Trittico Pro Bike Gear Discover

La prova su strada

Tempo di lettura: 9 minuti

La prova su strada 

Diversamente dal mio solito ho scelto di usare una sola bici e una sola trasmissione in questo test: la Holdsworth Mystique montata con l’ultima versione dell’Ultegra Di2. 

Malgrado avessi qui una trasmissione GRX, che come sapete è espressamente studiata per il gravel, con comandi dalla perfetta ergonomia proprio per questo tipo di pieghe, ho ritenuto inutile la verifica su strada. 

Ho montato le leve GRX, ho visto subito che si sposavano perfettamente, nulla avrebbe aggiunto di interessante.

Perché è più probabile che un ciclista cambi la piega su una bici non montata GRX che sostituisca tutta la trasmissione. E non dimentichiamo che esistono anche altri produttori di comparti trasmissione, con leve non studiata apposta per il gravel.

Insomma, ho creduto che la piega Pro Discover carbon avrebbe avuto vita facile usando il GRX e quindi l’ho escluso. E mi sono evitato di smontare e montare due bici…

Guida gravel, da non confondere mai con quella ciclocross, ripeto sempre.

E’ una impostazione diversa, come diverse del resto sono le bici. La presa dietro i comandi è più rara nel gravel, che vuole soprattutto presa sui comandi e presa alta. E solo in alcuni passaggi più tecnici preferisce scendere le mani a impugnare la curva per avere rapido accesso alle leve freno.

Leve freno che però, sovente, non sono poi così immediate come su una piega stradale.

Insomma, un manubrio da gravel più che frutto di compromesso è qualcosa a sé stante, dove oltre il tipo di guida conta molto la preferenza personale.

E io mai vi ho fatto mistero di mal digerire il flare pronunciato, i 12 gradi sono la mia apertura ideale.

Qui ne ho 20: solo 8 gradi fanno la differenza? Si.

Però ci arriviamo fra poco, preferisco partire dalla presa alta e poi scendere via via lungo la piega.

La Pro Discover carbon ha una foggia nella parte superiore decisamente ben studiata.

Tre caratteristiche rendono la posizione a schiena più dritta assai piacevole: la sezione corposa e leggermente ovale della zona di presa, il backsweep di 5 gradi che permette ai polsi una posizione naturale e l’incavo lì dove inizia a curvare che può essere sfruttato anche quando non si pedala in presa sui comandi.

Il livello di comfort è alto, a patto di regolare bene l’angolazione della piega.

Come consiglio sempre quando tratto pieghe gravel, meglio dedicare una mezza uscita a trovare la posizione giusta prima di nastrare. 

Collocare i comandi è semplice e la fitta lavorazione in rilievo permette di fissarli saldamente senza dover esagerare con la coppia di serraggio. Per la cronaca, io li ho montati a 4Nm, senza pasta di fissaggio.

Una volta regolata l’inclinazione per poter sfruttare bene la zona superiore, il resto vien da sé.

E viene facile sfruttare la zona superiore lì dove inizia a curvare. La sezione resta generosa, tende ad appiattire leggermente, risulta naturale poggiare i palmi esterni durante le pedalate rilassate.

Insomma, tutta la parte alta è promossa facile.

La presa sui comandi è comodissima, ma questo dipende anche dalla foggia del comando.

Con quelli GRX vi ho detto non ho pedalato ma solo prove da fermo: perfetti l’appoggio e la presa sulle leve, archiviati col voto massimo.

Con i comandi Ultegra, quindi di chiara destinazione sportiva, una buona parte del merito è andato proprio a loro. In questa versione idraulica Di2 gli ammortizzatori e la forma della parte anteriore più smussata (perché il serbatoio olio è al centro) rendono la presa sempre piacevole. C’è ampio spazio, l’inclinazione assunta grazie al flare non limita la zona di appoggio.

Raggiungere le leve freno invece è altro discorso, soprattutto se hai mani piccole. Ho ridotto la distanza leve grazie all’opzione ma in presa dietro i comandi comunque la posizione mi è risultata forzata.

Nessuna difficoltà invece con leve GRX, ma appunto non tutti le hanno.

Vero che pedalare in presa dietro i comandi non è l’attività principale nel gravel: lo fai in discesa tecnica o se hai vento contro.

Il problema è che in discesa tecnica porti le mani in basso per il maggior controllo e per avere le leve pronte alla frenata.

Il controllo è perfetto, mi sono trovato persino meglio della sorella in alluminio che è passata a vivere in pianta stabile sulla Trek Checkpoint.

L’accessibilità alle leve sportive non è altrettanto immediato. I polsi assumono un angolo “carico” e la parte bassa delle leve freno è lontanuccia.

Solo la parte bassa, quella superiore delle leve è subito disponibile senza costrizioni.

Altra prova, statica: ho montato al volo due leve Sram Double tap, per verificare. Stessa cosa.

Insomma, se devo dirla tutta: usate comandi GRX e sarete ciclisti sempre felici. 

Con comandi classici abbiamo la solita posizione un poco bislacca tipica delle pieghe gravel, tutte. Migliore di quelle con flare di 30 gradi e più (che io proprio non reggo: altri ciclisti le amano e non accusano le mie difficoltà) ma peggiore di quella che ho assunto usando la Pro Discover Medium Flare.

Credevo mi sarei trovato male in presa finale, così aperta. E invece è stato il contrario, l’ampia apertura permette alle braccia di stendersi in modo naturale e, seppure dal punto di vista aerodinamico non sia l’optimum, le spalle si rilassano e fai tanti chilometri in assoluta comodità.

Una presa che grazie alle geometrie gravel (per molti aspetti vicine alle attuali endurance) non impone la schiena parallela al suolo, quindi è fattibile anche per i vecchietti non più tanto elastici come il sottoscritto.

Un solo punto è rimasto irrisolto, perché la certezza non sono in grado di darvela: la capacità di smorzamento rispetto a una piega in alluminio.

Non ho usato il solito stem ammortizzato perché avrebbe falsato tutto; ma ho nastrato con lo Sport Control Team della casa. Che di suo è comodissimo, in EVA e inserto il gel, praticamente un cuscino.

Avrei potuto usare un bar tape più sottile, lo so. Non l’ho fatto, mea culpa, volevo chiudere il test.

Se nulla posso dirvi sulla capacità di assorbimento della piega, col reggisella è tutt’altra storia.

La dichiarazione di Chris Jacobson, Product Manager di PRO Bike Gear con quella deflessione di 8/10 mm grazie alla combinazione di fibra di carbonio e Dyneema mi aveva intrigato non poco.

Il diavoletto sulla spalla a sussurrami “ma dai, 1cm, si spezza, demolisci questa boutade…”.

E così mi sono lanciato su una strada bianca dove piogge e passaggio dei mezzi pesanti hanno creato una lunga teoria di crateri, in rapida successione. E’ il mio banco di prova preferito per capire il comportamento sulle asperità in rapida successione, non dico siamo a livello delle whoops del motocross ma poco ci manca.

Rinunciando a un poco di velocità per restare seduto (perché se presi forte ogni volta stacchi le ruote dalla strada e quindi devi stare in piedi) mi sono lasciato tormentare le terga dai colpi.

Poi sotto un bel sole settembrino e con oltre 32 gradi ho rifatto lo stesso percorso con un reggisella in alluminio (a parità di sella) per il raffronto immediato. E poi sono crollato…

Comunque, io questo centimetro di flessione proprio non so dirvi, impegnato anche a rimanere in piedi ché affrontare questi crateri seduto proprio facile non è.

Ma vi assicuro che senti la differenza, netta, nell’assorbire.

Non hai ovviamente l’effetto di un reggisella ammortizzato.

Hai chiara la percezione che il colpo sia “soffocato”, meno secco e deciso di quando a parità di tutto (sella, bici, percorso, velocità) lo fai con reggisella in alluminio.

Questo si traduce in un elevatissimo comfort di marcia (per un reggisella non ammortizzato) quando riporti la bici su terreni più congeniali al gravel, quindi rovinati ma non bombardati.

Raffinato e semplice il sistema di ritenuta della sella, con la regolazione dell’inclinazione facilissima e precisa.

Lodevole aver inserito le piastre per rail da 9×9, compatibili con telaietti in carbonio (a parità di costo altri produttori propongono gli adattatori a parte…) e nel complesso tutta la fattura è di elevato livello.

Unico limite la lunghezza unica.

Con il 400 mm copri molto ma non tutto. Penso ai telai in taglia minore con sloping poco accentuato, dove un 400mm potrebbe impattare contro la bussola superiore del portaborraccia impedendo la giusta altezza sella. 

E visto che il prezzo è commisurato alla qualità ma resta un bel prezzo, armarsi di metro prima dell’acquisto è consigliabile.

Per lo stem a parte la fattura ottima e la furba soluzione per nascondere i cavetti Di2 non è che posso dire altro. Nasconderli (i cavetti) usando una juction diversa, quella da inserire all’interno dell’estremità della piega e non quella esterna che uso io e che vedete in foto.

E’ un attacco manubrio senza caratteristiche tali da richiedere verifiche, chessò un sistema ammortizzante o di regolazione dell’inclinazione, quindi con la prova su strada posso chiudere qui e tracciare rapide conclusioni.

COMMENTS

  • <cite class="fn">ginogino</cite>

    Ma a parte la differenza di peso, un manubrio in carbonio con un attacco manubrio redshift, ha ancora senso.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Gino, scusami ma non ho capito. Non comprendo se è una domanda oppure assimili la capacità di smorzare del redshift a una piega in carbonio. Sorry…

      Fabio

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Per quanto riguarda l’avvertimento ‘clip-on’: su un manuale (spero del modello corretto) specifica di non usare clip-on che richiedono fissaggio superiore a 5 Nm. L’unica cosa che mi viene in mente che possa superare quel valore sono le appendici aerodinamiche da cronometro (clip-on aerobars è troppo facile, e poi qui l’idioma della perfida Albione non è ben visto 😀 ), che in tanti usano anche per gare/eventi gravel o per bikepacking

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