L’abito fa il monaco
La vicenda del noto scalatore Nirmal Purja mi ha fatto riflettere, deve farci riflettere.
Per chi ha perso la notizia, sintetizzo.
La pagina social di un gruppo dedicata all’alpinismo ha pubblicato una foto del noto recordman degli 8000, ritratto innanzi il rifugio Margherita, posto a 4554 metri che lo rende il più alto d’Europa, abbigliato in pantaloni a tre quarti e scarpette da ginnastica.
Subito la levata di scudi di molti che hanno visto una foto, non l’hanno compresa, e via a inveire contro “il dilettante della montagna”; ritenuto tale a causa dell’abbigliamento non proprio tecnico.
Questa la notizia così come riportata dalla stampa generalista.
Io, con qualche giorno di ritardo, sono andato a cercarmi il post originale e, devo dire, c’è molta ironia. In pratica una buona parte dei commenti “contro” erano in realtà degli sfottò, segno che avevano riconosciuto il noto alpinista e ci scherzavano su.
Un poco come se noi vedessimo Nibali salire il Mortirolo con gli infradito: insomma, pure scalzo sui pedali, lui può.
Ma una fetta di commenti non ironici c’era, è possibile che a distanza di qualche giorno e visto il clamore scatenato gli amministratori della pagina possano aver deciso di eliminarne qualcuno, non so.
Resta in ogni caso un episodio su cui dobbiamo riflettere, perché indica due fenomeni preoccupanti: l’abito fa il monaco e l’analfabetismo funzionale impera sui social.
Se il primo aspetto può sembrare irrilevante, il secondo non lo è, pur mancando della giusta considerazione.
Il nostro mondo a pedali non è esente né dall’uno né dall’altro.
In quanti guardano dall’alto in basso un ciclista solo per la bici che ha, la rapportatura che usa, il completino indossato? Bollandolo come neofita, principiante, nullità e così via solo basandosi su una fugace e fuorviante immagine.
Valutata sulla base di parametri, ché non posso definirli categorie di pensiero, del tutto inconcludenti.
In queste ultime settimane ho usato spesso una ebike, quella di mia moglie, per capire e perché, effettivamente, l’ho trovata comoda per andare a fare la spesa e le commissioni varie.
Poi magari ne parlerò, non dal punto di vista tecnico; piuttosto sull’utilizzo quotidiano, ché è cosa diversa dall’uscire in bici come amiamo noi. E perché io tutto questo astio verso l’e-bike fatico a comprenderlo, del resto sapete come la penso: ognuno pedali come crede, l’importante è tornare a casa felici.
L’ho sfruttata per andarci al market del borgo vicino casa ho detto; ma mi ci sono anche allungato in giro per testare la reale autonomia, nel caso la consorte avesse deciso di fidarsi dell’ottimismo del produttore e poi sarebbe toccato a me andare a recuperarla.
E poi la situazione mi è sfuggita di mano…
In questi giri ho incrociato centinaia di ciclisti, gli stessi che incrocio quando esco con la mia bici.
La maggior parte mi ha ignorato, e ci sta.
Una discreta fetta ha scelto di rivolgermi parole poco gentili mentre mi superava.
Una minore fetta ha preferito insultare e basta.
Perché?
Perché sto tornando a casa con le buste della spesa su una bici a pedalata assistita? Perché ho violato qualche sacra legge del ciclismo?
Eppure, riflettiamoci: non mi conoscono, non sanno niente di me, mi insultano solo per il mezzo che uso.
E la mattina dopo mi salutano e si fermano a parlare come ci conoscessimo da sempre, solo perché sto pedalando su una bici strafiga.
Delle due l’una: o sono ciclisti bipolari oppure vittime del pregiudizio.
Io opto per la seconda.
Ma è un peccato, qualcuno ora direbbe che il mondo va così, si giudica dall’apparenza e non per la sostanza. O dal numerio di like e gradimento nei sondaggi.
Si, vero; triste ma vero. Eppure possiamo cambiarlo, non è regola immutabile.
Questo blog nacque proprio per offrire a chiunque non seguisse mode e pregiudizi un porto sicuro dove riposare nel tempestoso mare della rete.
E’ uno dei pochissimi obiettivi che sono riuscito a centrare, quindi so che a scriverne qui sto ribadendo l’ovvio con voi, che siete di mente aperta e acuta, per nulla vittime delle sciocche fisime che vediamo in giro.
Quindi scrivere proprio qui queste considerazioni è inutile, con voi sfondo una porta aperta. Ma questo spazio ho e non sono certo tipo da mettersi a battagliare sui social.
Eppure, oltre voi che mi leggete e sopportate, pure quando mi lancio in questi improbabili sproloqui, esistono lì fuori tanti altri ciclisti che non hanno pregiudizi, si godono la loro bici, non pretendono di imporre agli altri come vivere la propria vita sui pedali.
Me ne rendo conto ogni giorno, mi sono stupito proprio ieri quando sono uscito di nuovo con questa olandesina a pedalata assistita che alla fine mi è diventata simpatica per come la maltrattano.
Mi è venuto lo sfizio di tentare due salite difficili ma non impossibili, andando su solo di gambe: che coi 25 e passa chili di questo cancello non è proprio agevole. Senza contare le ruote che sono due piombi, la guarnitura che flette, i freni ipotetici e tutto il resto.
Ho incrociato molti ciclisti, tutti mi hanno superato, alcuni mi hanno salutato con “rispetto”, affiancandomi hanno visto che stavo salendo senza motore.
Uno mi ha chiesto anche il perché e al mio “voglio vedere se ci riesco” ha annuito e augurato buona strada.
Io ho sempre creduto esista una maggioranza silenziosa di persone intelligenti, preparate; e una minoranza di analfabeti funzionali molto chiassosa, tale da sembrare maggioranza.
Con gli anni ho capito di essere stato ottimista, la forbice che separa le due categorie è minore di quanto pensassi.
Ma comunque esiste e questo ci lascia ben sperare. Mi lascia ben sperare.
Buone pedalate.
Ps: breve nota di servizio. Avrete notato che sono assente da diverse settimane. Senza entrare in dettagli, il periodo che avevo programmato per riposare un poco e staccare è saltato, diversi problemi familiari mi stanno tenendo occupato. Ma ne usciremo pure stavolta, io e mia moglie ne abbiamo passate tante, archivieremo pure questa.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
L’abito fa il monaco eccome in tutti gli ambiti della vita.
L’uomo discrimina, è una condizione intrinseca con la quale vuole accentuare le differenze per rafforzare la propria identità. Da qui la continua rincorsa al prodotto più bello… non sono filosofo e non voglio filosofeggiare
Eppure, parlo personalmente, su ogni strada d’Italia ci son solo ciclisti vestiti top su bici top e nessuno mi salta agli occhi… tutti uguali, si di tanti colori ma tutti top… Io noto quello con la bici in acciaio e le ruote a profilo basso… per me è lui il “top model”… come gli altri ce ne sono tanti…
in bici fortunatamente poi quel che conta son le gambe.
Ci racconti poi cosa ne pensi di quell’ebike?
“Ci racconti poi cosa ne pensi di quell’ebike?”
Appena mi riprendo dalla doppia salita di ieri…
Fabio
Bravo Fabio
Concordo su quanto scrivi, nel bene e nel male
Un forte “in sella e sui pedali” (in bocca al lupo) a te ed a tua moglie, tenere duro.
Che ti abbiano addirittura insultato mi pare quasi incredibile…potrei capire se magari ti stessi “pavoneggiando” in una salita impegnativa, con una di quelle bici da corsa elettriche con motorino e batteria ben nascoste, che si confondono facilmente con una bici da corsa “muscolare”. Oppure se in sella a una MTB elettrica, su un sentiero con pendenza a doppia cifra, avessi superato col sorriso sulle labbra un gruppo di ciclisti “agonizzanti” e grondanti di sudore. Ma nel caso di una ebike urbana, carica di buste della spesa, non vedo proprio il senso del confronto!
Chiaramente il disprezzo non avrebbe senso nemmeno nei confronti di chi va con una “bici sportiva” a pedalata assistita, però posso capire che mentre si sta sputando sangue in una salita impegnativa, può dare istintivamente molto fastidio essere superati da ciclisti “elettrici”. Razionalmente è insensato lo stesso, visto che si tratta di mezzi completamente diversi.
Purtroppo è vero; triste ma mero.
Ricordo quando tornai in sella dopo anni di fermo in seguito a grossi problemi di salute, scelsi una bdc con la tripla e la cosa più gentile che mi dicevano era “ma allora comprati il motorino”.
Ignorando che il mio rapporto più agile, sviluppo metrico alla mano, era più duro del loro rapporto più agile. Ma tant’è.
Ce ne sono di strani da queste parti…
Fabio
Ciao Fabio, io ho imparato molti anni da un mio sbaglio che non si deve giudicare dalle apparenze e ne ho fatto tesoro. Avevo poco più di vent’anni e in compagnia di un amico stavo affrontando una salita di poco più di dieci chilometri, si è unito a noi un signore che all’epoca io vedevo come un vecchietto, avrà avuto forse 50 anni. Dopo i primi km ansimando e tutto sudato ha detto che avrebbe rallentato perché l’andatura era troppo elevata. Noi continuiamo per la nostra strada. Io dal canto mio ho pensato , ma sti vecchietti perché vanno a rischiare la vita , non sarebbe meglio se restassero a casa. Sta di fatto che io avevo ben poca esperienza di bici e tanto meno di come amministrare le mie forze e ben prima della fine della salita il signore che a oggi occasionalmente vedo ancore e che rispetto moltissimo mi/ci ha ripreso , staccato e è arrivato in cima prima di noi . Ora a distanza di credo 30 anni io mi vedo nei panni di quel signore , non sono veloce non voglio e non devo dimostrare niente a nessuno . Tu hai fatto una affermazione molto giusta, “basta tornare a casa contenti”, che è più o meno quello che dice un mio caro amico vicentino, “Basta che gira le rue e mi me diverto”.
Buone pedalate a tutti.
Ciao Fabio, bel racconto. Solo una precisazione: a 50 anni NON si è vecchietti: siamo nel pieno della maturità e giovani dentro…
ehehehehehehehe
fabio