Passepartout

Tempo di lettura: 6 minuti

Vi ricordate la mia Peugeot Anjou? No? Fa nulla, rinfresco io la memoria.

La presi un paio di anni fa, un acquisto di impulso perché di Peugeot me ne hanno già rubate abbastanza e mi ero ripromesso di non cascarci più. Invece ci ricascai. Appena giunta a casa uscì per un brevissimo test e devo dire che la bici era si divertente ma non proprio coinvolgente da vedere.

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Una revisione e la sostituzione di alcune parti la resero più carina; decisi anche di darle uno sguardo strano montando un secondo faro.

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Incapace a star fermo la sottoposi ad alcune migliorie, dettagli che sfuggono a prima vista ma che detesto sapere ci sono. Come per esempio un portapacchi non in bolla, proprio non lo sopporto. E aggiunsi qualche orpello e due gomme più panciute.

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Fino ad arrivare al test su strada.

L'Anjou sotto la statua di Carlo d'Angiò
L’Anjou sotto la statua di Carlo d’Angiò

Insomma, articoli non ne ho fatti mancare 😀

Se vi siete presi la briga di saltellare tra i vari link che ho inserito avrete letto che la Anjou non è mai stata una mia prima scelta, da anni cerco la versione superiore. Trovai questa, la presi di getto intravedendone comunque il potenziale. Già sapevo che l’avrei modificata e del resto quando non sono dei top di gamma non mi faccio troppi scrupoli a usarle come base per i miei progetti. La portai alla casa di vacanza, stupidamente la lasciai lì finita l’estate e dopo un paio di mesi tornai ritrovandola affetta da ossidazione acuta ovunque. Colpa dell’aria umida e salmastra. Senza pensarci su due volte la riportai indietro per sottoporla alle attenzioni della microfficina. Smontaggio completo, ogni singola vite spazzolata, ogni parte in alluminio lucidata a specchio, come si può leggere in questo breve articolo sulla lucidatura dei suoi mozzi, il telaio sverniciato e protetto con un anticorrosivo.

Riposi tutto diviso in varie scatole e appeso alle pareti della microfficina, in attesa mi venisse l’ispirazione su come rinnovarla. Invece è rimasta ferma quasi due anni, un poco per mancanza di tempo mio; un altro poco per mancanza di spazio che mi costrinse a relegarla nel fondo della microfficina coi ganci presidiati mesi interi dai componenti di una unica bici che ha richiesto moltissimi mesi; e un tanto perché alla fine il cavalletto è sempre occupato da altre bici e le mie finisco a volte col trascurarle. In inverno inoltrato una prima verniciatura del telaio non andò a buon fine, il trasparente preparato dal colorista non era adatto alla vernice che sempre lui mi aveva preparato, rovinando il lavoro. Rimossa tutta la vernice appena data e riportato il metallo a nudo dovetti sospendere i lavori per mancanza di spazio, avevo qui alcune bici in lavorazione o terminate che fagocitavano ogni anfratto. Però mi ero fatto fare le scritte per il telaio, stemma col leone e nome da applicare all’obliquo, meglio esser pronti…

Nel frattempo l’idea della bici l’avevo, anzi due. Una elegante, l’altra ignorante. Però pure mi sono stancato di fare sempre bici bomboniera, quindi ho smantellato il caos della microfficina, recuperato pezzi vari (non tutti, alcuni son dispersi, boh…) e creato lei: Passepartout.

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Al netto del tempo per la verniciatura, tutto il lavoro ha richiesto circa sei ore; tanto tempo perché c’erano le ruote da raggiare oltre il semplice assemblaggio. Se invece vogliamo calcolare anche il tempo per verniciarla, il sabato ho dato il fondo, la domenica il colore (quattro mani) e il lunedì il trasparente (due mani, vernice monocomponente) lavorando poi il martedì sulla bici. Non sto calcolando il tempo precedentemente impiegato per sverniciare il telaio e lucidare i componenti in alluminio.

Il costo complessivo, escluso quello della prima verniciatura andata a male, è stato di circa 90 euro, di cui più della metà spesa per le vernici. Sono vernici per carrozzeria, avendo il compressore rotto le ho fatte mettere in bombolette. Una di fondo, due di colore (ha resa inferiore, è metallizzata e se ne applica uno strato più profondo) e una di trasparente. La sella l’ho comprata, le gomme (ma non le camere) le avevo e così pure il nastro. Tutto il resto è stato riciclato dalla bici in versione originale, guaine comprese. Fondo e vernice antiruggine anche per particolari secondari ma che erano stati comunque intaccati dall’ossido e che ora, spero, saranno protetti; per esempio la gabbia del cambio e la fascetta del deragliatore.

Quindi, in definitiva, per prendere una vecchia bici in acciaio, rimuovere la vernice, lucidare l’alluminio, pulire per bene tutto per preparare alla verniciatura, dare fondo, colore e trasparente e infine rimontare tutto quanto tempo ci vuole? Molto dipende dalla preparazione, ossia dal sistema impiegato per sverniciare. A mano con carta abrasiva troppo tempo, non vale la pena; meglio rivolgersi a un sabbiatore. La carteggiata va bene se la vernice è in buono stato e può essere “sfruttata” come fondo. In questo caso si stratta solo di rompere lo strato superficiale per consentire alla vernice nuova di aderire: un paio d’ore sono sufficienti, se la bici è in acciaio a congiunzioni. Qualcosa in meno se la saldatura è tradizionale, non c’è da impazzire con i profili e le rientranza delle congiunzioni. Già, se sfuggono lì la vernice salterà subito.

Se invece è necessario portare il metallo a nudo (e io ho preferito farlo, volevo accertarmi se ossido e salsedine avessero fatto danni, nonché dare una mano di fondo antiruggine) il mio consiglio primario è farlo sabbiare se il telaio è in buone condizioni. Se malmesso la sabbiatura potrebbe forare il metallo.

Ma noi siamo autarchici e ci piace fare da soli. Non ho procedura fotografica, non era previsto scrivessi un articolo sull’argomento; e non avrei avuto nemmeno lo spazio per scattare le immagini. Però da tempo mi viene chiesto di scrivere almeno due righe sull’argomento, quindi approfitto per brevi notazioni partendo da due soluzioni per la rimozione della vernice: sverniciante chimico o pistola termica. Ognuno dei due sistemi ha pro e contra. Il primo ha come vantaggio la facilità: un gel da lasciar agire alcuni minuti su una porzione di telaio alla volta e poi rimuovere con una spatola morbida; e visto che è un gel è facile farlo penetrare nei punti nascosti e interstizi vari. Ottimo quindi se abbiamo un telaio a congiunzioni, con zone scavate. Lo svantaggio è che è altamente tossico. Anche se i più recenti non sono più quelle misture di qualche anno fa che intimorivano solo ad aprire la confezione, mascherina, guanti, occhiali protettivi, tanto cartone sotto e locale molto areato (meglio ancora all’aperto) sono obbligatori.

Il secondo sistema ha il vantaggio di non essere nocivo e con alcune precauzioni è possibile lavorare anche in luoghi chiusi. La pistola termica scioglie la vernice che andrà rimossa con una spatola in metallo flessibile e spazzole metalliche di diversa forma per raggiungere i punti nascosti. Spazzole tutte di metallo, nel senso che lo deve essere anche la sede delle setole altrimenti la pistola scioglie pure la spazzola… Lo svantaggio è che è una procedura lenta. I tubi sono tondi, bisogna scaldare bene tutta la superficie ma non sarà mai rapido ed efficace come fosse una lastra piana. Inoltre la pistola termica “soffia”: non con potenza ma ovviamente ha la sua ventola e quindi la vernice rimossa si spargerà in giro. Quindi se lavoriamo al chiuso è meglio coprire con teli di protezione mobilia e oggetti vari altrimenti dopo sarà dura ripulire tutto. Richiede un poco di pratica per capire i tempi giusti di “riscaldamento” della vernice perché sia facile staccarla. Per allenarsi meglio partire da zone nascoste, per esempio la parte inferiore della scatola movimento e dei foderi bassi del carro.

Quale sia stato il sistema scelto, dopo una bella passata con carta abrasiva a grana 800 e tanta acqua rimuoverà ogni residuo. Perfetta asciugatura e possiamo sgrassare a fondo con un buon antisiliconico, per esempio l’acetone. Non quello che usano le nostre compagne per rimuovere lo smalto dalle unghie ma la latta da acquistare in ferramenta. E’ estremamente volatile, non lasciate la latta aperta.

Ultimo passaggio e siamo pronti a verniciare: la mascheratura. Attacchi dei freni cantilever/V-brake, filettatura movimento (la possiamo riempire con tanta carta da cucina oppure, meglio, chiudere con due rondelle da 40mm attraversate da una barra filettata da M10: le sporgenze della barra aiutano a muovere il telaio durante la verniciatura offrendo presa) tutte le filettature (possiamo usare normali viti che poi butteremo) le sedi per le leve cambio all’obliquo se presenti e qualunque altro punto di quella tale bici che non dovrà ricevere vernice.

No, forse non siamo pronti alla verniciatura: già, dove lo mettiamo questo telaio? Non certo sul cavalletto per la manutenzione. La soluzione migliore è appenderlo. Una corda da parte a parte nel luogo scelto per il lavoro. Un pezzo di legno o una sbarra di metallo di adeguata misura che attraverserà il tubo sterzo, una catenella semplice alle estremità e possiamo appendere il telaio.

Tutto pronto, possiamo prendere la vernice: quale? E come darla? La soluzione migliore è sempre rivolgersi a un buon colorista, farsi preparare fondo, colore e trasparente bicomponente per passare il tutto col compressore regolato a 3 atmosfere massimo. In mancanza del compressore il colorista potrà prepararvi delle bombolette ma tenete presente che il gas necessario a farle funzionare renderà sempre la verniciatura un pelo peggiore rispetto al compressore. E manca il preciso controllo che la pistola per verniciare offre. Questa Passepartout è stata verniciata tutta con bombolette preparate dal colorista. Perché come scritto prima ho il compressore rotto e perché in fin dei conti mi andava bene così. E’ un sistema che ho usato spesso in passato e quando ci hai fatto la mano e le bombolette hanno valvole di qualità il lavoro viene bene.

Due mani, la prima più leggera, di fondo aggrappante, antiruggine e lievemente riempitivo, in modo da livellare i piccoli segni lasciati dalle spazzole metalliche durante la rimozione del vecchio colore. Sempre una carteggiata ad acqua con carta 1200 dopo ogni passaggio, ovviamente a vernice asciutta. Poi quattro mani di colore, tutte leggere. Non abbiate mai fretta quando verniciate, il risultato non si vede mai alla prima mano. E mai insistere su un punto, sempre in movimento. Poi una buona carteggiata, tranne l’ultima mano che è stata di finitura. E per finire due mani di trasparente monocomponente (bastano due mani, è una vernice molto spessa) con carteggiata solo dopo la prima.

Terminata la verniciatura non ho fatto mancare una buona spruzzata di spray anticorrosivo.

I costi? Una sessantina di euro per tutto in bombolette da 400ml; che aumentano a circa 75/80 se si sceglie il trasparente bicomponente. Che ti fai preparare e corri subito a verniciare sennò lo perdi. Anche dando a compressore i costi sono più o meno gli stessi, visto che in questo caso i barattoli hanno formato minimo da mezzo chilo. Che è tantissimo, ci fai tre bici a dir poco, ma meno il mio colorista non prepara. Esistono anche vernici spray già pronte in commercio, a un costo medio di circa 15 euro l’una. Ed esiste anche una pratica bomboletta (piccola, mi sembra da 200ml, comunque sufficienti per un telaio se si maneggia bene evitando dispersioni) di trasparente bicomponente da attivare al momento della verniciatura. Io però non me ne sono mai servito, preferisco sempre scegliere il tono esatto facendomi preparare le vernici.

Ma come detto anche con la vernice messa nella bombolette il lavoro viene bene; e torniamo a parlare della bici.

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Ambientazione lacustre per la presentazione di questa Passepartout, per la precisione il lago di Fondi. Hanno ripulito parecchi sentieri che lo costeggiano, grazie al Consorzio di Bonifica che ha cambiato il suo nome ma risale ai tempi della “grande bonifica” Pontina; e al quale a tutt’oggi devolvo una tassa annuale ma che riconosco funziona bene. La cosa simpatica è che uno di questi sentieri posso imboccarlo a venti metri da casa mia, visto che sono proprio sul lago 😀

Non nascondo che proprio le apertura di questi sentieri e di altri in zona mi hanno convinto per questa trasformazione della Peugeot Anjou. Il buon Daniele mi ha chiesto, poiché mi diverte andare per campi, perché non lo faccio mai con una Mtb. Semplice, la Mtb non mi piace. La vedo ferma davanti a me e non mi viene voglia di salire in sella e pedalare. Tutto qui.

La bici è sostanzialmente originale, colore e gomme a parte. Oltre ad essere stata del tutto spogliata tranne che del (brutto, lo odio) cavalletto ma che purtroppo mi serve. Ed è una buona base di partenza per una trasformazione di questo tipo grazie a due caratteristiche: la tripla anteriore e i freni cantilever. Si, perché trasformare è divertente ma è sempre meglio partire da una base che consente di farlo senza troppe spese e che permetta di ottenere il risultato prefissato. Non basta montare una piega da corsa per avere una sportiva, per capirci.

Chi volesse approfondire può dare una scorsa al test completo della bici in versione originale, il link già indicato in apertura, qui ripassiamo velocemente l’allestimento e vediamo le poche modifiche partendo dalla trasmissione

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La guarnitura è una tripla stradale con dentatura 50-40-30.

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Ottima su strada, un poco meno in fuoristrada dove un pelo di agilità in più mi avrebbe fatto comodo. Ma la bici nasce come turistica stradale, e in quest’ottica è una perfetta combinazione.

Cambio e deragliatore sono ovviamente adeguati alle tre corone; sia la fascetta integrata del deragliatore che la gabbia del cambio erano irrimediabilmente rovinate dell’ossido. Le ho spazzolate a fondo e protette con una vernice antiruggine. Nero lucido, avrei preferito un argento. Ma è vernice assai costosa, dovevo solo fare questi due pezzi e i bulloni della guarnitura, l’avevo già in casa e l’ho usata. Comunque il risultato finale è gradevole.

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La ruota libera Maillard ha solo cinque velocità e dentatura 14-28.

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Tutti i rapporti sono pienamente sfruttabili, sia perché alla fine lo spessore della ruota libera non è elevatissimo e quindi gli incroci non fanno mai lavorare la catena in modo eccessivamente fuori linea; e sia perché le due levette all’obliquo prive di indicizzazione risolvono alla radice ogni problema di posizione del deragliatore, che non striscerà mai: lo spostiamo a piacimento, senza la schiavitù degli scatti.

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Ora, non voglio passare per il solito tradizionalista che poi nemmeno sono perché ho pure io la mia brava bici in fibra e 22 velocità in ossequio alle mode correnti; ma, mi chiedo, con questa tripla vado dappertutto, se avessi un sesto pignone da 12 per le discese mi ritroverei a tirare un 50/12 come tante bici moderne, siamo proprio sicuri che tutti questi anni di progresso ci abbiano reso la pedalata più felice invece di complicarci la vita? Con pignoni infiniti, prima la compact poi contrordine meglio il monocorona, i comandi elettrici, i freni idraulici e così via? Beh, tante innovazioni hanno reso davvero la pedalata, soprattutto quella sportiva, assai più efficace. Ma per uso disimpegnato-turistico, per fare lo zingaro a pedali insomma, continuo a credere che una tripla e sei/sette pignoni siano più che sufficienti.

I freni sono degli onesti Weinmann cantilever. Non brillano per modulabilità (al posteriore blocca troppo facilmente) e avrebbero bisogno di tacchette nuove. Che ero convinto di avere e forse le avrò davvero acquistate in questi lunghi mesi ma o li ho montati su qualche altra bici o chissà dove le ho messi.

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Sono privi della regolazione orbitale dei pattini e questo impedisce dargli una giusta convergenza; fischiano un poco ma tutto sommato visto l’uso cui ho destinato la bici mi posso accontentare e risparmiarmi l’acquisto di un impianto più moderno, che tra l’altro sarebbe pure brutto. E in fuoristrada ho sempre apprezzato poter bloccare la ruota posteriore. A comandarli due leve sempre Weinmann con l’inconfondibile doppio comando, altra cosa che apprezzo sia su strada che in fuoristrada.

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Una lucidata alle leve e peccato non ho copricomandi di ricambio perché questi ormai mostrano tutti i loro anni. Cavi esterni, ho conservato la curva alta della guaine che avevo già prima. Grazie alle doppie leve si guida molto in presa alta e avere facile accesso senza che le braccia incontrino ostacoli, magari quando ci si alza in piedi sui pedali avanzando il busto è una fattore di sicurezza in più.

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Certo, non a tutti piace una curva così ampia e sviluppata in altezza e forse hanno ragione. Vabbè, diciamo che così ha carattere…

Leve montate sulla originale piega alla francese; scomoda, mi chiedo come facevo a pedalarci prima e perché non hanno inventato da subito la piega compact. Visto, non sono contro il progresso per principio 😀

Fasciata con un normale nastro in microfibra, comodo e morbido; solo da lontano può essere scambiato per un più nobile in cuoio. Una delle mie piccole sciocchezze: i tappi manubrio a espansione che ho verniciato in tinta col telaio.

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Mi ci sono imbattuto per caso cercando i mozzi ma erano bianchi, tristissimi. E trovandomi con gli ultimi residui di vernice mi spiaceva sprecarli, così ho verniciato anche le fresature dell’attacco manubrio e del reggisella.

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La sella precedente, la tanto bella quanto scomoda San Marco Regale, è stata sostituita con una Velò in finta pelle e finta impuntatura; però le molle esterne sono vere e pure efficaci 😀

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E’ questa una sella adatta all’uso fuoristrada? No, per niente. Ma alla fine so già che i chilometri in off-road saranno scarsi un quinto di quelli che totalizzerò su questa bici, che sarà usata in vacanza per farci un poco di tutto e andare ovunque senza preclusioni: altrimenti perché l’avrei chiamata Passepartout? E poi mi piace confondere gli stili, non copio e cerco sempre di evitare il già visto.

Le ruote sono le sue originali ma rimodernate.

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Cerchi e mozzi, i primi Weinmann e i secondi Maillard, sono quelli precedentemente montati sulla Anjou pre-modifiche. I raggi sono Dt Swiss da 2mm con nippli da 16mm tutti nuovi, dono di Marco, il ciclista della KM e della Pass hunter disc. Grazie Marco.

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Gomme da fuoristrada, una coppia di Kenda da ciclocross in misura 700×35.

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Le avevo già, non sono pneumatici top ma il loro dovere lo fanno. E la tassellatura fitta ma non troppo sporgente assicura trazione in fuoristrada e poche vibrazioni su asfalto. Dove anzi i tasselli sono fin troppo cedevoli e nelle curve molto veloci, inclinando la bici, avverti una certa indecisione nel mantenere la traiettoria proprio per il loro schiacciamento. Inoltre il profilo decisamente squadrato rallenta la fase d’ingresso e fa perdere un poco di sveltezza al’avantreno. Ma comunque siamo su dettagli che la maggior parte dei ciclisti nemmeno noterebbe, sono io quello strano e fissato che si lamenta pure se gli si è attaccato un capello alla gomma.

Ho recuperato i portaborraccia e la pompa che montai quando la presi, fascetta di sicurezza in velcro compresa.

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Il batticatena è anche esso in pelle sintetica e proviene dalle scorte personali della microfficina.

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In effetti avendo attinto a quanto già avevo mi sono trovato con sella, nastro e batticatena di tre diverse tonalità. Non fosse una bici da battaglia non ci sarei passato su. Qui l’obiettivo era contenere i costi, la nuova Elessar sta richiedendo investimenti notevoli.

Alla fine che ne è venuto fuori? Una bici divertente, la base già la conoscevo bene avendovi pedalato per mesi. Di fatto ho eliminato il peso di due portapacchi, due parafanghi, due luci e dinamo e due borse, cambiato una sella e montato due gomme tassellate, nulla quindi di stravolgente. Su strada è rimasta quasi ugualmente godibile, tranne nelle curve veloci per via della gomme ma mi ci abituerò; anzi, è più comoda, morbida grazie alla generosa sezione delle coperture e al fatto che lavorano con basse pressioni di esercizio. Il peso in meno è sempre qualcosa di positivo e vorrà dire che caricherò la spesa in uno zaino o monterò il solo portapacchi posteriore se servirà. Ma vorrei lasciarla nuda e magari rinunciare pure al cavalletto. Non dovrò rinunciare invece ad andare per sentieri o cogliere fiorellini di campo o godermi un poco di sole al mare 😀

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Ne è valsa la pena? Come sempre quando si proceda a una trasformazione il puro calcolo economico non ha senso mentre per gli aspetti estetici e funzionali entriamo nel campo delle preferenze personali, soggettive. Se trasformiamo una bici è sempre per fare qualcosa di unico e personale, qualcosa che piace a noi e non che deve piacere per forza a tutti. Se ci sediamo, stappiamo una birra e guardandola brillare al sole caldo del tramonto ci facciamo da soli i complimenti allora, si: ne è valsa la pena.

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COMMENTS

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Bella, complimenti! Adorabile con quella forcella cromata che contrasta con i “duri” tasselli. 😀
    Secondo me, se il lavoro è fatto a regola d’arte (come in questo caso) far freddi conti economici servirebbe solo a trovare più vantaggioso comprare una mediocre bici già fatta. Ma in ogni trasformazione è l’estro creativo e la curiosità di sperimentare che vengono appagati. E in quel caso, non c’è store o negozio online che tenga.
    Nel mio piccolo, una vecchia mtb in acciaio pagata 90€, tirata fuori tre volte mi hanno già fermato per chiedermi: “Ma che modello è?”
    Solo che….come glielo spiego??? 😀

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Beh, stavolta proprio a regola d’arte non è, ci sono ancora diversi dettagli da sistemare. Che farò in futuro, avevo giusto una giornata libera per montare tutto perché poi la mattina successiva avrei trasferito la bici e quindi ho lasciato in sospeso alcuni piccoli lavoretti. Ma nel complesso ci siamo. Voglio solo scattare qualche altra foto ma con la giusta luce perché né il sole troppo forte né il cielo plumbeo che mi sta accompagnando rendono giustizia alla verniciatura metallizzata. In compenso il cattivo tempo di questi giorni mi ha fatto testare la bici nel fango: va una bellezza, solo che ora è da lavare…

      Fabio

  • <cite class="fn">Lorenzo</cite>

    Sei un artista delle due ruote Fabio
    gravel vintage veramente bella

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Grazie Lorenzo, ma non esageriamo, non sono un artista. Solo un poco di fantasia e tempo da perdere per realizzarla.

      Fabio

  • <cite class="fn">claudio</cite>

    Bella. Semplice e senza tempo. Anche le gomme coincidono con il mio attuale ideale: una cosa mista che fa tutto male con il merito di “fare tutto” e toglierti pensieri se lo spirito è quello di errare senza programmi prestabiliti. Unica configurazione dei bei tempi andati che non mi gusta sono i cavi dei freni esterni; preferisco quelli sottonastro per un fatto di praticità.

    claudio.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Claudio, quelle guaine esterne, tra l’altro con ampia curvatura, danno alla bici più anni di quelli che ha. A me non dispiacciono, sono pur sempre un tradizionalista. E non avevo altra scelta, l’alternativa era tra il montare queste doppie leve che sono per forza a cavi esterni oppure mettere due leve a cavi interni e aggiungere le doppie leve sulla parte alta della piega; che è del tipo francese, scomoda in modo imbarazzante e alla fine pedalo sempre in presa alta.
      Gomme; meno peggio di quanto sembra, non scorrevolissime ma almeno i tacchetti morbidi si fanno perdonare con tanto comfort. Nel periodo di collaudo si sono rivelate fondamentali, dopo giorni di pioggia i sentieri erano fangosi e senza di loro non sarei andato da nessuna parte.
      Mi è simpatica questa Peugeot/Passpartout, mi ci sono divertito e conto di divertirmi ancora con l’estate, profittando dei molti chilometri di sentieri aperti durante l’anno, impraticabili da quando ero ragazzino. Devo solo aggiungere un piccolo portapacchi anteriore, lo stesso tipo e marca che era su Elessar. La nuova Elessar avrà i caliper e userò portapacchi anteriore idoneo, ma qualcosina su questa Passpartout che mi ricorda la mia cara bici ci vuole 😀

      Fabio

  • <cite class="fn">Pietro Rossetto</cite>

    Ciao Fabio bella la bici proprio un bel lavoro starei anch’io un bel po a contemplarla se fosse mia. volevo farti una domanda sul restauro dei componenti silver; in questi giorni mi sto cimentando con un gruppo centaur alluminio con scritte rovinate e graffi. Nel togliere i graffi ho usato la spazzola con la pasta e ovviamente quello po che restava delle scritte è sparito ma ho tolto anche un trattamento non so cosa sia e il pezzo appare molto più lucido il che non mi garba, cosa si può fare per farli tornare come prima, ho pensato lana d’acciaio 0000 e polish, secondo te? grazie Pietro

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Pietro, la finitura campy una volta rimossa meccanicamente non è qualcosa che noi, coi nostri mezzi, possiamo ripristinare. Servono un bravo pulitore di metalli e poi una nuova anodizzazione. E non sempre i due artigiani coincidono. Puoi ottenere un effetto finale che si avvicina alla finitura originale, ma senza averne la tenacia, usando una vernice spray per cerchioni auto, non acrilica. Ma la superfice dovrà essere perfettamente liscia e ben sgrassata. Con tre mani leggere ottieni un discreto risultato a un costo molto basso, siamo sui 12/15 euro circa di vernice. Però è pur sempre vernice, se per esempio urti forte con le scarpe la rovini. Il vantaggio è che una lieve carteggiata e una nuova passata puoi ripristinare.
      Fabio

  • <cite class="fn">Pietro Rossetto</cite>

    Grazie per la risposta, per le scritte invece hai qualche idea? o meglio lasciar perdere.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Beh, le scritte puoi farle replicare da un buon grafico, andando sotto vernice ti durano una vita.

      Fabio

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