Lo sport italiano vale l’1,3% del Pil

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Ventidue miliardi di euro, pari all’1,3% del Pil nostrano e oltre 400.000 addetti.

Sono i dati che emergono dal “Rapporto Sport 2023”, la prima ricerca di sistema sull’industria sportiva tricolore promossa dall’Istituto per il Credito Sportivo e da Sport e Salute.

Mi riferisco, anzi lo studio si riferisce, all’attività sportiva in genere, quindi non il mondo professionistico, con uno sguardo all’attività fisica in genere, industria e manifestazioni organizzate.

Che lo sport abbia rilevanza non solo economica è stato sancito pure in Costituzione.

Il nuovo art. 33 comma 7 della Costituzione italiana riconosce “il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”, dettando un principio generale di azione dei pubblici poteri diretto alla tutela e sviluppo della pratica sportiva.

In questa visione si innesta il Rapporto Sport 2023, prima ricerca di sistema sull’industria sportiva a cura dell’Istituto per il Credito Sportivo (ICS) e di Sport e Salute S.p.A. (SeS), che diventare la base informativa di riferimento per la determinazione del valore di un settore chiave per affrontare le sfide sociali del nostro tempo.

Il PIL dello sport

Lo Sport si conferma una vera e propria industria, con un potente effetto leva in termini di ricadute economiche, stimato in 2,2x e un’incidenza significativa a livello occupazionale.

Nonostante i contraccolpi della pandemia, il sistema Sport mantiene negli anni uno zoccolo duro di addetti, che si aggira attorno alle 400 mila unità, grazie alla presenza di oltre 15 mila imprese private, circa 82 mila Enti non profit e quasi 900 mila volontari.

L’84% del valore del mercato deriva dall’indotto attivato, a conferma della capacità moltiplicativa del business sportivo. Oltre 10 mld € di PIL dello Sport è generato dalle attività strettamente connesse (quali la produzione e vendita di attrezzature e abbigliamento sportivo) e altri 8,4 mld da comparti connessi allo Sport in senso lato (quali i media sportivi, i servizi turistici, di trasporto e quelli medici)

Il segmento “core” dell’industria, che include la gestione impianti, i club sportivi, le palestre e altre attività (quali la promozione di eventi sportivi), contribuisce al valore aggiunto di settore per 3,4 mld €, di cui il 79% generato dalle imprese private, a fronte di una quota del 21% riconducibile alle Amministrazioni Pubbliche e alle Istituzioni private senza fine di lucro.

L’industria sportiva presenta, tuttavia, molte zone grigie di vulnerabilità, prime fra tutte i divari territoriali sul fronte impiantistico e della pratica sportiva, e la fragilità finanziaria delle gestioni. Il Rapporto, nell’evidenziare i punti di forza del mercato, propone una riflessione anche sugli elementi di debolezza del sistema sportivo, messi in luce dalla pandemia e dalla crisi energetica innescata dalla guerra tra Russia e Ucraina. 

Il Covid ha “bruciato” al settore sportivo quasi 4 miliardi di PIL, segnando un drastico crollo degli investimenti (-76% nel 2020, con un parziale recupero nel 2021), mentre la crisi energetica ha compromesso l’equilibrio finanziario di molte strutture, fortemente penalizzate dall’aumento delle bollette di elettricità e gas che, nei picchi massimi delle quotazioni, sono arrivate a incidere fino al 45% dei costi fissi totali.

Il segno lasciato dalla pandemia e l’impatto degli shock energetici connessi alle tensioni geopolitiche internazionali mettono le istituzioni pubbliche e il sistema sportivo di fronte alla necessità di avviare una fase di ristrutturazione e rinnovamento del mercato attraverso tre principali linee di intervento: investimenti, cultura sportiva e imprenditorialità, con l’obiettivo di valorizzare il grande potenziale di impatto sociale ed economico dello Sport

Investimenti

Le prospettive di competitività e sviluppo del sistema Sport dipendono strettamente dall’avvio di una robusta politica di investimenti destinata principalmente alla riqualificazione del parco impianti, caratterizzato da rilevanti problemi di conservazione e manutenzione e da una disomogenea distribuzione territoriale.

Il 44% delle strutture sportive è stato realizzato negli anni ’70 e ’80 (rispetto al campione per il quale è stato possibile reperire l’anno di costruzione) e, dunque, in gran parte inefficiente in termini di sostenibilità economica e ambientale. L’8% degli impianti non è funzionante, un dato che in alcune aree del Sud raggiunge il 20%.

La sfida principale è rendere più efficiente e capillare la rete di infrastrutture sportive, intercettando i megatrend legati alla transizione verde e digitale e assegnando priorità di intervento alle aree del Mezzogiorno, dove è localizzato solo il 26% degli impianti nazionali (52% al Nord).

Sulla base dell’analisi di impatto effettuata sul portafoglio dei progetti finanziati da ICS, gli investimenti sportivi manifestano tutto il loro potenziale rigenerativo proprio nelle aree economicamente più svantaggiate, contraddistinte dal più alto deficit infrastrutturale e dal più basso indice di sportività.

Cultura dello Sport

Più di 38 milioni di italiani non pratica Sport e solo un quarto della popolazione svolge attività sportiva in modo regolare. Il nostro Paese figura in Europa al 21° posto per quota di adulti che praticano attività fisica nel tempo libero: solo il 27% della popolazione svolge esercizio fisico almeno una volta a settimana, rispetto a una media europea del 44%.

In considerazione dell’alto tasso di sedentarietà, con un italiano su tre che non pratica alcuna attività fisica, risulta indispensabile l’attuazione di un’azione di sistema per la costruzione di una cultura dello Sport, attraverso politiche multisettoriali in un’ottica sinergica tra pubblico e privato.

In questa prospettiva, uno dei primari target di intervento è la scuola, attraverso programmi di educazione sportiva e piani di valorizzazione dell’edilizia scolastica. Un Paese in cui 6 scuole su 10 sono prive di palestra nega ai giovani un’occasione importante di crescita personale, aumentando la propensione ad assumere stili di vita sedentari, con ripercussioni sulle future condizioni di salute, fisiche e mentali.

Riveste importanza strategica anche la pianificazione e architettura degli spazi urbani. Solo il 16% degli italiani usa la bicicletta per spostarsi all’interno delle città, a fronte di una media europea del 24% (con quote del 50-60% in Danimarca e nei Paesi Bassi). Uno sviluppo urbano, che amplia le aree pedonabili, le piste ciclabili, le zone verdi e gli spazi pubblici attrezzati, si dimostra un fattore chiave per incoraggiare l’adozione di stili di vita più salutari e attivi.

Imprenditorialità

Il mondo delle Federazioni e dell’associazionismo sportivo, degli Enti del Terzo Settore e delle società sportive rappresenta la colonna portante del sistema Sport, con un ruolo fondamentale nel garantire e incrementare salute e benessere delle comunità locali. La capacità delle imprese di incidere sul tessuto sociale e, dunque, la loro dimensione di “missione” non può essere disgiunta dall’efficienza e sostenibilità delle gestioni.

L’analisi della struttura del settore mette in evidenza due principali fattori di criticità che condizionano il potenziale di impatto e di sviluppo delle imprese sportive: l’eccessiva parcellizzazione del mercato e le ridotte competenze finanziarie e gestionali.

Il 97% degli operatori privati è sotto i 9 addetti, con una limitata capacità di indebitamento soprattutto a causa della scarsa capitalizzazione che pesa sulla valutazione del merito di credito. Questo aspetto risulta particolarmente critico nella fase attuale, caratterizzata dal rialzo dei tassi di interesse e da più stringenti condizioni di offerta del credito.

Focus Impatto

Sebbene sia unanimemente riconosciuta la capacità dello Sport di incidere positivamente sul tessuto sociale delle comunità, non è ancora disponibile una base dati idonea a dimostrare, in termini quantitativi, la dimensione di impatto delle iniziative sportive, siano esse progetti impiantistici o programmi di promozione dell’attività fisica.

Il Rapporto si prefigge l’obiettivo di fornire una quantificazione economica dei benefici sociali delle politiche di investimento nello Sport, attraverso un metodo di misurazione basato sull’indice SROI (Social Return on Investment) applicato ai progetti infrastrutturali finanziati da ICS e ai programmi promossi da SeS.

 

La valutazione di impatto ha restituito un indice medio dello SROI di 3,0: per ogni euro investito nello Sport sono stati generati 3 euro di ritorni sociali. L’investimento in infrastrutture e progetti sportivi si caratterizza per la capacità di triplicare i benefici sociali, divenendo attivatore di virtuosi processi di rivitalizzazione urbana, attraverso interventi di grande e piccola dimensione. Anche micro-interventi (inferiori al milione di euro) che coinvolgono un numero elevato di beneficiari, sono in grado di produrre effetti rilevanti sull’intera comunità (SROI >3), in quanto capaci di fornire una risposta concreta a istanze sociali del territorio. Struttura del Rapporto.

Considerazioni

Si, lettura arida ma ho voluto operare un quadro di sintesi mostrando i freddi dati, senza i miei soliti fiocchetti.

Un Paese cresce quando sa dove investire; un Paese cresce quando non valuta gli investimenti solo sul ritorno economico ma indirizza lo sforzo per migliorare il benessere dei suoi cittadini.

Uno Stato non è una impresa privata, c’è un patto sociale, questo fa la differenza.

I benefici dello sport sono da decenni riconosciuti dalla scienza medica, lo sono da millenni in tutte le culture (pensiamo a quella greca) ed è interessante che lo studio citato ponga l’accento anche sulla mobilità dolce.

Andare al lavoro in bici, usarla per le nostre commissioni non è solo comodo e salutare per noi, a modo suo genera ricchezza.

Bici, abbigliamento, accessori nella colonna delle spese.

Meno farmaci, migliore salute, meno spese mediche nella colonna dei risparmi.

Ma più di tutto: lo sport ci fa stare meglio, ogni euro investito ne genera ben di più, c’è un divario territoriale enorme da colmare, un gap culturale da vincere.

Vedremo chi sarà capace di accettare la sfida.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Michele Bernardi</cite>

    Come per le scelte legate alla gestione oculata della viabilità mista con un occhio di riguardo per i fruitori più vulnerabili (pedoni e ciclisti, naturalmente), anche l’incoraggiamento alla pratica “sportiva” deve fissarsi degli obiettivi concreti e misurabili. Soprattutto però occorre riuscire a elaborare un concetto di attività fisica che smetta di riferirsi unicamente allo sport professionale. Attività fisica è soprattutto un processo mentale e fisico di presa di coscienza del proprio corpo e delle sue potenzialità. Secondo me è questo il messaggio che deve lentamente introdursi nel discorso quotidiano.

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