Grasso o frenafiletti?
In ogni articolo della categoria “Officina” avete letto sempre il mio consiglio di usare grasso quasi ovunque. Sulle filettature, sulla circonferenza esterna dei cuscinetti, sui perni delle guarniture e così via.
Lo scopo non è la lubrificazione in sé, anzi non è solo la lubrificazione: è la protezione dall’ossido e la garanzia che malgrado acqua e salsedine (per chi vive in zone di mare) quelle filettature, quei cuscinetti e quei componenti tutti non si rovineranno.
Questa la mia convinzione, suffragata da anni di esperienza; però quando sono troppo convinto della bontà delle mie scelte inizio a metterle in discussione, cercando soluzioni diverse per capire se migliori o peggiori.
Solita mia premessa: questo articolo l’ho inserito nella categoria “Pensieri su due ruote” e non in “Officina” perché l’impostazione non è tecnica. Cosa che avrebbe richiesto anche prove strumentali per dare risultati oggettivi. E’ una chiacchierata birra in mano, come farebbero normali ciclisti per togliersi qualche curiosità e trovarsi con più dubbi di prima.
Boccali alla mano e iniziamo.
Da sempre aborro l’uso del frenafiletti, convinto che il perfetto serraggio debba essere garantito dalla precisione della lavorazione e dall’applicazione della giusta coppia; con un velo di grasso a proteggere.
Lo stesso per le circonferenze esterne dei cuscinetti, la cui corretta posizione per interferenza deve essere assicurata dalla lavorazione delle sedi perfetta: con un velo di grasso a protezione e ad aiutare l’inserimento. Mi riferisco ovviamente a cuscinetti sigillati, non a sfere libere, e in particolare a quelli di ruote e movimenti centrali BB30 e altri standard Press-fit.
Poi però un tecnico di cui ho profonda stima e che della estrema meticolosità ha fatto la sua bandiera usa il frenafiletti. Per i cuscinetti e, con grave colpo alle mie convinzioni, per i raggi. Almeno fino a prima di mettere a punto una lavorazione meccanica che lo ha reso superfluo.
Già, io che in primo assemblaggio ingrasso sempre nippli e raggi. E se le ruote non le ho raggiate io, una goccia d’olio denso in ogni nipplo periodicamente, per evitare l’ossidazione.
Lasciamo perdere allora altre parti della bici, dove il grasso è sempre necessario e concentriamoci in particolare su due componenti: i raggi e i cuscinetti dei mozzi.
Come detto uso sempre lubrificare la filettatura dei raggi e di conseguenza i nippli. Nel senso che applico un velo di grasso solo sul raggio e quindi l’insieme col nipplo risulterà protetto. I nippli sono delicati, l’ossidazione è fenomeno naturale e me ne sono capitate di ruote tra le mani dove tensionare un raggio era impossibile senza rompere il nipplo o addirittura il raggio.
Però i raggi sono in tensione ma anche scarichi, dipende dalla rotazione. In un dato momento una porzione di ruota è soggetta a una certa forza, l’attimo dopo con la rotazione quella sezione è scarica. Lo stesso avviene con le forze laterali, impresse dalla spinta della pedalata ma anche dalla piega in curva. Questo in estrema sintesi, ma per chi volesse approfondire l’argomento delle forze che agiscono sulla ruota c’è un articolo sul blog che ne tratta.
Ora, avere un raggio ben lubrificato è ottimo per la manutenzione costante delle ruote, un poco meno per la tenuta della centratura perché il raggio tende ad allentarsi più velocemente. Immaginate una ruota quanti giri compie in ogni uscita e pensate a quel nipplo solitario che deve gestire le forze contrastanti migliaia e migliaia di volte a ogni uscita. Tenderà ad allentarsi, infatti nessuna ruota è centrata per sempre; il nipplo lubrificato si allenterà prima.
Quanto prima? Non lo so, andrebbe fatta una comparazione sul lungo periodo, parità di ruota, di percorso ecc. e scoprire dopo sei mesi che è successo: improponibile.
Però per mia esperienza le ruote a cui ingrasso i nippli in un anno finiscono mediamente almeno una-due volte in più sul mio centraruote. Quanto questo possa essere esaustivo è tutto da vedere, visto che per me uno scostamento di 0,01 mm è già una mezza tragedia, quindi potete immaginare quanto spesso curi le ruote…
Mi sono rivolto allora a Corrado Spada, titolare di Spadabike, a cui ho chiesto perché consiglia l’uso del frenafiletti nell’accoppiamento raggi/nippli.
Che mi ha risposto così: ” Nel caso di una ruota bilanciata destra sinistra, come quelle con mozzi normali a pari raggi e incrocio da ambo i lati e che montano raggi piegati (ossia quelli con l’estremità curva e non raggi dritti, N.d.R.) si può evitare il frenafiletti. E’ più difficile che le flessioni creino dei momenti di rilascio della tensione e quindi il conseguente allentamento dei nippli. Nel caso di mozzi più elaborati, con raggiatura differenziata sia per numero che per tipo di incrocio, come per esempio nella ruota posteriore che può essere con più raggi incrociati a destra, dove agisce la forza della trasmissione, e meno raggi a sinistra e montati radiali allora il frenafiletti è necessario. E’ quasi sicuro che in un momento ci saranno raggi senza tensione, anche se è una situazione che può verificarsi in pieghe più estreme o con ciclisti di buona stazza.
Il problema comunque è superato grazie a una particolare lavorazione meccanica che opero sui nostri nippli, per cui il frenafiletti chimico è diventato inutile: con questa lavorazione e il grasso i raggi non si allentano e non si ossidano“.
Passando ai cuscinetti io e Corrado seguiamo strade diverse.
I cuscinetti sigillati, sia nei mozzi che in alcune tipologie di movimenti centrali, sono inseriti per interferenza, a pressione in linguaggio comune. Questo significa che la lavorazione della sede dovrà andrà collocato il cuscinetto deve essere semplicemente perfetta. Perché montare per interferenza significa lavorare coi centesimi di millimetro e basta una sbavatura infinitesimale, nel dimensionamento come nella forma, per pregiudicare il corretto accoppiamento. Col risultato che i cuscinetti lavoreranno sottoposti a tensione anomala e dureranno poco, senza mai garantire la loro totale efficienza.
Però malgrado la precisa lavorazione e l’alta qualità di sedi e cuscinetti l’ossidazione è sempre in agguato. E alla lunga questa determina anche la modifica dimensionale delle sedi e dei cuscinetti. Motivo per cui io proteggo sempre la circonferenza esterna con grasso, di solito al litio per applicazioni marine, il più tenace in quest’uso.
Così come la massima attenzione deve essere prestata al corretto montaggio. Basta inserire un cuscinetto leggermente storto, una traiettoria quasi invisibile a occhio nudo, o usare attrezzi non idonei o di scarsa qualità o martellare a casaccio o ancora non preoccuparsi da dare qualche colpetto col mazzuolo in gomma alla fine per liberare le tensioni di montaggio che il risultato finale non sarà quello ottimale.
Compariranno scricchiolii, rumori vari, il cuscinetto andrà cambiato più spesso. Insomma, sembra facile cambiare due cuscinetti, ed in effetti la tecnica non è poi qualcosa di arcano e incomprensibile, come abbiamo visto per esempio nell’articolo sulla sostituzione di quelli di un movimento BB30, ma al solito bisogna sapere cosa fare e saperlo fare bene.
Il punto di vista di Corrado Spada su questo è diverso e uguale al mio, nel senso che indica l’uso del frenafiletti ma lo fa soprattutto per ragioni pratiche.
Leggiamo le sue parole: ” Con i cuscinetti la lavorazione delle sedi è fondamentale. Se abbiamo le flange dei mozzi con tolleranze ridotte al minimo possibile, l’installazione dei cuscinetti per essere corretta richiederà prima che queste siano scaldate con phon ad alta temperatura, in modo da sfruttare la dilatazione termica per favorire l’inserimento. saltando questo importante passaggio c’è il rischio, anzi la certezza, che il cuscinetto si danneggerà inserendolo, soprattutto se chi ci prova lo prende a martellate e basta. E poiché è facile che qualche ciclista sia piuttosto frettoloso in queste operazioni meglio tenersi un pelo larghi sulla lavorazione, rendere l’inserimento dei cuscinetti più semplice e applicare qualche goccia di frenafiletti per prevenire sia ossidazione che rumori vari. Anche perché può essere necessario rimuovere i cuscinetti anche solo per la normale manutenzione, magari per dargli nuovo grasso, e quindi più è facile, rapido e sicuro l’intervento per il ciclista meglio è.”
Se ho ben interpretato le parole di Corrado, che è un gran tecnico ma a volte è necessario “tradurre” il suo pensiero, se la lavorazione è precisa, anche in presenza di tolleranze minime a patto di usare la giusta procedura di montaggio, pure il grasso va bene. In presenza di lavorazioni precise ma con una tolleranza un pelo superiore, usata per garantire facilità di manutenzione e montaggio, meglio ricorrere a un poco di frenafiletti per prevenire danni e rumori.
Detto questo, sue due mozzi prodotti da Corrado, uno mio e uno di un amico, ho applicato il grasso per le ruote mie e il frenafiletti su quelle del mio amico. Però le ruote non mie avevano il quadruplo dei chilometri sul groppone nonché una assoluta carenza di manutenzione, visto che lui, diversamente da me, pensa solo a pedalare (e forte…) piuttosto che alambiccarsi con attrezzi e operazioni varie. E ogni tanto dispero nel vedere quelle bici così maltrattare e le rapisco per donargli le meritare cure.
Rimessi i nostri boccali sul tavolo ci alziamo senza aver stabilito chi ha ragione e chi torto. Ma oltre al fatto che lo scopo non era questo, quando si parla di soluzioni meccaniche abbiamo sempre tutti torto e tutti ragione.
Escluse alcune applicazioni dove è possibile solo l’uso del grasso, soprattutto in fase di montaggio, così come altre dove il frenafiletti è scelta obbligata, sempre in fase di montaggio (pensiamo a un adattatore BB30/Bsa) alla fine un buon compromesso è accettare che non tutte le lavorazioni sono uguali e una regola generale e sempre valida non è possibile.
Così come le forze che agiscono sulla bici sono si sempre quelle, ma poi il componente le gestisce in modo diverso a seconda di come è costruito, per esempio parlando delle ruote influiscono tipo di raggiatura e schema, e quindi anche qui bisogna valutare caso per caso.
L’unica certezza è che dopo questa chiacchierata sono un poco meno refrattario all’uso del frenafiletti, lì dove prima non lo avrei messo nemmeno con la pistola puntata alla tempia.
Il bello di avere convinzioni è poterle cambiare.
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Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Interessanti osservazioni.
Chissà cosa fanno gli altri costruttori di ruote (al di fuori di Spadabike intendo). Sarei curioso di sapere se di fabbrica applicano queste attenzioni o avvitano e basta.
Daniele
Quasi tutti i costruttori di ruote con raggi in carbonio usano il frenafiletti e lì è comprensibile; quasi nessuno per i raggi in materiale tradizionale.
Grasso non ne ho mai trovato, se non su ruote assemblate a mano; avessero ragione loro? Boh…
Fabio
Ciao Fabio,
riguardo alle ruote, probailmente cercando la perfezione nel centraruote avremo delle piccole differenze di tensione dei raggi, minime ma che con l’uso km dopo km porteranno a lievi perdite di centratura. Se invece “sacrifichiamo” un minimo di centratura a favore della ricerca di una tensione più uniforme possibile dei raggi lato per lato (precisione non possibile con tutti i modelli di tensionmetro), la ruota rimarrà più stabile nel tempo. La perdita di precisione, con gomma montata, sarà impercettibile anche al più attento dei ciclisti.
Io dopo anni di ricerca della “perfezione” nel centraruote sto provando questa seconda strada, e mi sembra funzioni, ma non ho ancora un adeguato periodo di osservazione per confermare ciò. La ruota è un affascinante mistero artistico e scientifico..
Citazione dal manuale del tensionometro FSA disegnato da Jobst Brandt:
” Uniform tension of same-side spokes is a goal of well built wheels, not perfect trueness. Thanks to the rim’s inherent stiffness and imperfections, a perfectly true wheel can contain spoke tension imbalances which makes the wheel less stable in the future. Thus, it is acceptable to trade-off perfect trueness to achieve consistent spoke tension to produce a more stable and lasting wheel.”
Ciao, la tensione perfettamente uguale di tutti i raggi è impossibile, per questo si lavora in un range di valore minimi e massimi e l’abilità sta nel contenere la tensione in quei valori tenendo una centratura di fino.
Una ruota che abbia i raggi che rientrino tutti nel range di tensione, più stretta la forbice meglio è, e preveda uno scostamento non superiore a 0,2mm è praticamente una ruota perfetta.
Fabio
bell’articolo,complimenti! Ho fatto anch’io qualche ruota, sempre raggi piegati e cerchi allumnio,ingrassando i nippli. Non ho avuto problemi di allentamenti,faccio manutenzione spesso.
Ma tu ingrassi anche il fuori del nipple, dove lo stesso appoggia (e gira durante l’avvitatura) sul foro del cerchio?
E che tipo di grasso usi?
Ciao Stefano, no, l’esterno del nipplo non lo ingrasso. Solo le filettature dei raggi con normale grasso al litio bianco.
Fabio