Ma è la bici adatta?
Il mercato ciclistico è fin troppo specializzato. Quanto di tanta specializzazione sia un reale vantaggio per noi ciclisti e quanto invece sia un indubbio benefit per le aziende è discorso complesso e soprattutto controverso.
Anche per me, sempre così preciso. Consapevole che la necessità di tante bici, ognuna con sue specifiche caratteristiche, è francamente inutile. Eppure consapevole che avere tanti giocattoli differenti è più divertente che averne uno solo.
In questo momento il parco bici disponibile vede la ammiraglia da corsa, amorevolmente conservata ben protetta dall’umidità di questo luogo e pronta solo per le pedalate sportive; una mtb di bassa gamma con gomme stradali e borse, buona per servizi e giretti senza impegno; una single speed del tutto inutile ma che fa tanta scena; una Bmx di mia figlia che a volte le rubo e ci faccio lo scemo sopra; un’altra mtb scarsa in attesa di essere sistemata e destinata a diventare la nuova bici da palo; una improbabile pieghevole, copia (italiana) della Graziella e sul cui destino ancora non ho deciso; una comodissima olandesina con cestino sia avanti che dietro, davvero perfetta per fare la spesa, andare a zonzo e svolgere tutte le piccole commissioni che si presentano nel corso della giornata. Elessar è rimasta ad attendermi a casa, insieme alla cara Peugeot Anjou in attesa di definitiva sistemazione.
A parte il numero che inizia a diventare imbarazzante, nulla di eccezionale insomma. Anche se ognuna con un suo ruolo più o meno definito, dettato dalle esigenze che ho qui, in questo luogo vacanziero.
Luogo vacanziero e quindi periodo vacanziero, quello in cui più numerose sono le mail che ricevo dove mi si chiede consiglio sull’acquisto della nuova bici. La maggior parte, al solito, vorrebbe la bici universale: leggera e veloce come una sportiva, robusta e stabile come una turistica, adatta al fuoristrada come una mtb e comoda, tanto comoda.
La bici universale non esiste (esiste quella perfetta, ma poi sembra pubblicità, sorvolo…) e tutta la specializzazione di cui parlavo sopra fa sembrare impossibile affrontare l’asfalto se non si ha la specialissima da corsa, un sentiero di montagna se non si ha la Mtb full, andare a zonzo per borghi senza due portapacchi, cinque borse, la dinamo al mozzo e il navigatore satellitare: oltre la presa di corrente per alimentarlo, ovvio.
D’accordo la bici specifica per un determinato uso, fare downhill con una bici da corsa in carbonio non è il massimo né spararsi 130 km di asfalto con una biammortizzata; ma per noi, semplici amanti dei pedali a cui piace girovagare e non solo tirare pancia a terra, è davvero importante che bici abbiamo?
Ho portato la mia Rose X-lite Team sullo sterrato, non una mossa particolarmente intelligente, ma ci sono andato lo stesso. Ero curioso, volevo capire quel sentiero apparso all’improvviso in una zona dove non te la saresti aspettato in che luogo conducesse. Non è la bici adatta? Fa nulla, tu giri i pedali, lei si muove, tanto basta.
Ieri un amico (il proprietario della Nirone che avete conosciuto su queste pagine) è passato da me avvisandomi che andava a scattare qualche foto nella zona del lago che è qui dalle mie parti. Ho preso la prima bici che mi sono trovato davanti, in questo caso la single speed, e l’ho accompagnato.
Dopo la pioggia torrenziale degli ultimi due giorni il sentiero era fangoso, un pantano dove anche a piedi era facile scivolare. Quindi una single speed con manubrio bull horn e sottili gomme slick da 25 non può essere certo definita la scelta più saggia. Ma tanto io saggio non sono mai stato (sembro; fingo bene…) mi sono alzato sui pedali, portato il peso in avanti per avere un briciolo di direzionalità e fa nulla che per ogni giro di ruota una buona metà della trazione andasse dispersa, slittando a vuoto nel fango. E quando avevo un poco di presa sembrava che la ruota fosse incollata al suolo, in realtà semplicemente sprofondata. Alla fine era come pedalare una salita molto impervia, col vento contro, a metà sull’olio e l’altra metà nel cemento appena colato. Uno sbattimento.
Però ho pedalato lo stesso, mi sono goduto la calda luce del tramonto, gli animali che brucavano liberi, i cavalli che formavano curiosi capannelli tra loro come stessero raccontandosi gustose storie, una capra che riteneva il sentiero solo suo (all’andata, al ritorno ha preferito spostarsi) un cane subdolo che sono convinto mi odia perché abbaia solo a me (e mi insegue; e secondo me l’albero spezzato che ostruiva il sentiero è stata una sua trappola per impedirmi la fuga) gli uccelli di cui non conosco il nome e so solo che sono una specie protetta tipica della zona, spariti per anni e finalmente tornati ora che è parco protetto; la vegetazione palustre; e persino le mosche non erano poi tanto fastidiose.
Prima di imboccare il sentiero un dubbio mi ha colto: che faccio, torno indietro ché la bici non è adatta? Sono vittima del marketing ma per fortuna non fino a questo punto e l’unica mia preoccupazione è stata lavare subito la bici al ritorno. Si lo so, lì ci voleva una mtb, avrei pedalato meglio, fatto meno fatica e alcuni tratti non sarebbero stati così pericolosi con la bici che scivolava dal terrapieno puntando dritto nel lago. Saperlo non avrebbe fatto comparire una bici da fuoristrada con gomme tassellate, quindi inutile starmene lì a dibattere in pensieri oziosi: o pedalo o torno indietro. Ma tanto sono uno a cui piace pedalare, quindi…
Allora cari miei, va bene scegliere una bici in base a quello si suppone sarà l’utilizzo principale. Ma da qui a rinunciare a qualche divagazione solo perché quella bici, sulla carta (e forse anche dal vivo…) non è adatta ce ne corre.
Si va più piano, si presta maggiore attenzione a massi appuntiti e radici sporgenti, si fa più fatica ma si pedala. E se proprio qualche tratto fosse davvero troppo ostico una bici è leggera: giù dalla sella, due passi non ammazzano nessuno.
Scegliere la bici solo per la destinazione è già abbastanza triste; usarla solo per quell’uso specifico è troppo deprimente.
Pedaliamo seguendo l’estro del momento: ci si diverte di più, credetemi.
Ps; aggiungo una breve comunicazione di servizio per quelli tra voi che sono soliti contattarmi via telefono e programmi di messaggistica; erano due mesi che non pioveva e io ho scelto giusto la notte di un violento temporale per dimenticare il telefono in giardino. Non sono raggiungibile…
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Segnali… a proposito di bici adatta!
Anch’io in questo periodo sto meditando su una nuova bici. In carbonio (mai provato!), freni a disco (il futuro?) e copertoncini da 28, vista in catalogo di una nota fabbrica veneta… insomma una bolide da ultracylcing (l’ultra non è per me, ma rende l’idea ah ah ah).
Ma…
Nei giorni scorsi mentre pedalavo in Friuli su alcune strade del Giro 2013 con la mia “vecchia” Tricross (alluminio, cantilever, monta e via!), mi fermo a riempire le borracce ad una fontana in un paesino di tre anime. Già fermi a bere un nonno ciclista, su una vecchia Bianchi, e il nipotino, su una normale bici da bambino; probabilmente due di quelle tre anime. Appena mi vede il bambino dice, con un tono di stupore e ammirazione che solo i bambini possono avere, “c h e b e l l a b i c i!”. Mi sono sentito come un cavaliere sul suo bellissimo e fedele cavallo bianco!
Sembra una fiaba orientale, ma è andata proprio così.
Sono ripartito contento sulla mia Tricross alla volta del Crostis, dove poi mi sono impiantato, ma questa è un’altra storia…
Ciao
Ciao Francesco, da estimatore della Tricross non posso che condividere il giudizio del pupetto 🙂
Ma penso che la bici è anzitutto uno sfizio, poi una passione e mai una religione. E se uno vuole togliersi lo sfizio della bici nuova o averne diverse, chi sono io per dissuadere? In fin dei conti sono i nostri giocattoli, meglio questa sana passione che altre scemenze per cui in tanti sprecano denari.
Se ti sta venendo la scimmia per una altra bici, assecondala 🙂
Fabio