Kenda Small Block Eight

La prova su strada

Tempo di lettura: 7 minuti

La prova su strada

L’azienda indica il ciclocross come ambito d’uso di questo copertoncino, quindi io, a rigore, a questo solo utilizzo mi sarei dovuto attenere.

Però resta il fatto che Kenda è uno dei più grossi fornitori di coperture per primo equipaggiamento e che è più facile trovare queste gomme installate su Gravel e cross bike che ciclocross.

Il perché è presto detto: nel ciclocross a fare da padrone è il fango e queste Small Block non solo proprio non lo tollerano e fin qui nulla di strano, non sono studiate per questo; ma nemmeno terreni resi appena più cedevoli dall’acqua riescono a essere percorsi agevolmente. La tassellatura, così come è fatta, si riempie in attimo e la gomma diventa una unica ciambella, scivolosa al punto da non offrire più alcuna trazione.

E’ un limite notevole; non un vero e proprio difetto, per esserlo avrebbero dovuto scrivere Mud compatibile e poiché così non è, non c’è la discrepanza tra il dichiarato e la prova pratica, condizione essenziale perché io annoveri, appunto, nella colona dei difetti.

Ma resta un grosso limite all’uso, perché a volte il problema si presenta anche attraversando il sottobosco. Non bagnato ma umido si, anche perché il sole fatica a filtrare e il terreno si presenta cedevole.

Mai sono scivolato tanto come durante le uscite in fuoristrada svolte con queste gomme. Per carità, spesso è stato anche divertente fare lo slalom in discesa tra gli alberi sfruttando la facilità con cui la ruota posteriore si bloccava e usavo il retrotreno come timone. Ma, ammetto, se non mi sono stampato in un bel tronco secolare è stata fortuna e non mia abilità…

E alla fine mi sono visto spostare il limite a difetto: ho tenuto conto della dichiarazione che è gomma da ciclocross e il terreno pesante, se non proprio il fango, almeno lo dovrebbe sopportare questa Small Block Eight.

Comunque non saltiamo subito alle conclusioni e procediamo per gradi. Iniziando dalla consueta descrizione per sommi capi della dinamica del test. Che, detto in apertura, è stato a dir poco tormentato; compreso la tormenta metereologica sotto forma di nevicata. Ok, non è stata una vera tormenta di neve, ma per noi che vediamo i fiocchi candidi si e no tre volte in un secolo anche una imbiancata ci lascia basiti e impreparati. Però sono stati giorni di festa 😀

Tormentata per molti motivi. Il test vero e proprio era iniziato lo scorso autunno e quasi subito sospeso per dare spazio ad altro materiale con priorità superiore. La bici usata, la sempre presente e disponibile PlanetX London Road era stavolta indisponibile per queste gomme perché mi serviva per altro, copertoncini compresi (i Michelin Urban di cui avete letto mesi addietro).

Poi tra una cosa e l’altra queste Kenda finivano sempre appesa al gancio in microfficina e io a pedalare per altro. Ogni volta che non avevo da fare altrimenti finivano sotto l’inglesina; e per un periodo anche sotto la B’Twin Triban 520, ma più per testare la bici in fuoristrada che dedicarmi a loro.

Insomma, una serie di eventi in continua concatenazione e per motivi che fatico pure io comprendere, a essere sacrificate erano sempre le attenzioni che rivolgevo a questi copertoncini. Tanto che a un certo punto, complice la nuova versione, mi ero deciso a cestinare questo test. Finché non mi sono reso conto che sarebbe stato comunque un peccato: le gomme si trovano ancora, tante bici le montano, i dati li avevo, restava solo la parte facile, cioè scrivere.

Si, in un test la fase più semplice è proprio la sua scrittura, non devi far altro che trasformare in parole le tantissime ore passate in sella, pedalando su strada e in fuoristrada, col sole e la pioggia e stavolta anche la neve; senza tralasciare la città perché o vivi tra i campi o in qualche modo devi lasciare casa tua.

La maggior parte dei chilometri li ho pedalati in off road e in inverno, come attestano le foto scattate con un caldo completo adatto a climi rigidi, ben diverso da quello del momento in cui state leggendo.

E forse questo ha influito sul giudizio finale, perché i limiti maggiori questo copertoncino li ha mostrati su terreni resi pesanti (non fangosi, lì proprio non c’è partita) dal clima piovoso.

La trazione è quasi inesistente, la gomma si riempie subito.

Questa immagine è stata scattata dopo appena 300 metri percorsi su un sentiero umido, non bagnato o fangoso. Per capirci, è quello della foto che lancia l’articolo in home page e che ripropongo. Con un dettaglio della situazione del terreno.

 

Sono partito dalla fila di alberi che vedete in lontananza, ho scattato l’immagine che vedete sopra, percorsi altri 100 metri e fermato perché la situazione era quella della foto ancora più sopra. E la ruota posteriore stava pure peggio, ogni colpo di pedale praticamente a vuoto.

Di contro, stranamente, la trazione a bici inclinata era ancora buona.

Ma stranamente non tanto, a pensarci: la tassellatura sui fianchi è più alta e distanziata, e questo ha consentito alle gomme di offrire un minimo di presa. Anzi, più di un minimo.

Troppo bassi e vicini invece i tacchetti centrali, l’accumulo di terreno morbido è garantito.

E questo spiega anche un altro paradosso, se vogliamo chiamarlo così: sul prato umido la trazione è stata superiore. Questo perché il copertoncino si è trovato a lavorare più a contatto con l’erba che col terreno; erba che, a quanto pare, provvedeva anche a pulire la gomma.

Apprezzabile il comfort nella guida in fuoristrada, anche se la sezione non è di quelle importanti. Un 700×35 può essere un ottimo compromesso tra esigenze stradali e fuoristradistiche, restando però un compromesso. Comunque poiché non richiede pressioni di esercizio troppo elevate, alla fine si viaggia abbastanza bene.

In frenata si ripropongono le difficoltà incontrate su terreni pesanti, per cui è necessario usare una certa cautela. L’avantreno non prende sotto facilmente e questo aiuta; ma il retrotreno, scevro dal carico imposto nella guida, blocca e sbanda con fin troppa prontezza.

Però, mi rendo conto, fino ad ora non è che ne sia uscito granché bene il nostro Small Black Eight e forse non è giusto: messo sul suo terreno ideale se la cava meglio?

Già, qual è allora questo terreno ideale? Quello asciutto, sicuramente. Quindi sentieri battuti, sterrati, strade bianche purché il fondo sia compatto. In questi casi la trazione è buona, qualche slittamento solo negli strappi decisi, quando magari ti alzi sui pedali per superare quel piccolo dislivello (piccolo come lunghezza) che ti si para innanzi all’improvviso.

E questo significa anche che se la salita è lunga e la pendenza da rapporto agile si deve pedalare seduti per tenere la ruota posteriore in condizioni di lavorare.

Ancora non ci siamo, però. Rileggo e mi rendo conto che pure sull’asciutto non è poi così performante. E io che sempre cerco il lato buono devo alzare bandiera bianca e riconoscerlo: in fuoristrada, anche leggero, è carente.

Il problema è la tassellatura centrale: tenere le tacchette distanziate sembra una buona idea, sulla carta dovrebbe garantire trazione senza accusare accumulo. Invece se il terreno è pesante la gomma diventa una slick di fango; se il terreno è asciutto i tacchetti centrali sono troppo bassi per offrire una presa decente se si applica più forza sui pedali.

Finche vai a zonzo devo dire che sono davvero bei compagni questi copertoncini. Sono comodi, sinceri, con buon appoggio laterale e una discreta manovrabilità.

Se però ti prende la scimmia e tiri giù tre pignoni allora bastano pochi metri per farti capire che è meglio sfogarsi una altra volta, non oggi, e con altre gomme.

E’ un peccato perché anche la scorrevolezza è assai buona, ma tutto sempre se il passo è blando. Il che non l’avrei considerato un difetto ma una caratteristica, quella di una gomma turistica cioè, se Kenda non presentasse queste gomme come da ciclocross, con tanto di testimonial che ne magnificano le virtù in gara.

Quindi se mi dici che è gomma da prestazioni e appena provo a usare la 50 o un pignone piccolo la ruota posteriore gira a vuoto, per di più sotto la spinta della mia gamba che è piuttosto mediocre, allora mi spiace ma devo mettere la poca presa in off road tra i difetti.

Sono stato a lungo a chiedermi perché quando queste gomme le ho usate per provare la B’Twin Triban 520 in fuoristrada ne ho ricevuto sensazioni migliori.

Stessi sentieri, clima più o mena analogo eppure non scivolavo così tanto. Finché ho capito che di base con la Triban sfruttavo sempre una cadenza superiore e rapporti più agili, mentre con la London Road sono sempre andato via con rapporti più duri. Il motivo non sta nella differenza tra le bici ma nell’assetto usato. Poiché l’impianto frenante della Triban non è uno dei suoi punti di forza e anche con tacchette di qualità resta un leggero ritardo di risposta, ho pedalato quasi sempre in presa bassa e non su comandi per esercitare la massima forza alle leve freno. Con la London Road invece ho pedalato come faccio sempre, cioè in presa sui comandi anche in fuoristrada. Quindi con la prima per non caricare troppo i polsi pedalavo seduto e agile, con la seconda spesso in piedi e più duro.

Insomma, uno sta lì a stilare rigorosi protocolli di prova e poi esci senza pensare a una differenza così importante.

Cambiamo completamente scenario: città.

Qui, devo dire, questi Kenda Small Block Eight sono andati ben oltre mie aspettative. Già, in fuoristrada hanno segnato troppi voti bassini e sulla carta è il loro campo d’azione. In città che proprio non è considerata dalla casa, hanno totalizzato voti più alti. Anche in situazioni al limite, come pioggia e pavé bagnati.

Probabilmente il disegno del battistrada ha favorito la rapida espulsione dell’acqua; sicuramente l’ottima mescola ha fatto il resto. Tranne qualche naturale bloccaggio al posteriore nelle frenate brusche, la tenuta è sempre stata ottima e rassicurante.

Non c’è, lasciando il fuoristrada per passare all’asfalto, una gran comunicativa, questo è vero. Devi fidarti perché c’è poco dialogo e questo succede spesso con gomme da fuoristrada a causa della tacchettatura. Cambia l’impronta a terra, non come fossero gomme stradali.

Però se ti fidi non ti deludono, e questo è buono. Ricordo che siamo in ambito urbano.

Il profilo arrotondato, ottenuto con un giusto disegno della carcassa malgrado la tassellatura alta, alla prova pratica non si avverte tanto. La gomma schiaccia, si deforma abbastanza e alla fine profilo tondo o no, ti ritrovi nella guida su strada un copertoncino più quadrato di quanto da fermo ti farebbe supporre.

La sezione non è di quelle abbondanti, una 35 non è nulla di che e ci si aspetterebbe sveltezza di avantreno. Cosa che invece è mancata, ne hanno molta di più gomme dalla sezione importante.

Quindi buon grip, buona scorrevolezza ma carenza di maneggevolezza lì dove avere un avere un avantreno svelto serve, come in città.

Ma non è gomma da ciclismo urbano, quindi non l’ho appuntato tra i difetti ma la tra le notazioni da offrirvi per inquadrare meglio le possibilità.

Lasciando la città per affrontare le provinciali una altra volta mi trovo a dover riportare note buone e meno buone.

La scorrevolezza è buona, non fa gridare al miracolo ma la gomma scivola via abbastanza bene; la tenuta in frenata soddisfacente se si scende veloci e il peso si fa sentire meno di quanto la bilancia attesti. Ah si, il peso, non l’avevo ancora fornito: 470 grammi rilevati, non pochi ma nemmeno uno sproposito per un 60 TPI.

Quello che manca è il comfort. La gomma è morbida, incassa bene. Però il battistrada si sente. Una sottile ma continua vibrazione accompagna la pedalata su asfalto. E se in quel momento si ha la fortuna di percorrere una di quelle belle stradine secondarie immerse nel verde, libere dal traffico e dal rumore, alla vibrazione si aggiunge il sottofondo della gomma che rotola.

Non è fastidioso ma una sorta di effetto placebo al contrario te lo provoca: cavolo, tutto questo rumore ma scorre o si incolla all’asfalto?

No, scorre, e pure abbastanza bene (mi rendo conto finora un giudizio positivo pieno ancora non l’ho dato…) però ti resta questa sensazione che sporca il rapporto tra te e il copertoncino.

Il grip sul bagnato ha mostrato qualche crepa in più rispetto alla marcia cittadina; comprensibile, lasciandoci alle spalle il caos del traffico aumenta il ritmo, la velocità quindi sale e la tenuta è sottoposta a prove più faticose.

Che supera solo in parte, perché soprattutto in discesa c’è da calare il ritmo e più di quanto si faccia con altre gomme off road per due motivi: il primo è che sotto l’azione frenante anche l’avantreno, e non più solo il retrotreno (sempre più sensibile perché solitamente scarico  – o meno carico – in frenata) perde aderenza con bloccaggi pericolosi; il secondo è che la spalla non tiene più di tanto, malgrado la distanza tra le tacchette non sia così elevata. Ma tant’è, qualche piega timida si, ma ad andatura blanda e con traiettoria rotonda; osare di più no. In città non senti come lavora, ti fidi e lei non tradisce; salendo di velocità non senti come lavora, ti fidi e lei tradisce.

Abbiamo un quadro credo completo, giriamo pagina e dedichiamoci alle conclusioni.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Dal test delle GravelKing (che ormai conosco a memoria) “non scivolano come altre gomme che ho provato e di cui avete letto o leggerete a breve” Cos’avrà voluto dire? 😀
    Ero interessato al test in vista di un nuovo acquisto: tante recensioni parlavano di gomma da “hard pack” e dello scarso grip sul fango… ma così sembra davvero tremenda. Per fortuna (o grazie ad altri test 🙂 ) mi sono rivolto altrove

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Paolo, kenda di solito fa cose buone, alcune loro gomme sono state piacevoli scoperte. Qui proprio non me la sento di consigliarle e un poco mi dispiace. Non per la gomma in sé ma perché cerco sempre di proporvi test utili. Dove per utile intendo scovare ciò che potete usare divertendovi. Però alla fine anche queste recensioni servono, uno evita…

      Fabio

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