Non c’è vergogna nel fermarsi a riposare

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L’altro giorno ero su una delle mie “salite di prova”, impegnato in un test di copertoncini sportivi, quando a circa due terzi del percorso ho visto un ciclista fermo a bordo strada, in un punto anche piuttosto pericoloso perché la strada stringe, c’è una curva e chi sale non ha visibilità.

Come naturale mi sono fermato per chiedere se avesse bisogno di aiuto, ho pensato a un problema tecnico o una foratura.

“No grazie, tutto ok”, mi ha risposto con visibile affanno. 

Una veloce occhiata alla bici, a prima vista nessun problema e ho capito: era solo stanco. Ma molto stanco.

Non è infrequente su queste strade e in questo periodo vacanziero imbattersi in ciclisti che praticano poco durante l’anno, cercano di sfruttare al massimo le due o tre settimane di ferie, si inerpicano su strade difficili perché hanno sentito raccontare in zona che quella salita val la pena farla. 

E c’è sempre quello che in spiaggia si vanta dei suoi 100km a uscita e che “…io quella salita la faccio col 26, che ci vuole…”.

Sapete come la penso: andare in bici deve essere sempre un divertimento, ognuno pedalasse come crede, nessuno deve dimostrare niente.

E per questo non sono ripartito subito, rassicurato dalla risposta. 

Con la scusa di dover scrivere qualche nota, mi sono fermato anche io, invitando il mio estemporaneo compagno a spostarsi pochi metri più su, dove c’è uno slargo da sfruttare e pure un muretto per sedersi “sennò qui ci prende la prima auto che passa e poi a scrivere in piedi non ci riesco”.

Forse mi avrà visto come un vero ciclista, forse tratto in inganno dalla bici, dall’abbigliamento, forse solo stravolto dalla stanchezza ha creduto fossi uno di quelli bravi, fatto sta che ha iniziato a giustificarsi.

“Eh, ieri sera ho fatto tardi, sai com’è, in vacanza, ho dormito poco, non mi è mai successo di fermarmi…”

“Ma figurati, lo so bene, mia moglie mi rimprovera che la sera non usciamo perché io il mattino devo andare in bici, hai ragione”.

E così è iniziato un più o meno lungo scambio, con Giovanni (nome di fantasia, alla fine ho detto ne avrei scritto ma non lo avrei citato) che non riusciva a evitare la ricerca di giustificazioni più o meno plausibili al fatto che si fosse fermato a riprendere fiato.

Finché un poco mi sono spazientito.

“Ok, ma dimmi una cosa: a fine mese ti danno il premio di produzione se vai in bici? Un bonus? Una promozione?”

D’accordo, non proprio simpatico, lo so.

“Senti Giovanni, con tutta la buona volontà, ma stà storia del far tardi, il caldo, la grigliata dell’altro giorno, il mare che stanca (e vorrei vedere in miniera…) ma esattamente: perché? Ma davvero pensi sia importante se uno ti vede stanco, se oggi non potrai dire in spiaggia di essere salito senza problemi, se qualcuno del tuo gruppo ti vede fermo? Ma a chi devi rendere conto di come pedali, a chi lo devi dimostrare?”.

Vabbè, sono stato un poco meno scorbutico, questa è una sintesi.

E poi sono partito con la mia solita filippica che uno deve solo divertirsi, tornare a casa allegro, non preoccuparsi del giudizio altrui e così via. Insomma, la mia immutabile posa snob e irritante.

“Cavolo, è la prima volta che sento un ciclista dire queste cose, io stamattina sono uscito da solo perché nel mio gruppo mi hanno detto che loro non aspettano, se tengo il ritmo bene sennò…”

“…sennò mannali affac##o!”

E scusate, quando ce vò ce vò.

Vi confesso che sentire questo mi ha messo tristezza. Tutte quelle belle frasi sulla fratellanza, l’amicizia, il senso di appartenenza, quanto è bello salutarsi: ma dove?

Alle volte mi chiedo se continuo a crederci solo io.

Non certo i due che l’altro giorno in spiaggia (si, purtroppo intorno a me ci sono molti ciclisti) hanno iniziato a vantarsi delle rispettive imprese, urlando da un ombrellone all’altro col mio esattamente al centro per cui in un orecchio avevo quello che “ho fatto 92km col vento contro” e nell’altro “ho fatto ‘stò tratto che era un muro” e così per mezz’ora guardandosi intorno per assicurarsi di stare suscitando l’altrui ammirazione.

Quando usciamo in bici facciamolo per noi stessi, per stare bene, per rilassarci, per goderci la giornata.

Nessuno ci paga per pedalare, non è il nostro lavoro, non abbiamo nessuno a cui dover rendere conto.

E se siamo stanchi è inutile incaponirsi, non c’è vergogna a fermarsi per riposare.

Ah, se vi dovesse servire una scusa credibile, portate notes e matita: fermarsi per prendere appunti per un test fa molto figo e con la scusa della concentrazione non siete obbligati a parlare ché il fiato tanto è finito.

Buone pedalate 

COMMENTS

  • <cite class="fn">Luca</cite>

    Sono d’accordo sull’atteggiamento di molti ciclisti, spesso gli ex, quelli che da giovani ci hanno provato davvero a correre, ad esempio quando vedono un neofita che prova a stargli dietro fanno di tutto pur di apparire arroganti. Penso ci sia più rispetto fra chi non ha fatto agonismo e si è approcciato alla bici da adulto. Ma sono mie valutazioni in base a ciò che incontro sulla strada. Detto questo suggerirei a chi a poco tempo di pensare all’e-bike, se potessi anch’io ne prenderei una, come dici tu deve essere un divertimento, non ci pagano per fare il record sulle salite. Sdoganiamo quindi gli aiuti che servono a farci semplicemente stare bene, e a evitare gli infarti, che è meglio.

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Ed è per questo che esco quasi sempre da solo, sia mtb che bdc.
    Vado quando voglio, vado dove voglio, vado quanto voglio e soprattuto mi fermo quando voglio.
    In ultimo ma non ultimo evito così anche di sentire discorsi stupidi da bar.

    Io sono uno di quelli che per bere si ferma e fa con calma a guardarsi il panorama, quindi non adatto ai gruppi.

    Poi a volte incontro qualcuno in giro e faccio parte o tutto il resto del percorso assieme.

    Insomma sono un mezzo asociale

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