[Test] Trek FX+ 2

La prova su strada

Tempo di lettura: 9 minuti

La prova su strada

Riassumo brevemente le caratteristiche della Trek FX+ 2 per chi non volesse sorbirsi il lungo articolo di presentazione.

Telaio in alluminio Alpha Gold con passaggio cavi interno, batteria interna, attacchi per portapacchi e parafanghi, disco flat mount, attacco cavalletto, spaziatura motore mozzo OLD 144,5mm.

La forcella è anch’essa in alluminio, freno a disco, passaggio cavi interno, attacco ruota a metà tra perno passante e QR, nel senso che la dimensione è quella del QR ma si avvita come un TA, quindi la forcella in basso è chiusa.

Le ruote a 32 raggi usano cerchi Bontrager Connection, all’anteriore un mozzo Formula con attacco disco sei fori, al posteriore c’è il motore che descrivo fra poco. Gommate Bontrager H2 Comp 700×40, con camera.

Trasmissione Shimano a 9v, famiglia Altus; corona da 42 denti (il telaio supporta fino alla 46), pacco pignoni 11-36, cambio quindi a gabbia lunga.

I freni nella versione in prova sono Shimano, comando idraulico, standard di attacco delle pinze è il Flat Mount e mordono due rotori da 160mm.

La comoda sella è Bontrager, modello Sport; poggia su reggisella in alluminio, così come sono in alluminio anche manubrio e attacco, tutto ovviamente di casa Bontrager.

Di serie parafanghi, cavalletto, luci anteriore e posteriore alimentate dalla batteria della bici, campanello e cinghia bagaglio.

Il motore è un Hyena, 40Nm, 250w; sostenuto nel suo lavoro da una batteria celata all’interno dell’obliquo (ma è removibile, nell’articolo di presentazione trovate tutto) da 250w, che ricava energia tramite il caricatore di serie da 2A. Da collegare a una presa sull’obliquo, in basso.

Può essere installata una seconda batteria che raddoppia l’autonomia. Anche di questa trovate tutte le informazione nell’articolo di presentazione.

Quindi basta descrivere, pedaliamo. Per ora senza assistenza.

La Trek FX+ 2 è una bici da trekking, ibrida diciamo spesso. Per me è una bicicletta comodissima e piacevole, questa cosa delle categorie sarà pure utile ma io al massimo classifico tra strada e fuoristrada. E poi le uso a casaccio…

La sigla FX ha sempre indicato in casa Trek la famiglia di bici “senza pensieri”, adatte un poco a tutto; dagli spostamenti quotidiani alle gite fuori porta.

Bici leggere nel loro segmento, scattanti, ben costruite e ben accessoriate (nelle versioni Equipped); per un appassionato di ciclismo sportivo hanno costituito, e costituiscono ancora perché sono a catalogo, la classica seconda bici (o terza o quarta…), quella cioè da prendere quando non si pedala per l’allenamento in strada o in off-road.

Per un semplice amante delle pedalate fuori porta sono validissime compagne, robuste, comode, facili.

E sempre veloci, grazie a telai eccellenti e pesi bassi per la categoria, soprattutto alcune versioni, a forcella rigida e doppia corona. In pratica la FX2, senza il segno + che indica la presenza dell’assistenza.

L’aggiunta del motore e della batteria non hanno inficiato nessuna delle qualità che ho conosciuto negli anni, a ogni occasione ho sempre preso in prestito una FX e se non ne ho una a parco bici mio è solo perché quando la volevo prendere erano praticamente introvabili. E ora non ho fondi da investire…

Ecco, è questa la prima cosa che mi ha colpito in sella alla FX+ 2: ho trovato subito una bici comoda e scattante, a dispetto dell’aumento di peso rispetto alla versione classica.

Ci si poggia in sella con naturalezza, trovare il proprio assetto è facile malgrado la scelta di taglie non sia, come è giusto, ampia quanto quella di bici più specialistiche. Il busto è appena inclinato senza che mai gravi peso sulle braccia, le manopole con appoggio supplementare accolgono le mani e si fanno carico di assorbire i colpi con la loro morbidezza, il movimento è ben centrato sotto le gambe, lo sloping che si accentua molto avvicinandosi alla sella permette di poggiare facilmente i piedi a terra senza pericolosi contatti, il peso bilanciato grazie a motore posteriore e batteria centrale e bassa non crea alcuna difficoltà.

Ricordo esiste anche la versione stagger che non è una bici da donna, anche se spesso l’altra metà del cielo la preferisce, ma grazie all’obliquo basso salita e discesa sono ancor più facili. Chi pensa di usarla soprattutto in città dovrebbe farci un pensiero.

La sella morbida non richiede l’uso del fondello, almeno fino alle due ore circa di pedalata; forse qualcosa in meno per chi è poco abituato ad andare in bici, devo tener presente che una e-bike, potenzialmente, interessa chi non è ciclista assiduo e praticante.

Luci e portapacchi di serie, insieme al cavalletto invogliano a prendere la bici anche per le commissioni quotidiane, senza necessità di abbigliamento tecnico.

Ed è quello che ho fatto a inizio test, senza ancora avviare l’assistenza, non volevo che il motore falsasse o coprisse il comportamento dinamico.

A motore spento e luci accese (basta avviare sul display, modalità zero, e le luci partono; è possibile comunque spegnerle ma sono potenti anche di giorno, ti rendono visibile, meglio lasciarle accese), c’è da vincere una certa inerzia in partenza.

Naturale, la Trek FX+ 2 è leggera in ambito e-bike, quindi i suoi quasi 18kg van bene nella sua categoria; ma sempre 18kg da avviare sono…

Pochi metri, un rapporto leggero per prendere velocità, la cadenza sale rapida, si scende di qualche pignone e la bici scorre veloce, in pianura il peso non si avverte come non si avverte alcun attrito provenire dal motore al mozzo. 

Benché le ruote non siano certo di estrazione sportiva, fanno bene il loro lavoro. La presenza del motore sulla ruota posteriore non permette di apprezzare in pieno la scorrevolezza del mozzo, ben avvertibile invece sulla ruota anteriore. Che ha richiesto un poco di rodaggio, benché la bici fosse già stata sottoposta a test da altra testata (ma forse su questo ho capito male), mi sono servite 4 o 5 uscite prima di fargli acquisire tutta la sua rotondità di funzionamento. 

Indovinata per la tipologia di bici la rapportatura, la 42 denti anteriore permette un buon passo; la scala pignoni è abbastanza omogenea, si avverte qualche salto solo nella parte mediana (17-20-23-26 la dentatura ) ma con nove pignoni non puoi pretendere di più.

Che poi io ho iniziato con cinque pignoni, ho corso con sei pignoni e alla fine ci lamentiamo solo perché ormai abituati all’abbondanza.

La risposta alla pedalata è quella di una bici ibrida con velleità sportive, perché non c’è ritardo, si sale subito di velocità, la si mantiene a lungo in piano, si possono affrontare con disinvoltura brevi strappi giocando di cambio, insomma, negli spostamenti senza pendenze non si avverte alcuna necessità di chiamare in causa l’assistenza.

La forcella è rigida, non solo nel senso di non ammortizzata: corposa, surdimensionata (rispetto a una bici classica), sul pavé martoriato serve calare il ritmo.

Le manopole sono morbidissime ma non si può chiedere loro di assorbire il martellamento che arriva dai lastricati dei nostri centri storici.

Su asfalto invece è perfetta, l’avantreno ha una precisione incredibile, non devia di un millimetro dalla traiettoria nemmeno se si prende male la classica imperfezione stradale.

La FX+ è facile, facilissima da guidare; e stabilissima.

In discesa, dove comunque l’assistenza oltre che inutile manco partirebbe visto che si ferma al limite legale dei 25km/h, vuoi per il passo lungo, vuoi per la precisione direzionale dell’avantreno, vuoi anche per il peso in più e in basso, si scende a velocità motociclistiche. 

Il manubrio largo senza eccessi e dal rise moderato permette un controllo ottimale, facendosi esatto interprete del solido avantreno, piantato in traiettoria quale che sia il raggio della curva.

Ogni eventuale errore, così come l’ostacolo imprevisto, possono essere risolti senza panico: basta pensare una manovra, la FX+ 2 esegue.

Non fosse per la rapportatura che a un certo punto ti manda a vuoto (davanti è pur sempre una 42, adatta alla bici ma non alla condotta sportiva), ci si potrebbe lasciar dietro tante bici specialistiche. Ma, appunto, i rapporti limitano il rilancio; però se la discesa è aperta, con curve larghe e si smette di pedalare lasciando tutto alla gravità, tenere i 60/70 km/h è assolutamente alla portata di tutti.

Con incredibile senso di sicurezza, grande stabilità e frenata potente e modulabile. Gestibilissima.

Però se il fondo è umido o comunque con scarso grip bisogna prestare attenzione alle gomme.

Scorrevoli e abbastanza veloci hanno carcassa piuttosto rigida, dovuta suppongo allo strato antiforatura, e mescola fatta per durare più che per fare gli sgarzolini in curva. 

Danno subito confidenza, come tutta la bici del resto: ma a differenza di questa possono voltarti le spalle senza troppo preavviso su fondi umidi.

Ok, forse sto esagerando, diciamo che mi è successo in condizioni che nel test di una bici come questa non avrei proprio dovuto mettere, visto che l’ho fatta scorrazzare sui sentieri che uso per le recensioni gravel.

C’è una curva a gomito, un tornate, che arriva alla fine di un lungo rettilineo in lieve discesa; e siccome il sentiero ritorna parallelo a quello di andata, mentre lo percorro ho la sicurezza che dopo la curva non troverò nessuno, quindi è uno dei punti che più sfrutto durante i test. Che, lo ricordo, non significa fare gli zingari a pedali ma ripetere decine e decine di volte una manovra. Ve ne ho parlato proprio in una recensione gravel.

Il fondo lì è infido: ghiaietto, erba, terreno morbido, si scivola pure con le tassellate se la spalla non ha buoni artigli.

Tale la facilità della FX+ 2, la confidenza, il controllo che ti rimanda che io, poco saggiamente, mi sono fiondato subito a tutta. 

Perdendo clamorosamente presa sull’anteriore, impossibile per la gomma a battistrada stradale avere grip su ghiaietto ed erba: pure bagnati.

Però il controllo offerto dalla FX+ è talmente alto che è bastato uno spostamento del busto, una sana zampata a terra e ho rimesso la bici in traiettoria.

Sia chiaro: non è un invito ad andarsi a fare il track di Mtb.

E’ per spiegare quanto la bici sia facile, intuitiva, capace di perdonare persino l’errore più grossolano.

E, forse, serve anche a ricordarci che una bici è una bici, in un mondo dove la gente non osa pedalare oltre i confini della superspecializzata.

Ma vi ricordate quando i salti li facevamo con la Graziella?

Io si e per restare sul pezzo vi ricordo che il motore è ancora spento, resta la salita da analizzare.

Poche righe, la bici sale e risponde bene ma in tutta onestà vi chiedo: che senso ha portarsi su 17 passa kg quando puoi premere un pulsante e la Trek FX+ 2 diventa leggera come una piuma?

Appunto.

Quindi avviamo questa benedetta assistenza e vediamo che succede.

Ricordo che i livelli sono 3+1, ossia: livello zero, nessuna assistenza; livello 1, assistenza al 140%; livelli 2, assistenza al 250%; livello 3, assistenza al 390%. Oltre alla funzione walking, ossia assistenza mentre spingiamo la bici. Che non ho mai avuto esigenza di usare, giusto qualche metro per vedere se “strappava” (con altre e-bike succede), verificato che è dolce la leggerezza della bici non mi hai richiesto il suo supporto.

La prima cosa che subito risalta è l’estrema naturalezza dell’assistenza, la sua discrezione nell’entrare in funzione.

Che non significa non si fa sentire, il lavoro lo fa ed è eccellente, il livello minimo permette quasi ogni percorso.

No, per discrezione intendo il modo in cui ti supporta, ti aiuta rendendo, sempre al primo livello, la FX+ 2 priva di peso ma non hai mai la “pedalata a vuoto” tipica delle e-bike con sensore di pedalata. 

Qui il sensore di potenza installato sul movimento legge in tempo reale la “forza” che stai esercitando, elabora i dati mandandoli al motore che si fa immediatamente carico di buona parte del tuo sforzo.

Senza mai prendere il sopravvento, senza mai manifestare reazioni brusche o aleatorie.

Hai sempre il pieno controllo, sei tu a governare la bici, la senti sotto i pedali.

Ho non poche difficoltà a spiegarmi, sicuramente per i veterani delle e-bike queste sensazioni sono la norma. Il problema è che io di veterano ho solo l’età, senza esperienza di e-bike, l’ho imparata giorno dopo giorno durante questo test e più imparo più mi rendo conto della mia abissale ignoranza.

Diciamo che usando il primo livello di assistenza è come pedalare su una leggerissima sportiva con te che sei in forma eccellente.

Vi è mai capitata la giornata storta o riprendere la bici dopo una lunga pausa? Quella salita che prima facevate con la 50 adesso manco la 34 è abbastanza? 

Ecco, prendiamo quella stessa salita, spegniamo l’assistenza e ci sentiamo fuori forma e con la 34; accendiamo il livello uno e ci sembra di salire con la 50 nella nostra forma migliore. 

Ma attenzione: noi stiamo comunque lavorando, non sta facendo tutto la bici. Se la pendenza è ripida ovviamente.

In pianura francamente dell’assistenza proprio non si avverte il bisogno grazie alle qualità dinamiche della bici.

Comunque, se uno prende una e-bike, tanto vale la usi da e-bike, quindi restando sul livello uno andiamo in piano.

Qui la sensazione di leggerezza è immediata, tangibile. Sparisce l’inerzia all’avvio, il sensore di potenza si attiva subito senza alcun effetto on-off, senza quella prima mezza pedalata a vuoto con la bici che scatta in avanti che hanno e-bike più economiche, si scalano i rapporti in un lampo e ci si attesta all’infinito, anzi no, finché dura la batteria, sul passo dei 25km/h.

Limite oltre il quale l’assistenza stacca; se siamo in pianura non è un distacco traumatico, la FX+ 2 è veloce e mantiene il passo; se c’è leggera pendenza comprendiamo meglio il gran lavoro che sta facendo l’unità elettrica.

Sempre in pianura, complice la rapportatura, superare i 25km/h è molto facile anche per un ciclista non allenato. Consiglio di montare un piccolo ciclocomputer, uno basico da pochi spiccioli, giusto per tenere sott’occhio la velocità.

La strategia migliore, che ti fa andare veloce e conservare autonomia, è sfruttare il motore i primi metri, lasciare a lui il compito di lanciare la bici; poi spegnerlo è andare solo di gambe, godendosi davvero la bici.

Però non dobbiamo dimenticare l’uso utilitaristico di questa tipologia di bici. Col caldo andare al lavoro pedalando significa sudare anche in pianura e non va bene presentarsi in ufficio malridotti.

Sempre col primo livello di assistenza si può andare spediti, senza sudare e arrivare in ufficio freschi come rose.

Se la strada sale, abbiamo altri due livelli di assistenza a cui far ricorso, quindi possiamo stare tranquilli.

Trek non dichiara, o io non ho saputo trovarle, informazioni sulle pendenza massime gestibili. Comunque se anche lo avesse fatto e io trovate, avrei in ogni caso verificato sul campo.

Quindi salto al livello tre, su quello intermedio ci arrivo fra poco.

Il massimo livello di assistenza è residuale, anche per un ciclista poco allenato. 

Offre un tale surplus di potenza che scali i muri in scioltezza. Vi dico la verità, l’ho trovato persino noioso.

A bici appena consegnata sono sceso per fare l’assetto, un primo rodaggio ai freni, verificare tutto funzionasse. Come per i test il percorso è sempre lo stesso, un giro urbano tanto nella mia città le salite non mancano.

Ho impegnato un tratto duretto, breve ma con un inizio che toglie molta energia alle gambe se non sai gestirlo.

Livello uno, salito sentendo lo sforzo sotto i pedali ma come quando salgo con una leggera sportiva, in agilità.

Ok, proviamo l’assistenza massima. Torno giù e riparto: la salita è diventata pianura.

Tanto che finito il primo tratto, quello duro, sono dovuto scendere di assistenza altrimenti era troppa.

Da un punto di vista strettamente ciclistico, da appassionato, completare la salita non mi ha dato alcuna soddisfazione. Mi sono fermato dubbioso, come defraudato. 

Poi ho acceso il mio unico neurone, realizzato dov’ero, come quella strada sia quotidianamente percorsa da tanti che vanno al lavoro, spesso trafficatissima sia in un senso come nell’altro perché unisce due zone della città tagliando in mezzo, senza dover fare chilometrici giri.

E io ero su, fresco, riposato, per nulla sudato malgrado fosse una giornata quasi estiva (durata poco..) e pensavo a come sarebbe stato bello far sparire tutte quelle auto per sostituirle con queste bici che ti permettono di andare ovunque.

Ok, uno dirà: io al lavoro vado in bici, senza motore!

Si, anche io. Ne ho parlato sul blog, spiegando come già da aprile in avanti devo adottare strategie e percorsi alternativi perché in giacca e cravatta l’imperativo è arrivare in Tribunale con una parvenza di aspetto decente. Almeno nell’abbigliamento. E come invece al ritorno, potendo contare sulla doccia al rientro, tutti questi problemi non me li ponga, slaccio la cravatta, giacca in borsa e via a pedalare.

Ma io sono un appassionato; non sono un ciclista, non millanto virtù non mie: solo un appassionato dei pedali che si diverte in bici.

Il mio divertimento è proprio frullare le zampette sui pedali, quindi all’andata ammetto che dovermi limitare è una sofferenza.

Chi non ha la stessa passione? Prende una FX+ 2, avvia l’assistenza e arriva ovunque, senza giri strani per evitare quella salita che ti fa sudare, quel tratto da percorrere piano sempre per non sudare e così via.

E se al ritorno vuole divertirsi assaporando il gusto della sana attività fisica gli basterà non premere quel pulsante al manubrio, godendosi una vera bici, dal comportamento sincero e amichevole.

Chiarito che il primo livello di assistenza è già di suo sufficiente quasi ovunque, che col terzo sali dappertutto, vediamo quello intermedio.

Dicono la virtù sia nel mezzo ma io, confesso, ho avuto difficoltà a farmelo piacere questo secondo livello.

In pianura è inutile, troppo. Nelle salite ripide tanto vale andare di potenza massima, trovare percorsi dove usarlo è stata una delle tante difficoltà nel pianificare questo test. I miei soliti percorsi di prova non andavano bene, sono studiati per bici senza motore. Che mai definirò muscolari, non mi piace, lo sapete.

Studia e ristudia, prova e riprova, ho trovato la migliore combinazione con salite di media pendenza, intorno al 5% per capirci, dove il secondo livello di assistenza trova il suo habitat conservando una superiore autonomia, perché il livello massimo assorbe molto. Come è normale che sia.

Mi rendo conto che queste informazioni avrei dovute darle subito, chi sceglie una e-bike lo fa per il motore e io invece addirittura sono partito a motore spento.

Però quello a cui sto cercando di arrivare è far capire che non è un monopattino elettrico dove premi la levetta a via.

No, è una vera e propria bici. Che ti aiuta. Ma è una bici.

Ed è una bici divertentissima.

Siccome la bici per me è divertimento, siccome per me la serie FX, con o senza il segno più, è quella delle bici per andare ovunque, io l’ho portata per campi e sentieri.

Mai sostenuto di essere saggio o, peggio, intelligente.

Usando l’assistenza, uno spasso farla derapare a ogni curva…

Diciamo che ho travalicato i confini del normale utilizzo, quindi i limiti emersi non posso addebitarli alla bici.

Gomme stradali, nessun sistema ammortizzante, pretendere un passo da gravel sarebbe stato troppo.

Infatti sono stato più veloce. Ok, grazie all’assistenza che mi ha tirato d’impaccio nelle situazioni difficili. Ok, grazie a un paio di modifiche. Ok, chiedo venia a mamma Trek.

Mettiamola così: ho dimostrato che la FX+ 2 offre più di quel che si pensa.

No è? Mai più bici in prova? Ops… 

Così com’è, di serie, la Trek FX+ 2 non disegna sentieri regolari, compatti, terreno duro. Qualche colpo dalla forcella ma basta tenere le braccia morbide.

Però facilità di guida, stabilità, precisione e il plus dell’assistenza, diciamolo, invogliano a osare.

Due gomme da gravel, stem e reggisella ammortizzati, due pedali da off road. Che spasso!

Non posso offrirvi immagini a corredo, la bici è ovviamente diversa in questo caso da quella di serie e potrebbe generarsi qualche equivoco. Non voglio peggiorare ulteriormente la mia posizione con Trek…

Una bici dalle molte facce, capace di tirare fuori il meglio di sé e il peggio di me. Ma mi riservo di parlarne nell’ultimo paragrafo.

Qui mi avvio alla chiusura con l’autonomia.

La bici offre una autonomia di esercizio ottima, se coadiuvata dall’uso del cambio come sempre dovrebbe essere con una e-bike. Non è che uno mette il pignone da 11, livello massimo di assistenza e va in salita.

Inoltre il raggio d’azione raddoppia grazie all’extender, la batteria supplementare da montare al telaio, esterna, di cui ho parlato nell’articolo di presentazione e abbiamo visto in qualche immagine. Quel cilindro nero, per capirci.

Come è normale che sia, l’autonomia risente del livello di assistenza, del percorso, di come lo si affronta.

Due note: quando la batteria è quasi scarica, leggo da manuale al 4% residuo, l’assistenza stacca automaticamente. Con livello massimo in funzione e batteria che scende al 60% di carica residua, l’assistenza passa in automatico al livello inferiore. Però è possibile tornare alla massima assistenza manualmente, e in questo caso non cambierà più in automatico. Quest’ultima notazione sul manuale non c’è…

Con assistenza sempre attiva questi i miei riscontri sullo stesso identico anello di 21km, un terzo di salita con pendenza variabili dal 3 al 9%, un terzo discesa, l’ultimo terzo pianura.

Usata nel modo “giusto” ossia usando il cambio esattamente come pedalassimo solo di gambe, il primo livello di assistenza mi ha permesso di completare tre giri con ancora un led acceso, con l’assistenza che si è disattivata poco prima della metà della prima salita.

Il secondo livello mi ha permesso due giri completi e una sola salita (3km al 3%) con l’assistenza che poi si è disattivata.

Il terzo livello ma ha permesso un solo giro completo, ma in un tempo assai breve; di fatto ho usato sempre almeno uno o due pignoni più veloci…

Con l’extender tutto raddoppia.

Però la mia è una media, ho usato sempre lo stesso percorso per avere dati certi, ma resta un percorso mio, studiato per questo test.

Se uno ha, per esempio, solo 15km di salita al 9% da percorrere ogni giorno per andare al lavoro dei miei calcoli non sa che farsene.

E’ il limite nel valutare una e-bike, oltre che mio. Percorso, condizioni ambientali, condotta di guida, clima, tantissimi fattori influenzano la resa, impossibile in un test analizzarli tutti.

Il mio consiglio è andare per gradi, fare prove sui propri percorsi, così da imparare a gestire l’autonomia; e provare anche cambiando rapporti, lo sforzo impresso sui pedali, grazie al sensore di potenza, è determinante.

Nel dubbio, andate agili…

Adesso le conclusioni.

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