Mica siamo in Nord Europa…
Dopo la pubblicazione del test del bizzarro e utilissimo casco Lumos diversi miei concittadini ciclisti mi hanno detto che si, il casco è davvero una bella idea ma “…mica siamo in Nord Europa o in America, qui queste cose non le capiscono…”.
Ovviamente sono in totale disaccordo e ogni volta ho riposto provocando: “Non c’entra, fai prima a dire che ti da fastidio quando la gente ti indica al tuo passaggio”.
E dopo qualche insistenza ognuno ha ammesso che si, tutte queste teste che si girano e magari pure i lazzi che mai mancano qualche fastidio lo provocano.
Una tristezza, vittime delle mode e del giudizio altrui. Ricordate quando in bici nessuno indossava il casco? Poi lo resero obbligatario nelle gare dei professionisti e quelli che prima non lo calzavano nemmeno sotto tortura ora ci vanno pure a dormire.
Il giorno che un qualunque team del Grand Tour schiererà le proprie bici con luci e parafanghi avremo frotte di cicloamatori a dibattere ore sui vari forum su quale tipo di luce sia più efficiente e quale parafango protegga di più.
Non me la sento di dare tutti i torti ai miei concittadini, in fin dei conti qui manca la cultura della bici. Siamo ancora molto indietro rispetto a un ciclismo più maturo che vedo prendere piede in altri continenti. Eppure proprio perché questa è una città poco amichevole per le bici, chi di noi la usa non solo per allenamento ma anche per diporto e come rapido mezzo per gli spostamenti urbani dovrebbe essere abituato a essere guardato come un alieno. Una volta in più che differenza fa?
Da qualche anno girano più bici, ma le incontri sul lungomare. Esistono quartieri e comuni limitrofi che se li attraversi pedalando la gente corre a giocarsi i numeri al lotto. L’altro giorno profittando del clima praticamente estivo sono andato per lavoro in un Comune confinante in bici. Poca roba, una quindicina di chilometri scarsi seppure resi impossibili dallo stato disastroso della pavimentazione stradale. Tutto pavé, dossi e buche. Giunto a destinazione il piantone: “Avvocà, ma siete venuto in bici? Da Napoli?” col tono di chi stesse chiedendo se arrivavo filato da Marte, altro che povera sonda Schiaparelli. Inutile spiegare che la distanza è bassa, che mia figlia a 7 anni se ne faceva il triplo a ogni uscita e che con la bici arrivo molto prima che in auto. Troppa parte della popolazione continua a vedere la bici usata anche per spostarsi come un retaggio per pochi eccentrici, una tribù di spocchiosi snob intellettualoidi. Ok, sono odiosamente snob, fastidiosamente spocchioso, discretamente rompiscatole, forse un intellettualoide: sicuramente uno che se ne frega bellamente di farsi condizionare dagli altri. Questo blog ne è la prova, nel bene e nel male.
Quindi continuerò a pedalare all’imbrunire col caschetto luminoso; perché le luci o me le dimentico sempre a casa o me le dimentico sempre sulla bici e quindi me le rubano. Col casco ho risolto, molto più pratico.
Si girano a guardarmi? Bene. Mi affiancano stupiti? Ancora meglio. Lo scopo di indossarlo è essere ben visibile, se oltre alle luci pure lo stupore per questa testa luminosa contribuisce a non farmi piallare da un automobilista frettoloso ho raggiunto due volte il mio scopo.
Qualche ragazzetto che vaga senza scopo, per strada e nella vita, e senza casco sul suo scooter per non rovinarsi l’acconciatura ride nel vedermi passare? E secondo voi la cosa può interessarmi? Secondo voi da bravo snob ecc. ecc. spreco anche un solo millisecondo del mio tempo per badarvi? Suvvia…
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Alla fin dei conti è sempre la paura del giudizio altrui che ci impedisce di goderci appieno la vita! Io, come te, cerco di non farmi condizionare troppo (anche se del tutto forse è impossibile) e se esco con poche ore di luce a disposizione, le luci anteriori e posteriori le monto e nei tratti di traffico più intenso, magari col sole calante, le accendo anche se non è affatto buio. Mi stupisco che quasi tutti i ciclisti che conosco in zona affrontino anche le nebbie padane senza luce posteriore, che è una vera follia, quella sì una stupidaggine, altre che voler farsi vedere ed aiutare i veicoli a motori a non stirarci!
Hai pienamente ragione; nemmeno io comprendo questa avversione alla propria sicurezza. Non solo le luci ma anche abbigliamento ben visibile, meglio se riflettente. E’ facile dare sempre la colpa ai automobilisti ma quante volte capita che alla guida dell’auto ci siamo noi e all’ultimo momento vediamo sbucare dal nulla un ciclista e ci troviamo a pensare che è un bel pirla? Perchè non pensare che quando sui pedali ci siamo noi ci becchiamo gli stessi improperi? Mistero.
Fabio
Strano animale il ciclista 😀
Io regalo kit luci ai miei amici che usano le biciclette.Mi dicono” A milano ci sono i lampioni, come fanno a non vederti?”
Purtroppo la notte anche con i lampioni una bici è poco visibile..
Bravo Francesco, catechizzi i ciclisti 😀
Scherzi a parte, ma il nome aiuta queste futili battute, fai benissimo. I lampioni di Milano? Come no, perfetti… Io in moto accendevo pure i fendinebbia e le luci supplementari posteriori per i viali di Milano…
Fabio