Le bici non attirano i fulmini ma…

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…attira i click parlarne. A vanvera.

D’accordo, visto che sto qui a scriverne il paradosso lo vedo anche io. Non è mia abitudine “lanciarmi” sull’argomento del giorno per catturare visite, anni di questo blog lo dimostrano, però ogni tanto una eccezione è necessaria.

La drammatica vicenda dell’imprenditore Balocco e del suo amico, di altri tre ragazzi il giorno dopo, impone qualche riflessione.

E ho fatto ciò che sempre andrebbe fatto in questo casi: mi sono andato a studiare le fonti qualificate, cioè istituti di ricerca e strutture che a vario titolo si occupano di studiare i fulmini. 

Il primo dato che mi ha colpito è quello della stima dei decessi: tra 6000 e 24000 ogni anno. Molte di più le persone colpite, che per fortuna sopravvivono. La forbice così ampia nelle stime è dovuta, leggo in una nota, dal fatto che molti casi avvengono senza testimoni, manca cioè la prova che la causa sia realmente il fulmine (un arresto cardiocircolatorio può avere cause naturali); e in tantissimi casi il decesso avviene in un momento successivo, magari per complicanze o pregressa patologia, per cui stabilire con certezza assoluta se sia stato il fulmine o no imporrebbe esami che spesso non vengono compiuti.

Anche a tener buona la stima minore resta un numero altissimo. Manca, o io non sono riuscito a trovarlo, uno studio specifico sul momento in cui la vittima è stata colpita. C’è solo il momento generico.

Ossia non trovo la risposta alla domanda: cosa stava facendo in quel momento?

L’unica certezza, quasi ovvia del resto, è che la maggior parte stesse svolgendo attività all’aperto, per lo più ricreativa. Pesca, nautica, relax in spiaggia e anche bici, mancano però i dati esatti e le percentuali. La fonte in questo caso è il Center of Disease Control and Prevention degli Stati Uniti.

Dico maggior parte perché c’è casistica di vittime entro le mura domestiche, colpite dal fulmine che si è propagato attraverso la rete elettrica mentre utilizzavano un elettrodomestico.

L’altra certezza, scientifica, è che i fulmini non sono attirati a terra dai metalli come si crede bensì dall’altezza. La maggior parte dei fulmini del resto colpisce il suolo, le rocce, e questo fa cadere da subito sia la sciocchezza che ho letto che sarebbero i telai in carbonio (e poi perché proprio in carbonio e non in acciaio?), nonché le batterie delle ebike.

Il metallo non attira i fulmini, piuttosto li conduce, come chiaramente spiegato sul sito del National Weather Service degli Stati Uniti, ossia una delle strutture meglio organizzate e finanziate del mondo, con il fior fiore degli specialisti.

Sempre dal loro sito possiamo leggere che “L’altezza, la forma appuntita e l’isolamento sono i fattori dominanti che controllano il punto in cui un fulmine colpisce. La presenza di metallo non fa assolutamente differenza sul luogo in cui il fulmine colpisce. Le montagne sono fatte di pietra, ma vengono colpite dai fulmini molte volte all’anno”.

Per non apparire troppo filoamericano (ma non è colpa mia se loro investono molto e noi no), prendo una fonte nostrana, il SIRF (Sistema italiano rilevamento fulmini) che afferma “ogni oggetto con un’elevazione predominante rispetto all’area circostante ha una maggior probabilità di essere colpito dal fulmine”.

Quindi, poiché l’evidenza scientifica ci dice che il fulmine cerca la via più breve, seppure nella sua assoluta imprevedibilità, su suolo piatto, spoglio la maggiore probabilità è che a essere colpito sarà l’oggetto più alto. Quale che sia il suo materiale.

Non esiste da nessuna parte uno scienziato che affermi che sia il materiale del telaio, la batteria dell’ebike, lo smartphone in tasca o il ciclocomputer sul manubrio ad aver “attirato” il fulmine.

Nel caso dell’imprenditore Balocco e del suo amico compagno di uscita, le poche e strazianti immagini mostrano i corpi a terra, pietosamente coperti dai soccorritori, e le bici intonse poggiate alla parete rocciosa.

Se fosse stata la batteria a fungere da catalizzatore per la traiettoria del fulmine, non dico che avremmo dovuto vedere la bici esplosa ma almeno la batteria, esterna, un poco danneggiata si? 

L’ipotesi più probabile, secondo gli esperti del settore, è che il fulmine si sia scaricato a terra con una potenza di milioni di volt e che abbia travolto allo stesso tempo i due ciclisti. Questa è la casistica più comune per questo genere di incidenti.

Del resto tutti quelli che frequentano la montagna, soprattutto in estate quando il fenomeno dei fulmini è più diffuso, sanno che, alle prime gocce di pioggia, bisogna cercare riparo lontano da alberi e tralicci; e non restare in aree aperte, dove noi saremmo il bersaglio più alto.

Ultima notazione, perché ho letto anche che la presenza di materiale isolante intorno le batterie di ebike, come pure delle auto, sarebbe la prova che queste costituiscono bersaglio preferenziale per i fulmini.

No, non è così. Poiché batterie, metalli, come la rete elettrica domestica (ricordate che all’inizio ho scritto c’è casistica di persone colpite in casa proprio mentre usavano un elettrodomestico?) sono ottimi conduttori, il fulmine si propaga più facilmente.

Che è cosa del tutto diversa dal sostenere che colpisce direttamente.

Mi spiace che, come spesso accade, si sia fatta subito gran caciara su gruppi social e forum dedicati alle bici con la stucchevole battaglia tra fautori e nemici delle ebike, con questi ultimi a non perdere l’occasione per aggiungere ulteriore argomenti, sballati, al loro astio.

Mi spiace che tutto questo nasca in seguito alla drammatica morte di due uomini ancora giovani, mi spiace che il giorno dopo abbiamo avuto notizia di altri tre ragazzi, di cui uno versa tutt’ora in gravi condizioni.

Mi spiace constatare, ma è legge di mercato, che adesso i fulmini fanno notizia, seppure a voler tener buona la stima più ottimistica dei 6000 decessi all’anno, mentre scrivo queste note abbiamo altre due o tre vittime, a seconda di quanto batto veloce le dita sulla tastiera, di cui nulla sappiamo.

Buone pedalate, al riparo in caso di pioggia

COMMENTS

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Basta vedere quanti credono che i parafulmini servono per attirare i fulmini in un punto (a discapito del nome per giunta).

    Andando in mtb mi son sempre chiesto però, in mancanza di un riparo, se ripararsi da un temporale in un bosco sia più o meno pericoloso, rispetto in campo aperto. In teoria essendo tanti alberi le probailità che colpiscano proprio il tuo sotto cui sei riparato mi sembra siano meno di quelle che ti colpisca in campo aperto. Ma sarebbe interessante capire il comportamento corretto.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Daniele, è pericoloso perché il fulmine comunque si propaga: viene “attirato” dall’elemento più alto, ma poi scarica al suolo e sono milioni di volt che ti arrivano dal suolo.
      Meglio seguire le indicazioni e i consigli del sirf.

      Fabio

  • <cite class="fn">Andrea c.</cite>

    Se proprio vogliamo trovare a tutti i costi una colpa da appioppare alle e-mtb, è quella di portare su sentieri in alta quota anche persone che non ci arriverebbero con le proprie gambe, e che talvolta sono un po’ sprovvedute per quanto riguarda i rischi della montagna. Poi anche saperci arrivare solo con le proprie forze non è garanzia di maggiore avvedutezza, però quantomeno prima bisogna essersi fatti un po’ le ossa in montagna.

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