La piaga delle recensioni a pagamento

Tempo di lettura: 3 minuti

Alcuni anni fa scoppiò uno scandalo in Corea del Sud, quando fu smascherata una blogger che aveva incassato oltre 200.000 dollari promuovendo attrezzi da cucina camuffando la pubblicità sotto forma di articoli. In Italia non sarebbe successo: nessuno si sarebbe scandalizzato…

E’ di questi giorni invece il dibattito sulla pubblicità occulta che star, starlette e varie signorine di bella presenza e null’altro starebbero diffondendo sul web tramite continui selfie. Uso il condizionale perché di dimostrato c’è nulla. Il forte sospetto si, anche senza ricorrere alla logica deduttiva in cui eccelle l’immortale investigatore creato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle. Che poi, chiedo, ma a chi importa passare ore a sbirciare le foto di questa gente? Vabbè.

Esiste uno strumento, lecito e legittimo, che si chiama “redazionale a pagamento”. Pagine pubblicitarie, composte ricalcando lo stesso stile grafico della pubblicazione che le riceve ma con la chiara indicazione che si tratta di pubblicità. Inutile trincerarsi dietro facili ipocrisie: una attività editoriale è una attività commerciale come qualunque altra. Deve generare un profitto e vi assicuro che col prezzo di copertina non si ripaga nemmeno il costo della carta. Ho lavorato molti anni nella stampa, trovo la cosa del tutto normale.

Purché la pubblicità sia chiara, onesta: alla luce del sole come usa dire. Diciamo che le testate più serie distinguono nettamente i redazionali a pagamento con la dicitura “informazione pubblicitaria” in bella vista; quelle un poco meno serie hanno reso l’indicazione sempre più piccola e nascosta ma comunque visibile.

I cialtroni li spacciano come veri e propri articoli. E se per una testata registrata in Tribunale è un rischio perché esistono sanzioni, per la marea di siti e blog vari, non registrati come periodici, c’è un chiaro vuoto normativo. Che in Italia significa: non c’è legge, fate come vi pare. A proposito, giusto perché l’ho citata: sto lavorando per la registrazione come periodico di questo blog, sia io che questa testata abbiamo ormai da tempo tutti i requisiti di legge per farlo. I fondi no, ma spero di racimolarli.

Ahimè, vi posso assicurare che la pubblicità camuffata da articoli e recensioni è la norma qui da noi, non l’eccezione. Da cosa deduco la mia affermazione? Da due elementi: primo, come detto nella stampa ci ho lavorato anni e riconosco perfettamente un articolo vero da una pubblicità camuffata. E’ questione di scelta delle parole, loro collocazione nel testo di elementi chiave e così via. Secondo, persino qui, col mio piccolo e sgangherato blog, mi ritrovo col problema della pubblicità camuffata.

Vi faccio un esempio. Tre differenti aziende contattate da me per avere materiale per alcuni test; due nazionali, una straniera che mi ha rigirato alla diramazione italiana e una delle due tricolore con ufficio marketing all’estero.

Azienda nazionale con ufficio marketing all’estero, entusiasta: che blog interessante, articoli completi, ben scritti, tanta passione. Mi mandi i dati per la spedizione?

Azienda straniera che mi rimanda alla diramazione nazionale, diplomatica: molto bello e interessante, tanta passione, ci piacerebbe collaborare ma vorremmo capire a quali costi andiamo incontro…

Azienda nazionale, brutale: ci mandi statistiche di visite e listino!

Morale. All’estero il problema delle finte recensioni non se lo pongono proprio e non perché non esistono, ma perché sanno che è un danno sia per loro che per chi pubblica. Per le aziende significa meno ancora dei benefici di un vero e proprio spot perché il lettore non tollera l’inganno e te lo fa scontare; per chi pubblica significa giocarsi la propria credibilità, l’unico vero patrimonio che chi scrive può mettere in campo.

In patria sono invece non solo ben consapevoli che la pubblicità camuffata da articoli, test e recensioni è pratica comune e ampiamente diffusa; ma si arriva al paradosso che se gli rispondi “no guardi, ha capito male: io non scrivo recensioni a pagamento, il giornalista lo faccio per davvero” ti ritirano ogni appoggio, diventi inaffidabile. Non tutte le aziende, sia chiaro. E negli ultimi tempi aumentano quelle che hanno compreso quanto la recensione a pagamento sia dannosa anche per loro ed è molto meglio puntare sulla qualità della pubblicazione.

Io rientro nella categoria degli inaffidabili e, permettetemelo, ne vado fiero. Mi spiace solo che non posso testare tante belle cose che facciamo qui (all’azienda brutale non ho nemmeno risposto) e ricorro quasi sempre a prodotti esteri, ma è ovviamente escluso sia che paghi il materiale di tasca mia per testarlo e sia che accetti di essere pagato per farlo. Se qualcosa so mi servirà personalmente non lo chiedo proprio alle aziende, lo compro come è giusto che sia; se interessante ci ricavo pure un articolo e lo specifico. Se lo scopo è solo il test ovvio non posso essere io a sostenerne i costi.

Come può il lettore riconoscere il falso dal vero? La recensione autentica da quella prezzolata? E’ difficile, molto difficile, se l’autore è stato bravo e il lettore non è del mestiere, non è uno che ha passato anni a frequentare redazioni.

Questo dell’ingerenza degli inserzionisti, che pretendevano decidere loro cosa dovessi o non dovessi scrivere, è stato il principale motivo per cui ho abbandonato un lavoro, anche se svolto come secondo lavoro, che mi piaceva e appassionava. Ma piacere e passione non potevano giustificare il venir meno ai miei principi, primo fra tutti la sacralità del lettore che mai deve essere tratto in inganno.

Certo, anche io comprendevo la necessità della pubblicità perché era con quei soldi che andava avanti la baracca e mi pagavano gli articoli. Ma una cosa era metter su una rubrichetta con brevi notizie curiose, e vere, in modo da ricavare poi la mezza pagina libera dove inserire la pubblicità (perché esistono esigenze grafiche e di impaginazione e perché una pagina solo pubblicità il lettore la salta, se gli dai qualcosa da leggere di interessante su quella pagina ci resta) altra scrivere un articolo che in realtà era solo una lunga inserzione pubblicitaria abilmente camuffata.

Pubblicità onesta e palese della cui necessità sono convinto anche adesso, e lo vedete proprio su questo blog. Dove è arrivata per coprire i costi, sempre più elevati, che affronto per portare avanti questa (bella? Posso dirlo?) avventura. Ma è pubblicità ben visibile, nettamente distinta dall’articolo (nessuno, nemmeno il lettore più distratto potrebbe scambiare un banner per una foto organica all’articolo che sta leggendo…) e soprattutto è argomento sul quale mai ho taciuto e la cui evoluzione abbiamo condiviso insieme. Non posso pubblicare gli introiti, lo farei ma è esplicitamente vietato dal contratto che ho accettato con chi mi fornisce il servizio. Ma tranquilli, se pensate che aprire un blog ti fornisce di che vivere non illudetevi…

So che la pubblicità può risultare fastidiosa e mi piacerebbe poterne fare a meno; però vi assicuro che i costi che affronto sono davvero alti e i servizi internet solo una minima voce di spesa nel totale. Presi a solo questi ultimi invece già farebbero passare la voglia a molti…

Torniamo al quesito di sopra: come può il lettore distinguere? Deve fidarsi ma non a scatola chiusa.

E’ compito di chi scrive creare il rapporto di fiducia con il lettore, accettando senza offendersi un iniziale pregiudizio. Perché, e ne sono convinto, il lettore è sempre più intelligente di chi scrive (basta pensare che tu lavori e lui si rilassa…) e se lo inganni lo capisce. E’ compito di chi batte frenetico le dita sulla tastiera far si che giorno dopo giorno, articolo dopo articolo, il lettore apprezzi la tua competenza e si lasci coinvolgere dalla tua passione: e quando avrà capito che è la passione la molla che ti spinge a sacrificare tanto tempo e risorse, saprà che sei sincero perché lettore e scrittore diventano una cosa sola, accumunati, appunto, dalla stessa passione.

Non posso parlare in nome di altre pubblicazioni, posso farlo solo per me. Come costruire questo rapporto di fiducia?

E’ un rapporto che si costruisce nel tempo e so che con i lettori più fedeli è ormai consolidato. Però l’essere sul web significa che ogni giorno arrivano nuovi lettori (meno male…) e se alcuni passano ore e ore a leggersi praticamente tutto (me lo hanno confessato via mail: mi sono commosso ma anche sentito in colpa, poverelli, sai che faticaccia…) altri questo tour de force non hanno la benché minima voglia di farselo. Giustamente, aggiungo.

L’amico Claudio qualche giorno fa mi ha definito con bonario sfottò (bonario vero? Con Claudio non puoi mai sapere…) un web influencer. Che è esattamente ciò che non voglio essere, perché non scrivo per indirizzarvi ma per fornirvi informazioni da usare in autonomia. Però non sono nemmeno tanto ingenuo da non capire che se scrivo che il tale componente o bici è una schifezza poi è ragionevolmente sicuro che, non l’intero globo a pedali ma le decine di migliaia di persone che ogni mese leggiucchiano questo blog, qualche dubbio prima di acquistare se lo pongono. L’altro piatto della bilancia è ben più pesante per me, perché significa pure che se scrivo che un tale componente o bici è ottimo, i lettori lo comprano e poi restano delusi mi gioco tutta la mia credibilità. Al momento in cui scrivo sono presenti sul blog oltre 400 articoli: so perfettamente che mi basta sbagliarne uno solo che tutto il resto non sarà più preso in considerazione.

Posso dire: fidatevi, e basta? No, andrebbe contro tutto ciò che ho appena scritto e che ho sempre sostenuto. Leggete, scovate ogni magagna se c’è, confrontate i risultati con lo stesso oggetto tra le vostre mani, verificate se ho tenuto nascosto qualcosa o sorvolato su un deficit. Se scoprite non dico tutte queste condizione ma anche solo una, smettete di seguirmi.

Ma non succederà perché nulla scoprirete; troverete la passione, quella si, che mi trascina quando mi imbatto in qualcosa che mi emoziona. Prima deve convincermi, ovvio. E se dopo avermi convinto mi piace pure (e infatti non è mistero che alcune delle cose che ho provato le ho poi acquistate per me e le uso quotidianamente; più altri oggetti che, per forza di cose, dopo un test non puoi restituire: che fai, spedisci indietro un copertoncino ormai usurato per oltre il 50%? Non vale la spedizione…) è normale che la passione prenda il sopravvento. Sempre dopo avermi convinto però.

E credetemi: convincermi non è facile…

COMMENTS

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Una buona recensione dovrebbe prima di ogni cosa, guidare il lettore predisponendolo a capire ciò che si sta testando. Nulla dovrebbe essere lasciato per scontato e tutto va messo in relazione alla destinazione d’uso /utilità del oggetto in questione.
    Il web è pieno zeppo di test/recensioni ma tra queste, le poche che veramente fanno chiarezza sono quelle che, “muovono lo scambio” e ci indirizzano verso la comprensione, piuttosto che lasciarci allo sbaraglio della marea di possibili variazioni sul tema oggi disponibili.
    Il lettore, non sempre esperto, spesso vive di luoghi comuni e finisce per interpretare il giudizio basandosi su altri canoni. Per esempio giudicando pesante una bici da 9 kg, quando questa ha come target ben preciso l’assorbimento delle asperità e il comfort di guida.
    Chi sbaglia in questo caso? Si dice sempre che si è responsabili di ciò che si dice, ma non di ciò che si capisce. Sacrosanta verità. Ma altrettanto vero è che una parte di responsabilità vada alla redazione, che dovrebbe preoccuparsi dei suoi lettori e stimolarli con coerenza nel conoscere ciò che c’è di nuovo, non solo a “somministrarglielo”.
    Chiaramente nel caso di recensioni “retribuite” questo non può avvenire: lì la passione con centra. Qualcuno paga e ha diritto al “parcheggio”.Tutto lì.
    Il lettore? Non ci guadagna e non perde nulla. Semplicemente ne sa quanto prima o poco più. Purtoppo però non può che giungere a conclusioni inutili. “è bruttissima; è troppo pesante…è troppo cara rispetto al peso”….ecc ecc.

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ok Daniele, io ho capito che a te la recensione e i relativi commenti su quella tale bici pubblicato sul noto sito che mi hai mostrato non è andata giù. Perché ti ci applichi tanto non lo capisco; io ho dato una scorsa, valutato il basso livello globale, passato oltre. Non è che mi importi più di tanto, anzi, non mi importa proprio.

      Però qui ho fatto un discorso diverso, non applicabile al caso che tanto ti ha fatto imbufalire. Perché quella non è una recensione a pagamento (un finto test ma è discorso diverso) e perché io non sono andato sindacando il giudizio dei lettori: non lo faccio coi miei, figuriamoci se lo faccio con quello di altri siti.

      Fabio

  • <cite class="fn">Samuele Gaggioli</cite>

    Bello questo articolo in cui parli dei falsi articoli 😉
    Seriamente, pensavo giusto oggi “Devo smettere di seguire Fabio, altrimenti non finisco più di rivoltare quella povera bici”…. Eh, sì, seguendo il tuo blog mi sono venute mille idee e mi si sono aperti gli occhi su molti modi di vivere la bici a cui non avevo mai pensato. Fino a poco tempo fa mai avrei pensato di appiccicare ad una mia bici un portapacchi, dei parafanghi o – orrore! – un cavalletto, infatti il pensiero di cui sopra mi è venuto mente ero alla cassa a pagare – per l’appunto – cavalletto e parafanghi (portapacchi e relative borse le ho già prese…). Senza considerare che da qualche giorno sto facendo avanti e indietro tra le varie lucette in vendita su Amazon da attaccare a detto portapacchi…
    Quello che mi è piaciuto da subito è la grande passione che traspare anche se inizialmente la grande puntigliosità sui minimi particolari mi sembrava un vezzo abbastanza “snob”, salvo poi diventare un punto fermo che maggiormente mi fa apprezzare i tuoi articoli. A proposito, grazie mille per le spiegazioni su come sostituire un movimento centrale Hollowtech e relativa guarnitura 🙂
    Tutto questo per dire che quello che scrivi ha necessariamente un peso su quel che un tuo lettore, appassionato come te, pensa quando entra in un negozio, ma questo già lo sai e ben l’hai spiegato.
    Altrettanto vero è che poco ci vuole a bruciarsi la fiducia faticosamente conquistata, ma questo non deve portare a pensare, come hai scritto, “se dico che il copertoncino X è eccezionale e poi Samuele lo compra e si trova male me lo sono bruciato”, perché se Samuele ha scelto quel copertoncino si spera che abbia fatto le sue valutazioni e sa che per quanto si possa tentare di essere imparziali alla fine della fiera le preferenze personali guidano il nostro pensiero. Se poi un lettore non è in grado di sviluppare un pensiero autonomo di così basso livello forse è meglio perderlo, in ogni caso nei tuoi articoli è evidente il tuo tentativo di contestualizzare quanto dici.
    Purtroppo su internet e sui forum si legge tutto e il contrario di tutto, e dare del fesso agli altri quando provano a contraddirci è la norma, in uno scenario del genere il tuo blog è davvero un’isola felice.

    Boh, spero di non averti fatto addormentare e che quanto ho scritto sia quantomeno comprensibile….

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Samuele, la puntigliosità che sconfina, me ne rondo conto, in pedanteria trova la sua necessità dal fatto che parto sempre dal presupposto che l’articolo deve essere comprensibile e utile anche al ciclista che non ha mai nemmeno sostituito una camera d’aria. Se dessi per scontate già tutte le conoscenze, servirebbe a poco. A volte è errore che commetto, alcune nozioni sono convinto siano patrimonio comune e non è.

      Però con questo sistema vedo che in tanti vi cimentate in operazioni per le quali mai vi avrebbe sfiorato l’idea di provarci, figuriamoci portarle a termine. Vero che gli articoli di contro chiedono tempo e attenzione maggiori di quanto si trovi in rete, ma alla fine il tempo di lettura è tempo (e maledizioni…) risparmiato durante il lavoro, perché è chiaro dove e come procedere senza errore. Alla fine conta il risultato 😀

      Fabio

  • <cite class="fn">claudio</cite>

    “web influencer” lo sei nei fatti per la quantità e qualità di consigli e saperi che diffondi. Non è necessariamente una figura negativa anche se la stragrande maggioranza ha declinazione marchettara. Diciamo che sei l’eccezione che conferma la regola.

  • <cite class="fn">claudio</cite>

    cmq era un bonario sfottò, nulla di più.

  • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

    Aggiungo un mio commento, indirettamente in risposta a una frase di Samuele: “in uno scenario del genere il tuo blog è davvero un’isola felice”.

    Stamattina quando ho risposto ero già in piena attività, con la testa rivolta a test da impaginare, foto da preparare e così via; anche perché sarei in stop forzato e per qualche giorno non dovrei pedalare. Non dovrei ma sono troppo curioso di provare alcune cose 😀

    Comunque, torno alla frase di Samuele. Non è la prima volta che qualcuno di voi che mi dedicate il vostro tempo usate definire questo blog una isola felice nel battagliero oceano del web. Sapete che non cerco complimenti ma riceverli mi fa piacere; vanità a parte, di cui credo nessuno sia immune (e chi lo afferma mente…) sono la prova che i miei sforzi hanno motivo.
    Ma più di tutto sono contento quando definite questo luogo virtuale una isola felice perché è dal primo giorno, da quel primo articolo che pubblicai giusto per presenziare lo spazio, che mi ripromisi l’obiettivo di creare un luogo amichevole, confortevole direi. Un luogo dove passare del tempo godendosi la lettura. Mi piace immaginare un ciclista che a fine giornata stappa una birra, allunga comodamente le gambe e si rilassa con queste pagine, senza doversi sorbire le continue faide e piccole guerre di religione che imperversano sui forum.

    Al di là dei contenuti tecnici e delle mie chiacchiere, condivisibili o meno ma che rispecchiano il mio pensiero (nulla affido al caso: ho scelto lo strumento blog e non sito proprio per risaltare l’impostazione personale, intima) è bello per me sapere che chi arriva qui lo fa con piacere e con piacere si gode il tempo speso a leggere. Anche scritti apparentemente fuori tema come questo, ma la vita sui pedali ha tante sfaccettature e molte più di quel che si vede le incombenze di chi cerca di raccontarvela.

    Fabio

    • <cite class="fn">Samuele Gaggioli</cite>

      “Un luogo dove passare del tempo godendosi la lettura. […] senza doversi sorbire le continue faide e piccole guerre di religione che imperversano sui forum.”
      Appunto, vengo qui e ti vedo aperto a soluzioni da 3€ (le lucette per portapacchi di cui dicevo sopra) da montare su bici con un costo ragguardevole… Spesso sento parlare di una grande catena sportiva come il “ciclomale” o sento dire che la maglia della ditta Italiana X da 400€ è meglio di quella della catena di cui sopra (che però costa 30€, fossero anche 100€ sarebbe in ogni caso un quarto) e se provi a ribattere ti viene mangiato il capo… Fatto sta, senza detta catena ora non sarei qui a parlare di bici….
      Mi piace il fatto che non parti prevenuto nei confronti di questo o quello, e se sei prevenuto quanto meno lo ammetti… A tal proposito leggendo il tuo libro mi sono divertito tantissimo, soprattutto quando ho visto la sezione sui manubri: “I manubri si dividono in dritti, che per l’appunto sono dritti, e nelle pieghe da corsa di cui si può notare la sublime fattura blah blah blah… (e va avanti 15 pagine)” 😀
      Con utto questo, continua così perché hai creato e stai portando avanti qualcosa di molto bello.
      Samuele

      • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

        Ciao Samuele, come giustamente hai notato ho le mie preferenze. Però durante i test le tengo a bada e se qualche riferimento mi sfugge lo specifico sempre.

        Poi ovviamente essendo io il titolare diciamo così, posso prendermi la libertà di scegliere gli argomenti, motivo per cui la Mtb qui non la trovate, troppo lontana dai miei gusti.

        La nota catena sportiva puoi anche nominarla, non si offende nessuno. Vabbè, lo faccio io per dirti che uso anche abbigliamento del Decathlon, ho un loro completo invernale a fondello arancio. Ma la questione non è paragonare un completo da 40 con uno da 400 quanto capire se quello da 40 o da 400 valgono i soldi spesi. C’è differenza. Mi aiuto con l’esempio del cavalletto da lavoro Crivit. Lì ho scritto che vale i suoi 30 euro, ma non di più. Significa che per ciò che lo paghi offre il giusto. Ma le differenze con altri cavalletti di superiore qualità e costo ci sono tutti. Se lo avessi messo a confronto con un cavalletto di alta gamma ne sarebbe uscito a pezzi ma sarebbe anche stato un confronto ingiusto. Compito di un tester e di un giornalista (e non mi qualifico così per vanità: è lavoro che ho svolto per anni) è saper inquadrare l’oggetto del test, valutarlo per le sue caratteristiche in rapporto al prezzo e poi riportare il tutto in linguaggio comprensibile. Per fare altro esempio sempre con test recente: la PlanetX London road. Per la cifra richiesta è gran bici, se costasse il doppio il mio giudizio su allestimento e finiture sarebbe stato completamente diverso.

        Tutti son bravi a scrivere giudizi sui forum, ma quanti di loro sanno cosa significa eseguire realmente un test? Regole da seguire, protocolli rigorosi a cui attenersi e così via. Ben vengano le impressioni personali, ma che siano valutate e proposte come tali, non come test. Altrimenti accade ciò che poi vediamo: uno dice una cosa, uno una altra, si litiga, arriva il guru di turno che non può esimersi dal dire la sua e alla fine chi cerca una informazione ne viene fuori con un nulla di fatto. Uno spreco.

        Manubrio dritto? Si, mi hanno raccontato che esiste…

        Fabio

        • <cite class="fn">Samuele Gaggioli</cite>

          Concordo in toto (ma l’avrai capito), meno male che sei in grado di mettere “in bella” quello che penso e che quando scrivo a volte si perde per la strada (anche perché di solito scrivo dal telefono, a tarda notte o dal telefono a tarda notte, e nessuna delle tre occasioni è l’ideale per formalizzare un pensiero…)
          NB: naturalmente quella sul manubrio era una battuta, ho realmente apprezzato il libro, capace di dare un’infarinatura tecnica senza essere soporifero ed, anzi, essendo molto molto divertente. Sembra di essere al bar a parlare con un amico che ne sa molto più di te, e non è poco.

          Ciao buona giornata

          • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

            Ah Samuele, invece la mia sul manubrio dritto non era una battuta…

            😀 😀 😀

            Fabio

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Io penso che spesso il lettore medio vada cercando conferme riguardo alle proprie curiosità, quindi giudica ottimale l’articolo che magari segue la propria linea di pensiero e deprecabile quello che gli fà cadere le certezze. Poi oggi come oggi io sono convinto che chi scrive sia molto più “scaltro” di chi legge, un pò come le offerte sulla telefonia dove pool di esperti di marketing ci convincono della necessità di cambiare smartphone o aderire a questa o quella promozione. Io credo che ogni tanto sarebbe necessaria un pò di autocritica capendo i propri limiti.
    Ho letto recensioni di biciclette che neanche i produttori delle stessa avrebbero scritto così bene dal punto di vista dell’immagine, così come abbondano i blog e forum con i più svariati consigli su modifiche o acquisti. La cosa peggiore è che ogni lettore è convinto che quello che scrive ne sà di più e prende strade che non avrebbe altrimenti mai percorso.
    La grande bellezza di questo nostro blog, perchè io come altri tale lo consideriamo, è la trasparenza e la sincerità di come vengo mostrate le cose perchè qui siamo dalla aprte del ciclista. Fabio, ogni domenica,pedala con noi, suda con noi, conosce le nostre fisime ed il nostro modo di pensare. Avevo tante certezze, false,e me ne sono accorto proprio dal rapporto epistolare con Fabio, senza che mai gli abbia vistos crivere un solaparola volta a convincermi forzatamente. Ha sempre fatto in modo che i miei occhi potessero aprirsi una realtà nuda e cruda dei fatti.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Giovanni, la bici per quanto si possa essere appassionati o fanatici deve restare un divertimento.
      Diversamente da molti che vogliono imporre la propria visione del ciclismo, a me interessa solo che alla fine dei giochi il ciclista si diverta.
      E se per divertirsi usa una bici che a me non piace o ne fa un uso che io non farei non sto certo lì a bacchettare. Sapessi quante bici ho montato che non condivido, ma che importa se io non ci pedalerei? Il proprietario è contento? Tanto mi basta.
      Per questo ho si le mie preferenze, alcune certezze che metto sempre in dubbio altrimenti sarei fermo, ma alla fine sono convinto che ognuno debba essere libero di pedalare come crede. Però questa libertà richiede una certa consapevolezza: se conosci poco o nulla non sei libero di decidere, segui ciò che ti dicono gli altri.
      Così cerco di sfatare luoghi comuni, leggende metropolitane e le tante sciocchezze che si sentono in giro. E ognuno troverà il suo modo di vivere la bici come più gli aggrada. Programma ambizioso, lo so, ma ci lavoro, oh si che ci lavoro… 😀

      Fabio

Commenta anche tu!