Parafanghi a sgancio rapido
La prova su strada
La prova su strada
La bici incaricata di portare a spasso me e questi parafanghi sia sotto una leggera pioggerillina che con un vero e proprio diluvio è stata, lo avete visto in foto, la mia Peugeot. Il motivo è semplice: sulla Planet X London Road è stato impossibile montare il parafango posteriore, troppo largo il piantone. E poi l’inglesina ha il foro di attacco al ponticello sotto e non esterno, quindi per avvitare la piastrina avrei dovuto modificarla.
Ma nemmeno l’anteriore avrei potuto montarlo; non tanto perché la vite fornita è risultata corta, basta prenderne una altra in ferramenta. Ma perché, seppure il passaggio sotto la testa della forcella sia in grado di ospitare gomme fino a 50mm, tra forma della forcella, del parafango e dimensionamento della piastrina la gomma anteriore urtava, bloccandosi.
E vabbè, per fortuna bici diverse non mi mancano e alla fine sono potuto uscire comunque.
Pochi minuti per montare le piastrine, un attimo per innestare i parafanghi a via per i primi chilometri, con pioggia leggera e sul pavé che mi tiene compagnia sino ai confini della città.
E qui già il primo problema; prevedibile d’accordo, ma non così intenso: il rumore.
I parafanghi non hanno astine, altrimenti non sarebbero a sgancio rapido; che avrebbero vibrato lo sapevo. Che iniziassero a sbattere forsennatamente sulla ruota posteriore (meno all’anteriore) anche procedendo sul pavé a bassa velocità, no.
All’aumentare del passo aumenta anche la frequenza, con questo “splat splat” che tiene il ritmo della pedalata. Io cerco sempre il buono nelle cose: la gente si spostava a darmi strada come mai accaduto prima, nemmeno quando agisco indemoniato sul campanello 😀
No, scherzo. Cioè, la gente veramente si spostava ma vi assicuro che per quanto mi sforzi di trovare il buono se non avessi voluto comunque pubblicare questa recensione me ne sarei tornato subito a casa.
Pedalare con l’acqua e con questo rumore fastidioso è chiedermi molto…
Già, l’acqua: in fin dei conti a questo servono i parafanghi. Devono proteggerci da acqua e sporco che le ruote, girando, sparano verso l’alto imbrattandoci schiena e gambe.
Ci riescono questi parafanghi, che non sono certamente estesi? Ni.
Finché sono quattro gocce a qualcosa servono. Ma quando la strada inizia a bagnarsi per davvero il parafango posteriore mostra tutti i suoi limiti e anche più; un pochino meglio se la cava l’anteriore.
Guardiamo l’estensione una volta montati, così capiamo meglio. Partiamo da quello posteriore.
Come si vede l’attacco al piantone è piuttosto alto, ma poco male perché la rotazione in senso di marcia non crea problemi in zona movimento; che si traduce, guardando al ciclista, ai polpacci.
L’estensione all’indietro sembrerebbe sufficiente, sempre in virtù del senso di rotazione, a fare da scudo all’acqua che la forza centrifuga spara verso l’alto. C’è anche, si nota, una piccola palpebra rialzata a fornire ulteriore teorica protezione.
Alla prova dei fatti, anzi della pioggia, è quasi come non ci fosse. Finisce troppo presto per avere una piena efficacia. Protegge le terga, questo si; lo scafo del sellino non si bagna, e questo è importante se usiamo una sella in cuoio.
Ma la schiena, da poco sopra ai reni e fino alle spalle, ne esce malconcia; tanto malconcia…
Un poco meglio se la cava il parafango anteriore.
Rispetto al fratello montato dietro vediamo che la protezione è più estesa; sempre a causa del senso di rotazione e della conseguente forza centrifuga, l’acqua sollevata dalla ruota trova la barriera del parafango. Quasi tutta l’acqua, aumentando il passo la lunghezza non è comunque sufficiente (più vai veloce, prima, cioè più in basso, l’acqua abbandona la ruota per colpirci) a garantire sufficiente protezione.
Inoltre l’assenza delle astine in questo casi si fa sentire e non parlo solo del rumore: la parte finale si stacca decisa dalla ruota e più un parafango si allontana, soprattutto in quella zona, meno protegge. E già non è che ne abbiamo molta…
Riducendo, e di molto, il passo le cose migliorano; ma poi la pioggia che non prendiamo da sotto la prendiamo, per più tempo, da sopra. Insomma, è la storia della coperta troppo corta…
Bene, anzi nel complesso male; inutile dilungarci oltre, sono due semplici parafanghi: dovevamo capire se proteggevano, abbiamo capito che lo fanno poco e male, possiamo chiudere e passare alle conclusioni.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Esatto Fabio… La recensione ci serve a capire e non fare errori. A mio avviso i parafanghi devono essere fissi perché se li usi removibili succederà che la strada è bagnata e tu non li hai montati ..
e in propri brut de bestia…..
Brutti e inutili.
Ma ha ragione Michele, e comunque un parafango nella serie dei test su ciclismo urbano andava fatto. Anche solo per appurare che è meglio guardare altro…
Fabio
ottima recensione ed utilissima, grazie, non li comprerò mai!