Michelin Power Gravel

La prova su strada

Tempo di lettura: 10 minuti

La prova su strada

Due le bici usate durante il test: la solita London Road, tetragona; e per un paio di uscite in fuoristrada una Soma Wolverine. Ho lasciato sua maestà Elessar a riposo in questo giro. Rimuovendo i parafanghi le Michelin Power Gravel 700×40 entrano: a filo ma entrano. Memore però della giornata impiegata a pulirla quando la luccicante bomboniera si vide coinvolta nei test in fuoristrada calzando le Cyclocross sempre della casa francese, con fango e terriccio insinuato in ogni più piccola cesellatura delle congiunzioni, ho rinunciato. Vi ripropongo giusto per curiosità una immagine scattata durante quel test: sono giustificato a lasciarla a casa? 😀

Percorsi molto variegati, come giusto siano quelli potenziali per queste coperture. Strade statali e provinciali, sia discretamente tenute che molto trascurate. Sentieri battuti e molto meno, sabbiosi o interamente ricoperti da pietrisco. Terreni asciutti e resi pesanti dalle piogge cadute copiose negli ultimi giorni di test. Fango, non tantissimo ma non me lo sono fatto mancare. E a chiudere la città, la mia: un caos di traffico e strade distrutte, pavé e basolato in ogni dove, ciclabili non pervenute e asfalto solo una speranza. Paradossalmente il terreno più probante per un copertoncino: se tiene sul pavé bagnato allora terrà ovunque; e se sul disastrato pavé ti fa viaggiare comodo, sarà comodo ovunque.

Tanta varietà e soprattutto percorsi in antitesi tra loro. Quello che ti serve su strada ti rende impossibile il fuoristrada e viceversa. Serve un compromesso, un punto di incontro. Che non deve significare per forza il classico metà e metà. Anzi.

Lavorando su mescola, disegno del battistrada e soprattutto sulla carcassa (forma e cedevolezza) si può ottenere molto di più.

Se Michelin ci sia riuscita lo scopriamo adesso, partendo dalla strada.

Su strada.

Quando ho installato le gomme sono stato lì a guardarmi il battistrada da tutti i lati, misurato l’altezza delle tacchette, la distanza tra loro, tentato improbabili calcoli della proporzione tra vuoti e pieni cercando così di immaginare cosa mi avrebbe rimandato portarli sull’asfalto. Tutto lavoro inutile.

Perché a vederli da fermi mostrano una chiara propensione all’off road e questo mi faceva temere rumorosità, vibrazioni e poca precisione soprattutto in piega. Ovviamente sbagliavo a dimostrazione che la teoria spesso è fuorviante.

Un solo aspetto avevo profetizzato giusto ed è la rumorosità. C’è, nulla di fastidioso ma percorrendo solitarie e silenziose strade di campagna, asfaltate, si avverte il ronzio costante. Fisiologico, non ha controindicazioni pratiche quindi non lo bollo tra i difetti ma lo archivio tra le notazioni d’uso.

Per il resto il comportamento è del tutto analogo a una gomma stradale. Perché se il battistrada lo senti ronzare non lo avverti su strada; non è “incollato” per capirci. E comunque si attenua parecchio col progredire dei chilometri.

E soprattutto non inficia una delle migliori caratteristiche di questi Michelin Power Gravel: il comfort di marcia.

Tutta la gamma Power mi aveva abituato all’elevatissimo grado di comodità, ricordo ancora con affetto le sportive All Season che all’epoca del test mi colpirono, e non mi aspettavo ma speravo di avvicinarmi a loro con questa versione polivalente.

Considerando che le ho usate sempre in configurazione con camera d’aria e non Tubeless (avrei potuto ma le ruote mi servivano anche per altri test e non potevo latticizzarle, mi avrebbe impedito i rapidi cambi gomme necessari ad altri articoli) e quindi con pressioni di esercizio più elevate che se fossi ricorso alla soluzione senza camera, ci avviciniamo molto all’eccellenza.

Il voto massimo non lo raggiunge solo a causa di una certa rigidità laterale, come se la gomma faticasse a “schiacciarsi” piegando forte in curva.

Avverti però tanto sostegno.

E infatti proprio grazie a questo sostegno recupera in pagella, e con gli interessi, nella guida sportiva stradale.

Il fitto battistrada centrale scorre regolare e si avverte il gran grip che permette di osare nelle frenate più decise.

La guida arrembante diventa un suo terreno e grazie all’appoggio assai generoso anche parecchio divertente.

Il ronzio in velocità si fa sentire ma sembra la giusta colonna sonora della velocità.

L’avantreno non molla mai anche pinzando senza riguardi, dietro arriva qualche bloccaggio sempre perfettamente controllabile e facilmente rimediabile caricando maggior peso sulla ruota motrice.

In pianura si viaggia veloci, esattamente come con una gomma prettamente stradale.

In salita la differenza di peso con coperture sportive è evidente, sarebbe strano il contrario. Quindi non fa testo.

Il metro di paragone devono essere gomme di pari misura e destinazione d’uso e in questo caso i 450 g sono un ottimo risultato. Soprattutto tenendo conto della totale protezione antiforatura, ossia da cerchietto a cerchietto.

In discesa gran divertimento. La sezione abbondante aiuta, come sempre. Ma sarebbe riduttivo ricondurre il perfetto e solido appoggio solo a questo.

Quello che permette di essere molto veloci in assoluta sicurezza sono diversi fattori che lavorano insieme. La mescola sicuramente e la cedevolezza regolare e dolce pure. Concetto quest’ultimo che ho già affrontato in altri test, quindi inutile tornarci. Sintetizzo per un veloce ripasso. Il profilo a terra di un copertoncino non è quello che vediamo a bici ferma. Durante la marcia si produce un costante appiattimento al suolo (per comodità espositiva eliminiamo le variabili delle differenti pressioni di esercizio assumendo pure che il ciclista ripartisca il peso ugualmente sui due assi) che andando dritti si stabilizza e lì resta.

I problemi possono sorgere in curva, ancor più se il battistrada non è stradale. La forza esercitata al suolo varia perché ne subentrano altre ma resta comunque la gomma che si “schiaccia” sull’asfalto. Se tra centro e spalla c’è forte difformità avremo un copertoncino che non riuscirà a garantire il giusto appoggio redendo anche imprecisa l’azione. Se poi il nostro copertoncino è tassellato dovremo fare i conti anche con l’elasticità (deformazione) di questi, che è giocoforza differente da quella della carcassa.

Quindi, come vedete, un bel dilemma. La soluzione è offrire un copertoncino che riesca ad amalgamare perfettamente cedevolezza della carcassa e deformazione dei tasselli: in pratica se piegando non avvertiamo alcun cedimento improvviso o scalino allora gli ingegneri hanno centrato l’obiettivo.

In che modo quelli Michelin lo abbiano fatto non lo so, non ho studi e ricerche da consultare (ammesso sia in grado di comprenderli…) su struttura della carcassa e composizione: so che la manovra è precisa, rigorosa e soprattutto trasmette un gran senso di sicurezza. E quest’ultimo è per me fondamentale, sapete che se non mi sento sicuro, se non ho dialogo con la gomma io rallento.

Con le Power Gravel non ho mai dovuto allentare il passo (in discesa, ovvio…) perché le fasi di staccata, ingresso, appoggio e uscita dalle curve sono sempre state perfette.

Soprattutto avvicinandosi al limite di piega (elevatissimo) non c’è alcuno stacco tra battistrada e tassellatura laterale. La manovra è dolce, priva di scalini, continua.

Il tutto con l’ottima comunicativa che sapevo avrei trovato; non si chiamano Power a caso, l’aria di famiglia c’è.

Ai miei abituali percorsi di prova se ne è aggiunto un altro, ho impiegato un paio di mesi a studiarlo e testarlo. E’ un misto molto stretto in leggera discesa; cioè, io lo uso in discesa così posso tenere velocità superiori. Può sembrare facile trovare percorsi adatti, in realtà no. Perché non posso limitarmi alla morfologia stradale, devo tener conto della facilità a raggiungerli (il tempo a disposizione quello è, non posso dedicare sei ore solo ad andare e tornare) del grado di sicurezza, della visibilità in uscita di curva e tanto altro.

Questo nuovo circuito mi ha permesso di verificare al meglio i rapidi cambi di direzione, cosa che prima rilevavo su discese molto strette mantenendo una andatura più blanda, da pianura veloce diciamo così.

Essere veloci significa non scomporre mai l’assetto, quindi gestire al centimetro frenate e rilanci; e soprattutto interpretare il percorso come una unica linea sinuosa, una sola traiettoria costante, mai spezzata.

Serve conoscere la strada a menadito e su questo ci sono; serve la bici che te lo permetta, e pure su questo ci sono; serve il copertoncino che passi da una inclinazione all’altra in velocità e sicurezza, abbia solido appoggio e ti permetta di correggere quando nella foga sei andato lungo e pinzi fuori traiettoria per rientrare: e ancora una volta ci sono, anzi ci sono le Michelin Power Gravel.

Chiudo questa sezione con la guida sul bagnato; grip buono e ottima comunicativa tra ciclista e gomma rendono la guida sicura ed efficace. C’è da andare “felpati”, come sempre quando l’acqua rende infido il percorso. E tenersi un pelo più bassi di pressione: si perde precisione in velocità, è vero; però siccome con la pioggia il ritmo cala (o almeno io lo calo) meglio godersi la superiore impronta a terra. La fase critica, quella della piega, è stata affrontata con successo a patto non essere mai bruschi. La frenata ugualmente sicura, con naturali bloccaggi al posteriore anche in questo caso controllabili e ridimensionabili caricando peso dietro. Comunque a parte un fastidioso raffreddore che non è colpa della gomme ma mio che mi incaponisco nell’illudermi di avere il fisico di trent’anni fa, nessun problema rilevato. Però nel complesso non posso definirla una gomma da bagnato.

Quando la scorsa primavera lessi dell’arrivo di questi copertoncini rimasi perplesso nel vederli collocati in gamma stradale, cioè affiancati ai vari 4S, Comp ecc.

Ora ho capito che hanno tutto il diritto di starci. Per questo sono partito proprio dalla strada. Però adesso è il momento di lasciare l’asfalto e sporcarci di terra.

In fuoristrada.

Fuoristrada: definizione troppo ampia, può comprendere qualunque tipologia di percorso non sia lastricato. Occorre delimitare. Solo che poi quando imbocchi il sentiero sconosciuto mica lo sai cosa ti aspetta.

Cioè, io lo so perché nei test non girovago, vado solo ed esclusivamente su percorsi straconosciuti. Che si sono tradotti in terra battuta, solida e compatta; terra battuta molto polverosa, compatta ma con un sottile strato superficiale più cedevole e per questo infido; pietrisco e ghiaietto, ingannevole sia perché in molti punti riempie fossi e buche e sia perché nasconde massi più corposi e o ti affonda la ruota all’improvviso nel primo caso o ti becchi una colossale botta nel secondo; erba alta e bassa, scivolosa soprattutto al mattino; terreno pesante, non troppo cedevole se asciutto, una trappola con la pioggia; fango “stanziale”, nel senso che l’acqua è lì 365 giorni l’anno e alla fine è un guado; sottobosco ben coperto di foglie, affrontato asciutto e dopo le piogge, con le insidiose radici sporgenti celate alla vista. Insomma, non mi sono fatto mancare quasi niente.

Ah scusate, dimenticavo: mi sono concesso pure una lunga pedalata sulla battigia, profittando della costa deserta. Così, per puro sfizio.

Diversamente dagli altri test, stavolta non ho alternato uscite su strada e fuoristrada e città ma diviso in compartimenti. Mi sono dedicato a ogni uso singolarmente prima di passare al successivo. Nell’ordine in cui ve lo sto raccontando.

Questo ha significato lasciare l’asfalto solo dopo aver chiuso completamente le prove su strada. E con in testa l’ottimo comportamento sul bitume e la fitta tassellatura che, come detto prima, ronza ma non l’avverti nella guida, francamente non sapevo che tenuta aspettarmi. Temevo i terreni pesanti perché i tasselli sono bassi; temevo ancor più i sentieri battuti ma leggermente sabbiosi, dove con altre gomme ho spesso perso trazione e, più pericoloso, l’appoggio.

E invece alla fine ce la siamo cavati molto bene io e le Power Gravel. Ci ha sconfitto il fango che ha trasformato le ruote in due ciambellone e fatto sentire me molto eroico. E infreddolito.

Ma andiamo con ordine, seguendo i percorsi come elencati sopra.

Terra battuta, solida e compatta: praticamente è stato come pedalare su strada, dossi a parte.

Uguali tenuta e grip, sia in appoggio che in frenata. Scorrevolezza eccellente, gran comfort.

Dopo pochi chilometri mi restava poco da scoprire se non la piacevole direzionalità: la gomma assorbe i colpi, ti rimette in traiettoria e l’unica preoccupazione è pedalare forte.

Possiamo archiviare con facilità.

Terra battuta molto polverosa. Come vi ho detto sono sentieri ricoperti da uno spesso strato di polvere sottilissima, dalla consistenza del talco. Una polvere che si infila ovunque, nemica della trasmissione (che ogni volta mi tocca lavare e lubrificare) e soprattutto insidiosa: scivolare in frenata e soprattutto in curva è un attimo. E pure se lo conosco a menadito serve a nulla, le condizioni variano a ogni passaggio e a ogni pioggia: quella esse che la settimana prima ho potuto prendere a palla dopo sette giorni è una pericolosa trappola che mi spara nel fossato. Anzi, mi sparava nel fossato perché è successo ma con altre gomme. Con le Power Gravel la tenuta è stata perfetta.

Anzitutto la trazione, sempre piuttosto critica perché se i tasselli sono poco sviluppati in altezza fanno fatica a mordere con successo. Vuoi la forma a diamante, vuoi la distanza tra loro, vuoi la generosa impronta a terra, il risultato è stato poter usare rapporti più duri e potermi alzare sui pedali senza controindicazioni, con la ruota a garantire motricità.

Poi la frenata, sempre sicura. L’avantreno non ha mai chiuso e la facilità di controllo del retrotreno bloccato apposta per chiudere la svolta a 180 gradi mi hanno permesso di non perdere troppa velocità in settori dove spesso sono dovuto andare più cauto.

Infine l’appoggio in curva, perfetto in ogni situazione. Curve larghe in velocità, quindi bici poco inclinata, e curve strette pure loro in velocità (sperando di non trovare la mucca a brucare appena svoltati: mai visto quanto è grande una mucca?) quindi a bici fortemente inclinata sono state risolte in totale sicurezza. Esagerando, senza volerlo ma segno che comunque si riesce ad andar forte, sono arrivato a perdere aderenza su tutte e due le ruote, traslando di fatto la bici lungo la traiettoria. Sono partito per la tangente, rimasto in piedi, perso quasi nulla dello slancio e divertito come un bambino. Talmente divertito che ho passato un’ora su questa curva, cercando ogni volta di aumentare la velocità e indurre questa sbandata controllata sempre più ampia. Serviva a nulla per il test, ma volete mettere il divertimento? 😀

Pietrisco e ghiaietto; non il mio terreno preferito. Necessario per saggiare comfort e resistenza delle gomme, stressante psicologicamente perché non sai mai se passando su quel tratto rischi di piantarti con l’anteriore che affonda o beccarti un colpo micidiale a braccia e zebe… ehm scusate, soprasella.

E’ un terreno dove il grip è relativo, ogni metro è diverso dall’altro e quello che servono sono comodità e robustezza. La prima si è rivelata ottima; non il top di categoria ma decisamente di alto livello. La seconda eccellente, nessun taglio, bucatura, screpolatura, niente di niente. E tenete presente che sono sassi piccoli e spigolosi, molto cattivi.

Sono stato indeciso nelle varie volte in cui ho affrontato questi segmenti di scendere nella pressione per recuperare il massimo comfort. Ogni volta non l’ho fatto temendo il pericolo di bucare e probabilmente sono stato eccessivamente prudente. Credo che usandole Tubeless, quindi a pressioni più basse rispetto al montaggio delle camere, ci sarà un tangibile guadagno nel comfort di marcia. Che significa meno energia sprecata.

In ogni caso non pensate a una gomma scomoda, tutt’altro. Ti spiana la strada; arriva qualche contraccolpo ma nulla più. Dovuto in buona parte alla pressione altina a cui le ho tenute in questi frangenti. E perché non l’ho ridotta? Perché lì una volta bucai tre volte, finii le camere di scorta, non c’è a tutt’oggi campo per il telefono e se non fosse stato per un contadino molto gentile che mi caricò sul trattore, me e la bici, accompagnandomi fin dove potessi chiamare qualcuno per farmi recuperare, mi sarei fatto 20 km a piedi. Sono perdonato?

Erba, alta e bassa. Alta abbastanza da superare il mozzo nessun problema, alla fine la gomma trova aderenza.

Ma se l’altezza è minima e soprattutto l’erba è bagnata si scivola facilmente. Dritto ci vai e ci vai all’infinito.

Diventa difficile curvare però e o abbassi il ritmo o raccogli margheritine. Servono tasselli alti e distanziati, a volte devi sapere quando fermarti. O calmarti.

O, ancora meglio, attendere che il sole asciughi la rugiada del mattino e pedalare bucolici:-D

Terreno pesante, non troppo cedevole se asciutto. Qui la vera sorpresa, perché il rendimento globale è stato eccellente. Nei tratti dove con altre gomme, e parlo di gomme al top, dovevo andarci cauto o molto agile perché alla minima salita la pedalata andava a vuoto, con le Michelin Power Gravel è stato successo pieno.

Le gomme si sono riempite presto; eppure al tempo stesso svuotate con uguale rapidità. Insomma, non si accumula. Si ingloba questo si ma non resta a sedimentare strato dopo strato. Quindi la trazione è sempre elevata, come elevato e rassicurante l’appoggio in curva.

Se quello stesso terreno è stato reso pesante da giorni di pioggia invece c’è poco da fare. Del resto quando ti affonda per quasi 10cm tutta la bici o sei in una gara di ciclocross e hai gomme da fango oppure la molli lì. Tornato il giorno dopo, quindi con una intera giornata di sole ad asciugare: terreno sempre morbido ma senza che la bici affondasse. Molti chilometri percorsi, nessun problema di trazione e appoggio; fino a quando però lo spazio tra i tasselli ha smesso di espellere e mi sono ritrovato le gomme impastate.

Resta quindi un eccellente risultato: oltre c’è solo il ciclocross con gomme da fango.

Fango; già, mi sono cercato pure lui, andando ben oltre l’uso di questi copertoncini.

Divertente ma poco proficuo.

Anzi, inutile ai fini del test.

Non bisogna essere granché esperti per capire al primo sguardo che con quella tassellatura bassa e fitta contro il fango non avrebbe vinto.

E perché provarci uguale? Beh, perché prima di scrivere qualcosa ho il vizio di verificare.

Sottobosco; qui molto è stato determinato dal bagnato. Finché ho trovato asciutto nessun problema, quando mi sono trovato ad affrontarlo dopo la pioggia notturna c’è voluta cautela. Non per le gomme, ma perché nei tratti dove il tappeto era più spesso le foglie, letteralmente, scivolavano via da sotto le ruote.

Nei tratti privi di foglie ma con terreno morbido la trazione è stata ottima, come ottima la sveltezza di avantreno necessaria a scansare i piccoli ostacoli che si incontrano all’improvviso. E, prima volta con una gomma gravel, i miei famosi muri di terra li ho potuti superare. Complice, è vero, una trasmissione molto agile (monocorona 36T con 42 finale) che mi ha permesso di restare seduto e caricare il peso; ma fino ad oggi nessuna altra copertura non specificatamente da Mtb me lo aveva permesso. Ottimo.

Battigia; ridotto la pressione, pedalato schizzando acqua, ridotto la bici una porcheria e nessun dato raccolto e nemmeno foto perché non volevo rischiare di danneggiare l’apparecchiatura. Però è stato divertente 😀

E adesso cambio d’abito, bici ripulita e via per strade urbane.

In città.

Terza e ultima ambientazione. Non prevista in un certo senso dalla casa madre, però io ragiono da ciclista, mi immedesimo (e poi lo sono…) e immagino chi possiede una sola bici e con questa fa di tutto. Il fine settimana a zonzo per strade e sentieri, dal lunedì al venerdì il tragitto casa lavoro. Senza cambiare gomme ogni volta.

Cosa chiede il nostro pedalatore seriale a una gomma da città? Comodità, robustezza, tenuta sul bagnato, profilo svelto. Tutte caratteristiche che troviamo sulle nostre Power Gravel, quindi non vedo controindicazioni all’uso cittadino.

Il comfort si è confermato anche qui, e spesso le strade dei nostri centri storici (e no) sono ben più tormentate di tanto fuoristrada. Soprattutto il micidiale pavé e l’odioso basolato, generosi nel rimandare al ciclista una teoria infinita di colpi. Si viaggia morbidi con le nostre Gravel, ben fatto.

La robustezza, intesa come protezione dalle forature, c’è. Anche se come dico spesso nei test di copertoncini, bucare al primo km come non bucare mai per tutto il test significano poco. Qui si è verificata la seconda ipotesi ed è un buon indizio. Ma se avessi incontrato un chiodo appena fuori dal cortile di casa alla prima uscita? Avrei scritto che la protezione è inutile? No, non lo avrei fatto. Una protezione totale, imperforabile da tutto, non esiste. Quindi conta anche la buona sorte. Se però non hai alcuna protezione, le probabilità salgono e non aver mai forato in nessuna condizione è comunque indice che il Bead2Bead il suo dovere lo fa.

Il bagnato è sempre prova regina in città. Pochissimi i fortunati che possono vantare strade ben asfaltate e drenanti, e se possono vuol dire si stanno spostando quasi sicuramente su una statale, non nel caotico traffico metropolitano, quindi non fanno testo.

A noi che la pioggia tormenta mentre lottiamo sul pavé posso dire che la tenuta è buona, a livello di alcune gomme esclusivamente stradali non specifiche per la pioggia. Sul basolato lucido d’acqua occorre prudenza, quella è superfice dove scivoli pure a piedi. Ma si va, si ha chiara sempre la percezione della gomma al suolo e se non si tentano pieghe estreme o frenate assassine si arriva sempre a destinazione tutti interi.

Non credo di aver saltato qualcosa, possiamo voltare pagina per le conclusioni; che saranno anche il pretesto per una ampia galleria fotografica.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Valerio</cite>

    Ottima recensione come sempre.
    Un confronto con le Gravel King?
    Anche se probabilmente quelle in prova avevano dimensioni differenti….

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Valerio, un confronto diretto non posso farlo perché le dimensioni che ho provato variano e come hai giustamente notato anche tu non è possibile.
      Però leggendo in sequenza i due test comunque si dovrebbe ottenere un quadro abbastanza preciso.
      Qui posso dire, ma ripeto che la differenza di sezione è da tener presente, che il comfort delle GravelKing è un pelo superiore; la tenuta in fuoristrada migliore per le francesi.
      Però il confronto diretto avrebbe richiesto parità di ogni condizione e misura per avere senso.

      Fabio

  • <cite class="fn">Eugenio</cite>

    Sembrano due ottime candidate a prendere il posto delle Vittoria Randonneur che ho sulla mia bici. Voglio capire se riescono a stare sulla mia bici convivendo serenamente con i parafanghi SKS Bluemels da 45 mm, poichè non intendo farne a meno di questi utlilizzimi accessori, specie in inverno.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Eugenio, sicuramente le 40 non vanno; dovresti ricorrere alle 35, che sono comunque abbastanza ciotte.
      Io le ho montate uguale coi Bluemels da 45, ma posso sfruttare una luce al telaio per gomme da 50 e questo mi ha permesso di alzare parecchio i parafanghi. E comunque è rimasto giusto un capello. Non penso che il connubio sks da 45 e gomma da 40 sulla tua trek riuscirebbe a funzionare. Il 700×35 invece si

      Fabio

  • <cite class="fn">valentino</cite>

    confermo che le gravel king SK da 35 sono generose come misura, montate su cerchi stretti (mavic open pro) misurano in effetti 37mm, ero anch’io interessato ad un confronto con queste michelin. Le gravel king le ho usate soprattutto su asfalto, e mi sono sembrate, oltre che comode, anche molto scorrevoli. Per quel poco che ho provato, in fuoristrada, per il tipo di uso che ne faccio con questa bici vanno bene. Rispetto alle vittoria randonneur (che ho montato in emergenza durante un viaggio in quanto erano le uniche “robuste” che ho trovato) siamo su un altro pianeta, ti sembrerà di volare, erano le gomme meno scorrevoli che io abbia mai usato (meno scorrevoli anche delle schwalbe marathon plus !)

    Valentino

  • <cite class="fn">massimo</cite>

    Scusate la mia ignoranza ma cosa vuol dire tubeless ready io le ho provate senza camera con cerchio tubeless ma non tengono,poi mi sono accorto che immergendole nell acqua perdevano come se fossero bucate tanto che veniva fuori il lattice da tutte le parti,non so cosa pensare qualcuno le ha provate senza camera???
    Max

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Massimo, tubeless ready è differente da tubeless.
      Mentre le seconde hanno costruzione che garantisce impermeabilità all’aria grazie a un differente profilo del tallone, le prime NECESSITANO sempre di essere sigillate in fase di montaggio con apposito liquido.
      Probabilmente nel tuo caso qualcosa è andato storto in fase di montaggio; poco liquido, tallonamento lento, cerchio rovinato e tante altre possibilità ma per capire quella corretta andrebbe visto dal vivo.

      Fabio

  • <cite class="fn">Antonio</cite>

    Vorrei mettere i power grave sulla mib, visto che faccio 80%asfalto w 20 off road, mai estremo. Non riesco a decidere se prendere i 35 che mi allattano per la leggerezza ma non vorrei che fossero più limitati e scomodi o i 40 forse più adatti ad una mib. I 35 sono altrettanto saldi e comodi? Mi daresti gentiiilmenteun consiglio in base alla tua esperienza? Il canale interno del cerchio è da 19. Grazie

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Antonio, fossi in te andrei di 40 senza patemi. Differenza di peso irrisoria, ottima tenuta, gran comfort. Ne vale la pena.

      Fabio

      • <cite class="fn">Antonio</cite>

        Perfetto, ovviamente nella domanda mi riferivo ad una MTB Trek, attualmente ho dei pneumatici Bontrager da 2,2 pollici un po’ pesantucci.
        Quindi sostanzialmente mi confermi la buona scorrevolezza anche del 40. Grazie mille non solo per la pronta risposta ma anche per le tue puntuali, appassionate e autorevoli recensioni.
        Continuerò a leggerti con interesse.

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