La mia Rose Xeon Crs 4400

Tempo di lettura: 5 minuti

Durante il lavoro di revisione del blog ho notato alcune assenze, una tra questa un test della mia ammiraglia corsaiola, la Rose Xeon Crs 4400.

Bicicletta non molto conosciuta in Italia, il marchio Rose ha tanta storia ed è assai famoso in patria, la Germania, e diffuso anche nei Paesi confinanti, mentre la volontà di presentarsi anche sul suolo italico è piuttosto recente. Si è però imposto da noi abbastanza velocemente, forte di prodotti di alto livello proposti a prezzi accessibili in rapporto alla qualità e di una assistenza pre e post vendita di assoluta eccellenza, grazie soprattutto alla professionalità di Sergio Ghezzi, che per conto della casa madre si occupa di noi che pedaliamo lungo la Penisola.

La mia prima Rose non è stata questa oggetto del test ma una Carbon Pro Rs.

Credo sia stata la prima o una delle prime Rose da corsa vendute in Italia, il marchio aveva da poco deciso di investire qui da noi, e per qualcuno sembrava un azzardo. Non per me, ho avuto subito fiducia e seppure tutta la procedura di scelta e configurazione sia stata solo sulla carta, anzi al computer grazie al configuratore del sito che consente una miriade di personalizzazione, con due soli limiti, la disponibilità a catalogo e quella sul conto corrente, la costante assistenza di Sergio durante questa fase e i lusinghieri giudizi ricevuti oltre confine non mi hanno mai fatto temere l’abbaglio.

Dopo poco meno di un anno dall’esserne venuto in possesso, una mattina pedalando mi cadde l’occhio sulla scatola movimento e notai una piccola crepa della vernice.

Fanatico come sono continuai la salita guardando in basso invece che la strada, arrovellandomi se fosse solo la vernice o si trattasse di qualcosa di più grave, le fibre che avevano ceduto.

Per evitare che oltre alla piccola crepa si accartocciasse tutto il telaio con il suo baldo ciclista in sella, ché si ostinava a pedalare sempre guardando solo la scatola movimento e mai la strada, decisi di rientrare.

Una telefonata al povero Sergio, divenuto col tempo vittima di tante mie fisime a due ruote, qualche foto inviate via mail e dopo pochi minuti la risposta: “Imballa la bici, lunedì passa il corriere a ritirarla, la mandiamo in sede per una verifica”.

Problema: quando è accaduto era un giovedì, quindi avevo davanti a me un intero lungo fine settimana per costruire nella mia mente malsana ogni possibile disastroso scenario.

Piccola divagazione personale; è notorio che la memoria non è la mia miglior virtù, però consorte e figlia, in una coalizione tipicamente femminile che nasce spontanea ogni volta si tratta di criticare un esponente del sesso opposto, mi accusano di ricordare in realtà solo ciò che mi interessa tralasciando tutto il resto, ossia quello che mi dicono loro. Vero in parte, comunque il fatto che a distanza di oltre due anni dall’accaduto riesca a riportare a galla addirittura il giorno della settimana del fattaccio, beh, forse in famiglia non hanno tutti i torti.

Torniamo alla vicenda della sostituzione del telaio della Carbon pro; ritirata dal corriere, in attesa del responso e ormai in preda ai deliri con incubi notturni di bici che si sfaldavano mentre pedalavo, fibre che si scioglievano come ghiaccio al sole o si animavano per infilarsi nella mia gola soffocandomi, il tutto accompagnato sempre da una tenebrosa voce fuori campo che mi rimproverava l’abbandono del mio amato acciaio, telefonai per l’ennesima volta a Sergio per una proposta: “Ok, è solo vernice immagino, ma io così la bici non me la godo. Invece di una altro telaio Carbon Pro sul quale pedalerei sempre con l’ossessione che possa ripresentarsi il problema, posso avere il nuovo Xeon Crs?”.

Il buon Sergio, che è anzitutto un ciclista, mi rispose “D’accordo, l’importante è che la bici te la godi”.

Ecco, dopo una tale affermazione gli incubi sparirono, Sergio finì sul mio ideale piedistallo, si alzarono colombe bianche in volo, trombe squillanti e il sole squarciò le nubi del mio turbamento ciclistico.

Va bene, non andò proprio così, ma diciamo che il mio stato d’animo era quello.

E questo ci porta quindi alla bici attuale, una Rose Xeon Crs montata con gli stessi componenti che erano presenti sulla Carbon Pro…

…e cioè gruppo Sram Force 10 velocità, con guarnitura compact e pacco pignoni 12-27…

…ruote Shimano Dura Ace 7900 C24…

…piega e attacco 3t…

…tubo sella in carbonio Rose C170 a sorreggere una sella Selle Italia Srl Flow.

Basta, perché su una bici da corsa c’è solo l’indispensabile.

Questo mi consente anche un parallelo tra i due telai, perché la componentistica è rimasta uguale quindi se c’è qualche differenza di comportamento tra le due bicicletta, abbiamo la certezza che sia dovuta esclusivamente al telaio.

Iniziamo dall’estetica, che in questo caso è valutazione puramente soggettiva: la Carbon Pro Rs mi piace di più.

La sua linea classica, i tuboni tondi, la forcella curvata non saranno all’ultimo grido, ma io li preferisco.

La Xeon presenta per il suo telaio in fibra di carbonio T30/40 una linea decisamente più moderna, con l’orizzontale di sezione trapezoidale che sfina verso la sella…

…i pendenti sottili e il carro schiacciato…

…la forcella dritta…

…e, punto di forza rispetto alla Carbon pro, il cannotto che perde la forma a botticella per una più slanciata a tubo.

La colorazione monocromatica è un altro punto a favore della Xeon, lì dove la Carbon Pro si presenta invece con lo stacco netto del carro con la trama del carbonio a vista, cosa che non mi ha mai fatto impazzire.

Inguardabile invece (sempre per me, ad altri può piacere) la linea nera a contrasto dietro la forcella. Analogo motivo estetico è presente sotto il tubo obliquo a sezione tonda di generosa dimensione, all’interno del carro e sotto l’orizzontale; però occhio non vede, cuore non duole, non ci faccio più caso.

La finitura matta al tatto è poco piacevole, rugosa; col tempo (e molte pulizie…) assume però una piacevole sensazione vellutata.

Soprattutto è bella da vedere, la luce ci danza sopra risaltando le linee, che sembrano secche e nette solo a uno sguardo superficiale.

La rifrangenza ti fa invece scoprire avvallamenti, curve, sinuosità e modanature che altrimenti sfuggono.

Malgrado le misure siano quasi coincidenti con la Carbon Pro, la bici sembra più compatta. Merito forse dei tubi più sottili e della linea complessivamente più “svelta”.

Pulitissimo il passaggio cavi interno, un po’ troppo appariscente la guaina interna del cavetto deragliatore che esce fuori dal telaio fin quasi al deragliatore stesso, di uno squillante arancione.

Il peso è in linea con quanto dichiarato dalla casa madre: la mia bilancina si è fermata 7,03 kg, (in taglia 53), senza pedali ma con pompetta, borsino pieno (camera, leve, minotool, adattatore per compressore e pezze autoadesive) e portaborracce.

Praticamente uguale alla mia carbon pro.

Come ho detto sopra, la mia scelta di chiedere la sostituzione con uno Xeon è stata dettata più dal timore che mi si ripresentasse il problema sulla Carbon Pro che da un desiderio di avere la Xeon; estetica a parte, le qualità dinamiche della Carbon Pro sono eccellenti e soprattutto perfette per il mio modo di andare in bici. Temevo che la Xeon si sarebbe rivelata più rigida, più delicata di sterzo, meno confortevole.

Timori fondati o no?

Lo dico subito: no.

Alla prima uscita con la nuova compagna, rientrato a casa ho ricontrollato la pressione delle gomme, pensavo di averle sgonfie tanta è stata la morbidezza sulla sconnesso.

Meglio però procedere con ordine.

Trattandosi di sostituzione, i miei vecchi componenti sono stati spostati sul nuovo telaio; che però ha un orizzontale leggermente più lungo della Carbon Pro. Credevo mi sarei trovato male, troppo “steso”, invece non ho notato nessuna differenza. Anche se poi, dopo qualche mese, ho preferito rivedere la posizione e montare un attacco da 90mm in luogo del precedente 100mm, ma più per esigenze personali dovute alla difficoltà che mi creano le numerose cicatrici all’addome che per un errore di assetto.

Ma quello che mi ha stupito più di tutto è stata la capacità di smorzamento.

D’accordo, per molti non è dato importante; per me si, perché indipendentemente da verso quale punto cardinale mi indirizzo, i primi 20/25 km di ogni mia uscita sono sullo sconnesso, un pavé che non sfigurerebbe a lastricare le classiche del Nord. E ovviamente anche gli ultimi 20/25. Considerando che le mia uscite hanno lunghezza media tra gli 80 e i 120 km, vuol dire che quasi la metà del percorso è sul pavé. Quindi la capacità di smorzare per me è moooolto importante.

Sotto quest’aspetto, la Xeon si è rivelata decisamente superiore alla carbon pro.

Il problema di sempre difficile soluzione quando si progetta un telaio è conciliare la morbidezza (intesa appunto come la capacità del telaio di smorzare le sollecitazioni che ti rimanda la strada) con la necessaria rigidità affinché quelli che metti sui pedali non si disperda.

Come per molti telai da alta gamma che ho provato, anche qui a una eccellente capacità di assorbire i colpi della strada si associa la giusta rigidità nella trasmissione a terra della potenza.

Solo pestando forte sui pedali un rapporto duro, per esempio nei rapidi rilanci in discesa, si avverte un leggero effetto “pogo”, quel fastidioso stantuffare che sporca l’azione.

Ma in questo caso contribuiscono anche le ruote, le eccellenti Shimano Dura Ace 7900 C24. Leggere e scorrevolissime, si distinguono per la loro comodità che però significa anche tanta morbidezza, in alcuni frangenti troppa.

Infatti dopo aver provato la Xeon con le ben più rigide Fulcrum racing Zero (di cui trovate un test sul blog) la bici si è trasformata in una decisa macchina da guerra.

Nessun ondeggiamento, precisione assoluta e rapidità nei rilanci da vera bici da gara. Al prezzo però di una maggiore scomodità ed è prezzo che non mi sento di pagare, preferisco la dolcezza delle Shimano.

Continuando il confronto con la Carbon pro, decisamente meno avvertibile il rumore causato dalla “sbattimento” dei cavi interni.

Io mi ci ero abituato e non ci facevo più caso; sulla Xeon devi farci caso, altrimenti non te ne accorgi. Ovvio che mi riferisco sempre al passaggio su strade martoriate, sull’asfalto non si sentivano né con la Carbon pro né adesso con al Xeon.

Un punto debole dalla Carbon, lo dissi dal primo momento, l’ho sempre trovato in una lieve incertezza dell’avantreno nelle curve strette, dove aveva la fastidiosa tendenza a chiudere. Ovvio quindi che, a bici appena consegnata, immediatamente ho voluto verificare come reagisse la Xeon in analogo frangente: perfetta.

La traiettoria può essere impostata senza timori, mantiene fedele la linea scelta e hai comunque un pelo di margine per eventuali correzioni. Sia nelle curve strette affrontate a velocità modesta che nei grossi curvoni veloci, dove si riesce a raggiungere velocità di percorrenza notevoli, soprattutto quando, in configurazione invernale, monto dei (poco) più grassi 700×25 in luogo dei 700×23 soliti.

Peccato il comparto freni Sram Force non eccella per potenza e modulabilità, perché altrimenti sarebbe facile tirare la staccata fin dentro la curva per uscirne poi veloci sfruttando la salita multipla dei pignoni e la proverbiale rapidità di cambiata del gruppo americano.

Rilanciando sui pedali, soprattutto in pianura, ho avvertito lo stesso identico ritardo che sentivo sulla carbon pro; fino al test con le Fulcrum Zero sono sempre stato dubbioso se attribuire questo comportamento al telaio o alle ruote: adesso so che il segreto è celato nelle seconde.

Ma, e ci ritorno perché è importante, la qualità che più di tutte mi ha sorpreso e che, sulla carta, non mi aspettavo di trovare, è stato l’equilibrio tra la capacità di trasmettere la pedalata e quello di annullare le sollecitazioni che ti arrivano dall’asfalto.

Sfruttando un poco di giretti fatti su altre bici, userò qualche paragone.

Prendiamo la Pinarello Dogma: rigida e scattante, butta giù tutto quello che le dai ma te lo rimanda pure indietro allo stesso modo; la Specialized Roubaix ti fa dimenticare i sampietrini, ma quando ti alzi sui pedali ti segue mezz’ora dopo. Di quella primadonna del Caad 10 (in alluminio) ho parlato nel test dedicato e sapete quindi che sebbena mi abbia stregato, non è adatta a me.

La Xeon non ha né la imperiosa rigidità della Dogma, né la rassicurante morbidezza della Specy né l’estrema severità della Caad10: trasmette la pedalata senza dispersioni, non ti rimanda le “brutture” della strada: ti aiuta, io ti ringrazio.

Mi ha ricordato moltissimo uno dei migliori telai che ho guidato, il Cannondale Supersix..

In salita con la Xeon, sempre sullo sconnesso, pedalo anche con buona cadenza, lì dove di solito con la Carbon pro ero costretto a calare il ritmo per non rimbalzare, pur montando sulla seconda copertoncini in misura 700×25 in luogo dei 700×23 con cui vado a zonzo con al prima.

Se la strada scorre liscia basta poco per prendere velocità, rapporto adeguato allo stato di forma, le ruote che seguono senza farsi notare e velocità complessiva di tutto rispetto anche per chi non è propriamente un atleta.

Credevo avrei trovato un telaio più estremo, a cui avrei difficoltà ad adattarmi; mi sono ritrovato invece una bici che ha quasi tutto quello che ha la Carbon pro ma migliorato.

A chi si rivolge allora questa bici? A me…

Scherzi a parte, è perfetta per il mio stile di pedalata sportivo, che si riassume in quello di un ciclista non molto potente, con un allenamento non sempre continuo che però non vuole pregiudicarsi la possibilità di passare diverse ore in sella, spingendo nei limiti delle proprie capacità senza rientrare poi a casa distrutto.

In pratica l’identikit della maggior parte di noi, che non possiamo certo uscire quattro volte a settimana e vogliamo concederci una domenica a pedali, con piglio sportivo, salite su cui soffrire e discese su cui giocare, potendo sempre contare sulla leggerezza nel primo caso e la precisione di guida nel secondo. Una bici che però non sfigura in gara, e lo dimostrano i lusinghieri risultati che sta ottenendo nel mondo del ciclismo amatoriale e che, equipaggiata con ruote più decise, è in grado di ammaliare anche ciclisti più potenti e sportivi di me.

Cosa le manca? Un poco di carattere. Ha la tipica efficienza teutonica, mai una sbavatura o una nota stonata. Per me , che sui pedali sono un passionale, è un limite che avverto.

Lo scorso inverno ho inserito anche l’annuncio qui sul blog per venderla, ma le proposte ricevute alla fine hanno portato a nulla e ho deciso di tenerla con me ancora questa estate. Ma se è così ben fatta, perché venderla? Giusta obiezione: la risposta è che vorrei provare la più estrema versione X-lite.

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COMMENTS

  • <cite class="fn">peppe</cite>

    Bella bici che altezza sella hai?

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Peppe, orbita intorno ai 72cm, con le normali variazioni in base a periodo, stato di forma, allenamento ecc.
      Ma è un valore soggettivo, a cosa serve conoscere l’altezza sella di un altro ciclista? Due ciclisti identici, se esistessero, avrebbero assetti diversi: sicuro.

      Fabio

      • <cite class="fn">peppe</cite>

        mi interessa perche vorrei prendere la xeon taglia 51 e volevo rendermi conto del fuorisella io ho altezza sella 69,5cm e ho notato che non e molto slooping

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Questa è una 53; la bici non è più mia da tempo; se la prendi fai un ottimo acquisto, io l’ho cambiata in favore della X-lite Team

          Fabio

          • <cite class="fn">peppe</cite>

            capisco, non mi piace il disegno della x-lite mi piace di più la xeon come ti trovi ci sono differenze? poi quello che ho notato il peso e competitivo

            • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

              Ciao Peppe, la differenza tra le due bici non è nel disegno ma nelle prestazioni.
              Trovi il test della X-lite Team in questa stessa sezione del blog

              Fabio

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