Troppa elettronica sulle bici?
C’è troppa elettronica sulle bici moderne?
Un veicolo che ha nella semplicità la sua ragion d’essere, è giusto venga complicato da tante diavolerie? Trasmissioni, cambi automatici, ora anche le sospensioni e chissà cosa ci riserva il futuro?
Sono considerazioni che ricorrono spesso, tra i commenti ai test, sul canale YouTube del blog, tra i messaggi che mi arrivano e, ovviamente, nelle immancabili chiacchierate al bar. Suppongo tengano banco anche sui social ma io li frequento poco.
L’elettronica, e con questo la definisco in senso ampio, è quotidianità nelle nostre vite. Tutti abbiamo uno smartphone con cui facciamo di tutto, a volte ci capita di telefonare.
Molti hanno uno smartwatch, comando vocale e lui gira gli ordini al dispositivo collegato.
Tanti hanno una smart tv, magari anch’essa da gestire con comandi vocali.
Nello studio della mia dentista c’è quell’insopportabile aggeggio a cui ordini di cambiare stazione radio, modificare il volume, informarti sul meteo e tanto altro; e se stai parlando con qualcuno quello interviene. Inquietante.
Le case usano la domotica e persino i meno avvezzi non rinunciano alle tapparelle elettriche. O al cancello elettrico. Che non è proprio elettronica come la stiamo usando ma pur sempre un motore, una attuazione, che fa da sola mentre noi al massimo pigiamo un pulsante.
Delle auto inutile parlare, io rimpiango ancora i vetri a manovella, credo che se un produttore li proponesse lo farebbero internare.
Moto? Qui sembra che se non ha il TFT, il BT, i sensori per tutto e non ti fa vedere i messaggi vazapp mentre guidi sia un cancello preistorico. Ah, la mia (ex) Guzzi California T3…
Vabbè, ma non sono bici, è roba diversa, mica semplice. Beh, pure le tapparelle sono semplici e una volta lo erano anche le moto.
Ma d’accordo, accetto l’obiezione e resto sul mondo a pedali.
Vogliamo parlare dei ciclocomputer/gps? Dei sensori di potenza? No? Ok, roba per esagitati, noi la bici la prendiamo solo per goderci la natura e andare al lavoro.
Va bene: luci smart, le comandi da telefono, ops, smartphone, dialogano tra loro, hanno i sensori crepuscolari.
Si, ma tu sempre a fare questi esempi, ci sono pure le lucette semplici. Giusto, però le comprano pochi e molti non rinunciano a questa comodità.
Caschi smart, ne vogliamo parlare? Ok, ancora di nicchia, ma ci sono.
Il successo commerciale dei supporti per smartphone cosa ci dimostra? Che vogliamo avere il telefono in bella vista, ossia l’elettronica a portata di mano.
No, non sono d’accordo, questi che hai elencato sono accessori, noi parliamo della bici, a noi stanno antipatiche le trasmissioni elettroniche, che si rompono e ti lasciano a piedi senza batteria.
Va bene, ancora una volta accetto l’obiezione seppur sbagliata.
Si rompono come tutto e spesso per incuria o errori del ciclista; la batteria ci fai minimo 2000km, ma di che parliamo.
Costano troppo! Non vale la pena spendere tutti questi soldi, il mio cambio meccanico è precisissimo.
Giusto, anche se i prezzi stanno calando. Ma l’errore di base, malgrado le trasmissioni elettroniche siano sul mercato da anni, è ridurle alla sola attuazione elettrica. No, il loro pregio è il software, la personalizzazione della cambiata.
Ah, ma a me non serve!
Va bene, però il fatto non serva a te non significa non serva a nessuno. Ogni ciclista è diverso, ognuno ha le sue esigenze.
Uso indifferentemente qualunque marca e tipologia di trasmissione, dalla vecchia tripla a 5 velocità alla raffinata elettronica a 12 velocità, con tutto quello che ci sta nel mezzo.
Percorro sempre le stesse strade quando svolgo un test, mi serve per ridurre le variabili.
C’è un tratto, si arriva veloci a una rotonda larga, da prendere a tutta se la strada è libera; in uscita è ancora pianura, dopo una cinquantina di metri la strada inizia a salire dolce, dopo 400 metri cambia improvvisa la pendenza, se continui a tirare la 50 ti pianti. Io mi pianto.
Serve scendere di corona ma sei troppo agile. O ritardi la deragliata, ma hai speso energie inutilmente e perso velocità; o cambi anche i pignoni, per poi tornare a far salire la catena per ritrovare la giusta cadenza e ritmo.
Lo faccio da anni, facile.
Lo faccio da anni anche con le elettroniche, ancor più facile. So quali rapporti uso, so come settare le funzioni, un solo tocco di pulsante e ci pensa il software a tenermi i giusti rapporti.
Si vabbè, ma che t’importa, mica stai gareggiando!
Va bene, ma se stessi gareggiando in quel tratto avrei acquisito un vantaggio.
Ma sei tonto? Non stai gareggiando, non ti serve e manco a noi.
Giusto, ma il fatto non serva a me o altri non significa, mi ripeto, non serva a nessuno.
E soprattutto non siamo obbligati a prendere una trasmissione elettronica.
E già, perché qui sta il punto: esistono, si rivolgono a chi voglia pedalare in un certo modo sfruttando le opzioni offerte dai software e si trova benissimo.
C’è chi di tutto questo non sa che farsene e può scegliere la trasmissione meccanica.
Dire “a me non serve” non significa che non serve e basta. Il nostro ciclismo è solo nostro, personale, non arroghiamoci il dovere di insegnare ad altri come devono pedalare.
Mica siamo tutti professionisti, che ce ne facciamo?
Ancora? E poi chi ha detto che l’elettronica nelle trasmissioni sia solo per professionisti?
Prima vi ho fatto un esempio sportivo diciamo così; ora ve ne faccio uno urbano, da commuter cittadino come dicono quelli bravi.
Il ciclista che compra la bici per il bike to work, la domenica al parco, roba simile; e che delle diavolerie tecniche, dei materiali, dell’aerodinamica dei cerchi, delle prestazioni delle alto profilo e delle gomme larghe vs strette non gli interessa un accidenti.
Vuole la semplicità, vuole salire in sella e pedalare senza ulteriori pensieri.
Prende una bici con cambio interno al mozzo, gli da l’idea di qualcosa di minimale, davvero semplice. Solo l’idea, sono cambi raffinati se ben fatti.
Non ha pregiudizi contro l’elettronica, usa lo smartphone, lo smartwatch, l’aggeggio che ti parla quando dovrebbe tacere e così via.
Non ha fisime da fondamentalista del pedale, vuole che la tecnologia gli semplifichi la vita.
In negozio gli propongono una city bike con cambio interno: elettronico.
Ma si, perché non dovrei?
Così scopre la funzione di cambio automatico: pochi minuti e setta la cadenza/velocità perché lui cambi rapporto, attiva la funzione che alleggerisce i rapporti quando ti fermi (e lo fa da fermo, sia chiaro) così al semaforo riparte facile e si sposta limitandosi a girare le gambe, quello che lui vuole.
Ci prende gusto, inizia a esplorare i dintorni in bici e decide pure che è ora di mettersi in forma: quella salita sarà mia!
L’aggredisce baldanzoso, magari sbaglia a prendere le misure, quando arriva quel breve tratto che spiana salgono cadenza e velocità e la trasmissione lo stronca indurendo il rapporto. No!
Ma attenzione: la posso disattivare! E così in città si gode la comodità del cambio automatico, nelle gite fuori porta lo disattiva e si diverte sempre e comunque.
Si, hai sempre la risposta pronta, ma le trasmissioni elettroniche sono difficili da regolare, da mantenere; se questo di tecnica non sa niente, che fa?
E no, questa proprio non posso farla passare. Le trasmissioni elettroniche si settano in un attimo, per la manutenzione esistono i meccanici, non si è meno ciclisti o ciclisti di serie b se non si ha passione per la tecnica e non sei capace di montare un telaio disc a passaggio interno in 32 minuti. Nastratura a incrocio compresa.
Ma davvero stiamo ancora a classificare, a dare patenti di nobiltà ciclistica solo a chi sa raggiare una ruota?
Si, parli tu, hai una officina che manco lo Shimano center…
E che significa? A me piace la meccanica ma il fatto che riesca a montare il telaio disc a cavi interni in 32 minuti, nastratura a incrocio compresa, non fa di me un ciclista o un ciclista superiore. Solo uno che ha tempo di farlo. Mica per questo una volta in sella salgo lo Zoncolan a 25 di media, anzi, mi stronco pure sul cavalcavia.
Allora vedete, il problema non è se l’elettronica è troppa o è inutile.
No, la questione diventa: possiamo scegliere, scegliere con consapevolezza, e se a me non serve non significa che non serve a nessuno. Non crediamo mai che il nostro ciclismo sia l’unico, quello puro.
Il problema sarebbe e forse sarà quando non avremo più scelta, non la possibilità di scelta.
Se volete vedere l’avvocato del diavolo in azione, potete cliccare questo link…
Buone pedalate, come vi pare.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
In questi giorni ho ripreso in mano la bici dopo mesi di colpevole fermo in garage.
Prima di partire mi sono assicurato che le luci fossero cariche, idem il ciclocomputer, il cellulare che non si sa mai (purtroppo mi è capitato di dover tornare indietro dopo una telefonata), lo smartwatch che se poi il ciclocomputer non registra per una qualche ragione sua (è capitato) c’è un sistema di “backup”, e poi la fascia cardio (ne ho una con la batteria ricaricabile)…
Il sensore di cadenza non dà indicazioni immediate per la batteria, bisogna collegarlo al ciclocomputer al volo per vedere la situazione. E’ vero che dura anche più di 1000km, ma è stato fermo per un po’.
Alla fine è un tipo di attenzione che mi è necessaria ad ogni uscita, ma per cose “in più” rispetto all’uscita in bicicletta.
Se ho dimenticato di caricare il ciclocomputer, pazienza posso supplire con lo smartwatch.
Con parti essenziali per il funzionamento della bici il discorso si fa differente.
E’ un po’, per fare un parallelo, lo stesso problema con i freni idraulici: programmi l’uscita, magari dopo qualche settimana di non utilizzo, la mattina vai a prendere la bici ed improvvisamente il freno pompa a vuoto per cui serve subito lo spurgo. Ok, niente di trascendentale, però è quella mezz’ora che se ne va tra siringhe e olio, se si ha tutto pronto e a disposizione.
L’aumento della complessità implica un aumento dello sbattimento e, quasi sempre, dei costi di gestione.
L’elettronica ci mette “di suo” di essere meno prevedibile della “meccanica” nel rompersi.
E’ un qualcosa, lo “sbatti”, che io metto nella valutazione di una bici o di un upgrade.
Concordo che tutte queste sono valutazioni che poi deve fare l’acquirente in base al suo utilizzo, per cui ad esempio il cambio automatico su una bici elettrica da “pendolare” secondo me è decisamente utile, potessi usare solo la bici per andare a lavoro comprerei una bici del genere. Per andare in giro per divertimento quando riesco a ritagliarmi un po’ di tempo, anche no. 🙂
Ciao Giuseppe, questo mio intervento (scherzoso in video) non è un referendum pro o contro le trasmissioni elettroniche ma solo ribadire che possiamo scegliere.
Chi la vuole la usa, chi non la vuole prende il meccanico.
Però mi fornisci il destro per convalidare la mia dichiarazione iniziale, ossia che abbiamo elettronica di tutti i tipi e, per mia esperienza sul campo, ho notato che sono proprio i ciclisti che più fanno uso di gadget elettronici a nutrire avversione per le trasmissioni elettroniche.
E’ una cosa che non ho mai compreso, forse dopo questo tuo intervento si attiva il mio neurone e magari lo capisco. Forse.
Fabio