[Test] Bontrager Starvos

La prova su strada

Tempo di lettura: 6 minuti

La prova su strada

Ho iniziato questo test con qualche perplessità. Leggere sulla pagina ufficiale quel “rivolto ai principianti che desiderano WaveCel” ammetto che un pochino ha scalfito il mio amor proprio…

Però conta poco, nei test provo di tutto e in ogni fascia. E con tanti test sulle spalle, esperienza ormai c’è. Proprio per questo una volta tolto dalla confezione e indossato lo Starvos ne ho percepito l’immediata qualità, quel fasciare il capo con naturalezza e solidità che è tipico dei caschi di fascia alta.

Insomma, capisci subito che qui hai una qualità superiore rispetto al prezzo. 

Ma non voglio saltare subito alle conclusioni, mi riservo tutte le considerazioni nel paragrafo finale.

Ora ci devo pedalare e scoprire se è comodo e fresco.

Contando sul fatto che questo test, come tutti quelli che avete letto nelle ultime settimane e leggerete sino all’autunno, sono stati svolti con clima caldissimo. Non ricordo una estate così rovente come questa appena vissuta e soprattutto senza una pausa dalla calura infernale.

Indossare lo Starvos non trasmette solo sensazione di qualità ma da subito ne apprezzi il comfort.

La regolazione alla nuca è semplice, poter variare l’altezza su tre posizioni aiuta a trovare la giusta presa, non interferisce con la coda di cavallo.

Non c’è fastidioso contatto sulla pelle malgrado l’assenza di cornici in silicone o altro materiale morbido; grazie alla buona qualità complessiva.

L’imbottitura è spessa e anche piuttosto estesa, ma grazie anche qui alla qualità e alla densità differenziata (nella zona anteriore è molto sottile), il casco poggia naturalmente sul capo, senza costrizioni o fastidi.

Ma soprattutto, ed era la cosa che più premeva scoprire, la calotta WaveCel non l’avverti proprio.

Non hai fastidiosi contatti, non senti grattare per capirci. 

Un comfort molto elevato con l’unico punto debole alle tempie. La scelta di aver infulcrato le alette dell’imbottitura sotto le cinghie di tenuta, lì dove queste sono fissate al casco, fa si che il contatto sia proprio tra fascetta e tempia.

Ti ci abitui dopo pochi minuti ma al primo impatto la sensazione c’è, avverti la presenza.

Dove non avverti alcuna presenza è alla nuca, semplicemente perché lì dietro lo Starvos è un casco “tradizionale”. La struttura WaveCel si ferma prima. Mi baso solo sulle foto ufficiali perché non ho tra le mani altri modelli Bontrager a tecnologia Wavecel, ma vedo le alette far capolino dalle prese d’aria posteriori del modello XXX. Che però costa due volte e mezzo tanto, in qualche modo Bontrager doveva contenere il prezzo del nostro Starvos.

Il cinturino è molto morbido, comodissimo. La fibbia di chiusura è classica ed efficace e non si sente il bisogno di una fascetta in tessuto a protezione della cute.

Non infastidisce né col caldo forte né con la barba.

Ben fatti e robusti i divider a clip che, come tutti i divider con questa tecnologia, chiedono una manciata di secondi in più alla prima regolazione ma senza poi chiederne altri in futuro.

Una volta registrati mantengono la posizione.

Il Bontrager Starvos non si presenta come il casco sportivo con il maggior numero di prese d’aria, ne abbiamo quindici, ma dimensione e posizione delle feritoie assicurano sempre abbondante flusso d’aria in ingresso.

E qui arrivo all’altro aspetto che mi premeva risolvere: il WaveCel blocca la ventilazione?

No, non la blocca; però un pelino la riduce; anzi, diciamo che la modifica.

Disegno e disposizione delle lamelle non bloccano il flusso d’aria, non fanno da barriera.

In più, grazie alla loro inclinazione, finiscono col fungere da tanti piccoli convogliatori, lasciando avvertire chiaramente l’aria in entrata.

Di contro, come conseguenza di questa inclinazione, a velocità più bassa fanno un poco da barriera ai fianchi, mi riferisco alle prese laterali.

Non senti netto lo spiffero, l’aria arriva uguale ma come smorzata, perché prima impatta sulle lamelle e poi entra nel casco.

Salendo di velocità la ventilazione è completa e molto efficace.

E arriva una superiore rumorosità, anche qui per lo più alle tempie e credo sempre a causa della disposizione complessiva del WaveCel.

Nessun rombo, non spaventavi. Lì dove altri caschi rilanciano un sibilo, lo Starvos preferisce una tonalità più cupa, ben presente superando i 45-50km/h, cioè per me solo in discesa.

Beh non proprio, usando la Trek Domane mi sono scoperto a tenere un passo molto veloce anche in piano (i test hanno viaggiato in contemporanea, quello della bici sarà online fra poco), merito però della bici più che mio.

In ogni caso la ventilazione come la traspirabilità sono di eccellente livello complessivo.

Si forma un minimo di condensa viaggiando piano col solleone (test pedalato quasi sempre con oltre 30 gradi, ahimé) ma l’imbottitura non assorbe più di tanto e asciuga molto rapidamente appena la velocità sale e l’aria entra più copiosa.

Significa che il materiale dell’imbottitura è ben studiato e che a essere ben studiata è soprattutto la canalizzazione.

L’aria non ristagna, entra ed esce veloce ed è qui il segreto di una ventilazione ben studiata.

Però, e devo ritornarci, ti manca quella sensazione del vento che penetrando le feritoie colpisce direttamente.

Il WaveCel non mortifica la ventilazione, ne cambia la percezione.

E diventa persino divertente, nelle rare volte che ho avuto un minimo fresco nel grigiore dell’alba, star lì a muovere il capo per “sentire” come il flusso d’aria sia più o meno avvertibile a seconda della posizione.

E’ il mio primo casco WaveCel, per me è tutto nuovo; e la particolarità di questa tecnologia proprietaria di casa Trek mi trasmette input mai registrati prima, con altri caschi.

Dove invece lo Starvos è in tutto e per tutto un casco tradizionale è nell’eccellente espulsione dell’aria calda.

E qui devo dire che mi resterà irrisolto un dubbio: il WaveCel alla nuca presente su altri modelli, incide? Servirebbe un test del modello XXX…

In ogni caso posso promuovere a pinei voti sia il comfort che la ventilazione, ossia le caratteristiche che ero interessato a scoprire con questo test.

Ma non posso trascurare gli altri aspetti.

La forma, lo vediamo, è a metà strada tra un minimale casco sportivo e uno più ampio da commuting.

La superiore estensione alle tempie dona sicurezza e non intralcia in alcun modo con gli occhiali, nemmeno quelli a “maschera” che non amo e non uso. Ma indosso giusto il tempo della verifica, da fermo ché sono miope e senza clip da vista manco capisco da che lato è il manubrio.

Anche la nuca è ben fasciata e ti senti il capo piacevolmente avvolto.

Il peso non è dei più contenuti, il Bontrager Strarvos non fa della leggerezza assoluta il suo cavallo di battaglia.

Ma con 340 grammi rilevati in taglia M non siamo lontani dai top sportivi e in linea con caschi nella stessa fascia di prezzo.

Lì dove non siamo in linea con la stessa fascia di prezzo è nella qualità globale, superiore in questo Starvos.

Ne sappiamo quanto serve, possiamo dedicarci alle considerazioni finali.


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