Nitto R 15

Tempo di lettura: 4 minuti

Nitto non ha bisogno di presentazione: ogni ciclista ami le cose ben fatte almeno una volta ha carezzato l’idea di dotare la propria compagna a pedali di qualche manufatto creato dalla factory giapponese.

Ha buon catalogo ma non così ampio. Pieghe, attacchi manubrio, reggisella, alcuni accessori: e poi i portapacchi.

Un blasone che poche aziende vantano, metti su qualcosa marchiato Nitto e la bici assume un altro valore; come succede con Brooks.

Sostanza, apparenza, moda o marketing? Forse tutte e quattro, probabilmente solo le prime tre. 

Nitto investe nulla in comunicazione, ha un sito scarno dove è difficile reperire informazioni e nemmeno è presente tutta la produzione.

Snobismo? Consapevolezza dei propri mezzi? Me lo chiedo da giornalista, mi interessa nulla da appassionato.

In fin dei conti la particolarità di questo blog è proprio il suo vivere sulla linea di confine tra una pubblicazione professionale e il diario di una amante delle bici, della loro tecnica e delle belle lavorazioni.

Guardo, osservo, provo cercando di capire ogni oggetto legato al nostro mondo a pedali e trasmettervi le mie considerazioni in modo imparziale ma mai asettico.

Però spesso mi lascio trasportare dalla passione, esattamente come qualunque altro ciclista.

E metto da parte le valutazioni puramente professionali, mi immedesimo in chi stringe un rapporto personale con la propria bici; in quei ciclisti che vogliono la propria compagna bella da pedalare e bella quando è ferma.

Poi diciamolo: anni di esperienza non mi hanno reso più saggio. Continuo a lasciarmi attirare dalle sirene di una certa idea di bici, dove ogni dettaglio deve essere curato e dove una scritta, un marchio, hanno il loro peso.

Elessar, sia la prima che la seconda, le disegnai con attacchi destinati ad accogliere i portapacchi Nitto.

Che possono montare ovunque, è vero; ma che ti permettono di sfruttare occhielli posti sui pendenti del carro, a circa un terzo della lunghezza, lasciando così liberi gli altri per i parafanghi o per tenere la linea più pulita.

Lo stesso con la forcella.

Forse prima mi sono sbagliato, il marketing c’è. Non così palese, gridato come fanno molti.

Un passaparola, immagini che circolano, sensazioni, emozioni. Tutto così radicato in me da farmi ritenere Nitto uno dei pochi portapacchi che valga la pena avere. Si contende i miei favori con quell’altro stupendo prodotto di alto artigianato che è il BacMilano e fino al suo avvento i portapacchi giapponesi non avevano alternative nel mio cuore di appassionato.

Del tutto irrazionale, lo so; tra l’altro ho dotato sin dall’inizio ambedue le mie Elessar (la prima trafugata, la seconda chiamata a sostituirla) con portapacchi di altra azienda. Perché? Inutile chiederselo, tanto lo sappiamo come sono fatti i ciclisti…

Però ad altre domande è necessario trovare risposta. Almeno al dubbio più importante: sostanza o apparenza?

Costano tanto i prodotti Nitto (qualcosa di più economico c’è in catalogo, per fortuna), vale la pena spendere simili cifre?

Se guardiamo solo alla funzionalità, no. E’ un portapacchi, deve reggere il carico per cui è stato progettato, punto.

Anzi, se guardiamo alla sola funzionalità potremmo restare delusi, questo R 15 ha portata relativa, massimo 10 kg.

A un ottavo del suo prezzo portiamo a casa un portapacchi garantito per 25kg.

Quindi perché montarlo? Posso dirvi solo perché io lo monto: perché mi piace.

Poco professionale, lo so.

Ma stavolta non avremo un test classico, come quelli che siete abituati a leggere su queste pagine virtuali. 

Stavolta e quella successiva conosceremo questo portapacchi e uno dei fratelli dedicati all’anteriore, la versione M 18.

Con poche considerazioni tecniche, poche prove; giusto quelle necessarie.

Saranno due chiacchierate, questa e  quella dedicata all’anteriore. Per una volta sarà l’appassionato a parlarvi, non il giornalista.

Però serve un minimo di disciplina, quindi voltiamo pagina e seguiamo il solito schema per scoprire come è fatto.

Commenta anche tu!