Gravel: socialità o agonismo?

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Il gravel esiste, no non esiste, è una spasso, no è tutto marketing, ho scoperto un modo nuovo di pedalare, no io lo facevo già 40 anni fa, è bello scoprire la natura, no è meglio farlo con la Mtb, su strada sono veloce, no con la bdc sei più veloce e così via gioendo e contestando.

Insomma, il gravel che sentiamo sempre più associare all’idea di inclusività sembra invece scatenare dibattiti divisivi.

In realtà no, è qualcosa che avviene solo sulle pagine social, dove una minoranza si sfoga facendo molto rumore e sembra assai più vasta.

Perché se apriamo lo sguardo oltre il monitor scopriamo che in tutto il mondo il gravel, in qualunque declinazione il ciclista lo pratichi, è non solo benvoluto ma seguitissimo.

Basta dare una scorsa agli eventi che si organizzano in ogni continente e la massiccia partecipazione, anche in quelli dove i costi non sono popolari.

Penso alle edizioni del Grinduro, che nel 2023 è sbarcato anche in Italia e a cui ho avuto la fortuna di partecipare.

Fortuna perché ero media accreditato, ho trovato sul posto una signora bici, la Wilier Adlar, tutta l’assistenza che volevo grazie ai meccanici Shimano e pure un bel bungalow immerso nella stupenda natura di Punta Ala tutto per me. Anzi no, purtroppo l’ho dovuto condividere con Antonello. Vabbè.

E poi i vari eventi bikepacking, il nostrano Tuscany Trail, il globale Gravel Union e così via ché a elencarli tutti finiamo domani.

C’è competizione, limitata di solito ad alcuni tratti cronometrati ma quello che che prevale è la socialità.

La voglia di stare insieme, di pedalare insieme, di ballare sulla spiaggia birra in mano, di chiacchierare intorno al fuoco del bivacco improvvisato, di raccontare la giornata e raccontarsi storie.

Ci sono eventi a metà tra la socialità intesa come social e la competizione come il Rebound: centinaia di migliaia di ciclisti che pedalano in tutto il mondo su percorsi fai da te, con Strava a certificare. 

Si, esiste persino un campionato mondiale gravel sotto l’egida UCI ma non sembra interessare gli appassionati più di tanto.

Vuoi perché la prima edizione fu una sorta da Strade Bianche con bici che di gravel avevano poco o nulla, vuoi perché alla fine lo spirito competitivo è meno sentito, persino tra chi partecipa ad eventi con podio e premiazione ma sembra che l’unico podio che realmente interessi gli amanti del gravel è quello che vuole tutti i partecipanti allegramente insieme sul primo gradino.

Con una birra o un calice di vino, a seconda dei gusti.

E’ una evoluzione dei gusti che forse nemmeno le aziende all’inizio si aspettavano. Sempre focalizzate sulla prestazione, sul magnificare le performance di ogni nuovo modello, è sfuggito ai più nei piani alti che questo è un ciclismo dove il tempo non si seziona col cronometro ma è costruito dai paesaggi, dalle soste, dai sapori, dagli odori.

E’ attraversare luoghi di selvaggia bellezza, è fermarsi a godere lo spazio intorno, è assaporare i gusti dei luoghi, è chiudere gli occhi immergendosi negli odori della natura.

E poi il tutto trasla, a tavola: ovviamente.

Si, ci sarà sempre una fetta di persone che di tutto questo non sa godere, lo abbiamo visto nell’ultima edizione delle Strade Bianche, troppi cicloamatori pancia a terra e naso sul manubrio tutto il tempo. 

Interessante quanto racconta Andrea Ferrigato sulla sua pagina FB: “Strade Bianche, 70 clienti da Norvegia , Inghilterra, Olanda, Svizzera, Canada, Irlanda, Usa. Ho parlato con tutti e tutti mi dicono la stessa cosa: “partire e pedalare con gli Italiani è assurdo, sono pazzi, senza senso…” “Abbiamo fatto 20 km di follia, tutti che urlano tutti che sorpassano come non ci fosse un futuro. Bellissimo ma…”
Io ero al ristoro nostro privato ai 100 km, passano i primi due e mi urlano “dammi acqua” con la borraccia in mano.
Gli dico fermati e gli urlo: sei un cicloamatore che corre su strade aperte al traffico..
In due del secondo gruppo mi lanciano la borraccia. Boh mancano 45 km all’arrivo?
In 100 svuotano le tasche dalle cartine e le buttano..
Perché..? Forse per imitare i professionisti passano 1000 ciclisti convinti a testa bassa con Siena e le crete senesi attorno…
I numeri sono in calo e al netto di un boom post covid queste manifestazioni con premiazioni sono destinate a scomparire per come vengono interpretate”. 

Vien da chiedermi, ancora una volta, se i peggior nemici dei ciclisti siano i ciclisti stessi.

Che prima sostengono che il gravel non esiste, è solo marketing, poi però pretendono bici sempre più leggere e veloci e finiscono con lo snaturare un modo diverso di andare in bici.

Non migliore, non peggiore, non più bello, non più brutto: diverso.

L’ho visto anche io al Grinduro 2023, ve ne raccontai. Prima del prologo del venerdì, una pedalata goliardica all’interno del resort che fungeva da base all’evento, e un tizio a farsi i rulli prepartenza. E non è nemmeno arrivato primo, passando la sera imbufalito mentre noi ce la godevamo, lavoro a parte. E se la godeva anche quello tra noi che il prologo l’ha fatto in infradito.

Va bene allora voler organizzare eventi gravel puramente agonistici, se c’è una fetta che li vuole giusto accontentarli. Che poi sia presente solo nel Belpaese vabbè, importa poco.

Ma sono minoritari nel mondo, ormai gli eventi “sociali” sono sempre più globali: un marchio, un format, diverse nazioni che ospitano.

Si stanno rivelando la formula vincente, capace di attrarre ciclisti di ogni dove, gente che della classifica non sa che farsene e vuole godere un fine settimana di bici e buona compagnia.

Non puoi farlo con le bici da corsa, difficile con le Mtb, impossibile con le rando.

Restano loro, le gravel: le bici che non esistono ma che stanno facendo divertire mezzo mondo.

Vi lascio anche un video, dove svolgo queste e ulteriori considerazioni.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Massimiliano Miselli</cite>

    “partire e pedalare con gli Italiani è assurdo, sono pazzi, senza senso…”……domenica giro con la moglie di circa 70 km, al ritorno lungo il ponte che attraversa il fiume Taro sull’apposita ciclabile in separata sede larga circa un metro e mezzo, delimitata da un lato dal guardrail che la separa dalla strada veloce per le auto, dall’altro dalla sponda che aggetta direttamente sul fiume ci supera, dopo l’urlo di avvertimento, un gruppo di una decina di ciclisti a testa bassa a oltre 40 all’ora senza nemmeno uno sguardo alle bellezze paesaggistiche del fiume sottostante, sfiorandoci la spalla sinistra…..che se non siamo lesti a scansarci il più possibile finisce in un macello………..se c’era miss Italia nuda nemmeno la vedevano……..

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