Rose Team Dx Cross 3000 Randonneur, presentazione
Ecco svelato cosa c’era nel pacco: una Rose Team Dx Cross Randonneur, versione 2016.
Modello tutto nuovo, che si aggiunge alla gamma, rinnovata anch’essa, della serie Dx Cross.
Al momento in cui pubblico queste note la versione che vedremo fra poco non è ancora presente sul sito: una primizia e, permettetemi l’orgoglio (o ruota di pavone, a scelta…), ho la soddisfazione di essere il primo a poterla testare in questa configurazione Randonneur.
In realtà la bici doveva essere la precedente versione e avrei dovuta averla per la fine dello scorso luglio; ma quando mi è stata prospettata l’eventualità di avere questa anteprima assoluta, seppure aspettando qualche mese, ovviamente ho accettato al volo. E penso di aver fatto bene. 🙂
In questo primo articolo vedremo la bici solo in foto, con qualche mia indicazione a corredo. La potrò avere con me per quattro settimane e appena smette di diluviare ho intenzione di saltare in sella e sfruttare il tempo concessomi fino all’ultimo. Solo alla chiusura del pacco per rimandarla in terra teutonica scriverò le impressioni di guida.
So che vorreste sapere subito come si comporta, ma qui ci troviamo davanti a una bici particolare, dalle tante sfaccettature; per capirla ci vogliono i chilometri a pedalare, e devono essere chilometri nelle situazioni più disparate.
Per adesso accontentiamoci, mi farò perdonare con una ricca esposizione fotografica. La versione che vedremo è quella montata a catalogo, senza attingere alle molteplici possibilità offerte dal configuratore di casa Rose.
Molto mi concentrerò sul telaio, perché base comune di tutta la serie Team Dx Cross.
Sul sito ufficiale Rose è possibile vedere i differenti allestimenti di questo telaio. Non so ancora la versione Randonneur con quali gruppi sarà proposta, ma nulla vieta di chiedere (vero Sergio?) che una delle molteplici varianti per gruppo e ruote sia allestita come quella che stiamo per vedere.
Andiamo.
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E’ vero, non sono stato carino a mostrarvi uno scatolone solo per stuzzicare curiosità.
Ve lo ripropongo e chiudo qui l’articolo…
No, scherzo. Lo mostro solo perché è più grande di quello solitamente usato per l’invio delle bici da corsa. Il motivo è che la bici arriva completamente montata, compresi sella, reggisella e ruota anteriore.
Per contenere lo spessore e dare rigidità all’insieme la piega è ruotata e piegata all’indietro, per incastrarsi nell’orizzontale.
A corredo la solita pochette marchiata Rose con fattura, manuali d’uso, garanzia, scheda di lavorazione ecc.
Sballiamo la bici; prima operazione tagliare la fascetta che tiene ferma la spessa protezione morbida sull’orizzontale.
Poi allentiamo le quattro viti dell’attacco manubrio e ruotiamo la piega per portarla in posizione di guida.
Allentiamo anche le due viti di serraggio dell’attacco alla forcella.
A questo punto non resta che regolare l’inclinazione della piega e metterla ben dritta, regolare l’altezza sella, montare due pedali e la bici è pronta a partire.
Nelle immagini che vedrete i pedali (da acquistare a parte) però non li ho ancora montati.
Questa versione Randonneur è caratterizzata dall’essere accessoriata con dinamo al mozzo, che alimenta due faretti a led, parafanghi e portapacchi. E gomme e cerchi più stradali.
Seppure così agghindata la bici si presenta giustamente snella, anche con la piega da 44cm, mia richiesta perché sapete uso una misura in più.
Bici tutta nuova, c’è tanto da raccontare; partiamo dal nuovo telaio, che riprende molto dalle versioni corsa della casa, almeno in alcune soluzioni tecniche.
Quella che state vedendo è in taglia 54, ecco comunque le geometrie complete.
L’obliquo di questo telaio in alluminio si presenta al solito generosamente dimensionato.
La sezione non è costante, più rastremata verso il tubo sterzo, più massiccia via via che ci avviciniamo al movimento centrale.
Quello che è davvero bello da vedere, e spero che con queste foto sia riuscito a darvene almeno una idea, è il profilo. Squadrato in alto, con uno spigolo stondato molto originale, e tondeggiante in basso.
Scendendo lungo l’obliquo ci imbattiamo nella scatola movimento; del tipo press-fit, come evidenziato dall’assenza di calotte a vista.
Su questo blog però ci piace fare le cose per bene, quindi ho smontato la guarnitura per mostrare il tipo di movimento.
Salendo lungo il piantone, dalla tradizionale sezione circolare…
…troviamo il collarino reggisella, uguale per disegno a quello delle versioni X-lite Team da strada e altre, e con una morbida protezione in gomma.
L’orizzontale, moderatamente sloping.
Anche lui riprende la sezione trapezoidale già vista sui modelli stradali.
E anche lui si presenta con un dimensionamento maggiore partendo dal tubo sterzo, per poi sfinare raggiungendo la zona reggisella.
La parte superiore, piatta, reca il logo del modello.
Osservando le zone di congiunzione dietro il tubo sterzo e del reggisella non sembra trovarsi al cospetto di un telaio in alluminio quanto di un monoscocca in carbonio, tanto sono pulite e rifinite.
Il carro si presenta ovviamente più lungo rispetto a una bici da corsa.
I pendenti presentano una curvatura nella zona superiore, una buona soluzione per allungarli e avere maggiore capacità di smorzamento senza sacrificare la rigidità.
Sinuosità presente anche sui foderi bassi.
Non nascondo che il carro è proprio la zona che mi è piaciuta di più. Mi piace molto il profilo asimmetrico dei foderi bassi, col destro che viaggia più alto del suo opposto.
Mi piace ancor di più un dettaglio che non ha alcuna motivazione tecnica, e proprio per questo lo apprezzo: non riesco a restare insensibile davanti a queste lavorazioni e il marchio in rilievo è davvero un bel guardare.
Mi piace l’eleganza della zona immediatamente dietro il collarino reggisella…
…e pure quella subito sotto.
Spostando lo sguardo all’anteriore una cosa che non mi piace, e non è la prima volta: è successo pure con la X-lite Team.
Mi rendo conto che non è semplice quando abbiamo un tubo sterzo differenziato, in questo caso 1″ e 1/8 sopra e 1″/5 sotto, renderlo coinvolgente. Personalmente non gradisco l’effetto “botticella”.
Mai stato un amante della forcella dritta, ho iniziato ad abituarmi proprio pedalando con Rose, trovo bella ed essenziale quella della X-lite Team, trovo bella ma un pelo troppo massiccia alla vista questa in carbonio della Team Dx Cross.
Che è giustamente dimensionata più abbondante della versione corsa perché deve reggere maggiori sollecitazioni (e il peso del bagaglio) e garantire maggiore luce sotto la testa per far passare copertura più grasse però, che dire, alla fine non mi ha rapito come il carro.
Risalgo un momento la forcella e torno al tubo sterzo per parlarvi di una soluzione simpatica per ottenere un ragionevole rialzo dell’altezza manubrio senza ricorrere a una torretta di spessori sotto l’attacco e senza sacrificare la rigidità di sterzo.
Come potete notare nell’immagine in basso, appena sotto il cono della serie sterzo integrata si notano due anelli, una sorta di prolungamento del tubo sterzo.
Ho smontato l’attacco manubrio per scoprire l’arcano, trovandomi il cuscinetto della serie sterzo integrata inserito nell’anello superiore.
Si tratta di un anello avvitato nel tubo sterzo, questo è da 20mm ma è possibile anche averlo da 40mm, per rialzare appunto la posizione di guida senza dover ricorrere agli antiestetici distanziali. Qui in basso il disegno ufficiale.
Continuiamo a fare conoscenza col nuovo telaio, sul quale non poteva mancare il passaggio cavi interno.
A destra del tubo sterzo l’ingresso del cavo cambio.
A sinistra del tubo sterzo l’ingresso del cavo deragliatore e la tubazione idraulica del freno posteriore.
Peccato non aver previsto le belle cornici che arricchiscono le sedi di ingresso e uscita dei cavi nella versione stradale X-lite Team.
Anche il freno anteriore ha la sua tubazione che scorre interno, per l’esattezza nel fodero sinistro della forcella, con uscita appena sopra la pompa. Se qualcuno vedendo queste immagini dovesse preoccuparsi per eventuali ristagni d’acqua posso rassicurarvi che non è possibile. Il tubo idraulico scorre in una canalina ricavata all’interno del fodero, per cui l’acqua entra da sopra e subito esce da sotto.
A questo continuo gioco a nascondino non potevano sfuggire nemmeno i cavi dell’alimentazione elettrica. Quello che parte dalla dinamo al mozzo entra nella parte bassa del fodero destro per uscire appena sotto l’arco della testa della forcella.
Da lì si sdoppia; una parte dirige verso il faro anteriore, una parte verso il posteriore. Poteva essere questa a vista? Ovviamente no, e infatti entra nella parte alta dell’obliquo, appena dietro il tubo sterzo.
I cavi che invece sono entrati dalla parte anteriore del tubo sterzo seguono il loro percorso lungo l’obliquo per prendere una boccata d’aria sotto la scatola movimento.
Da qui il fodero destro accoglie il cavo cambio, quello sinistro la tubazione idraulica del freno posteriore.
Si possono notare anche i connettori rapidi per dividere i cavi elettrici, nel caso la si voglia usare senza parafanghi.
Il cavetto di alimentazione della luce posteriore è celato invece nella parte interna del parafango.
L’uscita del cavo cambio è in posizione classica appena dietro l’attacco ruota; quella del tubo idraulico del freno nella parte interno del fodero basso.
Mia notazione; molto bello il passaggio interno della tubazione freno anteriore, effettivamente tubi (o guaine per gli impianti meccanici) a completa vista con gli impianti a disco sono sempre bruttini da vedere. Resta però un problema di accessibilità meccanica, perché per rimuovere la forcella o si svuota l’impianto frenante e si scollega il tutto oppure si sfila via il comando. Ho chiesto a Sergio Ghezzi, il country manager per l’Italia del marchio tedesco, e non dovrebbero esserci problemi a montare un J-kit, ma attendo conferma. Ah giusto, cos’è il J-kit? Semplificando lo possiamo definire come una sorta di sgancio rapido per le tubazioni freno. In pratica scolleghi il tubo all’altezza dove lo hai montato, ovviamente la posizione preferibile è fra comando e ingresso nella testa della forcella, ed eviti di perdere troppo tempo se devi rimuovere la forcella.
Il cavetto deragliatore ha una protezione contro acqua e polvere.
Il telaio, che nell’allestimento Randonneur è lo stesso della versione Cross, prevede diversi attacchi per gli accessori.
Su obliquo e piantone in posizione classica quelli per i portaborraccia.
Dietro abbiamo portapacchi e parafango. Di serie in questa versione il Tubus Fly Evo.
Sulla parte bassa del carro troviamo l’attacco esterno per il portapacchi e quello interno per il parafango.
Scegliere di portare nella parte interna del carro gli attacchi per i parafanghi ha permesso di contenere gli ingombri ed evitare interferenze col portapacchi.
In alto, al classico ponticello, sono stati assicurati sia l’uno che l’altro.
Un ulteriore attacco per il parafango è previsto tra questo e il portapacchi.
Una altra soluzione furba è aver “sdoppiato” le bussole che fungono da distanziali.
Insieme alle astine regolabili significa poter installare gomme più larghe della attuali 700×28 e avere maggiore luce tra parafango e pneumatico.
Anche la forcella è ricca di attacchi, ne ho contati sei.
Due in basso, appena sopra il perno passante (che vedremo in dettaglio più avanti), e dedicati ai parafanghi.
Altri quattro, due interni e due esterni, in zona mediana e dedicati a un eventuale portapacchi anteriore, protetti da tappi in gomma quando non impegnati.
Sulla testa della forcella l’altro attacco, occupato da una piastrina che regge il parafango e su cui a sua volta è avvitato il piccolo faro anteriore, con cavi parzialmente celati.
Un piccolo mudflap impreziosisce ambedue i parafanghi.
Anche il cavalletto, accessorio che non ho mai amato ma di cui riconosco, in taluni frangenti, l’utilità ha il suo attacco dedicato e adeguatamente rinforzato. Il fodero basso di sinistra è chiamato ad accoglierlo.
Chiudo la lista degli accessori presenti o installabili con l’impianto di illuminazione.
Due piccoli faretti a led alimentati a dinamo, all’anteriore un BM Eyc T senso plus (versione con sensore, quindi) e al posteriore una minimale lucina quasi a filo del parafango. La copertura è trasparente, il led interno rosso. C’è anche un condensatore, per cui le luci restano accese anche a bici fermo per un certo tempo. Comodo nelle soste a bordo strada e ai semafori.
Attacco e piega in alluminio li fornisce Ritchey; il primo è il conosciuto Wcs C220, la seconda la nuova Streem.
Piega anatomica ma con valori molto compatti, le leve freno si afferrano con facilità; e caratterizzata sia dal profilo largo e ovale della zona dedicata alla presa alta che da una leggera curvatura all’indietro proprio di questa zona.
Reggisella in fibra di carbonio, il C170 Flexi di casa Rose.
La sella è della Ergon, versione Srx30.
Adesso passiamo alla trasmissione, il gruppo è uno Shimano Ultegra 11 velocità.
Su mia richiesta sono stati montati la guarnitura compatta, ossia una 50-34, e un pacco pignoni 11-32.
Una prima richiesta era in realtà in configurazione 10 velocità ma con la tripla, secondo me più poliedrica e adatta a una bici votata anche al turismo. Poi ho fatto i conti col mercato, ormai la tripla la stanno abbandonando tutti i costruttori e avrebbe avuto poco senso testare una bici con una configurazione che, forse, non sarà replicabile in futuro.
L’adozione di un pacco pignoni cosi esteso verso l’alto ha chiesto l’adozione di un cambio, sempre Ultegra, a gabbia media.
Avvitato a un forcellino removibile.
Il deragliatore, per doppia, è del tipo a saldare e montato quindi grazie all’ausilio della solita fascetta.
Una novità è l’impianto frenante. In questo caso infatti abbiamo una coppia di dischi a comando idraulico. C’erano anche prima, ma qui abbiamo le nuove pinza Shimano Flat mount, che vedremo meglio più avanti.
La frenata è affidata a una coppia di dischi, serrati da pinze a comando idraulico.
Perno passante per l’anteriore, con disco da 160mm di diametro.
Perno passante anche al posteriore, con disco da 140mm di diametro.
Questo ha significato che sia la forcella che il carro hanno le sedi per i perni passanti, novità per il 2016 sulla gamma Dx.
L’anteriore sfrutta un perno da 15mm
Il posteriore da 12mm e i forcellini sono del tipo chiuso.
Aver sposato lo standard del perno passante è un bel passo avanti, soprattutto per la forcella che in questo modo riesce a reggere meglio “lo sforzo” che la forza torcente della frenata a disco esercita.
Un problema l’ho trovato al posteriore, dove lo sgancio passante impatta durante la rotazione col portapacchi, costringendo ad aprirlo di mezzo giro, andare a vuoto, reinnestare e continuare a svitare/avvitare.
Nulla di grave, ma un fastidio, questo si.
A stringere i dischi due pinze a comando idraulico, ovviamente Shimano, montate secondo la standard flat Mount.
Questa l’anteriore, davvero piccola e poco sporgente.
E questa la posteriore, perfettamente incassata nello spazio a lei riservato. Si notano nell’immagine dal basso le due brugole che l’assicurano al carro.
Personalmente il flat mount non mi fa impazzire, forse per il mio conservatorismo. Però le care rondella concave e convesse che ti consentono in un nulla di regolare la centratura delle pinze io le preferisco. Ma se anche Sram ha deciso di seguire questa strada è segno che questo sarà lo standard a venire, almeno in campo stradale.
La cosa importante è che la lavorazione delle sedi per le pinze sia assolutamente perfetta; e della centratura possiamo non curarci più, limitandoci alla sola laterale, grazie all’asola ovale dove scorrono le viti di fissaggio. Nell’immagine in basso ne ho rimosso una sola, ma il concetto credo sia chiaro.
A governare le pinze una coppia di comandi Shimano Ultegra.
Le leve, per foggia e forma, le conosciamo già, con il sistema di cambiata a doppia leva e quindi quella del freno rivolta verso l’esterno.
Cambia la parte alta, decisamente più pronunciata come abbiamo visto sopra; il motivo è che sotto i copricomandi troviamo il la pompa idraulica dell’impianto freno, col minuscolo serbatoio.
Le ruote sono le Rose Xeon 1850 disc.
Cerchi in alluminio con profilo da 28mm.
Il canale è da 14mm, con nastro alta pressione da 16mm.
A calzarli una coppia di Continental Contact in misura 700×28.
Al posteriore un mozzo a 28 raggi, incrocio in terza.
All’anteriore un mozzo a dinamo, versione Pl-8x prodotta da SP-Dynamo.
Bene, fin qui il mio personale contatore mi dice che avete visto 141 immagini; e in coda una galleria fotografia, che porta il totale delle foto pubblicate a superare quota 280. Non credo mi sia sfuggito alcun dettaglio di questa bici; un modo per farmi perdonare sia la cattiveria della scorsa volta che la mancanza, per ora, del test su strada. Che come detto arriverà fra circa quattro settimane, per ora (ossia fino al momento in cui ho scritto queste note, non consideriamo il momento della pubblicazione) ho pedalato solo per una 30ina di chilometri, giusto per verificare l’assetto. Però era già buono quello fatto appena sballata la bici, quindi ne ho profittato alla fine per un giretto, prendere confidenza con la bici e inaugurare il tutto con la prima bucatura. E poiché doveva essere solo una uscita per regolare sella e manubrio, una cosa che faccio senza allontanarmi troppo da casa, nello zaino avevo la chiave dinamometrica e una livella ma non camera e pompa. Per fortuna ho trovato un negozio di bici aperto lungo la strada, facendo la figura del pivello che esce con la bici strafiga e non si porta nemmeno una camera di scorta. Eh già, mi sa che sto scontando la cattiveria dell’articolo precedente: non succederà più, prometto…
Vi ricordo che le immagini pubblicate nel formato galleria sono visualizzate qui solo come parziale miniatura; per poterle vedere integralmente è necessario aprirne una, da lì parte lo slide manuale.
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Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Bella bici.
Ho aspettato a commentare. Volevo guardarmi con calma le tropp…ehm… tante belle foto. 😉
Devo dire che Rose continua a sorprendermi per l’estrema originalità con la quale disegna i suoi telai; sofisticati, eleganti ma mai pacchiane e sovrabbondanti come certe concorrenti italiane. A dimostrazione che volendo, anche il telaio di una bicicletta può essere sempre soggetto a sviluppi di stile.
In particolar modo mi colpisce il tubo obliquo nella parte alta e il sofisticatissimo carro posteriore, quest’ultimo elegante e robusto al tempo stesso.
Tra i dettagli, pregevole è il passaggio cavi al di sotto del movimento centrale, e la successiva ri-scomparsa nei foderi del carro.
Inoltre, non avevo mai visto il numero di telaio mascherato dalla verniciatura per essere più evidente e leggibile. Touché!
Il montaggio è un po’ fuori dagli schemi; fosse una moto sarebbe una sport-tourer. Forse un po’ troppo Sport per un “viaggio” dei più duri, ma sicuramente sufficiente a creare una bici tuttofare divertente e robusta capace di affrontare senza paranoie anche uno sterrato.
Hei! ma stiamo forse parlando di una versione “moderna” di Elessar?!! 😉
Daniele
Troppe foto dici? Io non penso, del resto le ho pubblicate e sarebbe stato strano farlo se non avessi ritenuto giusto farlo.
Parliamo di una bici che è una novità assoluta, non presente ancora nemmeno sul sito ufficiale della casa, una casa che vende online e ha due negozi solo in Germania (ergo non vai a vederla al negozio sotto casa) e che è presentata per la prima volta al pubblico, salone di Verona a parte dove era esposta, proprio qui, su questo blog.
Fosse stata una bici già conosciuta, che chiunque può andare a vedere dal vivo a pochi chilometri da casa allora sarebbe stato un lavoro inutile impaginare tante immagini.
Ma così non è, quindi alla fine mostrare ogni singolo dettaglio credo sia un buon servizio a chi questa bici potrebbe interessare.
E non è una versione moderna di Elessar, le due bici non sono paragonabili; questa Rose è un prodotto industriale, di massa: una gran bici ma pur sempre destinata ad accontentare un vasto pubblico. Elessar deve fare contento solo me.
Fabio
Per sommi capi mi è venuto spontaneo paragonarle. Non avendole provate non posso dire nulla di certo su entrambi. Quello che vedo e che mi pare, ho tentato di spiegarlo a parole.
Daniele
E’ un parallelo che viene naturale, lo so. Viene anche a me mentre pedalo sulla Rose notare come in taluni frangenti Elessar sia superiore o più impacciata, ma sarebbe un errore da parte mia, e quindi un pessimo servizio ai lettori, se usassi una bici pensata e costruita per un solo ciclista, e quindi solo per le sue esigenze, a metro di paragone per un prodotto pensato per il grande pubblico.
Un test ben fatto non si riduce a qualche uscita come fosse una tua bici, pensando ad allenarti o girovagare. Devi “costruire” tutte le possibili situazioni d’uso per le quali la bici è stata pensata e cercare di comprendere se in quella situazione mantiene ciò che promette.
E nemmeno puoi raffrontare il diverso equipaggiamento; qui diluvia e fra poco mi coprirò e uscirò a pedalare con la Rose, io che la pioggia proprio la detesto. Lo farò per aggiungere una conferma a ciò che già so, ossia che sotto l’acqua i dischi sono superiori ai cantilever. Ma a parte che il fatto lo sappia già non mi esime dal provarlo, avrebbe senso poi scrivere che “…sotto l’acqua con questa Rose freno meglio che con Elessar…”? No, perché io se piove resto a casa, se proprio la prendo mentre sono in strada cerco riparo se è forte, altrimenti pedalo con calma e punto a limitare i danni. Perché Elessar è costruita sul mio modo di andare in bici, quindi non ha difetti finché ci pedalo io sopra. Ci metti un altro ciclista in sella e troverà mille cose che non gli vanno a genio.
Un paragone puoi farlo ma su basi omogenee, per esempio sarebbe interessante metterla a confronto con la Cannondale Caadx, bici che testerò ma che per problemi miei non posso tenere in contemporanea a questa; anche se sto vedendo come risolvere in modo da riuscire a passare almeno una settimana con tutte e due le bici sottomano e poi proseguire solo con la Caadx dopo aver rispedito questa.
Fabio
Press-fit…..mumble mumble…
Perché mumble mumble? Se la scatola è ben lavorata e il movimento montato a regola d’arte, non ci sono problemi. Sono anni che pedalo su bici con press fit.
Se poi uno lo monta a martellate, ci fa un video pubblicandolo su youtube e sostiene che va bene pure e, quel che è peggio, la gente gli crede (perché il problema non è mai uno che dice una fesseria ma la moltitudine che gli crede) allora certo che dopo 1000 km butti tutto
Fabio
Ottima recensione, su una bici molto interessante!
Due considerazioni: per fortuna anche in ambito fuoristrada Shimano ha abbandonato da tempo le abominevoli rondelle concave, che non facevano che rendere più complessa e meno duratura la centratura della pinza… da qualche anno, ormai, con nuovi impianti sempre più performanti, bastano e avanzano i pochi mm delle asole ovali. Ruote e raggiatura: avrei visto meglio, così sulla carta, un 32 raggi in 3a al posteriore, 28 raggi, se si viaggia a pieno carico con borse pesantine e si affrontano sterrati, sono un po’ al limite, e parlo per esperienze dirette e indirette, tante purtroppo, tanto che preferisco qualche grammo in più per 32 raggi (giusto poco tempo fa alla Transcontinetal Race un amico è rimasto a piedi ed ha dovuto acquistare strada facendo una nuova ruota… optando anche lui per 32 raggi, con la quale ha terminato senza più rompere un raggio l’impresa.
Attendo il test sul campo!
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