Un ciclista morto ogni due giorni

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Dati parziali per il primo trimestre 2021: un ciclista morto ogni due giorni.

E’ quanto emerge dalla ricerca eseguita dall’ Osservatorio Ciclisti dell’Asaps, l’Associazione Amici della Polizia Stradale.

Una associazione da moltissimi anni fortemente impegnata sulla sicurezza stradale, fonte da me spesso consultata, con cui ho collaborato qualche volta, intervistato il suo presidente. Ne conosco il valore e so che non parlano per il gusto di farlo, hanno solide basi scientifiche a sostenerli.

Per questo preferisco riportarvi integralmente il loro comunicato, nel quale trovate anche le giuste riflessione del presidente Giordano Biserni. In chiusura alcune mie considerazioni.

Comunicato ASAPS – Osservatorio Ciclisti

ASAPS – Associazione Sostenitori e Amici Polizia Stradale – comunica i dati dell’”Osservatorio Ciclisti” relativi ai primi tre mesi del 2021, con altre 13 decessi nel mese di marzo, dopo i 17 del mese di febbraio e i 14 avvenuti nel mese di gennaio, e si tratta del primo trimestre dell’anno contraddistinto da molti provvedimenti governativi di limitazione alla circolazione per la pandemia da “Covid-19”.

Dal 1° al 31 marzo sono morti in Italia 13 ciclisti, 11 uomini e 2 donne, 11 cittadini italiani e 2 stranieri.

Complessivamente nel primo trimestre sono ben 44 i ciclisti deceduti, rispetto ai 37 del 2019 (in totale in quell’anno ci furono 253 morti tra gli utenti delle due ruote) e ai 33 del 2018 (totale dell’anno 219), mancano però i dati del 2020 al momento non ancora comunicati da parte di ACI-Istat. 

L’emergenza “coronavirus” e l’introduzione delle limitazioni alla mobilità non hanno avuto particolare effetti sui ciclisti, e anche per questa utenza debole permangono gravissimi comportamenti come quello della pirateria stradale. Da inizio anno sono ben 6 gli episodi con fuga degli autori del sinistro e con le vittime lasciate sul posto, ogni sette sinistri mortali con il coinvolgimento di ciclisti, l’autore fugge almeno in un caso.

Questi dati sono stati raccolti tra i referenti di ASAPS sul territorio nazionale e dai mass-media, e sono ovviamente parziali (anche se indicativi), in quanto i dati che verranno poi ufficializzati da ACI-Istat terranno conto dei decessi avvenuti entro trenta giorni dall’incidente. Nel solo mese di marzo sono ben 35 i  ciclisti ricoverati in codice rosso in prognosi riservata registrati a marzo in Italia, presso gli ospedali di zona, in aumento rispetto ai 29 del mese precedente, in un momento storico in cui le terapie intensive sono già sotto pressione per il “Covid-19”.

Nessuno dei conducenti al momento del sinistro è risultato alterato alla guida, ma spesso solo i successivi accertamenti medico-legali presso gli ospedali possono dare ulteriori conferme. Tre sono state le cadute autonome, mentre un deceduto stava conducendo una bici elettrica.

Analizzando le regioni dove sono avvenuti gli incidenti mortali nel primo trimestre dell’anno, osserviamo che in Emilia Romagna sono avvenuti ben 11 sinistri mortali, regione in cui la bicicletta ha il più ampio utilizzo tra la popolazione negli spostamenti quotidiani (il 25% del totale dei decessi), seguita dalla Lombardia con 6 decessi, dal Piemonte con 5, Puglia 4, Campania, Lazio, Abruzzo e Sicilia con 3 morti.

I veicoli investitori di ciclisti nel primo trimestre si distinguono in 29 autovetture, 9 autocarri ed un motociclo, in 5 casi ci sono state fuoriuscite autonome. Sui 44 ciclisti morti tra gennaio e marzo 2021 gli ultra60enni sono stati 21, quasi il 50%, per confermare che le persone più anziane sono quelle più a rischio anche sulle due ruote come per i pedoni. Due i minorenni deceduti, il più piccolo aveva solo 14 anni. Un terzo minorenne è morto il 2 aprile scorso, per aprire la triste conta del secondo trimestre dell’anno.

“Un ciclista morto ogni due giorni, con le restrizioni alla mobilità è un dato molto preoccupante. Un aumento del 19% rispetto al 2019, ultimo anno di vera libertà di movimento, deve far scattare un campanello d’allarme a livello generale. Il nuovo Osservatorio Ciclisti, fortemente voluto ASAPS per sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica sulla sicurezza di una categoria inserita tra gli utenti più deboli della strada, è una cartina di tornasole che fornisce immediatamente l’andamento dei decessi sul territorio nazionale.

“Cosa accadrà nei mesi estivi, – afferma Giordano Biserni Presidente ASAPS – quando (si spera) saremo più liberi di circolare, quando torneremo a vivere momenti di spensieratezza, se oggi nei mesi più freddi piangiamo già 44 morti tra i ciclisti? Le norme che dovrebbero tutelare maggiormente i ciclisti ci sono, ma, forse, è proprio la cultura di ogni utente della strada (automobilista e ciclista) che deve cambiare prima che si sia troppo tardi. Quanti incidenti ed investimenti di ciclisti sono causa ad esempio della distrazione da cellulare alla guida?  Come sempre serve anche una maggiore presenza di divise sulla strada, ogni giorno”.

Riprendo l’attacco dell’ultima frase del Presidente Biserni, perché “come sempre” ha ragione. 

Con la sua competenza e vastissima esperienza credo sia al momento il miglior esperto di sicurezza stradale che abbiamo nel nostro Paese. Ricordo quando lo intervistai, lavoravo per la carta stampata, e quanto rimasi colpito per la lucidità delle sue analisi: senza pregiudizio, senza addossare le colpe “per categorie” come siam soliti fare ma con una visione d’insieme del problema sicurezza stradale. 

Di quella che all’epoca aveva numeri da guerra, li ha tutt’ora e solo l’emergenza pandemica riesce a farceli sembrare poca cosa.

Non uso la parola guerra a caso, perché numeri a parte fatevi una domanda: conoscete qualcuno che ha subito un lutto per sinistro stradale? Sicuramente si. Ognuno di noi conosce almeno una persona così, purtroppo. E questo dovrebbe farci capire la vastità del problema, come in guerra.

Temo molto anche io la “riapertura”, perché se con mobilità fortemente limitata i numeri sono già alti (ma destinati ad aumentare per il primo trimestre, quando avremo quelli definitivi) figurarsi quando saremo liberi di spostarci.

La sinistrosità in generale in questi mesi ha subito un forte calo proprio perché ci si sposta meno. Quindi è aritmetico che alla riapertura sarà l’inverso.

Come uscirne? Per noi ciclisti, non mi stancherò mai di dirlo, con la creazione di una vera infrastruttura ciclabile, che garantisca anzitutto sicurezza.

Con una superiore consapevolezza della nostra vulnerabilità da parte degli altri utenti della strada.

Ma senza mai dimenticare che abbiamo obblighi anche noi sui pedali. Inforcare una bici non è patente d’immunità.

Buone pedalate.

COMMENTS

  • <cite class="fn">vinicio bonometto</cite>

    io noto sempre di più una elevatissima velocità dei mezzi. I segnali dei limiti di velocità sono indicazioni coreografiche che pochissimi rispettano.

  • <cite class="fn">Max</cite>

    le auto moderne hanno tutte un sacco di cavalli e valori di coppia molto elevati se a questo ci si aggiunge il telefono, lo schermo gigante, whatsapp, ecc., ecco che sempre più rincoglioniti girano per strada ad alte velocità……molti pedoni vengono addirittura investiti sulle strisce….noi dobbiamo avere quattro occhi e sedici orecchie….

  • <cite class="fn">ANTONIO DANIELE</cite>

    Il problema della sicurezza stradale in Italia è sempre stato preso sottogamba da chi ci amministra e riguarda tutti gli utenti della strada in particolare gli utenti “deboli”, pedoni e ciclisti. E’ ora che se ne discuta e si trovino soluzioni. Anche in questo caso è un problema culturale ma anche infrastrutturale perchè occorre che nelle città siano create zone 30 reali, mediante idonee modifiche dei piani urbanistici e del traffico. A questo buon fine potrebbero essere utilizzate parte delle risorse economiche del Recovery Fund

  • <cite class="fn">Toni</cite>

    Sarebbe utile conoscere come avvengono gli incidenti e se i ciclisti indossavano il casco.

    • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

      Devo dire che questo commento mi ha in un primo momento infastidito, ma poi ci ho ripensato e sono andato a vedere se in effetti ci sono delle statistiche in proposito. Per quanto riguarda l’Italia non ne ho trovate, ma siccome la maggioranza degli incidenti avviene in corrispondenza di incroci, ho il sospetto che più del casco contino la dinamica dell’incidente e la velocità dei veicoli a determinare l’esito (ma è ovviamente solo una mia supposizione). Da un vecchio studio (anni 2000) sembra che un casco abbia circa la possibilità di ridurre di un quarto gli esiti fatali di un incidente e nel 40% dei casi le lesioni gravi alla testa/cervello. Quindi sì, portare il casco fa bene ma non evita gli incidenti… per quello serve altro.
      E sembra un dato comune, i ciclisti maschi sono di gran lunga più coinvolti negli incidenti rispetto alla controparte femminile (fino ad 80/20 in Lombardia ad esempio). Semplice proporzione della popolazione a pedali o minor cautela in generale?

      • <cite class="fn">Toni</cite>

        Mi dispiace, non volevo infastidire nessuno.
        Mi capita spesso (purtroppo) di leggere news di cronaca, in cui vengono riportate informazioni generiche sull’incidente, quasi mai le dinamiche degli incidenti.
        Questa non è una mia richiesta “morbosa”, ma trovo che sarebbe utile conoscere le dinamiche per imparare da esse, e saper riconoscere in anticipo possibili situazioni pericolose.
        Grazie per le info del tuo commento.

        • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

          No, ci mancherebbe, è che in un primo momento sembrava un po’ “victim blaming” e per quello il fastidio… ma basta tenere le ditine a bada, non farsi prendere dalla foga di commentare ad ogni costo, e connettere il cervello 🙂
          Il problema della questione in generale è che il casco magari ti evita le conseguenze peggiori in caso di sfiga (io lo indosso praticamente sempre), ma non ti evita l’incidente. Mi pare di aver capito che in fatto di incidenti le questioni principali siano l’educazione stradale e le infrastrutture, prima che la percentuale dell’uso del casco – per cui le statistiche si concentrano su altro: posizione, veicoli coinvolti, ora del giorno, ecc
          Discutere dell’efficacia del casco, per quanto interessante e utile, sposta comunque il focus e la responsabilità sul ciclista invece che sul “sistema” nel suo complesso.

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