[Test] Drali Morpheus

Tempo di lettura: 8 minuti

Telaio in acciaio, congiunzioni, geometria classica, un nome storico, fatta a mano in Italia e completamente personalizzabile; e poi i dischi, trasmissione elettroassistita. E soprattutto una forcella in acciaio a congiunzione con attacco per pinza freno flat mount: cari miei, eccovi servita la Drali Morpheus.

Superfluo dire che una bicicletta simile mi avrebbe fatto battere il cuore.

Una bici particolare questa Drali Morpheus, tanto da imporre una impaginazione differente rispetto al mio solito.

Quando recensisco una bici sapete che mi soffermo molto sul “Come è fatta”.

Spesso preferisco addirittura sdoppiare, creando un articolo dedicato solo alla conoscenza statica, perché sappiamo che le schede pubblicate sui siti non sono mai troppo generose di informazioni.

Ebbene, qui non solo non ho sdoppiato: manca pure il paragrafo dedicato in questo test.

Ma come, vi chiederete e mi chiederete: “proprio tu che hai fatto dell’approfondimento la linea guida di questo blog, ci lasci con la curiosità inevasa? Che cattivo…”.

No, non è cattiveria.

A parte la costruzione a congiunzioni sia di telaio che forcella e i freni a disco, tutto il resto è personalizzabile.

Addirittura possiamo scegliere le tubazioni.

Ora, ditemi voi, che senso ha soffermarmi su allestimento, struttura, tubi ecc. quando poi uno chiama Drali e se la ordina come vuole lui, del tutto differente da questa che vediamo oggi.

Certo, nel paragrafo dedicato al test qualcosa dirò ma saranno indicazioni di massima. Sul telaio.

Non sull’allestimento, va da sé che una bici di cui puoi scegliere persino le tubazioni figuriamoci se non è personalizzabile anche su tutto il resto, dalle ruote alla trasmissione al cockpit.

Ho scelto di farmela inviare così come come mostrata sul sito, almeno per la trasmissione FSA. 

Per semplicità ma col senno di poi forse non è stata una buona idea.

Non per la qualità della trasmissione, che resta un gradino sotto per efficacia ad altre trasmissioni elettroniche ma il suo dovere lo fa, ma perché avrei potuto sbizzarrirmi pure io con le personalizzazioni.

Questa Drali Morpheus è una bici da appassionati, e noi che lo siamo conosciamo il gusto che ci da pedalare su qualcosa di unico.

Quando anni fa, sembra un’altra vita, scrivevo per la carta stampata, tra le mille mansioni mi affibbiarono anche quelle di rispondere alle lettere al Direttore.

Girai le lamentele di un cliente, la cui moto non partiva nemmeno, all’azienda per avere una replica da pubblicare: il manager della comunicazione mi rispose “Non ha acquistato una moto, ha acquistato un brand”.

Inutile dire che lo mandai dove meritava (tanto, chemefrega, firmavo il Direttore, problemi suoi) ma oggi, sfumati gli ardori giovanili, leggo quella risposta con altri occhi.

Non che la Drali Morpheus sia una cattiva bici, anzi.

Però quel nome sull’obliquo vale più di mille considerazioni tecniche.

Ha il sapore di un ciclismo passato, l’odore del mezzo toscano e del butile dell’officina, il banco da lavoro in legno consunto, gli attrezzi gettati all’apparente rinfusa, il cappellino a visiera alzata, una Peroni sempre disponibile e il calendario con le fanciulle svestite in un angolo, appartato ma non abbastanza per noi ragazzini curiosi.

Quello che state per leggere è un test atipico, persino per i miei standard che proprio ortodossi non sono mai stati.

Non solo per l’impaginazione differente: la Morpheus mi ha emozionato, spero di riuscire a trasmettervelo.

Una ultima notazione prima di pedalare.

Il telaio che mi è stato inviato non è una versione definitiva.

Piccoli dettagli sia chiaro, la base resta lei; per questo, diversamente dal mio solito, non sto lì a cavillare su una piccola sbavatura nella verniciatura dell’asola della congiunzione testa forcella o su un forcellino graffiato.

Il telaio era lì, serviva solo montarlo, chiedere di approntarne uno nuovo solo per un test sarebbe stato uno spreco.

A me, a noi, interessano le qualità dinamiche e quelle non sono certo inficiate da un triangolino sbavato.

Ovviamente, ora che la produzione è a regime, tutto è curato a perfezione, come deve essere per una bici esclusiva (e non la sentirete mai definire da me “prodotto”) e, diciamolo, col fardello di una storia sulle spalle da onorare.

E’ riuscita la nuova governance, un gruppo di giovani imprenditori che ha deciso di non far morire un marchio storico, a mantenersi all’altezza di tanta responsabilità?

Con la Morpheus si, per gli altri modelli, beh, vorrà dire che proverò anche loro…

Ma ora basta chiacchiere, pedaliamo.

Voltiamo pagina.

COMMENTS

  • <cite class="fn">ANTONIO DANIELE</cite>

    Ottimo articolo! in particolare per l’approccio umano e non tecnologico. Finalmente una bicicletta “con l’anima” per cui si può provare emozioni che non dipendono solo da suggestioni merceologiche o di pura tecnica. Credo che chi ha ideato (ed apprezzato) questa novità abbia percepito il cambiamento della direzione del vento che spinge ora verso un concetto di bicicletta “totale” che comprende anche ricerca della qualità e , mi auguro ln futuro, anche una offerta … a prezzi accessibili.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Grazie presidé, non nascondo che mentre scrivevo pensavo agli appassionati come te.
      Si, non è bici da valutare con la freddezza dei numeri. I miei percorsi di prova sono sempre gli stessi, il che è noioso ma elimina variabili e mi permette anche dei raffronti. Se paragono a veloci endurance che ho testato, con la Drali Morpheus non ho battuto alcun primato.
      Se paragono quanto ho goduto, il puro piacere della pedalata, la situazione si ribalta.
      E’ dietro solo alla mia Elessar, ma lì, beh, puoi capire che pedalare sulla propria bici, pensata, disegnata, costruita con le proprie mani è qualcosa di unico.

      Fabio

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