Affiancati o in fila indiana?
Sta facendo molto discutere in questi giorni il video pubblicato da Jeremy Vine, giornalista inglese, in cui mostra un gruppo di ciclisti pedalare affiancati, occupando l’intera corsia di marcia.
La tesi è che questa condotta di guida è più sicura per chi pedala: ma anche per chi è alla guida di una vettura.
"We should give areas of the country over to cyclists on a Sunday morning"@MikeParry8 shocked #JeremyVine with his thoughts on making certain parts of the countryside 'cyclists only'.
But do you agree? Would this make the roads safer for everyone?@theJeremyVine | @AyoCaesar pic.twitter.com/leywEK7Bfd
— Jeremy Vine On 5 (@JeremyVineOn5) August 9, 2021
Infatti, come mostra efficacemente questa immagine diffusa dalla polizia del Regno Unito, è chiaro come una vettura che si trovi a sorpassare una fila di ciclisti vada a impegnare parzialmente la corsia opposta, con rischio di collisione.
Una vettura che sorpassa i ciclisti in gruppo lo farà solo a strada libera, come stesse superando un altro veicolo.
Ecco, qui sta il punto per cui il bravo giornalista inglese ha ragione nella teoria ma torto nella pratica. Purtroppo.
Chi di noi pedala quotidianamente per strada e in città sa quanti trucchi e strategie abbiamo messo a punto negli anni proprio per renderci visibili, obbligare a rallentare o lasciarci spazio verso chi vuole superarci.
E sa quindi come anche questi comportamenti, che adottiamo per spirito di conservazione, siano potenzialmente pericolosi.
Perché poco da fare: diamo fastidio agli altri utenti della strada.
In fila indiana o in gruppo, la tesi della stragrande maggioranza dei conducenti di soli veicoli a motore, a due o a quattro ruote, è che non abbiamo diritto a essere lì.
Mi è capitato addirittura di ascoltare il vaneggiamento di chi chiedeva in un parco privato i dissuasori per far rallentare le bici, così che le auto potessero circolare senza l’intralcio dei ragazzini in bicicletta.
Noi che pedaliamo sappiamo quanto è pericoloso; e quando è il nostro turno di essere motorizzati usiamo il massimo rispetto per chi sta pedalando davanti a noi. Mi auguro…
Distanza, sorpasso lasciando ben oltre il metro e mezzo, a volte la “scorta” se la strada è pericolosa.
Mi capita spesso quando sono da queste parti di percorrere alcune gallerie buie, impegnate da ciclisti in vacanza o in giro.
Se sono in auto mi piazzo dietro, accendo le quattro frecce e percorro l’intera galleria facendo scudo e rallentando i veicoli dietro di me.
Molti automobilisti me ne dicono di tutti i colori; a volte, ahimé, anche i ciclisti che non comprendono come li stia tenendo al sicuro, visto che loro manco una lucetta hanno pensato a montare. Succede.
Quindi trovo che la tesi di Jeremy Vine, col valido supporto della polizia inglese, è assolutamente condivisibile.
Ma forse dalle parti loro, dove magari, chissà, esiste un superiore rispetto. No, tolgo il superiore: esiste (forse) rispetto.
Qui da noi il problema non è di regole ma culturale, perché le regole ci sono in tutti i campi, solo che in tanti ne sono insofferenti.
Viaggiando in fila indiana corriamo il rischio di essere sfiorati se non colpiti perché l’automobilista ha fretta e ci fa il pelo in sorpasso; e se anche ha spazio ci fa il pelo lo stesso, per disattenzione o con volontà, sfogando così la rabbia per la propria personale pochezza.
Viaggiando in gruppo l’automobilista ci arriverà a ruota, inizierà a suonare, tenterà un soprasso anche se ha corsia opposta occupata perché tanto alla fine son solo bici, manco mi graffiano la carrozzeria se li becco…
Il nostro codice della strada impone la fila indiana a noi ciclisti, lo sappiamo tutti.
E a me personalmente sta anche bene, seppure sia una norma evidente frutto della mentalità autocentrica che qui impera.
Ma non importa, mi metto in fila: basta che quando mi superi non devo sentirmi il risucchio della scia della tua auto a tutta velocità o il tuo specchietto sul mio gomito.
Quindi, alla fine, non è semplicemente questione di che “formazione” manteniamo in strada: finché non cambierà la mentalità degli altri utenti, dove chi conduce il veicolo più grande detesta chi ne guida uno più piccino e ognuno si sente padrone assoluto della strada, come ci mettiamo mettiamo, il pericolo è sempre lì.
Spero solo che il recente boom delle bici, trainato dalle ebike e che ha portato molti automobilisti a vestire i nostri panni, aiuti a fargli capire che siamo vulnerabili, chiediamo solo di non essere uccisi perché quella mattina avevamo voglia di sgranchire le gambe.
Buone pedalate.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Fra le caratteristiche negative degli automobilisti (disattenzione o con volontà) ti sei dimenticato INCAPACITÀ a condurre dignitosamente un veicolo.
Ciao Piero, sai che non amo generalizzare e infatti un poco mi secca scrivere “automobilisti” e basta; ma star lì ogni volta a scrivere “quegli automobilisti privi di rispetto, incapaci ecc” era lunga.
Perché alla fine conta poco cosa guidi, è una questione di mentalità.
Se poi l’esame della patente fosse più realistico e la revisione periodica richiedesse anche una nuova prova pratica ogni volta, non nascondo che ne sarei contento…
Fabio
Caro Fabio, concordo che la cosa fondamentale sia la mentalità, il rispetto degli altri.
A Dublino ho visto km di ciclabile semplicemente disegnati da una linea sulla carreggiata. Gli automobilisti talvolta la invadevano con le ruote per scansare un ostacolo ma sempre con attenzione e prudenza e con il rispetto degli altri. A Parigi e Barcellona ho visto autobus (quelli piccoli per strade strette) salire con due ruote sul marciapiede per superare qualcuno che stava scaricando. Con attenzione, rispetto, giusta precedenza ai pedoni di passaggio. Cultura, rispetto, giusta elasticità, ma non sopraffazione. È in quest’ottica che non trovo sbagliato l’idea inglese. Occupare uno spazio più ampio, forse (o meglio si spera), potrebbe dare maggiore visibilità ai ciclisti, prendersi qualche bestemmia in più ma poi fare capire ad automobilisti e altri utenti che esistono anche le biciclette e che hanno altrettanto diritto a circolare.
Nel frattempo circolo in fila indiana come prevede il codice, ma fare ragionare anche i legislatori non lo trovo sbagliato.
Carissimo Fabio,
nostro compito di esseri umani prima di identificaci nelle gilde dei ciclisti e degli automobilisti,
è quello di tutelare l’incolumità, anche quella degli stupidi di tutti i generi; per far questo
dobbiamo usare ogni strategia possibile, dato che un uomo quando muore non torna più
indietro. Quindi facciamo quel che funziona indipendentemente da leggi e morali varie.
A presto!
Alberto
Beh Alberto, il problema non siamo noi che facciamo del nostro meglio (dire ciò che è giusto sarebbe presuntuoso): il problema son quelli che fanno del loro peggio…
fabio
Ciao Fabio,
Ho vissuto nel Regno Unito in tempi recenti, e confermo la presenza del rispetto per il ciclista, che a sua volta lo dà agli altri utenti della strada (ma il cretino si trova ovunque). Un episodio capitatomi: da poco arrivato, faccio il mio primo o secondo giro in bdc e senza rendermene conto finisco in una sorta di scorrimento veloce. Me ne rendo conto, pedalo in corsia di emergenza per tenermi lontano dai pericoli e aspetto di trovare la prima uscita. Un camionista mi sorpassa e si ferma per chiedermi che diavolo ci facessi lì e se sapevo che rischiavo la vita, dicendomi “there’re too many flowers on this road, man”. Chiarii il mio errore e pochi metri dopo uscii da quella che scoprii essere la strada con più ciclisti morti della Scozia, la A8.
Un saluto.
Ciao Fabio,
argomento scabroso questo. In sostanza in zone o regioni dove andare in bici è pericoloso
si valuta se passarci o cambiare luogo, questo perché convincere a rispettare i ciclisti è come chiedere di non buttare i rifiuti per strada con i risultati che conosciamo. Cinture di sicurezza e strisce pedonali sono un ottimo esempio del tempo necessario per il
cambiamento di costume, quindi : prima proteggiamoci! Se la strada è pericolosa, cambiamola, Se in certe città come Milano le vie
sono come ghigliottine, non usiamo la bicicletta. Ho visto comunque molti ciclisti teppisti sui sentieri pedonali, sono rieducabili in tempi accettabili? Non credo.
Ciao a tutti
Alberto
PS
proteggiamo allo stremo le famigliole in bici, al punto di fermarci e tentare di spiegar loro i rischi per i bambini
Ciao Alberto, rieducare i ciclisti scostumati? Mah, ho sempre detto che andare in bici non ci rende né migliori né superiori: solo più magri, e non sempre. Un incivile lo sarà sempre, qualunque veicolo stia usando in quel momento.
Fabio
Io in macchina sono sempre molto attento,mantengo le distanze,supero solo se ho piena visuale nel senso opposto e così via,poi ho pure trovato un podista che mi ha insultato,implodendo di rabbia,perchè ho tergiversato a passarlo,pensateci,di sera,strada stretta,muro a dx e a sx,io con un Doblò,curva e doppia curva e questo premeva perchè passassi nel giro di qualche millisecondo,senza parole.
Durante una randonneè in Inghilterra,Londra-Edimburgo-Londra, in tandem,ci siamo sempre sentiti a nostro agio e in sicurezza, i mezzi per strada,schizzavano via veloci,ma molto lontani,nella corsia opposta alla nostra,tutto il sistema era abbastanza fluido e avevamo la netta senzazione che tutti si preoccupassero di noi
Ciao Marco, guidi da ciclista…poi certo, si incontrano ciclisti (o podisti) che fraintendono, ma dobbiamo riconoscere che non siamo abituati a che qualcuno ci presti attenzione.
Fabio
Tutto vero quello che hai scritto. Il problema è che manca il rispetto, punto. Quando sono in bicicletta mi rendo conto che spesso mi fanno il pelo per punirmi di essere lì a intralciare. Però ho anche visto ciclisti in fila indiana (e non sempre!) in gruppo di 10 o più a formare una colonna di 30/40 metri che ti blocca per chilometri. È così difficile, quando si è in più di tre, lasciare lo spazio per permettere ad un’eventuale auto in sorpasso di rientrare? Che, perdi la scia? E allora?
Il top l’ho visto con un gruppetto di tre che volevano sorpassare una colonna di auto che, a causa del traffico, andavano a 1 km/h meno di loro. Un eternità affiancati con le auto che arrivavano dalla parte opposta. Tutti a stringersi per salvargli il c… e loro imperterriti. Hanno vinto il KOS (King of stupid) non il KOM.
Ciao Alfredo, come detto poco sopra, usare una bici non significa essere persone migliori. Non mancano ciclisti privi di rispetto verso il prossimo, che sia su strada o nelle chiacchiere da ber o forum, basta farsi un giro in rete.
Ho la presunzione di essere riuscito a creare un luogo dove i leoni da tastiera e da pedale qui non vengano, quindi alla fine non scrivo pensando a loro e/o a convincerli ma mi rivolgo a teste pensanti.
Fabio