Michelin Pro4 Endurance
La scelta del copertoncino giusto è uno dei tanti assilli di noi ciclisti incapaci a goderci la bici e basta. Quanto pesa? Quanto è scorrevole? Guadagno o perdo? Meglio slick o scolpito? A che pressione lavora?
Ora, dire che una gomma vale l’altra è una sciocchezza, le differenze esistono. Lasciarsi condizionare dalle solite cartelle stampa che magnificano pregi e virtù, promettendo un deciso incremento della velocità media è altrettanto bislacco.
E infatti io ci sono subito cascato con la serie Michelin Pro4. A parte che dei pochi metri al minuto in più offerti dalla versione Comp Limited non so che farmene, ma chi mi corre dietro? E poi basta un semaforo rosso o, meglio, incrociare una graziosa fanciulla che la mia velocità media cala drasticamente per godermi la bellezza del paesaggio.
Ma tant’è, io son sempre buono a salire in cattedra e recitare la parte del saggio (non fatemi scrivere vecchio saggio, please…) per poi cedere subito alle sirene del marketing.
Però una staccata in discesa fin troppo decisa, il bloccaggio delle ruote e il ritrovarmi nella corsia opposta a pochi centimetri dal precipizio mi hanno subito convinto che ormai le mie gomme erano finite. Da cambiare, all’istante. Per fortuna 48 ore dopo il corriere mi ha consegnato una coppia di Michelin Pro4 in versione Endurance e non Comp, ossia una copertura poco più pesante e sulla carta un poco meno scorrevole ma che garantisce maggior durata e superiore resistenza alle forature.
Per la durata non so, finora ho percorso circa un migliaio di km ed è presto per dire se effettivamente offrono maggiore percorrenza. Oltre al fatto che l’usura è causata da tanti fattori, quanta strada fai è solo uno di questi. Pressione di esercizio, tipo di strade, clima, peso del ciclista, stile di guida e così via offrono ognuna il suo personale contributo a rendere sempre più breve la vita del copertoncino.
Invece per la resistenza alla foratura qualcosa già posso dirla, sperando di non essere smentito alla prossima uscita. Sino ad oggi non ho forato, eppure le strade che percorro sempre le stesse sono e, ahimè, di sicuro maltenute infatti buco spesso.
E seppure senza essere in grado strumentalmente di dimostrare un effettivo guadagno in termini di watt e quindi dovete fidarmi solo delle mie sensazioni e della mia sensibilità, posso anticiparvi che si: scorrono bene e si va più veloce. A sostegno delle proprie tesi Michelin è ricorso a diversi test svolti da un centro ricerca indipendente: il Wheel Energy Laboratory che lavora su qualunque tipo di gommatura, dalla bici ai Suv passando per le moto.
Prima di affrontare il test su strada continuo a fornirvi informazioni.
La famiglia Pro4 vanta differenti versioni a catalogo. La Pro4 Comp Limited della quale ho già fatto cenno e su cui ritorno per aggiungere che la carcassa è a 150 Tpi, quindi molto leggera: 165 gr. dichiarati in misura 700×23, unica disponibile come unico il colore, nero.
Un poco più pesante la Pro4 Comp, coi suoi 180 gr. anche se la carcassa resta a 150 Tpi. Disponibile solo in misura 700×23 e in tre colori.
Continuando a sfogliare la gamma troviamo il Pro4 Service Course, con carcassa a 110 Tpi. Ampia scelta di colori nella misura 700×23, limitata al solo nero sia per la più corposa 700×25 che per la smilza 700×20, misura ormai rara da trovare e ottima per le vecchie signore che un tempo calzavano gomme sottili.
Poi c’è la versione in prova qui ossia la Pro4 Endurance, che ha carcassa a 110 Tpi, quindi più pesante: 225 gr in misura 700×23 (reali, li ho pesati), 245 gr. la 700×25 e 285 per la 700×28. Anche qui ampia la scelta dei colori per la più piccola, due soli per la sezione maggiore, solo nero la più grassa. O almeno io non ne ho trovate altre versioni.
E infine la 4 season che, come recita il nome, è adatta a tutte le stagioni con preferenza per quelle autunno/inverno. La carcassa è a 110 Tpi, e il peso dichiarato è appena 220 gr. Una sola misura disponibile, la 700×23 in colore nero.
Però oggetto della prova è la versione Endurance, inutile dilungarsi sulle altre varianti, tutte consultabili sul sito Michelin.
Attenzione a non confondere la gamma Pro4 con la Power, che pure ha in listino una versione Comp, una Endurance e una All season. Per questa gamma di coperture Michelin ha approntato un sito dedicato.
Bene, concentriamoci sul nostro Pro4 Endurance. Il copertoncino è del tipo pieghevole, riposto nella sua confezione.
Confezione ricca di informazioni all’esterno. Oltre ovviamente la misura abbiamo il peso e una piccola icona per ricordarci la tecnologia anti foratura.
Dal lato opposto le informazioni crescono. Di nuovo sono riportati peso e avviso della protezione antiforatura. Ma a queste si aggiungono altre due icone, una a indicare la capacità di percorrere molti chilometri e l’altra per assicurare sul grip aumentato, tanto da essere particolarmente indicato per bici con freno a disco. L’immagine di una sezione della copertura specifica la trama della carcassa a 110 Tpi e la presenza delle tecnologie Bi Compound e HD Protection.
Prelevo direttamente dal sito ufficiale la spiegazione di queste tecnologie.
“La tecnologia Bi-Compound abbina due mescole differenti sullo stesso battistrada. La mescola al centro del battistrada offre la prestazione ottimale in due situazioni, quella di trazione sulla ruota posteriore durante la pedalata, o quella di frenata in caso di decelerazione. Queste mescole sono studiate e ottimizzate per resistere all’usura ma anche frenare in tutta sicurezza sul bagnato. Le mescole poste ai lati del battistrada offrono elevate prestazioni in curva in termini di grip e sicurezza sia sul bagnato sia sull’asciutto.
La tecnologia HD Protection Bead2Bead utilizza una tela di rinforzo con fibre tessili High Density incrociate che protegge tutta la carcassa dello pneumatico, sia in sommità che sul fianco al fine di offrire il più alto livello di protezione e longevità.”
Su altro lato ancora della confezione un intuitivo grafico mostra le pressioni di esercizio consigliate in proporzione col peso del ciclista; in alto un suggerimento sul tipo di camera d’aria preferibile.
Non tutti i produttori offrono l’importante dato sulla pressione e, considerando quanto ancora siano radicati i luoghi comuni su questo fondamentale valore, con ciclisti da 65 kg che sparano 9 Atm perché “…così la bici è più scorrevole” plaudo all’aiuto chiarificatore offerto in immediata visione.
Confesso che non è stato l’incremento prestazionale a incuriosirmi quanto la protezione alle forature e la mescola differenziata. La protezione perché, come detto, pedalo spesso su strade maltenute e bucare è frequente. La mescola differenziata perché, da ex motociclista attivo, subisco il fascino della “spalla morbida” che tante emozioni mi regalava in pista. E siccome sono uno a cui piace spingere in discesa, staccare e curvare anche in bici (e dopo lo spavento di cui vi ho parlato all’inizio…) l’idea di una copertura che mi offrisse al contempo scorrevolezza, grip in staccata e ancor superiore in curva non poteva che intrigarmi.
La mia Rose X-lite Team personalizzata con ruote Spada Oxygeno è ovviamente la compagna perfetta per scoprire quanto c’è di vero nelle parole degli addetti alla comunicazione della casa francese. Una bici rigida e sportiva, estrema nel comportamento pur senza essere una spaccaossa e due ruote eccezionali in salita ma altrettanto performanti in discesa: farmi godere il tutto è compito di queste gomme, unico punto di contatto tra me e l’asfalto.
Installarle è semplice, anche da nuove e senza ricorrere alle levette, secondo una tecnica che credevo conosciuta ai più e che invece pare non sia così. Ma non dovrei stupirmi se persino un noto sito di ciclismo, dove più che pubblicare articoli si fa solo da grancassa ai comunicati stampa, va fiero di consigliare l’uso delle leve cacciacopertoni anche per l’installazione; e questo in una guida ampiamente sponsorizzata. Insomma, scritta per giustificare la pubblicità, diciamolo.
Seguendo le indicazioni del produttore ho utilizzato camere di categoria A1, compatibile per larghezze delle coperture che vanno da 700×18 sino ai 700×25.
La mia mania dei dettagli mi ha imposto la misurazione della lunga scritta affinché fosse perfettamente centrata sulla valvola. Che dirvi, ormai con me ho perso la speranza…
A gomme nuove è ben visibile la patina protettiva. E sufficiente una mezz’ora a passo allegro per rimuoverla del tutto al centro e una discesa ricca di curve per pulire la spalla.
Sulla copertura sono presenti degli indicatori di usura, sotto forma di forellini: finché sono visibili la gomma è utilizzabile, se scompaiono all’occhio allora è il momento di cambiarli.
Come detto prima di arrivare alla pubblicazione di questo articolo ho percorso circa un migliaio di chilometri, favorito dal periodo estivo e dalla maggiore scelta nei percorsi. Tanta salita e altrettanta discesa, alcune molto tecniche e veloci e abbastanza pianura per raggiungerle. In uno dei rari giorni di pioggia ho deciso di uscire ugualmente per testare la tenuta sul bagnato, mentre la mia insofferenza al caldo mi ha fatto percorrere diverse strade ancora umide, profittando della pigrizia del sole ad apparire oltre i crinali. Insomma, ho eliminato le variabili di bici e ruote e ampliato le condizioni d’uso, quindi posso dire che il test è probante. Almeno dal punto di vista oggettivo, per quello soggettivo potete solo fidarvi delle mie parole.
La misura adottata è la 700×23 che però, complice il cerchio dal largo canale delle Oxygeno, è in pratica un 700×25 una volta messe le ruote sull’asfalto.
E’ davvero così scorrevole? La tenuta è superiore? Si e si.
Mentirei se dicessi non mi sono stupito. Tanti anni al servizio della carta stampata, sono disilluso sulla veridicità delle cartelle stampa. E invece plauso agli uomini Michelin: di quanti watt sia l’incremento non posso stabilirlo, ma chiunque abbia solo un minimo di sensibilità noterà immediatamente, appena raggiunta una decente velocità di crociera (nemmeno tanto alta, basta attestarsi sui 30 km/h) che si, è vero, si va veloce con meno fatica. Non al punto da scendere un pignone in pianura ma quell’aumento di cadenza c’è, è innegabile.
Ringalluzzito da questa piacevole scoperta ho deciso di usare una discesa lunga ma tutto sommato semplice e non velocissima per rodare la spalla, rimandando a quella successiva (ma prima bisogna salirla…) che invece è lunga, tecnica e molto, ma molto veloce, il test sulla tenuta sia in velocità che in curva.
Anche qui mi sono stupito; un poco meno ma perché mentre arrancavo in salita riflettevo che forse mi ero messo in sella col pregiudizio sulla bontà delle dichiarazioni ufficiali; e questo non è mai un bene per chi si impegna ad informare.
Grandissima sensazione di sicurezza in discesa, senti la gomma lavorare sull’asfalto. Sicuramente la qualità della forcella della mia bici aiuta, l’avantreno è granitico e precisissimo. E proprio per questo fa risaltare immediatamente una ruota o una gomma non all’altezza. Curve strette e larghe, tornanti e infide chicane tutte sempre a palla, piegando senza incertezza e con la mente sgombra, concentrata solo sulla traiettoria e il miglior rapporto da usare in uscita per non spezzare l’azione, tanto sai che la gomma non tradirà.
Notevole la tenuta in staccata, appena avvertibile una leggera deformazione sull’avantreno che cede sotto la pressione della frenata. Ma è davvero minima, roba che per trovarla devi spaccare in capello in quattro e non spaccarti tu a staccare oltre il buon senso. Inoltre va considerato che le gomme hanno lavorato su una pressione non alta, 7 atm dietro e 6,8 avanti. Perso peso in questi mesi…
Senso di sicurezza che non viene meno nemmeno su strade umide. Non bagnate, mi riferisco a quella patina, che pure è carogna, che troviamo di primo mattino lungo le strade di montagna non ancora asciugate dal sole.
Spingere in discesa in questo caso è più un fatto di testa. Vedere l’asfalto luccicare ti frena, ogni tanto il neurone solitario si risveglia dal torpore e ti ricorda che hai famiglia e non sei un ragazzino. Insomma, caro mio, datti una calmata. Però siccome il neurone negletto si assopisce subito, umido o no io due pignoni li butto giù e rilancio. Solo in frenata non me la sono sentita a osare tutto, anche perché il mio impianto inizia a mostrare una fastidiosa esuberanza che porta a bloccare facilmente le ruote, mentre in curva la velocità è stata sempre se non uguale pericolosamente vicina a quella tenuta su strada asciutta.
Una rara, per fortuna della mia famigliola che voleva godersi la spiaggia, giornata di pioggia l’ho usata per provare la tenuta anche in questo frangente. Non amo la pioggia in bici, forse perché da ragazzo ne ho presa tanta e sicuramente perché ragazzo non sono più. Però il dovere chiama e in fin dei conti prendere un poco di fresco mi avrebbe fatto piacere ed eccomi a pedalare sotto una pioggerellina gentile. Gentile finché non si è assicurata che fossi sufficientemente lontano da casa e quindi poteva trasformarsi in violento acquazzone. Grazie Giove, sei un tesoro.
In piano nulla da segnalare, la bici gomme slick o scolpite non è che se ne accorge. La velocità non è quella di un veicolo a motore, l’acquaplaning non esiste. Se qualche ciclista amatoriale afferma di averlo vissuto chiedetegli pure di quella volta che ha mollato Nibali sul Gavia: sarà felice di narrarvelo.
Un peccato il “nulla da segnalare” perché vuol dire che mi serve una discesa per testare la tenuta. Il problema delle discese, se sei sul livello del mare, è che prima devi affrontarle in modalità salita, altrimenti magicamente non si trasformano. E salire 12 km con pendenze che arrivano anche al 13% sotto la pioggia non è piacevole. Il vantaggio è che non stacchi mai le mani per prendere la borraccia: sali stravolto a bocca aperta per prendere fiato e nel frattempo bevi pure. Pratico.
Arrivato in cima e girata la bici, non prima di aver rivolto un pensiero a mia figlia, inizio a scendere, con prudenza per prendere confidenza con le condizioni dell’asfalto. E, finalmente direi (e per la buona sorte della mia incolumità) in queste condizioni la gomma qualche crepa nella sua infallibilità l’ha mostrata. Se non si esagera coi freni e con l’inclinazione in curva la tenuta è buona. Ma se si cerca quel qualcosa in più l’assenza di qualsivoglia scolpitura si fa sentire. Non scivoli, però la sensazione è quella. Anche se sei in traiettoria e ti rendi conto che la stai mantenendo pulita, il neurone si risveglia e ti avverte che secondo lui potresti scivolare per davvero, meglio andarci cauti. In pratica più che la tenuta quella che mi è mancata è stata la costante sensazione di sicurezza che mi ha accompagnato in tutte le altre uscite.
Ho pedalato sotto la pioggia con coperture che tenevano peggio ma andavo più veloce, le sentivo e avevo sempre chiara la percezione di come stessero lavorando e quanto ancora ne avessi prima che mi mollassero. Con queste Pro4 Endurance sono sceso abbastanza rapido (non veloce, non esageriamo) malgrado la pioggia battente eppure a ogni curva mi sentivo come se stessi lanciando i dadi. Verificato il cronometro una volta in piano ho scoperto che effettivamente se veloce è una parola eccessiva, rapido è troppo poco. Diciamo “piuttosto rapido”? Si, diciamolo, e comunque più veloce di quanto avrei fatto con gomme maggiormente adatte a queste condizioni, con un battistrada molto pronunciato. Quindi più che un limite della gomma, le sensazioni poco piacevoli sono da attribuire a un difetto del ciclista. Poco allenamento alla guida sotto la pioggia, sicuramente. Capelli e barba che ingrigiscono a ricordarti che i riflessi non sono quelli di un tempo, probabilmente. Però mi sono divertito, certamente.
In definitiva su una scala da uno a dieci quanto attribuirei a questo copertoncino? 9,5, meritato. Il 10 pieno no, e non per la tenuta sul bagnato che si è rivelata comunque all’altezza di uno slick e superiore anche a diverse coperture scolpite, ma per la mancanza di feeling con tanta acqua pedalando in velocità. Una mancanza di confidenza che ho avvertito ancor più netta proprio perché perfetto e costante è il dialogo tra la gomma e il ciclista in ogni altro frangente. Forse se non mi avesse coccolato per tanti chilometri lasciandomi la mente sgombra da ogni assillo di tenuta sarei stato più generoso provandola sul bagnato. Invece più qualcosa è sempre con te più ne senti forte la mancanza appena te la tolgono. Tranne la suocera.
Bene, siamo in chiusura e poniamo la domanda: a chi consigliare questo copertoncino? Praticamente a qualunque ciclista sportivo che percorra molti chilometri, è disposto a cedere un poco di scorrevolezza e aggiungere pochi grammi in cambio della durata (promessa e non da me verificata rispetto al top di gamma Power) e non pedali solo in inverno e per di più quando piove. A questo punto sarebbe interessante un confronto col Power. Vedremo.
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Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Buonasera Fabio,
Ho comprato anch’io un paio di Endurance, visto che il posteriore Pro 4 SC era arrivato a fine vita (quasi sulle tele…ma con tanti km sul groppone, credo più di 10000), lasciando l’altro Pro 4 SC all’anteriore al suo posto (lo so, non è il massimo, ma mi dispiace buttarlo via e ormai ho copertoncini per rulli da parte che potrei pedalare in garage 24h24 per tutto l’inverno). Purtroppo sono un pessimo discesista e non so fare confronti, ma nel mio piccolo mi sono trovato bene anche con i Service Course, ribadendo ovviamente che io di pretese ne ho ben poche e l’acqua la evito peggio di un Gremlin. Unica cosa della quale sono certo è, come scrivi, la “collosità” da nuovi, diciamo che si fa il pieno di sassolini per i primi km 🙂
Ciao Andrea, se ho capito bene ne hai presi due ma installato uno, giusto? Bene, monta anche all’anteriore, discesista o no è meglio sempre avere gommatura omogenea.
Altra cosa: la posteriore dura sempre meno dell’anteriore ma se la differenza di usura è molto elevata controlla la pressione, probabilmente lavora su un range non adatto alle tue caratteristiche.
Fabio
Posso chiederti come li posizioneresti rispetto ai Lithion2?
Li sto usando ora (e pur non avendomi impressionato non mi sono neppure dispiaciuti) e vorrei capire se questi Pro4 valgono il delta prezzo o meno.
Grazie
Ciao Luca, la differenza di prezzo ci sta tutta. La gomma è superiore. Non so in durata, il grande pregio dei Lithion, perché ho percorso poco più di 1000 km sino ad oggi coi Pro4 e la Rose su cui sono montati ora è ferma, c’è Elessar che scalpita. Di sicuro in tenuta sull’asciutto, mai pedalato coi Lithion sul bagnato però.
Fabio
Grazie, allora è deciso:m li proverò!
🙂
Ciao. Io sto usando la versione 700×28 di questi copertoncini. Sono montati su una Caadx con cui percorro stradine di campagna e sterrati piu o meno belli. Ho percorso piu di mille km senza una foratura. Per me sono ottimi.ciao. Gustavo
Scusa la divagazione mi piacerebbe avere un tuo parere sulla Masi Giramondo grazie mille, leggo sempre con piacere i tuoi test bike
Ciao Fabrizio, in effetti c’entra nulla con l’articolo. Per i quesiti non inerenti c’è un indirizzo di posta. Comunque mi spiace ma non posso aiutarti, mai toccata una Giramondo con mano e per scelta editoriale pubblico solo ciò che valuto di persona.
Fabio