Met Helmet Trenta 3K Carbon

La prova su strada

Tempo di lettura: 8 minuti

La prova su strada

Non balzo subito in sella: preferisco dedicare qualche parola alla tecnica costruttiva di questo Met Helmet 3K Carbon.

Grande merito delle prestazioni su strada infatti trovano radice proprio nella particolare struttura. Del resto un casco puoi provarlo a livello di comfort, calzata, areazione e così via: un crash test è escluso. Non avendo un laboratorio attrezzato l’unica sarebbe metterci la mia testa dentro e lanciarmi contro un muro. Non è il caso…

Tutto parte da una valutazione del team ricerca e sviluppo di Met Helmet: la fibra di carbonio è materiale resistente e con ottimo modulo elastico. Che significa? Significa che l’elasticità è caratteristica fondamentale per disperdere l’energia.

Uno pensa che più un casco è rigido più protegge; invece è vero il contrario. Ovvio, serve comunque elevata resistenza agli impatti, e la fibra su questo offre solo garanzie perché, ricordo, dire semplicemente fibra di carbonio non basta. Non pensate quindi a quei telai che vedete spaccati, lì il discorso è differente e poi ci sarebbe da discutere su che composizione ha la fibra. No, il vantaggio dei materiali compositi è, oltre la possibilità di essere rinforzati con apporti diversi, quella di poter orientare le fibre in modo da resistere al meglio alla direzione dell’urto. Diventando così un materiale di eccellente resistenza.

In più abbiamo l’elasticità che disperde l’energia dell’impatto: si rompe il casco ma non si rompe la nostra testa. Significa che ha fatto il suo dovere, non che è un casco scadente. Se poi si spacca cadendoci di mano è altro discorso, ma un casco così non esiste, non avrebbe l’omologazione quindi è ipotesi del tutto scolastica.

Elasticità che torna utile anche per un altro aspetto: ha permesso di ridurre del 20% l’EPS, ossia il materiale interno che è, appunto, quello deputato alla dispersione dell’energia. Però siccome la fibra di carbonio ci mette il suo, ecco il facile risultato dell’equazione, con un casco più piccole e leggero.

La struttura è a costole parallele che sono collegate dal centro del casco da una gabbia di carbonio incorporata nel rivestimento, rendendolo più leggero rispetto a una costruzione tradizionale.

Struttura quindi che è studiata con architettura per disperdere al meglio l’energia dell’urto.

E che contribuisce con la sua trama del carbonio a vista al look sportivo che tanto mi è piaciuto.

Sempre sulla zona posteriore, che si è capito è la mia preferita, ho apprezzato la cornice in carbonio delle prese d’aria che nell’accoppiamento con l’EPS presenta una fattura che sa tanto di artigianalità.

Leggero, il peso da me rilevato per la taglia M in prova è identico al dato dichiarato: 215 grammi. Che in testa sembrano pure meno, sia per il comfort della calzata che per il perfetto bilanciamento.

Leggerezza dovuta al minore spessore del materiale interno, come detto prima.

Variando angolazione ci si rende meglio conto di quanto la calotta sia piccola.

Il taglio della parte bassa è sagomato per favorire al massimo l’assetto sportivo; ottima la visibilità con la fronte rialzata.

Non infastidisce né limita la visuale nemmeno indossando un berrettino con visiera.

La calzata è assai comoda; la zona sopra le orecchie segue bene il profilo anatomico, la fascia posteriore abbraccia saldamente la nuca e, notazione per il pubblico femminile e i fricchettoni che non vogliono mettere la testa a posto come me, compatibile con la coda di cavallo 😀

Se non vi fate intimorire dal modello e prestate attenzione alle immagini appena viste, potete notare inoltre l’estrema compattezza del casco, l’ampia luce frontale (necessaria guidando naso nel manubrio), le tempie fasciate  e la buona protezione della nuca, con la parte posteriore che si protende generosa.

Aerodinamica curatissima: Met Helmet lo definisce un casco ottimizzato per la guida in gruppo e in determinate situazioni persino più efficace dell’ottimo Manta.

Io non posso certo svolgere test nella galleria del vento, quindi mi fido della riconosciuta serietà dell’azienda. E vi riporto qui il vantaggio calcolato.

Di sicuro posso dirvi che in velocità non hai alcun sibilo, segno di una penetrazione all’aria perfetta.

La ventilazione è eccellente, pure troppo per il clima in cui mi sono trovato a pedalare. Al di sotto dei 15 gradi è meglio usare un berretto, l’aria che entra dalle quattro prese frontali è tanta, così come efficaci sono i quattro piccoli inviti posto sotto. Se poi avete fronte socratica allora diventa proprio necessario…

La controindicazione è, facile intuirlo, che entra pure tanta acqua. Nel caso di un temporale estivo potrebbe pure fare piacere, nelle altre stagioni molto meno e quindi è bene essere attrezzati con un sottocasco di comprovata impermeabilità.

La presa superiore, quella a effetto Venturi, è ormai una mia vecchia conoscenza. Aiuta, e molto, quando le velocità sono basse. Quindi in salita, dove la necessità di avere la testa al fresco si fa più intensa.

Il comfort complessivo è di altissimo livello; pedali per ore dimenticando di avere un casco sulla testa. E per esserne sicuro ci ho passato tutta la giornata con questo Met Helmet Trenta 3K Carbon ben calcato sulla capoccia. Non in sella, in casa. Test piuttosto bislacco e che mi è valso diverse occhiate di commiserazione di mia figlia ma che mi ha fatto rendere conto come, effettivamente, scompaia. Scusate, io a pedalare 12 ore non ce la faccio, era l’unica opzione praticabile…

Merito anche delle diverse possibilità di regolazione; precisa quella delle clip laterali, anche loro sottoposte a test di durata: mezz’ora per ognuna ad aprire e chiudere, come fatto con altri caschi della stessa azienda. Nessun problema rilevato.

Le regoli una volta e te ne dimentichi, grazie al loro fermo non perdono la misura come avviene, invece, con le fibbie continue. Le quattro posizioni del Safa-T Orbital unite alle due di scorrimento laterale dei fermi occipitali rendono possibile a tutti trovare la giusta calzata.

Il peso non lo senti, come non avverti nemmeno dopo ore cedimenti dell’imbottitura interna.

La visibilità in presa bassa è ottima, grazie al taglio della zona frontale che non crea alcuna barriera. Anche indossando un cappellino a visiera resta sempre ampio campo visivo, che non costringe a posizioni innaturali del collo.

La nuca la senti protetta; dietro il casco fascia bene senza farti avvertire fastidiosi contatti.

Un casco sportivo che non disdegna l’uso disimpegnato grazie all’elevata comodità.

E che grazie all’efficace ventilazione si presta anche all’uso in fuoristrada, dove, almeno io, viaggio a velocità più ridotte. Sempre io pure su strada, ma sorvoliamo.

Nessun intralcio con gli occhiali; non provo mai la possibilità di riporli sfruttando le prese d’aria sul casco. Semplicemente perché i miei sono occhiali con clip da vista, se me li tolgo poi vado a sbattere. Che forse potrebbe tornare utile per saggiare la resistenza del casco, ma francamente preferisco fidarmi delle dichiarazioni dell’azienda…

Non ho pedalato con le infernali temperature che incontrai durante il test del Met Helmet Manta; ma so che le ritroverò da qui a qualche mese e non mancherò di aggiornare questa recensione se necessario.

Tutto quello che potevo scoprire l’ho scoperto, altro non c’è da aggiungere quindi possiamo tirare una linea e andare alle conclusioni.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Guybrush Threepwood</cite>

    Gran bel casco, senza dubbio.
    Ma a parte il prezzo che lo mette abbastanza lontano dalla mia portata, volevo chiederti le differenze dal punto di vista dell’areazione se paragonato al Manta che ha superficie “”piena” e senza scarichi: Personalmente patisco più il caldo che il freddo, dunque di primo acchito sceglierei il trenta (o qualcosa di simile), ma dal test del Manta mi ero convinto che l’areazione fosse comunque ottima grazie alle prese Naca/venturi.
    Ora, questo modello presenta sia le naca/venturi, sia le prese “tradizionali”. Quale sarà la scelta progettuale? Aumentare ancor di più il comfort rispetto al Manta pensando ai ciclisti più “accaldati” o altro? Inoltre se non ho capito male, pure la penetrazione aereodinamica è migliore se paragonata al fratello tutto chiuso? Insomma la domanda che sovviene è: Il Manta, che l’hanno fatto a fare?

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Daniele, parto dal prezzo. Elevato se si parla in assoluto perché 300 euro sono denari che chi lavora onestamente non può spendere a cuor leggero; più che giustificato se ti ritrovi questo casco tra le mani e soprattutto in testa. La costruzione in fibra di carbonio vale tutti i soldi spesi così come la qualità globale.
      Il concetto di assoluto torna anche per gli altri tuoi dubbi.
      Il Manta ha un eccellente ventilazione per essere un casco chiuso: appunto, per essere un casco chiuso. Non puoi considerarla in assoluto, cioè usando a paragone un casco aperto.
      E’ una ventilazione migliore persino di alcuni caschi aperti, è innegabile. Ma per forza paga dazio se lo paragoni a questo Trenta o altri top di gamma aperti. Devi sempre inquadrare il prodotto, e quindi il relativo test, per tipologia. Altrimenti si finirebbe col dire che con una bdc vai più veloce che con la Mtb su strada allora quella mtb da millemilionidilemuri è un cancello…
      Penetrazione all’aria; è specificato nel test: si parla di guida in gruppo e non da soli, dove quindi subentrano fattori diversi. In queste condizioni, a detta della casa perché io non ho strumenti per svolgere simili prove, la resa è superiore. Ed è inferiore a quella del Manta quando sei solo e pedali a certe velocità.
      Quindi due caschi top ma due caschi diversi, non sovrapponibili.

      Fabio

  • <cite class="fn">xtanatos</cite>

    Ciao, per fortuna lo street price è quasi sempre più basso di quello di listino: oggi si trova tra 240 e 270.
    🙂

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Massi, si, a qualcosa in meno sempre si trova nei vari store online; però in un test quando l’azienda ha un suo shop diretto è al prezzo lì che devi fare riferimento. Attenzione solo a leggere bene la versione, perché c’è a catalogo anche il Trenta, senza 3k Carbon a seguire per capirci, che costa effettivamente meno.
      Aggiungo una notazione perché un paio di giorni fa, quindi con test già pubblicato, ho avuto la prima giornata di vero caldo estivo. In una lunga sessione per raccogliere dati e foto per i test in arrivo avevo con me proprio questo Trenta 3K Carbon e ne ho potuto verificare l’efficacia della ventilazione, anche a basse velocità (le mie…) come non avevo potuto in questo strano inverno/primavera che ha visto venir giù la neve persino qui.
      Impietoso il confronto con altro casco che avevo con me: malgrado avesse molte più prese sembrava di indossare un berretto…
      Sono molto soddisfatto di questo Trenta 3K Carbon. Non è regalato ma più lo uso e più mi rendo conto che vale tutti i soldi chiesti.

      Fabio

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