Cade l’ultimo tabù?
C’è un gran parlare in questi giorni dei test che Nibali sta svolgendo su un reggisella regolabile in altezza grazie a una pratica ghiera esterna. La prima comparsa ufficiale per Lo squalo fu nell’ultima tappa del suo vittorioso Giro d’Italia. Il vantaggio di questo sistema brevettato da Angelo Morelli è la possibilità di variare l’altezza sella anche in movimento, senza essere costretti a fermarsi.
In realtà novità non è perché i primi esemplari furono testati da Ivan Basso già nel 2011.
E i collaudi proseguiti con altri corridori.
Ma il precedente più illustre resta quello del Cannibale che correva con la sua chiave a brugola in tasca e alzava o abbassava il sellino a seconda del percorso. Si doveva fermare è vero, ma per lui tra distacchi che infliggeva e capacità di recuperare sugli avversari evidentemente non doveva essere un problema. Per lui…
Il punto però è altro: cade l’ultimo tabù, quello dell’invariabilità granitica dell’altezza sella? Sono anni che sostengo come questo valore sia compreso in un range per ogni ciclista stradale; e non scolpito nella pietra in un unico numero da venerare come totem inviolabile. Può sembrare una finezza (o paranoia a seconda dei punti di vista) dedicata solo ai professionisti: invece è il contrario, l’importanza di comprendere che l’altezza sella non è univoca è fondamentale proprio per gli amatori. Che scimmiottano i professionisti, decisamente restii ad agire su questo valore. Ma loro li comprendo, sono alla ricerca continua della migliore resa ma anche estremamente conservatori e ogni cambiamento alla bici li mette in crisi. Conta la testa ben più delle gambe e un professionista che pedala senza mente sgombra andrà piano. Punto.
Io più che conservatore sono tradizionalista, il fascino dei tubi tondi in acciaio resta per me insuperabile; ma non resto fermo sulle mie idee in eterno, il progresso c’è e lo accetto. E vado in bici da molti anni, qualcosa l’esperienza me lo ha suggerito. Per esempio da anni uso montare i comandi in posizione rialzata, prima che arrivassero le pieghe compact con i loro valori contenuti di reach e drop. Perché? Perché pedalavo tanto in presa sui comandi, così stavo più comodo e quando in bici sei comodo pedali meglio e più forte. Mi guardavano strano a essere gentili; poi qualche professionista ha iniziato a volere i comandi più alti e dopo un paio d’anni tutti quelli che guardavano le mie leve come una offesa all’ortodossia ciclistica hanno iniziano a far svettare le loro.
Con questa novità (che novità non è) del reggisella regolabile chiedo: se usato dai professionisti riusciremo a far capire ai tanti fanatici del mezzo millimetro in più o in meno e guai a toccarlo che l’altezza sella varia a seconda di tanti parametri?
Certo, il discorso per i professionisti è differente. Sono atleti dalle prestazioni che nemmeno possiamo immaginare; per loro modificare l’assetto in corsa significa poter caricare meglio la bici in discesa o sfruttare al massimo la leva delle gambe in salita o farle girare più velocemente in pianura. Insomma, un modo per spremere il massimo da gambe che sono già al massimo.
Per noi semplici pedalatori invece il discorso è diverso. Noi dall’altalenante allenamento, con la pancetta messa in risalto da completini troppo aderenti, le giunture che cigolano e che tra un impiccio e l’altro possiamo passare anche un mese senza poterci concedere una bella uscita sportiva, dobbiamo capire che questa benedetta sella la regoleremo a seconda di come il nostro fisico risponde in quel momento. Non come fossimo tutti Nibali.
Vi è mai successo, per esempio, di tornare in sella dopo un mese di stop forzato e sentirvi troppo alti? Abbassate la sella ma dopo aver ripreso il ritmo vi sentite bassi e la rialzate? Era sbagliata prima o dopo? Né la prima né la seconda. Semplicemente dovevamo dare al nostro fisico il tempo da riprendere la sua forma. E’ qualcosa che ho imparato, mio malgrado, già da parecchio tempo; perché ho problemi fisici che mi seguono ormai da oltre venti anni, che per lungo tempo mi hanno impedito del tutto di pedalare e con i quali mi devo confrontare ogni giorno. Per me cambiare assetto è una necessità non solo per far lavorare meglio le gambe ma anche semplicemente per riuscire a salire in bici.
Quindi è vero che l’altezza sella è stabilita in base alle misure antropometriche ma è altrettanto vero che non è fissa: si aggira in un range che per mia esperienza colloco in circa 5mm (e guardate che sono tanti…) e deve essere regolata in base allo stato di forma e costanza di allenamento. I professionisti lo faranno, se lo faranno, in base ai percorsi: ma loro in sella ci stanno tutti i giorni per quasi tutto il giorno: il paragone, come sempre dovrebbe essere e non è, è improponibile.
Ma ben venga questa innovazione nel mondo professionistico, perché forse farà da volano per eliminare tra gli amatori la balzana idea che la posizione in sella è una sola, come fossimo imbullonati alla bici. E’ un concetto che ho espresso in tanti modi molte volte su questo blog, soprattutto quando metto in guardia dai software di posizionamento. Molto di ciò che è valido per i professionisti è sciocco per noi copiarlo; però c’è anche tanto che possiamo prendere dalla loro esperienza, adattandolo alle nostre esigenze. Non mi interessa se questo reggisella avrà successo commerciale o meno: sarei felice se tramite questo sistema si farà entrare un poco di sano buonsenso nella capoccia di troppi che restano inchiodati alle loro posizioni, sia in sella che in testa. E del resto, al di là dei miei problemi fisici, io che questa benedetta altezza sella non fosse un totem me lo chiesi tantissimi anni fa: se andava bene per il Cannibale, perché non poteva andar bene pure per me? Ops… 😀 😀 😀
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Ho sentito dire da un tizio che non caricava la bici in auto (una grossa SUV) ma solo sul portabici da tetto per non dover abbassare la sella; un altro che ha pedalato al mio fianco per 130km patendo le pene dell’inferno, ma non voleva toccare nulla perchè al negozio dove ha comprato la bici, gli hanno fatto il posizionamento al computer.
Nibali, pensaci tu.
Daniele
Non basta Nibali: per gente così ci vuole un miracolo…
Fabio