Adieu monsieur Walkowiak
Se ne andato Roger Walkowiak; ottantanove anni e un Tour vinto nel ’56, un sogno che nemmeno lui credeva di poter coronare. Qualcuno lo definì un vincitore per caso, lui che nelle partecipazioni precedenti non riuscì a entrare nei primi cinquanta. Anche quell’anno partì senza ambizioni di vittoria, ma era un ciclismo diverso. Una fuga andata bene, gli scalatori e gli uomini di classifica ad accumulare ritardo convinti che ne sarebbe venuto fuori un nulla di fatto: invece il nostro francese di origini polacche arrivò al traguardo e mantenne il vantaggio per tutte le tappe successive. Mai un attacco, mai una fuga, lasciò che gli prendessero la maglia gialla e conservò le forze per quell’ultima tappa alpina: dietro di quattro minuti ne prese otto sul diretto rivale in classifica. E da lì la marcia trionfale verso Parigi.
Era un altro ciclismo, l’impresa disperata e fortunata ancora possibile. Niente radio, ammiraglie ipertecnologiche, GPS, strateghi e stregoni a dettare regole e pianificare battaglie. Un ciclismo eroico anche se con troppi lati oscuri, ma di questi, ora, non voglio parlare.
Un ciclismo che non potrà più tornare e lo ammetto, un poco mi dispiace.
Adieu monsieur Walkowiak.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Dispiace anche a me. Ho da poco finito di leggere il libri su Amstrong di David Walsh che consiglio a tutti e che ci mostra ciò che spesso non vogliamo vedere. Guarda caso mentre terminavo la lettura andava in onda un servizio su Giovanni Valetti , storico quanto dimenticato corridore della grande squadra della Frejus. Era meraviglioso vedere quel ciclismo, i grandi tour che finivano nei velodromi fra ali di folla acclamante. Che peccato che si sia perso quel meravigliso epico romanticismo.
Bel ricordo. Ero ragazzino e allora l’unico modo di seguire il Tour era l’ascolto della radio. Però quel nome stranamente francese, che ora apprendo di origine polacca, mi è rimasto impresso anche se dopo non lo si è più sentito. Un caso analogo era avvenuto due anni prima al giro con la vittoria di Clerici (già, chi era costui?). Altri tempi, altro ciclismo e soprattutto altra età per noi matusa.