Perché battagliare su tutto se possiamo scegliere?
Nei giorni scorsi un certo clamore hanno suscitato le dichiarazioni di Cassani e Cipollini a proposito dei tubeless e dei freni a disco sulle bici stradali.
Non parliamo di due pedalatori qualunque ma di persone che in bici ci hanno passato e ci passano la vita, quindi possiamo definirli in linguaggio giornalistico fonti privilegiate.
Poi ognuno di noi libero di essere in accordo o meno, non è questo il punto.
Il punto è che un post sui social e una chiacchierata raccolta al volo nel caos festoso dell’IBF sono state pompate ad arte per alimentare l’ennesimo scontro, il solito dualismo tra opposte tifoserie.
Due interventi in cui di tecnico, giustamente, c’è nulla o quasi. Nessuno dei due si è messo lì con la lavagnetta a spiegare pro e contra, ognuno ha dato la sua opinione, seppure sia opinione di cui tener conto vista la provenienza.
Io trovo francamente sconcertante si stia a guerreggiare tra freni e disco vs rim brake, tubeless vs butile, persino ancora acciaio vs carbonio vs alluminio.
Ogni soluzione tecnica, purché valida e sperimentata, ha i suoi pregi e i suoi limiti. E le sue peculiarità.
Non esiste la bici universale, figuriamoci se può esistere la tecnologia universale. Sul punto ci tornerò fra qualche giorno.
Esiste invece una incredibile varietà di scelte tecniche alla quali il ciclista può attingere in base alle proprie esigenze.
Sento spesso ripetere che le bici di adesso sono complicate, una volta erano più semplici, soprattutto nella manutenzione.
Non è vero, perché abbiamo bici che fanno sfoggio di ogni possibile tecnologia, altre che conservano uno spirito semplice seppure aggiornato alle moderne conoscenze. E sono globalmente più semplici da curare, grazie a materiali e lavorazioni che eliminano alla radice i tanti problemi che avevamo in gioventù.
Senza dimenticare che spesso la difficoltà è solo perché non abbiamo letto le istruzioni…
Le bici di una volta non erano né semplici né bisognose di poche cure, quelle ovviamente di alta gamma, come le definiremmo oggi.
Quando presi la mia ultima bici da corsa in acciaio, su misura e montata con ruote e trasmissione al top per l’epoca, la pagai ben più di quanto mi sarebbe costata una 125 e più di quanto due anni dopo avrei pagato la mia prima moto.
E così sfatiamo pure la leggenda che le bici top costavano poco. Anzi, quelle in proporzione costavano pure di più, visto che alla fine materiali, lavorazioni, tecnologie erano ben più semplici di quanto vediamo adesso. Tubi e congiunzioni, uno bravo a misurarti, uno bravo a saldare: stop.
Altro che test in galleria del vento e ricerche sui materiali…
Bene, quella bici aveva bisogno di manutenzione costante. I mozzi o li tenevi puliti, ingrassati e registrati (e non era mica facile come adesso) oppure le ruote le buttavi dopo poco. I migliori raggi sul mercato non avevano la resistenza e “l’elasticità” di quelli attuali, le ruote passavano parecchio tempo sul centraruote. Il movimento centrale era uno sperpetuo, alla fine in tanti preferivamo riempirlo di grasso per proteggerlo, sennò le sfere, prive di adeguate protezioni, le dovevi cambiare ogni tre mesi; e smontare uno di quei movimenti e poi registrarlo mica era facile e veloce come oggi. Per non dire della centratura dei freni, da fare sul telaio e non sul corpo freno.
E forse può sfuggire, ma all’epoca non avevamo internet per pescare informazioni e consigli, i manuali ufficiali erano inaccessibili ai più, si lavorava rubando i segreti del mestiere nelle officine più ospitali.
Ma la vera differenza rispetto a oggi è un’altra: non avevamo scelta.
Chi voleva una bici poteva comprare quella da corsa, il condorino, la graziella, l’olandesina e quella da uomo che noi chiamavamo Torino per via della foggia del manubrio. Stop.
Quando vidi il primo Rampichino entrai in negozio, chiesi informazioni e la risposta fu “mah, questa roba non ha futuro…”.
Se volevi una bici sportiva performante la scelta si riduceva drasticamente: una sola marca per la trasmissione realmente efficace, cerchi per tubolari, acciaio a congiunzioni per il telaio. Gamma rapporti? E che roba è? Due corone (52/42), cinque pignoni, col 22 finale e se mettevi un 24 ti guardavano storto.
Adesso: tante bici tutte diverse che la vera difficoltà è capire quale sia quella giusta per noi. Ruote di tutti i tipi, con raggiature, canali, altezze cerchio, materiali, tutto per accontentare ogni desiderio. Trasmissioni che presentano un range di scelte rapporti talmente ampio che è impossibile per ogni ciclista non trovare quella giusta per lui.
E poi soluzioni tecniche a non finire tra le quali pescare.
Vuoi il tubeless? Eccolo, in tutte le misure possibili. Non ti piace? Nessun problema, ecco la stessa gomma in versione per camera d’aria. Vuoi un software che gestisca la trasmissione e lo vuoi poter personalizzare? Eccolo. Se vedi un caricabatteria associato a una bici ti viene l’itterizia? Ecco i cavi, che sono migliori, scorrono in guaine migliori, gestiscono cambio e deragliatore migliori di quelli che avevo da ragazzo.
Vuoi la sella in cuoio? Eccola. Pesa troppo? Eccola in carbonio, in nylon, anche in stampa 3d.
L’unico settore in cui la scelta sta(va) diventando limitata è quello dei freni. Perché una bici a disco non è semplicemente una a cui hanno aggiunto le pinze. I dischi hanno portato tutta una serie di migliorie a telaio e componenti, il passo indietro è impossibile. Infatti abbiamo o la scelta su bici più economiche o bici di nicchia, costose. Ma anche qui le aziende stanno rivedendo i piani, alcune sicuramente, reimmettendo a listino ottime biciclette per freni a cerchio con tutte le caratteristiche più moderne e prezzi abbordabili.
Ecco allora il punto focale: la possibilità di scelta.
Nessuno può dirci come pedalare: chi ha competenze tecniche può aiutarci a venir fuori in questa enorme varietà di scelta ma non darci la ricetta assoluta. Non confondiamo i consigli di chi ha esperienza con le verità assolute di chi ritiene che il proprio modo di pedalare, le proprie incrollabili certezze, siano valide per tutti e quello l’unico vero ciclismo.
E se qualcuno oltre competente è anche saggio, non imporrà mai le proprie preferenze, lavorando invece per tirar fuori dal ciclista le sue necessità e passioni, così che possa trovare la sua bici. Con le soluzioni tecniche a lui più congeniali.
Così che ognuno possa pedalare felice, sulla bici che ha scelto perché ha potuto scegliere: tutto il resto non conta.
Buone pedalate
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Grazie, mi sembra proprio una posizione costruttiva, razionale e non di parte. Dopotutto, oltre alla migliore efficienza, se ci mettiamo anche il gusto personale, veramente diventa insensato cercare “la” soluzione. Certo, io mi trovo benissimo con i mini-v sulla gravel/corsa, ma i dischi sulla MTB, il cambio al mozzo sulla pieghevole… etc etc. Non facciamo una lotta fra appassionati 😀