[Test] Kask Valegro

La prova su strada

Tempo di lettura: 7 minuti

La prova su strada 

Cosa provare in un casco? Non certo la robustezza, quella richiede prove in laboratorio e io non sono attrezzato.

Si, un paio di volte mi è successo mio malgrado di testare la tenuta agli urti, ma non per mia volontà.

Del resto credo che sia una prova del tutto inutile quando parliamo di caschi proposti dalle migliori aziende sul mercato.

Sarebbe interessante un crash test col casco del supermercato; interessante e forse istruttivo…

Ma torniamo al nostro Kask Valegro; un casco che ero indeciso se sottoporre a test.

Dopo tante recensioni conoscete il mio punto di vista: sui caschi non si risparmia, ma nemmeno serve svenarsi per avere ottime prestazioni.

Il Valegro, coi suoi 200 euro circa sullo shop ufficiale, è un poco fuori la mia solita fascia di prezzo; ma non è la prima volta che mi spingo oltre alla ricerca dell’eccellenza, in alcuni test ho ampiamente superato il range in cui sono solito selezionare.

Cosa mi aspetto di trovare? Comfort, che in una parola sola racchiude la ventilazione perfetta, leggerezza, calotta conformata in modo impeccabile, nessuna pressione al capo, regolazioni precise perché la migliore calzata significa maggiore sicurezza. 

Nella ampia scelta offerta dal catalogo Kask ho selezionato un modello al vertice, alzando molto l’asticella delle aspettative.

Di mio ho al solito ampliato il raggio d’azione, introducendo il gravel oltre l’asfalto. Velocità più basse, sentieri spesso assolati, polvere, un buon banco di prova.

Ma un aiuto inatteso, e nemmeno tanto gradito in verità, me lo ha fornito il meteo: temperature di 35 e passa gradi, non c’è ventilazione che tenga, solo la borsa del ghiaccio in testa può aiutare.

Oppure un Valegro…

Beh, iniziamo, ancora un momento da fermo.

Calzata, comodissima. A parte che il casco è così leggero tra le mani che ti viene naturale fare attenzione, come fosse un prezioso calice di cristallo, lo poggi sulla testa e…

…e passi dieci minuti a giocare con le regolazioni. 

La lunga cremagliera ha talmente tante posizioni, con spostamenti micrometrici, che non puoi non provarli tutti. Come quando usi Netflix, mica ti accontenti del primo titolo e via. No, passi due ore a sfogliare, scoprendo alla fine, se non ti sei addormentato sul divano (io, mentre mia moglie seleziona…) che il primo titolo visto è proprio quello che fa per te.

Ecco, con la regolazione longitudinale succede lo stesso.

Indossi il casco, sposti la fascia con un unico movimento fluido, appena la senti naturale dietro la testa ti fermi. Senza star a provare scatto per scatto. Fidiamoci del nostro istinto.

Anche perché la tenuta della striscia dentellata non è assai salda, è volutamente morbida, non è un incastro fisso che regoli una volta e mai più.

Dopo pochi utilizzi viene naturale spostare la fascia (anche perché magari l’abbiamo mossa involontariamente togliendolo o posandolo) e tutta l’operazione è poco più di un battito di ciglia.

Discorso diverso per lo scorrimento delle conchiglie.

Qui qualche prova all’inizio va fatta, fino a trovare la giusta combinazione per la nostra nuca. Due minuti, non di più e poi basta perché non perdono la regolazione.

Insomma, se proprio ci si vuole togliere il dubbio, al primo utilizzo è accettabile giocare con la cremagliera, ma solo la prima volta e per avere certezza di cosa succede; se ci si fida delle proprie sensazioni, chiamiamole così, non serve. 

Valegro in testa, uno scorrimento mentre si agisce sulla rotella e via.

I divider non vanno regolati, semplicemente perché non ci sono.

L’incrocio è fisso, cucito.

Ma cucito all’altezza corretta, almeno corretta per la mia testa, quindi non posso che affermare la bontà della scelta.

Il cinturino in ecopelle è quanto di più morbido e piacevole al contatto mi sia capitato di provare. 

Ha una sua rigidità strutturale che sparisce dopo pochi giorni di utilizzo.

La sua conformazione porta ad avere la fibbia sul lato, quindi tutta la gola ha contatto solo con la striscia di ecopelle.

Molto piacevole, anche a barba da poco rasata.

Questa prima fase è promossa a pieni voti.

I primi giri di gamba ho preferito svolgerli all’alba, con temperature calde ma ancora sopportabili; nell’ordine dei 22/24°, anche per abituare gradualmente me al caldo forte. Di fatto poco probanti, però.

Non caldo abbastanza da mettere in crisi, non fresco a sufficienza da farti avvertire netto “lo spiffero”.

Una giornata di tregua, circa 15 gradi alle 5.30 del mattino, subito casco in testa e via a pedalare.

Ne entra di aria!

Si avverte netto il fresco che si insinua nella fascia anteriore, scorre lungo la (mia) fronte spaziosa, colpisce con insistenza le tempie, fugge via rapido dalle prese posteriori.

Beh, direi che la canalizzazione è perfetta, ora serve il caldo vero.

Dove però la ventilazione, lo sappiamo, da sola non basta.

L’imbottitura interna è fondamentale, sia per consistenza che per materiali.

L’imbottitura del Kask Valegro è bella doppia, almeno rispetto a quanto siamo abituati a vedere: quelle strisce si trasformeranno in spugne?

Perché ventilazione o no, con 36 gradi in bici sudi, punto.

Tra l’altro l’imbottitura interna del Valegro è anche molto estesa, con strisce in zona tempie dove altri non le collocano.

L’azienda che ha messo a punto il filato, la Tecnofilati, è una garanzia in questo, nome ben conosciuto da chiunque tratti abbigliamento sportivo.

Non ho però (avevo, però) mai usato la Resistex Carbon e se non posso dirmi sorpreso perché mi aspettavo il meglio, stupito si.

L’imbottitura resta asciutta se la temperatura è umana, grazie a materiale ed efficace canalizzazione, che non da il tempo di assorbire.

Inumidisce quando il sole picchia duro, ma senza assorbire. Non ti fermi e strizzi per capirci.

Grazie sempre alla efficace ventilazione, in marcia asciuga in un attimo; quello che mi ha stupito è la rapidità con cui asciuga da fermo.

Ossia: salita, 5,5 km sempre minimo al 12%, con punte del 20%, buona parte sotto il sole; arrivo in cima, non so come ma ci arrivo, stramazzo sotto il primo albero frondoso, spero di non starmi sedendo su una vipera e tolgo il casco, guanti, maglia, no maglia no che difronte ho il santuario.

Reindosso il casco dopo due minuti scarsi perché si, non mi sono seduto sulla vipera ma ne ho infastidita una a pochi passi da me, et voilà, dentro è già asciutto.

Notevole.

Queste uscite col caldo forte sono state svolte senza la piccola imbottitura removibile, quella vista nel paragrafo precedente e che chiude le due prese frontali.

Una sola volta l’ho tenuta e ho rilevato due cose: meglio senza col caldo, tende ad assorbire umidità anche se, data la posizione, asciuga molto velocemente.

Sto battendo molto sulla ventilazione perché è uno dei motivi fondamentali per cui ho selezionato il Kask Valegro e perché anche l’azienda ne fa uno dei suoi punti di forza.

Non l’unico, ma la tecnologia “interna”, quella di costruzione diciamo così, la puoi verificare fino a un certo punto.

Non sezioni un casco durante il test per vedere dentro come è fatto.

Ora però altri aspetti.

Leggerezza, assoluta.

Negli stessi giorni in cui lavoravo al Valegro ero impegnato anche con altri caschi e si, la differenza di peso è nettamente avvertibile.

Il Valegro è talmente leggero sul capo, quasi soffice verrebbe da dire, che ogni tanto vien da toccarsi la testa per assicurarsi sia lì.

Il taglio della calotta è alto il giusto alla fronte, così da non pregiudicare il campo visivo in presa bassa e finale, nessun arcuare il collo oltre il necessario pedalando schiena parallela al suolo.

C’è spazio in abbondanza per gli occhiali, quelli classici. Quelli a maschera, che io non uso, a giudicare da quanta luce c’è ancora, posso essere certo non troveranno ostacoli.

Non faccio mai la prova degli occhiali infilati nel casco, sapete che io uso clip da vista, se tolgo gli occhiali vado a sbattere.

Però ho verificato, ovviamente da fermo, e sembrano ben saldi. Un poco le stanghette si fanno sentire, ma nulla di realmente fastidioso.

Sempre con riferimento agli occhiali, preciso il taglio sopra le orecchie, nessuna interferenza; nemmeno per chi, come me, usa quelli con clip da vista e preferisce tenere le stanghette sotto il cinturino.

La forma complessiva della calotta segue canoni sportivi, quindi non abbiamo superiore estensione a tempie e nuca come fosse un casco urban.

Quella che convince è la sua fattura. La struttura inferiore in policarbonato è solida, rigida, rifinita in maniera eccellente.

Nulla a vista, sembra un unico pezzo tornito dal pieno, linee di giunzione difficili da notare.

Ne deriva una eleganza nella parte bassa davvero piacevole.

EPS a vista manco a parlarne, escluso quello che fa capolino dalle prese d’aria ma lì è naturale.

Cambiando scenario, spostandoci in fuoristrada leggero, gravel per gli amici, l’essere il Valegro un casco tipicamente stradale non lo limita più di tanto.

Velocità inferiori, quindi meno vento a investire, e la termoregolazione non batte ciglio.

Certo, con tante feritoie c’è da fare i conti con gli sciami di insetti; e la ovvia mancanza di una visiera parasole.

Ma siamo fuori dal suo ambito; solo, succede un ciclista abbia più bici ma un solo casco, quindi vale la pena vedere come va.

E succede che basta un cappellino se il periodo è quello delle vespe; e grazie a tante aperture, se il tessuto del cappello è leggero, non si soffre il caldo nemmeno più di tanto.

Sicuramente in inverno servirà un sottocasco ben fatto…

Bene, direi che con le verifiche ci siamo, possiamo passare alle ultime considerazioni.


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COMMENTS

  • <cite class="fn">Guybrush Threepwood</cite>

    Bel casco!
    Quindi se non ho capito male, il protocollo WG11 si basa nel ridurre gli impatti rotazionale sul casco, il linea con quanto previsto dai caschi che adottano Mips, ma senza farne uso? Notevole!
    Daniele

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