Ritardo di risposta…

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Un leggero ritardo, poco più di un battito di ciglia eppure c’è. Dove? In me.

La frenata che parte quell’attino dopo, la correzione di traiettoria il metro più avanti, la reazione all’ostacolo improvviso meno pronta.

Vero che soffro tantissimo il caldo, per me 20 gradi è già insopportabile, qui sono settimane che si boccheggia.

E col caldo forte è come mi spegnessi, non riesco a essere concentrato, rallento ogni azione, fisica e di pensiero.

Vero che sto uscendo in bici praticamente tutti i giorni, seppure siano uscite che raramente superano le tre ore in modo da rientrare prima che le temperature salgano oltre il (mio) livello di guardia.

Aggiungiamo il braccio destro che inizia a far male in modo preoccupante e da ieri sera è messo maluccio; il braccio che mi infortunai un anno fa in un incidente e che (anche per mia negligenza) non ho mai curato a dovere.

Però il dubbio c’è: caldo, stanchezza oppure devo rassegnarmi all’età non più verde e al suo naturale tributo?

Ragazzino non sono più, d’accordo.

Me nemmeno pronto per la pensione.

Si, soprattutto negli ultimi tre anni ho visto che il recupero è più lento, se mi faccio male invece di due settimane me ne servono quattro per riprendermi, la vista, beh, lasciamo perdere.

Ma riflessi e soprattutto freddezza, lucidità e rapidità di reazione in situazione di pericolo (frequente) su strada sempre stati eccellenti.

Perché sono qualità che devono essere allenate e su questo posso dire di non averle mai trascurate, anzi.

Ieri però è stato imbarazzante.

Da una settimana almeno spostavo sempre una uscita di perlustrazione, mi serviva capire se una strada che avevo identificato ma mai percorso fosse adatta ad alcune manovre per i test.

E ieri mattina accolgo l’invito di un amico per un giretto a dare una occhiata.

Primo errore, forse il più grave: ci siamo mossi alle 10 del mattino, quando ormai i 33/34 gradi erano già belli e superati.

Identificato il punto di accesso, svoltiamo per un breve strappo sterrato, scoprendo che la strada, benché pubblica (è l’Appia Antica, mica Vicolo Corto…) era stata sbarrata da un cancello privato: abusivo. Che sta lì da anni, vista la ruggine.

Nell’assoluta indifferenza del Comune di Terracina, che anzi magnifica persino la bellezza di questa strada con un video ed una pagina promozionale sul suo sito. Ma lo sanno che non  è accessibile, almeno da un lato?

Ormai siamo in giro, tanto vale provare dall’altro lato, ossia imboccarla proprio da Terracina, mentre la nostra intenzione originaria era arrivare lungo l’Appia Antica a Terracina.

Iniziamo a salire lungo la strada che conduce al Tempio di Giove, una salita semplice con solo un brevissimo strappo; una strada che a volte uso per le foto, mai per le prove perché non ha difficoltà degne di nota.

Salgo molto di conserva, caldo e non sapere cosa mi aspetterà se mai dovessi riuscire a percorrere questa benedetta Appia, mi suggeriscono di tenermi cauto.

Tratto dove la careggiata stringe, manto stradale a dorso di cavallo molto pronunciato, furgone in senso opposto; mi sposto a destra il più possibile per lasciare spazio, la bici inizia a scendere seguendo il profilo del manto.

Io realizzo, elaboro che devo rientrare altrimenti finisco fuori strada e poi giù dal versante. Lo so che devo farlo.

E lo faccio: ma quel mezzo secondo dopo, per un soffio.

Quando in realtà avevo tutto il tempo del mondo per eseguire la manovra in perfetta sicurezza.

Questo solo uno degli episodi, l’ultimo in ordine di tempo.

C’è il masso rotolato sulla strada scansato sul filo di lana quando lo avevo visto 50 metri prima; la bici lasciata giù in curva quella frazione di troppo invece di rilanciarla raddrizzandola; la frenata che sarebbe potuta essere in tutta tranquillità  invece trasformata in frenata da panico per aver agito sulle leve troppo tardi.

Piccoli e meno piccoli errori, sbavature, imprecisioni.

Che, perdonate la presunzione, non sono da me.

E’ molto irritante. Anche preoccupante, non lo nascondo.

Al di là del pericolo, perché fino ad ora mi è andata bene ma chissà domani, è solo il caldo o la stanchezza? Tutte e due?

O qualcosa sto perdendo, si sta consumando?

Non lo so.

Sono abituato da molti anni a non potermi del tutto fidare del mio corpo a causa di una patologia che scoprì di avere molto tempo fa, che mi ha portato spesso sul tavolo operatorio, che ogni giorno chiede il suo obolo.

Ci convivo, ho una mia serie di strategie per tenerla a bada, a volte vince, spesso no.

Qui è diverso, è come se si fosse dilatato il tempo di risposta tra mente e corpo.

E non mi piace.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Stefano</cite>

    Magari qualche farmaco che prendi può rallentare i tempi di reazione. Ma l’età comunque chiede un conto da pagare. Io me ne sono accorto andando per montagne: sono passato da “c’è da andare là, partiamo” a “c’è da andare là, ce la farò?”. Le prime defaillance poi incidono molto a livello psicologico, ma forse è meglio così, perché la mentalità da 20-enne con il fisico di un 50-enne (per esempio) porta a fare errori di valutazione che si pagano. Il fatto che tu ti ti sia accorto che non sei più quello di una volta ti terrà al riparo da quell’uscita clamorosamente al di sopra delle tue possibilità.

  • <cite class="fn">Alberto</cite>

    Ciao Fabio,
    sono un poco (tanto) più vecchio di te, da anni ho
    molto abbassato le pretese, arrivo ugualmente
    e la macchina ringrazia.
    Alberto

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Pedala con prudenza! E che possa tornare a temperature umane al più presto 🙂

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