Grinduro Italia 2023, è stato tutto perfetto?

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Chiudo il cerchio del Grinduro, dopo che Antonello con tanta passione ci ha raccontato il percorso, per capire se tutto è stato come doveva essere.

Vero, nulla è definitivo e tutto è migliorabile, ma ho passato la giornata del sabato a raccogliere pareri, opinioni, impressioni a caldo e poi la sera, a cena, un continuo scambio con colleghi e partecipanti. E non tutti la pensavamo allo stesso modo.

Sapete che il Grinduro, nel senso di gara, io non l’ho corso. Ho pedalato sul suo tracciato, quasi tutto, per mio conto.

Volevo capirne le difficoltà, capire bici e trasmissione che ero stato invitato a provare e l’unico modo per “coprire” l’evento nella sua interezza era dividerci i compiti.

Così unendo i nostri sforzi spero, speriamo a questo punto è giusto dire, di riuscire a farvi sentire in bici con noi. 

E aggiungo: mi perdonino quelli di voi presenti a cui non ho dedicato molto tempo, ma avete visto ero piuttosto indaffarato e anche preoccupato per quel disgraziato di Antonello che non dava sue notizie e già pianificavo come organizzare i soccorsi…

Ma entriamo nel vivo e rispondiamo alla domanda del titolo. Che in realtà nella prima stesura era “Grinduro, è stato (quasi) tutto perfetto.

Perché alcuni aspetti marginali sicuramente andrebbero calibrati.

Però non condivido in nessun modo la critica che ho raccolto più spesso tra una minoranza dei partenti: la difficoltà del percorso.

E non perché io sia un biker di livello superiore, nella mia ricognizione del percorso mi sono mancati gli Spaghetti Hills e meno male devo dire, e posso assicurarvi che sono andato ugualmente in crisi, fisica e tecnica.

Non è gravel! Troppo tecnico! Serve la Mtb! Su quel tratto manco con la full!

No, non condivido perché questa manifestazione si chiama Grinduro e perché è sdoppiata col Grindurito.

Ora lasciamo perdere la questione su cosa sia gravel e cosa no perché dopo tanti giorni è venuta a noia pure a me, cerchiamo invece di fare chiarezza su alcuni punti.

Grinduro è una manifestazione particolare nata nel 2015 e che quest’anno ha fatto per la prima volta tappa in Italia. Nel suo nome è già compreso quell’enduro che dovrebbe chiarire subito come non ci si trovi di fronte alla classica strada bianca.

A seconda della location varia il percorso, ma questo sempre comprende tratti di single track da enduro, combinati ad asfalto e tracciati più vicini al gravel che conosciamo (e spesso pratichiamo) noi.

Insomma, nessuna sorpresa, è tutto spiegato sul sito internazionale del Grinduro. Internazionale perché internazionale è l’evento.

Ma il Grinduro è anche socialità, è una festa e gli organizzatori, gli ideatori di questa formula unica nel panorama ciclistico non vogliono pedalatori distrutti a sera, altrimenti va deserta pure la festa sulla spiaggia, e quindi hanno previsto il Grindurito.

Percorso più breve, nessun cronometro, via le difficoltà maggiori.

Ecco allora perché non condivido le critiche al percorso: perché sono rivolte a quello del Grinduro, che nasce proprio per mettere alla prova anche con difficoltà tecniche e non ne fa mistero. Anzi, lo dichiara da subito.

Inutile lamentarsi del percorso, se lo trovi difficile non lo fai. E infatti così è stato per alcuni, la percentuale di chi invece ha scelto il Grinduro e poi si è “pentito” è bassa ma visto che è stata la notazione più frequente sul mio notes, non potevo tralasciarla.

Troppo drastico allora? Forse, però senza questa caratteristica non sarebbe più il Grinduro ma uno dei tanti eventi gravel che si organizzano in ogni dove.

Io non condivido nemmeno la scelta del mondiale gravel, lo abbiamo visto come si svolge: bici per lo più da endurance, rapporti stradali, percorsi piatti e veloci. Se per qualcuno il Grinduro è gravel troppo estremo, per me il mondiale non è proprio gravel.

Eppure basterebbe poco, per esempio imporre un limite minimo alle dimensione gomme, invertendo quanto si fa nel ciclocross, e si taglierebbero fuori da subito le bici destinate alla strada. Ma questo è un altro discorso e lo affronterò in altra occasione.

Torno al Grinduro perché anche la seconda critica più gettonata non mi trova (del tutto) d’accordo: l’eccessivo costo di partecipazione.

Si, a buon mercato non è. Ma io l’ho analizzato come faccio nei test: rapporto qualità/prezzo e non prezzo e basta.

Così sul piatto della bilancia devo mettere l’organizzazione quasi sempre impeccabile, il luogo che ha ospitato l’evento, gli innumerevoli servizi offerti, l’attenzione alle esigenze dei ciclisti grazie anche agli sponsor tecnici (pensate solo ai set di gomme sostituiti gratuitamente da Schwalbe o le messe a punto delle bici, sempre gratuite, in cui si sono prodigati i meccanici Shimano e Wilier), un leggero calo “di coccole” nell’alimentazione, dove il servizio catering (al resort) avrebbe dovuto prestare più attenzione alle necessità dei pedalatori con pietanze adatte all’attività fisica. Perfetta la cena del sabato però, va riconosciuto.

Qualcuno non ha gradito l’eccessiva presenza di media e influencer e su questo francamente fatico a trovare un senso. E’ un evento, una festa, è la prima volta che sbarca da noi, una formula nuova sconosciuta a molti e persino ad alcuni partecipanti, mi sembra normale che l’organizzazione abbia cercato di coprire l’evento. 

E sia chiaro, io come altre testate eravamo lì per il Media Camp Shimano e Wilier e non per il Grinduro in sé, quindi la mia non è una difesa interessata. Cosa che del resto non ho mai fatto su queste pagine…

Si, qualcuno era più preoccupato del miglior selfie che attento al dato tecnico, ma chi sono io per giudicare le scelte della comunicazione?

Tolto il dente delle note critiche, vengo al tanto di bello vissuto in questi giorni.

E lo faccio partendo proprio dalla formula scelta, quella del percorso tecnico, l’opzione del corto, le feste e le tante attenzioni per i ciclisti.

Non sono bipolare, sopra vi ho sintetizzato quello che ad alcuni non è piaciuto. Ma la maggioranza, ampia e me compreso, invece l’ha apprezzato questo Grinduro Italia.

Il tracciato del Grinduro, il lungo quindi, era oggettivamente difficile, soprattutto nella prima e nella terza prova. Lottare contro le asperità, le pendenze, il fondo spesso infido con l’assillo del cronometro non è stato facile, immagino. Io, come vi ho detto, ho sputato sangue e non dovevo fare nessun tempo, non dovevo nemmeno mostrarmi un ciclista decente visto che ero solo sul percorso e nessuno avrebbe scoperto le cadute, i tratti a piedi e le infinite soste per riprendere fiato.

Ma è stato un tracciato bellissimo. Ha messo alla prova noi stessi più che la sfida tra ciclisti. Ognuno ha dovuto fare i conti con le proprie capacità, coi propri limiti, con le proprie scelte. Lo ha fatto con me, fuori gara, figuriamoci con chi aveva un chip sulla bici a certificare i tempi nei tratti cronometrati.

Soprattutto ha permesso a tanti di pedalare in luoghi incantevoli, premiando ogni sforzo con scorci da togliere il fiato per la loro bellezza. Va bene, merito di madre natura; però chi ha pensato il percorso ha fatto si che madre natura si mostrasse in tutta la sua bellezza.

Tra una birra e un boccone di carne, la sera a cena attendendo la festa sulla spiaggia, persino i pedalatori più incalliti lasciavano da parte ruote, gomme, rapporti per raccontarsi lo spettacolo vissuto.

E se metti oltre 120 ciclisti tutti insieme e pochi parlano di bici, allora vuol dire che ci hai visto giusto.

Si, quello arrivato con forte spirito competitivo e andato via deluso per non essere andato a podio c’è stato. 

Ma il Grinduro non è (solo) questo. 

Appena chiuse le iscrizioni al sabato mattina, immediatamente ho chiesto all’organizzazione l’elenco dei partecipanti, con le divisioni per età, nazione e sesso.

Volevo capire.

Riassumo.

I partenti sono stati circa 120, pochi rispetto alle edizioni corse in altri Paesi, molti secondo me considerando la novità e il periodo particolare.

Ecco, questo credo sia il limite maggiore, nel senso che settembre da noi è un mese “di ripresa”, in Italia siamo rimasti fermi agli anni ’60 con le ferie ad agosto per quasi tutti. Difficile per chi ha famiglia con figli in età scolare (nei Paesi nel Nord Europa come negli States, per esempio, la scuola riparte ad agosto) o uffici e attività che riprendono riuscire a staccare proprio nel momento in cui riparte il volano delle proprie attività.

Giusto per dirne una, in Galles a inizio luglio ci sono stati quasi 300 partecipanti, in California 500 e passa mi sembra ma lì, beh, è una altra storia. Vedremo in Giappone, ma comunque mi sembra che le altre manifestazioni abbiano goduto di un periodo migliore.

Anche se, va detto, col settembre che stiamo vivendo, la spiaggia è stata ampiamente sfruttata e questo probabilmente ha inciso nella scelte dell’organizzazione.

Nutrita presenza internazionale con 15 nazioni in gara (Argentina , Australia , Brasile , Francia , Germania , Ungheria , Italia , Olanda , Polonia , Portogallo , Spagna , Svezia , Svizzera , Inghilterra , USA).

Germania e Svizzera sono le nazioni straniere prevalenti, gli italiani il 60% del totale.

Menzione speciale a una iscritta classe 2018 (soprattutto ai suoi genitori direi…) e un ragazzo classe 2002 che il Grindurito se lo è fatto tutto.

Notevole la presenza dell’altra metà del cielo, oltre un quarto dei partenti. Segno che il gravel, fosse pure questo più “tosto” in formula Grinduro, attira, coinvolge, piace. Alcune hanno scelto il Grindurito, tante il Grinduro a dimostrazione che le differenze sono solo nelle nostre teste. E non mi riferisco a quella differenza conficcata nella testa dei maschietti…

Rilevo con piacere non essere stato il più longevo tra gli iscritti, qualcuno appena meno giovane di me c’era. E rilevo pure che ha chiuso il Grinduro meno stramazzato di come ero io quando mi sono fatto parte del percorso in solitaria. Triste, mi ha tolto pure l’alibi dell’età.

A cena, prima dell’evento del sabato, fra noi ci interrogavamo su come sarebbe stata la “gara”.

Mille opinioni, tutte diverse (mai visto due ciclisti essere d’accordo su qualcosa, figuriamoci una dozzina) fino alla massima incisa nella pietra: la gara la fanno i ciclisti!

Verissimo, e così mi contraddico perché su questo abbiamo assentito tutti. E per inciso: chi ci ha messo tutti d’accordo la gara l’ha fatta ed è andato pure a podio.

Già, il Grinduro senza questo variegato mondo di ciclisti sarebbe stato nulla.

Sono loro che l’hanno reso un evento rimasto nel cuore di chi vi ha partecipato, persino di chi lo ha vissuto in parte da dietro le quinte come me. E me ne pento, un tanto. 

Ho osservato le bici, i ciclisti, il loro abbigliamento, carpito le loro chiacchiere e girovagato per il campeggio per capire come erano venuti.

Molte bici all’ultimo grido, qualche vecchia signora, fisici asciutti e altri sagomati da birra e buon cibo, chi glabro manco un poppante e chi orgoglioso di barbe profetiche, chi a sfoggiare t-shirt e camice hawaiane e chi l’ultimo ritrovato tecnologico in fatto di completini, chi a discutere di pressione gomme e chi del vino più adatto, chi in tenda spartana e chi con camper all’avanguardia.

Tutti, ma proprio tutti (tranne uno…), interessati più di ogni altra cosa a godersi la festa.

Perché alla fine il Grinduro questo è: una bellissima festa per chi ama la bici.

Ci sarebbe da interrogarsi se e quanto nel nostro mondo conservatore all’eccesso tutto questo troverà spazio sempre maggiore in futuro.

Io credo di si, tanti ragazzi presenti mi hanno mostrato un ritorno al ciclismo delle nuove generazioni che al momento latita nelle discipline più specialistiche. E forse manca proprio perché quella specializzazione non ha più l’appeal di un tempo.

Il gravel, la sua idea di libertà, di pedalare senza confini e steccati ideologici (che spesso creiamo noi e non le aziende) li attira come altre specialità non riescono più a fare.

Non credo che la formula Grinduro sia quella universale per il gravel, proprio perché il gravel non è definibile. 

Sono convinto però che questa ulteriore opzione, questo connubio perfetto tra bici e socialità, anche le difficoltà che hanno livellato tutti creando quel clima cameratesco che ci ha così bene raccontato Antonello, sia qualcosa che sarebbe un delitto perdere.

Aspetto, mi aspetto, il Grinduro Italia 2024. 

In chiusura i miei ringraziamenti. Che non indicherò doverosi, come leggo spesso. No, i ringraziamenti si fanno col cuore o non si fanno, non è un obbligo. 

Già, il cuore, la passione devo dire. Questi giorni passati tra Media Camp e Grinduro sono stati fantastici, una valanga di emozioni da cui riemergo piano, a ogni articolo da impaginare lo scorrere delle immagini mi rimanda il momento, la sensazione e non nascondo la commozione. Come non nascondo che davvero il primo giorno temevo mi avrebbero chiesto perché eravamo lì, a che titolo diciamo così…

Abbiamo vissuto io e Antonello qualcosa che resterà per sempre impresso in noi, amici e soprattutto appassionati. Si, eravamo lì per lavoro ma sapete tutti che questo blog non è il nostro lavoro, lo teniamo in vita (al plurale, meritato) tra mille difficoltà e sacrifici. Ognuno di noi ha vissuto questo evento con spirito diverso. Antonello da appassionato, io con sempre un occhio al blog, con l’ansia di sbagliare qualcosa o non essere capace di raccontare a voi. 

Se siamo stati in grado di tenervi in bici con noi solo voi potrete giudicarlo. 

Io so però che senza l’eccellente organizzazione di Shimano Italia, Wilier e Grinduro Italia tutto questo non l’avremmo vissuto. E vissuto così intensamente. E di questo vi siamo grati.

Buone pedalate

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