Campagnolo fuori dal World Tour ma…

Tempo di lettura: 3 minuti

…a me sembra si stia creando una tempesta in un bicchiere d’acqua.

La notizia è di questi giorni: in estrema sintesi, l’ultima squadra che ancora usava sulle proprie bici trasmissioni dell’azienda vicentina ha cambiato tutte le bici, sponsor è Van Rysel (Decathlon) montate con Shimano Dura Ace Di2.

Dubito vi sia sfuggita anche perché lanciata con gran clamore e col solito coro di tifoserie debitamente lanciate. Al solito qualcuno si è spinto pure in azzardati calcoli su quante bici dei professionisti montino Shimano e quante Sram, affermando fiero che malgrado il vantaggio numerico dei giapponesi gli americani hanno vinto di più, grazie anche alle scelte tecniche che hanno dettato gli standard di riferimento.

Insomma, questa non è una buona notizia ma da qui a usarla per i meschini interessi di parte è proprio da mediocri.

Non è una buona notizia per tutto il mondo a pedali ma nemmeno una catastrofe come qualcuno ha detto.

Questa la cronaca; però io qui non mi occupo di cronaca, scelsi da subito la via dell’approfondimento, posso prendermela comoda e tentare qualche riflessione.

La prima è giocoforza come si è arrivati a questa assenza, ché scrivere esclusione è errato.

Il casus belli è appunto il cambio delle bici, se il tuo sponsor ti paga per correre con quelle e a catalogo ha solo bici senza Campagnolo tu team professionistico ti comporti da professionista: pedali con quello che ti danno e con quello che dice chi ti paga lo stipendio.

Quindi possiamo da subito escludere una presunta inferiorità tecnica che ha influito sulle scelte.

E possiamo parlare di scelte commerciali, però le dobbiamo valutare a più ampio raggio.

Campagnolo è azienda antica, con retaggio nobiliare se mi passate l’iperbole.

Sorta quando i marchi che ora vanno per la maggiore qui non esistevano o non erano ancora nati ha fatto della raffinatezza tecnica e delle competizioni i punti fermi della propria produzione.

Condivido, le mie Elessar, le bici che hanno dato nome a questo blog e che sono due perché la prima è stata rubata, hanno anche loro due punti fermi a cui non ho inteso rinunciare nel progettarle: telaio in acciaio a congiunzioni e trasmissione Campagnolo Ultra Torque.

I punti fermi di Campagnolo sono validi e giusti ma da soli con il passare del tempo hanno mostrato evidenti limiti. Insieme a scelte originali.

Per esempio rinunciare a impegnarsi nel mondo Mtb ritenendolo, all’epoca del suo avvento, senza futuro.

Togliere via via di gamma trasmissioni che senza rinunciare alle raffinatezze tecniche potessero essere economicamente più abbordabili. Penso a quella bellezza del Veloce Ultra Torque, rimpiazzato poi dalla versione Power Torque (un passo indietro, quindi) e poi eliminata da catalogo.

Non c’è onta a offrire qualcosa di più popolare, soprattutto se serve a far girare marchio e denari. Vi ricordate le prime versioni della Bianchi Via Nirone, col Veloce di primo equipaggiamento? Mica per questo il Record e il Super Record ne erano sminuiti.

Rinunciare a perseguire una chiara politica commerciale sui prodotti OEM destinati al primo equipaggiamento.

Non sui prezzi, il gioco al ribasso alla lunga non paga come ha dimostrato l’aggressività di Sram che ora si vede soppiantata da competitor ancora più economici per le bici nella parte bassa di listino.

No, intervenendo anzitutto sulla ingegnerizzazione di montaggi e messe a punto più veloci e semplici in catena di montaggio.

Io non ho l’orologio che mi controlla e posso prendermela comoda. Però una bici Shimano la monto da zero in un tempo variabile tra i 45 e i 75 minuti a seconda se ha freni a disco idraulici o a cerchio e se c’è o meno un passaggio interno cavi ben studiato o solo fori a casaccio.

Una bici Campagnolo mi porta via 120 minuti se va bene e richiede una mole di attrezzi specifici costosissimi oltre a una accurata messa a punto dopo il montaggio.

Se invece di un semplice giornalaio che gioca a fare il meccanico fossi un’azienda con centinaia di bici da sfornare, tutto questo tempo avrebbe un costo ulteriore che non sarei propenso ad accollarmi.

Io sono d’accordo che se vuoi fare una cosa bene serve il giusto tempo; ma essere troppo elitari riduce per forza la platea e se poi ci devi campare, beh, è ovvio che un poco di elasticità devi averla.

Elasticità che è sempre stata carente ai piani alti di Campagnolo.

Aggiunta alla convinzione che ogni propria scelta sia quella giusta, definitiva, inappellabile. Invece di proporre alternative tra cui il ciclista potesse scegliere.

Anche l’ingresso nel mondo gravel non è sfuggito a nessuno dei limiti di visione che hanno caratterizzato l’ultimo decennio dell’azienda.

Una trasmissione raffinatissima, costosissima, solo monocorona, 13 velocità e con l’unica prospettiva di sviluppo di divenire elettronica.

Bella finché si vuole ma in un mondo dove i competitors offrono scelte per tutti i gusti e le tasche, pensiamo alle famiglie Shimano GRX a 10, 11 e 12 sia meccaniche che Di2, costruirsi da solo un recinto non è decisione saggia.

Quante bici escono con l’Ekar di primo equipaggiamento e quante con GRX e Sram, malgrado pure quest’ultima abbia deciso di imporre il monocorona sempre e ovunque?

Il Super Record wireless è una goduria, quelle pinze freno secondo me le migliori mai prodotte ma questo non basta a tenere tutto a galla.

E’ come i listini delle aziende di bici: hanno la specialissima da 15000 euro ma i numeri, e quindi i soldi, li fanno con le bici da battaglia. E con le E-bike, altro settore del tutto snobbato da Campagnolo.

Per carità, c’è un blasone da difendere, hai visto mai tradire la purezza della razza. Però con Fulcrum l’operazione è stata fatta, offrendo ruote con marchio diverso per aprirsi a quelli che non montavano Campy e tremavano al solo pensiero di usare trasmissione giapponese o americana e ruote della concorrenza diretta.

Che poi, singolare, ancora oggi molti di quelli che urlano contro Campagnolo usano ruote Fulcrum senza sapere che da lì vengono. Vabbè. 

Ma attenzione: questo non è l’epitaffio della gloriosa azienda vicentina.

Campagnolo ha mezzi, conoscenza, tecnologia per essere un costante punto di riferimento.

Al tempo stesso dovrebbe interrogarsi su scelte commerciali e soprattutto di marketing spesso completamente sbagliate.

Già, anche marketing. Che non è come molti credono tutta fuffa: è l’essenza della comunicazione. 

E nella quale Campagnolo conserva una rigidità ai limiti dell’autolesionismo, pretendendo persino di esercitare un ferreo controllo sui contenuti. O in linea con la policy interna o niente. Un errore, siamo da tempo nell’era di internet, delle informazioni che viaggiano veloci, delle tante voci. E dove anche quelle di dissenso sono utili, purché ovviamente tecnicamente motivate.

Essere fuori dal World Tour non è una tragedia ma nemmeno deve essere preso alla leggera. E’ una spia di cui tener conto.

Una spia che riguarda il prodotto in senso lato, non per le sue qualità tecniche che sono indubitabili, ma appunto per le scelte commerciali.

Non è solo il ciclismo che sta cambiando: stanno cambiando i ciclisti. La platea di riferimento.

Basta uscire una domenica e ce ne rendiamo conto. Gli appassionati sono sempre meno e sempre più avanti con l’età.

Pensare di basare ancora tutto il proprio modello di business sugli appassionati duri e puri è perdente, sia per numeri e sia perché la natura segue il suo corso.

Il fatto che non vi siano altre squadre a usare Campagnolo è diretta conseguenza. Se io azienda pago la sponsorizzazione lo faccio anche per promuovere le mie bici; che di primo equipaggiamento montano altro perché in quei cataloghi trovo tutto quello che mi serve per allestire sulla stesso telaio differenti versioni adeguando i singoli listini di conseguenza.

Per me azienda le gare sono anzitutto la vetrina del mio prodotto finito, quello che poi il ciclista trova in negozio.

Ognuno libero di operare le proprie scelte, se una azienda decide la via dell’esclusività, della nicchia lussuosa, libera di farlo. Ma deve essergli chiaro che i numeri saranno bassi. Prendete la bici Lotus da poco presentata: decine di migliaia di euro, soluzioni uniche (le pinze integrate per dirne una) ma è normale non vedremo mai una Lotus al Tour. Non è questo l’obiettivo dell’azienda, lo sa e va bene così.

Mica pretende che tutti si adeguino.

Questa pausa dalle competizioni che contano può e deve essere l’occasione per porsi quelle domande a lungo rimandate o alle quali si è risposto in modo sbagliato.

Nessuno può snobbare Campagnolo, per capacità tecnica e per blasone: ha tutto quello che serve per battersi con la concorrenza. Dire che essere fuori dal WT per problemi o inferiorità tecnica è la più grossa sciocchezza che si possa pensare.

D’altro canto Campagnolo dovrebbe abbandonare una volta per tutte la capacità di farsi male da sola.

Per lei e per noi appassionati.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Vinicio</cite>

    Mi piacerebbe vedere questa che citi in una foto: “Bianchi Via Nirone, col Veloce di primo equipaggiamento”. Ovviamente basta un link. E magari le pinze (“migliori mai prodotte”) campagnolo super record wireless, sempre citate nell’articolo. Grazie

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      basta una ricerca in rete, per aiutarti il codice della Nirone montata veloce è Y1B31ICK
      Per le pinze puoi vederle dal vivo se trovi una bici in negozio che le monta o magari affidarti sempre alla rete.
      Oppure se sei fortunato potresti metterci le mani sopra come ho fatto io e toccarne con mano la qualità.

      Fabio

    • <cite class="fn">Damiano Cassese</cite>

      La Bianchi Via Nirone la comprò a suo tempo mio fratello, ancora la possiede e la usa in granfondo e uso normale, decentissima bicicletta con una gruppo Campagnolo (Veloce) rispettabilissimo. Io stesso comprai la mia prima BDC con un Veloce con la tripla (scandalo!), perfetta per un novellino, con quel range così ampio (per l’epoca)… Chissà perché hanno valutato che quel segmento fosse perdente, quando invece quei gruppi potrebbero essere tranquillamente ancora venduti senza problemi. Molto solidi, molto durevoli, pochissima manutenzione. Perfetti per chi cominciava. Peccato davvero.

      • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

        eh, avevo anche io una tripla 10v campagnolo, uno spasso.
        A parte che diversamente da quanto si crede, il rapporto più agile era più duro di una attuale compact con 32/34/36 finale, ma avere quella 52 davanti e la 40 permettevano di trovare sempre la giusta cadenza. Laborioso ma godibilissimo.

        fabio

  • <cite class="fn">antonio daniele</cite>

    Secondo me Campagnolo potrebbe ricavarsi una nicchia (non al cimitero !!) tornando indietro nel tempo e proponendo non un 13v elettronico ma un semplice ed eterno 8v meccanico riparabile e registrabile in qualsiasi landa desolata della Terra e magari affidare una bici siffatta ad un vero campione che possa portarla vincente

  • <cite class="fn">Mauro</cite>

    Ciao Fabio,
    la tua disamina sulla situazione di Campagnolo è a mio avviso inoppugnabile, condivido quasi tutto il tuo pensiero eccetto quando scrivi:
    ” … Non è solo il ciclismo che sta cambiando: stanno cambiando i ciclisti. La platea di riferimento.
    Basta uscire una domenica e ce ne rendiamo conto. Gli appassionati sono sempre meno e sempre più avanti con l’età. … ”
    forse dipende dalla regione in cui si vive, io sono Romagnolo, il ciclismo ha avuto negli ultimi 15 anni un boom clamoroso, sono spuntati negozi come funghi, ma da qualche anno c’è una flessione, più che altro una riduzione dei punti vendita, ma non di ciclisti, che sono tutt’ora in continuo aumento, ma è si vero anche che l’età dei cicloamatori si sta alzando, si incontrano sempre meno gruppi di ciclisti under 30 o under 25, forse questo potrebbe essere uno spunto per un tuo articolo …;)

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Mauro, i ciclisti appassionati, sportivi, quelli naso nel manubrio insomma, quelli si stanno calando. Non lo dico io ma le ricerche svolte dalle aziende.
      Si vendono più bici (lasciamo da parte per ora l’attuale crisi del mercato) ma a una tipologia diversa di persone.
      Non è fenomeno regionale ma globale.
      Purtroppo.

      fabio

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