Si è chiusa la COP29 e…

…i risultati sono in chiaroscuro.
Con ovvi toni trionfalistici e al termine di una (solita) lunga nottata a limare e aggiustare, c’è stato un aumento dei finanziamenti destinati ai Paesi che più duramente subiscono i danni del repentino cambiamento climatico, senza averne colpa.
Sono quelli che vengono definiti Sud globale con un tono paternalistico e colonialista che poco mi aggrada ma tant’è, pare che la semplificazione dell’informazione esiga cliché.
Si passa dagli attuali 100 miliardi di dollari annui a 300 miliardi: lontani dai 1000 chiesti dal “Sud globale” ma comunque un passo avanti.
L’assemblea plenaria della COP29 di Baku ha approvato nell’ultima giornata anche le norme per il mercato internazionale delle emissioni di carbonio, previsto all’articolo 6 dell’Accordo di Parigi.
L’approvazione consentirà di dare vita a un mercato in cui le emissioni di un Paese possono essere mitigate in altri territori. Il Paese che emette di più potrà finanziare, ad esempio, grandi progetti di riforestazione fuori dal proprio territorio o impianti di rinnovabili, compensando così i gas serra aggiunti all’atmosfera con interventi più economici rispetto a quanto lo sarebbero all’interno dei propri confini.
Gli standard tecnici erano stati definiti nel corso del primo giorno, ma ulteriori regole sull’implementazione verranno discusse nel corso del 2025. Quello che gli osservatori considerano un successo è l’aver raggiunto un accordo sull’esistenza di un registro delle transazioni controllato dall’Onu. L’istituzione del mercato di carbonio era il secondo dossier più importante della Cop29, dopo la finanza climatica.
Non nascondo la mia perplessità su questo meccanismo, in vigore da molti anni, per cui chi inquina di più se la cava pagando una cifra; troverei più saggio limitare le fonti di inquinamento, il tempo stringe.
E mentre si dibatteva tra copiose dosi di caffè, il Guardian rivela in una propria esclusiva che un delegato dell’Arabia Saudita – Basel Alsuabaity – avrebbe provato a fare dei cambiamenti non discussi ad uno dei documenti ufficiali della conferenza.
Il delegato ha infatti cancellato una porzione di testo in cui le parti sono incoraggiate e sviluppare e implementare gli Ndc (il contributo alla riduzione delle emissioni di ciascun Paese), i Nap (i piani di adattamento nazionali) e gli LT-LED (le strategia di sviluppo a basse emissioni nel lungo termine).
Comunque il tentato inganno è stato smascherato per tempo. Sempre secondo il quotidiano inglese.
Che aggiunge una nota sull’attivismo di Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite, che avrebbe telefonato ai referenti dei Paesi ricchi per aumentare la cifra totale dei sussidi. Sullo sfondo, si aggira lo spettro del ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, detrattore delle politiche ambientaliste: “Questo fattore, unito all’avanzate delle destre in Francia, Germania, Canada e altrove, significa che le cose sono davvero in bilico a Baku”, chiosa il Guardian.
Ma c’è un altro elemento che ha toccato di riflesso la COP29, un riflesso però assai importante.
All’apertura della Conferenza avevo predetto nella Cina una sicura protagonista.
E così è stato, seppure il leader Xi Jinping abbia scelto un diverso palcoscenico: il G20 di Rio de Janeiro.
“Il documento finale di Rio – scrive Bencini del think tank Italian Climate Network in un’analisi del summit brasiliano. – indica alla Cop29 di Baku che il nuovo obiettivo globale di finanza per il clima, obiettivo principale di Cop29, dovrà partire dalla dimensione minima di mille miliardi di dollari, come chiesto a più riprese da Cina e gruppo G77 (i paesi in via di sviluppo ed emergenti)”.
“Il testo fallisce nel fornire ulteriori indicazioni alla Cop – prosegue l’analista -, in particolare rispetto alla durata temporale dell’obiettivo ed alla sua struttura, temi lasciati ora nuovamente alla conferenza, dalla quale si aspetta una nuova bozza di decisione entro questa sera”.
“Il comunicato finale di Rio – conclude Bencini – non cita in alcun passaggio la possibilità di allargare la base dei donatori a Paesi in via di sviluppo con forte capacità finanziaria e anzi, include poi un intero paragrafo contro le misure ambientali protezionistiche unilaterali, riprendendo il linguaggio dei Brics contro il Cbam europeo (il dazio Ue sulle importazioni in base alla Co2 emessa per produrle, dal 2026).
Una cosa molto diversa da quella sostenuta dalla nostra Presidente del Consiglio che in favore di telecamera si era attribuita il merito di “aver fatto sborsare soldi alla Cina”.
Ma vista nella sua giusta dimensione, è una notizia importante.
A Rio de Janeiro il presidente cinese, Xi Jinping, ha annunciato otto azioni a sostegno dello sviluppo globale, che vanno dal sostegno allo sviluppo dell’Africa all’adesione all’Alleanza globale contro la fame e la povertà, dal lancio dell’Iniziativa per la Cooperazione Internazionale nella Scienza all’espansione dell’apertura unilaterale ai Paesi meno sviluppati.
La Cina promuove lo sviluppo e la rivitalizzazione del Sud Globale, nonché la transizione verde globale. Dalla sua istituzione, più di tre anni fa, l’Iniziativa per lo sviluppo globale ha mobilitato quasi 20 miliardi di dollari in finanziamenti per lo sviluppo e ha implementato più di 1100 progetti. La Cina ha fornito assistenza allo sviluppo a più di 160 paesi, ha lavorato con più di 150 paesi nella costruzione congiunta della Belt and Road, ha istituito un fondo per lo sviluppo globale e la cooperazione Sud-Sud e ha lanciato una rete completa di centri di promozione dello sviluppo globale. Il Paese ha firmato 53 memorandum d’intesa sulla cooperazione Sud-Sud sui cambiamenti climatici con 42 paesi in via di sviluppo.
Come osservato da Gerd Müller, direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (UNIDO) “la Cina è il nostro partner più forte” in materia di riduzione della povertà, del raggiungimento dell’obiettivo “fame zero” e della promozione dell’azione per il clima.
Ora non siamo così ingenui da credere che tutto questo attivismo cinese sia per amore del Pianeta.
E’ anzitutto sano pragmatismo: da un lato cresce ogni giorno di più l’influenza sui Paesi del Sud Globale, Africa in primis; dall’altro l’espansione in chiave green permette di far crescere l’economia (che per gli standard di crescita cinesi la si può definire al momento stagnante) aprendo via più nuovi mercati. Sia per l’export che per l’approvvigionamento di materie prime e risorse.
Senza mai dimenticare la capacità di giocare su più tavoli, persino in contraddizione.
La Cina è il Paese con la maggiore immissione di Co2 (però l’inquinamento pro capite è superiore negli USA) e al tempo stesso regina delle tecnologie green.
Lo scrissi in altri articoli, lo ripeto spesso: chi governa la transizione ecologica, governerà il mondo.
La Cina sta conquistando Nazioni senza guerre, ben lontana dalla follia criminale del neo zar russo.
Sta portando a sé, con la placida calma di chi siede sulla sponda del fiume, tutti quelli che a vario titolo sono scontenti della guida Occidentale.
Ma lo sta facendo evitando palesi frizioni, mostrando la forza di cui sarebbe capace ma senza esercitarla.
Soprattutto lo sta facendo rendendosi indispensabile alle economie degli altri Stati.
Chi invece deciderà di uscire dagli accordi di Parigi o millanta l’esistenza di tecnologie inesistenti o persevera nel puerile refrain della transizione come ideologica, affronterà danni economici di difficile quantificazione. A fronte di un breve ed effimero vantaggio immediato, la disfatta è certa.
La propaganda e la disinformazione stanno giocando ruoli da protagonisti, dalla Russia sono incessanti i lavori di società e bot creati per diffondere sciocchezza. A cui in tantissimi abboccano.
Vi lascio con un disegno che circola in rete, emblematico dell’elevatissimo tasso di analfabetismo funzionale su cui possono contare gli autori, visto il riscontro che incontrano.
E’ triste che ci sia anche solo una persona che ci creda, ma è una realtà con cui dobbiamo, purtroppo fare i conti perché è ben più di uno.
Buone pedalate
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.