirne. Forse stavolta davvero fatico a trovare il buono delle cose.
Non so, ma vale la pena inziare a rifletterci.
E’ inutile che io, da qui, invogli voi a pedalare. E’ un blog di appassionati, sarebbe ben strano il contrario.
Ma ognuno di noi conosce persone che non pedalano. Parlate con loro, spiegate, invogliate, fugate i dubbi.
Senza presunzione, accettando le obiezioni, provando con gentilezza e cognizione a dimostarne l’infodatezza.
Non serve trasformarli in fanatici pedalatori, solo togliere una inutile auto dalle strade. E più saranno i novelli ciclisti più i politici dovranno fare i conti con una nuova opinione pubblica.
Ho sempre detto che se con questo blog fossi riuscito a fare felice almeno un ciclista, allora tanto impegno avrebbe avuto senso.
Bene, se con le nostre argomentazioni riusciamo a mettere anche solo una bici in più su strada, ne è valsa la pena.
Buone pedalate, a chi può
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Sono d’accordo, ora è il momento delle scelte politiche nella direzione una nuova economia non più concentrata su profitti di pochi ma distribuita a beneficio di tutti.
Quando i colleghi (scuola pubblica) mi vedono arrivare in bici (tutto l’anno) fanno quella faccia mista tra l’incredulo e la compassione. Ma prevalentemente gli faccio pena. I più arditi (nelle belle giornate) si lasciano andare ad un: “anche a me piacerebbe ma…” E in quel “ma” ci sono le solite scuse. Penso che i docenti siano tra le categorie i più convinti motorizzati. In tanti anni sono sempre stato “figlio unico”. Non ce la faremo mai, almeno non ora.