Mi serve davvero la top di gamma?

Tempo di lettura: 3 minuti

Ovvero come calda passione e fredda logica non possono fondersi.

Si, perché sempre più spesso mi chiedete se (vi) serve davvero la top di gamma.

E’ una domanda che cerca risposte ora che le regine hanno raggiunto prezzi che sembrano impazziti.

Qui parliamo solo delle top, quelle in cima ai listini e ai desideri dei ciclisti.

Tanti si lamentano del prezzo elevato, tanti bollano come solo marketing.

Sono due mezze verità, che però sommate non fanno una verità intera.

Perché non è proprio così, la questione prezzi l’ho affrontata diverse volte; e almeno per l’altissima gamma forse si può limare qualcosa ma tra eventi congiunturali e soprattutto enorme sviluppo di questi ultimi anni, sono giustificati. Molto meno (ma proprio molto…) per la media gamma ma anche di questo ho già parlato, quindi andiamo oltre.

Però almeno per le regine di gamma è bene ricordare che il paragone con le sorelle di qualche anno fa non regge.

Lo sviluppo è stato enorme, gli studi dietro ogni nuovo modello sempre più costosi, l’attenzione all’aerodinamica, che significa infiniti test in galleria del vento con indubbio aumento dei costi, è spasmodica, i materiali sempre più raffinati, le nuove soluzioni tecnologiche impensabili fino a cinque anni fa. Senza dimenticare un costo notevole per apporre il bollino UCI su telaio.

Piuttosto dobbiamo accettare che è cambiata tutta la gamma, come avvenne nel settore moto anni fa. Con l’avvento delle gare Superbike accanto alle versioni di serie iniziarono a comparire le special; che sempre di serie erano perché il regolamento imponeva di correre con moto regolarmente in vendita (come quello UCI per le bici) e queste special, all’epoca in tiratura limitata, costavano almeno cinque volte tanto rispetto alla progenitrici.

In quegli anni collaboravo già alla carta stampata del settore motociclistico, non ricordo nessuna levata di scudi contro queste moto.

Col ciclismo siamo in una situazione molto simile, con le top che sono delle fuoriserie di serie, perdonate l’apparente ossimoro. E costano di conseguenza. Tra l’altro con margini bassi per le aziende ma del resto i numeri, e quindi i soldi in cassa, non sono loro a portarli ma le bici quotidiane, quelle più semplici ed economiche per capirci. E ora le e-bike.

E ridimensioniamo anche la potenza del marketing: quando esce una nuova bici, con soluzioni avveniristiche, componenti al top, ruote fenomenali c’è poco da fare, il nostro cuore di appassionati inizia a battere.

Abbiamo già in casa un’ottima bici ma all’improvviso ci sembra un cancello.

Navighiamo in rete e finiamo sempre sul sito dell’azienda, di chi ha pubblicato un test, una anteprima. Si d’accordo che cookie, algoritmi e tutto l’armamentario contribuisce a mettere quei contenuti in evidenza ma non è questo il punto.

In cuor nostro, conto corrente permettendo, abbiamo già deciso che vogliamo quella bici: tutto quello che ci serve è una scusa, una valida ragione, qualcosa di ineccepibile per giustificare la spesa.

E’ assolutamente normale, la bici è passione, di razionale poco o nulla, siamo noi che cerchiamo di darle una logica che non ha e non deve avere.

E qui entra il gioco il marketing, quello fatto bene. Che non ci dirà che quella è la bici migliore del mondo, troppo banale.

No, tirerà fuori una serie di argomenti tecnici, quindi inoppugnabili, per raccontarci come pedaleremo meglio, più veloci, più comodi, più tutto.

Ci dirà che vivremo una esperienza nuova, mai provata prima, che significa niente ma dentro ci puoi mettere tutto, e noi riempiremo infatti di contenuti questa esperienza per (auto) convincerci che l’acquisto è indispensabile.

Anche questo è assolutamente normale, è passione, appunto.

Noi proviamo ad applicare la fredda logica ma niente, non possiamo.

Ogni tanto servirebbe, ma visto che non è cosa, tentiamo la via della consapevolezza.

Non perché quella top non manterrà le promesse, anzi probabilmente va persino meglio di quanto hanno pensato i progettisti, nei test mi capita spesso di travalicare i confini dell’uso lecito e mi stupisco che la bici vada ancora benissimo.

No, servirebbe chiederci se siamo consapevoli che forse non è adatta a noi piuttosto che domandarci se ci serve. Perché se ci piace, allora ci serve, nessuno meglio di un appassionato sa mentire a se stesso quando gli prende la scimmia.

Perché una bici sportiva al top non sempre è sfruttabile da noi amatori. Molte rendono al meglio, facendoci realmente apprezzare il progresso, solo a medie che fatichiamo a mantenere. E sotto queste velocità possono essere persino peggio di una bici più economica.

Questo non accade solo oggi con le attuali bici ai vertici, succedeva anche prima.

Se sfogliate i test troverete quello dell’ultima bici da corsa che ho acquistato. In quel test di molti anni fa confesso senza vergogna due cose: la bici non mi serve, è troppo per il mio fisico.

E riconosco sempre senza vergognarmene che l’ho scelta così perché volevo appagare il mio desiderio di avere quella bici. Punto.

All’epoca avevo uno stato di forma ottimo, il blog era nato da poco e gli dedicavo non più di una manciata di ore a settimana, uscivo con costanza e affiancavo con allenamento in palestra e corsa. Insomma, andavo forte.

E comunque quella bici era troppo, o tiravi a tutta per tutto il tempo o non te la godevi; e voleva di conseguenza ogni stilla di energia disponibile, col risultato che a fine giro o ero distrutto o a un certo punto avevo tirato i remi in barca.

Quella bici non mi serviva ma la volevo. Un errore? No, perché mi appagava anche solo guardarla.

Però nell’economia globale di una uscita lunga ero più veloce nel tempo finale con bici meno prestanti ma che mi permettevano di tenere un buon ritmo per più tempo. 

Sembra una contraddizione, non lo è.

Prendo un altro esempio, motociclistico perché quello l’ambiente in cui sono maturato come tester.

Non ero il più veloce, non ero quello da gomito a terra (se toccava allora ero caduto) ma potevo sfruttare l’ottima sensibilità. Innata, fatta crescere, non lo so, però pure il mezzo click alla sospensione lo sentivo.

Ho guidato moto bellissime, velocissime e cattivissime: mi passavano tutti. Prendevo quella più mollacciosa, con meno cavalli e facevo il miglior tempo. Il mio miglior tempo, sia chiaro.

Perché nel curvone da quarta piena la top sportiva teneva la linea come un binario ma aspettavo ad aprire il gas, e chi la sapeva gestire quella botta di cavalli che ti metteva la moto per cappello?

E il cronometro diventava calendario.

Poi prendevo quella con la metà dei cavalli, sospensioni morbide, un assetto meno sacrificato e il curvone da quarta piena lo facevo in quinta molto sotto la zona rossa sennò quella saltellava come un canguro ubriaco ma per tutto il resto del circuito io spalancavo senza timore, la sfruttavo tutta quella motociclettina. E ai box scoprivo di essere andato più forte.

Ovviamente l’ultima moto per andare in pista che presi per me era cattivissima, scomodissima, tostissima e mi passavano pure quelli con 40 cv in meno: ma come godevo a guardarla…

Con le attuali bici al top è la stessa cosa. 

Ok, l’azienda ha speso un botto di euro per studiare in galleria del vento quell’aerodinamica eccezionale e ti assicura che in un’ora a pedalare a 45km/h guadagni 10 secondi. E a noi saperlo piace, ci convinciamo che sia indispensabile. Ma quanti di noi pedalano per un’ora a 45 fissi? 

Poi si, è innegabile che una top è sempre meglio ma è davvero quello adatta a noi?

E vogliamo dimenticare che una top non è solo prezzo finale altissimo ma anche la manutenzione carissima? 

Bello avere il pacco pignoni ultra leggero, ma quanti chilometri ci facciamo? E quanto costa cambiarlo? 

Ora chiariamo: avessi i soldi, io la top la prenderei: perché amo quelle bici.

Consapevole che in mano a me è uno spreco, che dopo mezz’ora mi lamento, che piango a ogni cambio corone/catena/pignoni ma posso assicurarvi che saprei trovare almeno dieci validissimi e ineccepibili motivi per cui quella bici è giusto sia sotto le mie terga. Sembrando perfettamente convincente, ovvio.

Però avrei anche almeno un’altra bici, più adatta a me. Non è un caso che fino a qualche anno fa, prima che il blog risucchiasse tutto il mio tempo libero, i giri più difficili con le salite più toste li facevo con Elessar, una bomboniera in acciaio che pesa più del doppio della top sportiva in composito. Perché in sella ad Elessar posso stare ore, non devo battagliare per tenerla in strada, assorbe le asperità, non stanca braccia e schiena: ogni mia energia è solo per pedalare.

E’ lo stesso motivo per cui mi scoprii più veloce in quasi ogni situazione durante il test della Trek Domane, a dispetto del peso.

Ma il mio non è un invito ad abbandonare la passione in favore della razionalità, io per primo predico e poi sono il mandante della ca##ate che faccio, quindi figuriamoci.

Se quella top ci piace e possiamo permettercela, allora al diavolo tutto e appaghiamo la nostra passione.

Però facciamolo con un pizzico di raziocinio. Che significa la consapevolezza che una top darà il meglio di sé oltre certe velocità, che è sempre più delicata in tutto (per leggerezza, tutto dura meno), ormai la sua manutenzione spesso richiede specialisti e forse non la sfrutteremo mai come merita.

Ecco, giusto questa consapevolezza: perché la bici è passione e non possiamo sceglierla solo con la fredda logica.

Se preferite, c’è anche la versione video di questo articolo.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Marco_65</cite>

    Complimenti per l’articolo così ben scritto e soprattutto per la consueta (auto) ironia: mi sento di dire che se pedali come scrivi sul blog vai ancora fortissimo! ;)…Beh riflettere con un minimo di razionalità su certi nostri comportamenti è sempre utile, ma al tempo stesso come è piacevole mantenere vivo lo slancio e il ‘cuore’ che è il motore della passione per le dureruote!

  • <cite class="fn">vinicio bonometto</cite>

    Letto l’articolo. Bello. Poi ho guardato il video. E qui speravo di vedere delle immagini. Tipo “ultima moto”. O la Trek che andava più lenta o altri esempi citati. Però forse il montaggio è complicato.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      ehhhhhhhhhhh, ho provato a fare con doppia camera e mi sono inceppato io, i software e tutto il baracchino…

      fabio

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Non è proprio così, almeno non lo è per l’intera nuova gamma Van Rysel.
      Ma comunque i colleghi di Bike Italia hanno sollevato una giusta questione.

      Fabio

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Vero che non é un articolo di tecnica, però da qualche parte devo pur sfogarmi… nel settore ciclistico, tutta questa mania sull’aerodinamica è una ca*ata pazzesca, almeno a livello nostro di consumatori.
    Certo, se il pro di turno passa ore in galleria del vento a mettere a punto la posizione sulla bici da cronometro o da pista, è un conto. Perché lì c’è il ciclista, l’oggetto meno aerodinamico di tutta la bici, seduto sopra, e puoi misurare quanto manda a ramengo i flussi perfettamente studiati dei componenti quando muove le gambe – che comunque ti tocca, se vuoi andare avanti – o almeno così dovrebbe funzionare. O per esempio si può misurare se la posizione delle spalle rispetto a uno specifico elmetto limita le turbolenze o al contrario quante ne generano in più rispetto ad un altro modello e/o ad un’altra posizione.
    Lasciamo perdere le ruote che quella è una storia ancora più complicata e con pezzi in movimento non c’è praticamente niente di intuitivo – al contrario di quello che cercano di venderci.
    Aggiungere i freni a disco è un’altra ca*ata enorme dal punto di vista aerodinamico. Non tanto quanto aggiungere un paracadute sia chiaro, però a occhio e croce ha più influenza (negativa, se non è chiaro) di qualunque modifica al telaio.
    In sostanza, far conti e stime partendo dal telaio (o il manubrio, o le ruote, o qualunque altro componente) senza tener conto del ciclista che ci si siede sopra è completamente insulso. Non sono ingegnere di professione, ma ho studiato abbastanza fisica per sapere che un approccio “addittivo” all’aerodinamica è completamente privo di senso. Proprio non funziona così, non puoi aggiungere le ruote aero, il caschetto aero, il manubrio aero e sperare di sommare i vantaggi teorici di ogni pezzo singolarmente quando lo integri in una macchina (bici + ciclista in questo caso). Per assurdo, il risultato finale potrebbe essere peggiore del punto di partenza. Va studiato tutto l’insieme, punto. E senza lo specifico ciclista in sella ogni potenziale vantaggio associato ad un componente è solo fumo. Costosissimo fumo.
    Se piace l’aspetto, se è per fighetteria o passione (stando vagamente in tema con il pezzo), il colore o altri buoni motivi per un acquisto, ottimo. Se l’unica ragione è l’aerodinamica, fatevi un favore e risparmiate i soldi.

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