Ognuno possa trovare la sua bici…

Tempo di lettura: 2 minuti

…e no la bici che gli impongono.

Si, da sempre sono convinto che ogni ciclista è storia a sé, ché se dico caso unico si può fraintendere; da sempre sostengo che ognuno ha diritto a trovare la sua bici perfetta.

Ci scrissi persino un libro.

Ma da quella pubblicazione sono passati anni, il progresso è stato veloce, io tempo di revisionarlo non ne ho e quindi uso questo blog. 

Però non è solo il progresso tecnologico che in questi anni, considero anche i dieci del blog, ha fatto enormi passi avanti: l’ha fatta la specializzazione.

Non sempre è un bene, c’è ancora una certa confusione, settori o discipline dove assistiamo ancora a una sorta di sperimentazione, soluzioni sia tecniche che “filosofiche” lanciate lì più per saggiare la reazione dei ciclisti che per effettiva convinzione.

Da un lato assistiamo a quello che tempo fa definì un paradosso ma paradosso non è: la specializzazione democratica. Bici tecnologicamente raffinate che puntano alla poliedricità, alla loro capacità di portarti ovunque, di farlo bene e con prestazioni di tutto rispetto. Penso ad alcune gravel così come ad alcune bici stradali da endurance.

Dall’altro viviamo una eccessiva frammentazione, la ricerca spasmodica di creare nuove nicchie, nuove esigenze direi. Immaginarie, spesso.

Una ambivalenza che è anche mia.

Io amante dell’acciaio, questo blog nacque come gesto d’amore per la mia “bici perfetta”, quasi conservatore in tante scelte tecniche sulle mie bici personali, non mi separo dalla mia sportiva in composito con freni a cerchio, rigidissima e leggera; e al tempo stesso affascinato, incuriosito certamente, dalle nuove tecnologie, da ogni nuova idea, da qualunque nuovo modo di vivere la bici.

Su alcune cose nel corso del tempo ho modificato il mio approccio, non credo sia saggezza quanto piuttosto l’età che avanza.

Prima concepivo la bici da corsa solo rigida, leggera, veloce: anche a costo di spaccarmi schiena e braccia. Ora guardo con affetto le comode endurance.

Prima mi spostavo sempre in bici ma faticavo ad “accettarlo” come mezzo di trasporto, vedevo il fatto mi permettesse di unire il punto A con quello B solo un benefico effetto secondario. Ora sono un fervente sostenitore della bici come soluzione alla mobilità.

Ma questo non cambia il mio amare la bici in tutti i suoi aspetti, mai stato uno settoriale. Non pretendo di aver inventato il gravel, ma già da ragazzetto, parliamo degli anni ’80, accrocchiavo telai da ciclocross o da trekking per creare bici sportive capaci di affrontare bene il fuoristrada leggero. Capaci di gestire zingarate sui pedali senza doversi curare del tipo di strada.

Per i più giovani: a quel tempo la Mtb era da poco sbarcata, le bici da corsa montavano gomme da 21, c’erano aziende che proponevano i condorini.

Avevamo poca scelta, se eravamo meno inquadrati e volevamo qualcosa di adatto alle nostre fantasie su due ruote dovevamo industriarci per crearlo. Affascinante senza dubbio, ma comunque un limite.

Adesso viviamo in una tale abbondanza di scelte che è facile andare in confusione, come me la sera quando accendo la TV: una infinità di canali, piattaforme, app che solo a vedere cosa c’è passa via la serata. E infatti rinuncio, mi annoia star lì a scorrere infinite liste di film e serie.

Mi vedo i miei cari documentari storici e d’arte, lascio il telecomando alla padrona di casa, vado a dormire.

Serve una guida, serve qualcuno che sappia cosa esiste e ti indirizzi verso ciò che sa ti piacerà: esattamente come serve ora nel nostro mondo a pedali.

Non pretendo di essere io la vostra Beatrice ad accompagnarvi nel Paradiso del ciclismo, nemmeno la mia smisurata presunzione arriva a tanto.

Però indago, studio, provo, valuto.

E in tutto questo mio cercare mi sto rendendo conto sempre più quanto l’avvento di tanta tecnologia stia semplificando la bici più che complicarla.

Sembra un paradosso ma a rifletterci non lo è.

Si, all’apparenza i dischi idraulici o la gestione elettronica possono apparire complicazioni insormontabili.

Eppure siamo passati dal telefono fisso ai cellulari agli smartphone senza traumi; anzi, adesso uno smartphone ci semplifica la vita.

Quando era all’Università mi serviva una settimana in biblioteca solo per riuscire a creare una bibliografia su cui studiare, scartabellando schede e volumi alla ricerca di ciò che avrebbe potuto fare al caso mio. Ora in pochi secondi posso farlo grazie alla rete.

Sicuramente sono state introdotte novità, e altre lo saranno, che hanno nulla di utile, servono solo a capire se la direzione potrebbe essere quella giusta.

Ma altrettanto sicuramente nel ciclismo si stanno affacciando tecnologie che rendono e renderanno la bici più “friendly” per molti.

Per molti che non hanno la nostra passione forse, che badano poco al materiale del telaio, che gli interessa nulla sapere i dettagli di quella trasmissione o di quelle gomme, basta che tutto funzioni e non crei problemi, poi via a pedalare divertendosi.

Allora il punto di vista deve per forza cambiare, dobbiamo guardare le continue innovazioni sotto una diversa prospettiva.

Non dobbiamo chiederci se la bici è cambiata, sta cambiando, come cambierà.

Dobbiamo chiederci se abbiamo scelta, se ognuno di noi può trovare la propria bici perfetta. Che sia da strada, gravel, Mtb, a pedalata assistita, a trasmissione meccanica o elettronica, in composito o in acciaio, satura di ogni tecnologia o spoglia come Eva, connessa col mondo o burbera e scontrosa come me.

Semplifico con un esempio.

Ci sono scelte tecniche che non approvo, per esempio lo spasmodico spingere sul monocorona per ogni disciplina, come sta facendo Sram. Ci sono scelte di marketing che approvo, ossia proporre il monocorona ma senza togliere di mezzo la doppia e persino la tripla.

A me non importa se uno vuole una, due o tre corone: a me importa solo che ognuno possa scegliere.

Se poi riesce a scegliere con cognizione, ancora meglio.

Lasciamo che le aziende si sbizzarriscano a inventarne una al giorno, tanto poi alla fine saremo noi, siamo noi, a decidere.

Non lasciamo che presunti guru o santoni del web o, peggio, professorini col blog pretenzioso siano lì a dirci come pedalare.

Noi pedaliamo, come ci pare.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">stefano</cite>

    Da sempre le aziende cercano di imporre certe scelte, soprattutto quando a loro semplificano la vita. Se devono produrre il mono, il bi e il tri-corona, devono produrre e avere a catalogo 3 articoli… se convincono tutti che il monocorona è la scelta ottimale, devono produrre 1 articolo. Poi quando saranno riusciti ad imporre a tutti il mono-corona e le bici monteranno solo quello, sapendo che c’è una nicchia di persone che vorrebbe il bi o il tri, qualche azienda che fa piccoli numeri inizierà a ri-proporre le 2 e le 3 corone, e si accaparreranno quella nicchia. Il mercato si regola da solo, fa nascere esigenze nuove, ne soffoca altre, poi si riapre per andare incontro al desiderio di pochi (purchè siano abbastanza da garantire un certo fatturato). Con pro e contro, viviamo nel mondo migliore che siamo riusciti a creare.

    • <cite class="fn">Leonardo maria sacco</cite>

      Credo di potermi definire una persona aperta alle novità in bici… molto aperta. Ho visto con favore l’introduzione dei dischi su strada e del cambio elettronico, i miei appoggi delle mani sono convergenti, uso pedali SPD e non SPD-SL, tubeless a tutti i costi (prima 28 ora sono passato a 26)… insomma il nuovo mi piace.
      Non mi piace però vedere le forzature. Rimanendo sul cambio elettronico, ad esempio, ne trovo un po’ sciocca la massiccia introduzione su bici di gamma mediobassa, il cui prezzo viene pesantemente aggravato da questo componente. Io francamente userei quel budget per mettere di serie due ruote come si deve. Il prezzo di una endurance in carbonio di fascia bassa è passato da circa 2.500 euro ai 3.200, a parità di montaggio, per la sostituzione del 105 meccanico con un 105 elettronico. Ma non era meglio impiegare 700 euro per istallare due ruote in alluminio di fascia alta o addirittura in carbonio entry level? Per me tutta la vita!
      Lo stesso per il monocorona. In tutte quelle discipline dove si usano range ridotti di rapporti come nel ciclocross o dove la scalatura dei rapporti conta meno come in MTB su percorsi accidentati, il monocorona è la scelta ideale; dico anche che può esserlo nel settore professionistico, accompagnata dalla disponibilità di 12 rapporti dietro, per affrontare gare piuttosto “piatte” come la Parigi Roubaix, ma nessuno riesce a convincermi che lo stradista della domenica possa trovare qualche giovamento nel non avere 150g di materiale perché di questo parliamo. Infatti con i nuovi cambi elettronici l’azionamento del deragliatore anteriore può essere demandato alla intelligenza del cambio, monocorona meccanici su strada non ne vedo…
      Concludo dicendo poi che se la linea catena oltre ad assicurare longevità alla tradizione influisce anche sulla dipersione in attrito dei watt impressi dalle nostre gambe sui pedali, a mio modo di vedere, il bilancio fra aumento delle performance dovute alla perdita di peso e attriti sulla tradizione diventa ancora meno vantaggioso.
      Monocorona su strada? Al momento per noi passeggiattori sportivi “no grazie”…

      • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

        Ciao Leonardo, concordo su tutto, monocorona non soluzione universale in primis.
        Per quanto riguarda l’elettronico, a settembre i tuoi dubbi troveranno soluzione, con l’anno nuovo anche per bici endurance molto abbordabili.

        Fabio

  • <cite class="fn">Adriano</cite>

    unicuique suum…e chiunque ami la bici, comunque sia, dovrebbe sentire il dovere politico di usarla il più possibile per fare attivamente a avanzare di un millimetro tutti noi verso la mobilità sostenibile per tutti, tifando per le città 30km/ora.

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