Ultegra R8070 Di2

La prova su strada

Tempo di lettura: 9 minuti

La prova su strada

Diversamente dal solito per il test su strada sono ricorso a una sola bici, la Holdsworth Mystique che ho preso proprio per poter gestire la trasmissione Shimano Ultegra Di2 e ruote, sempre Shimano, RS 770.

Ho scelto un telaio gravel per due ragioni: maggiore polivalenza, situazioni più estreme.

Anche perché il cambio che mi è stato inviato è in versione RX, con tecnologia Shimano Shadow RD+: va bene il pavè (e quello che affronto io ha nulla da invidiare alle classiche del Nord, purtroppo…) ma per capire a fondo l’efficacia di questo stabilizzatore serve abbandonare l’asfalto.

Per cercare di rendere ancor più completa questa recensione ho scelto di usare due differenti rapportature. Non sostituendo i pignoni ma le corone.

Ho abbinato alla cassetta 11-32 sia la classica configurazione 50-34 che la meno diffusa 46-36. 

La prima combinazione mi ha permesso di comprendere meglio la tecnologia di cambiata semi sincronizzata, la seconda combinazione mi ha aiutato a chiarire scelte che in strada e fuoristrada possono rivelarsi vantaggiose per un certo modo di pedalare.  

Quindi, pedaliamo.

In bici abbiamo tre punti di contatto: pedali, sella, manubrio.

Manubrio, dove alloggiano i comandi; e noi amanti della piega da corsa da sempre diamo grande importanza all’ergonomia delle leve e soprattutto alla foggia dei copricomandi.

Tanti produttori li definiscono ammortizzatori e non senza ragione. Devono (anche) smorzare i colpi della strada.

L’ergonomia e il comfort dei comandi Ultegra Di2 sono semplicemente perfetti.

Un insieme di fattori me li ha resi da subito amichevoli, al contatto e nell’uso.

La foggia degli ammortizzatori è giusta, il serbatoio olio (leve idrauliche) spostato perché Di2 non infastidisce la parte alta, non senti protuberanze. In certe posizioni, se non usi guanti, avverti la presenza della vite di innesto del tubo idraulico ma qualità e spessore della gomma eliminano ogni fastidio.

La zona anteriore, meno sviluppata in altezza rispetto a comandi con serbatoio proprio lì, si lascia avvolgere con naturalezza, l’incavo interno si conforma al palmo e la piccola ansa nella parte superiore della leva accoglie l’indice garantendo nel complesso una presa salda e sicura, nonché eccellente controllo.

Potendo sfruttare l’idraulica che si sobbarca lo sforzo frenante, praticamente anche in discesa resti in presa alta, “senti” la bici e la indirizzi a piacimento. Poi certo, io sempre consiglio di usare la presa dietro i comandi se si scende veloci. Però succede ogni tanto che una discesa non sia quella della vita, un occhio al panorama, l’andatura appena più blanda e stare alti fa piacere.

Resto ancora sui comandi, per aspetti spesso trascurati durante le recensioni ma non da me, che vivo la bici esattamente come voi.

Mai fatto mistero di non essere fan sfegatato della leva freno basculante che Shimano usa per gestire le cambiate. Mi piace, mi diverte, scalare marcia in ingresso e uscita dalle curve, per avere sempre il rapporto giusto e non perdere velocità. Una manovra che eseguo durante la frenata, con tecnica motociclistica.

La leva freno che piega mi ha sempre reso difficile agire contemporaneamente (però ci sto facendo la mano…) su frenata e cambiata.

Qui ho leve Di2, quindi fisse; un pulsante da premere, impostato su cambiata multipla a tre rapporti (cioè sale o scende di tre pignoni con pressione appena prolungata, mendo di un secondo) e dischi a gestione idraulica.

Praticamente freno, mezzo giro di pedale per fare innestare la catena, inserisco la bici in traiettoria, rilancio, due click per riguadagnare pignoni veloci e mi sento un missile.

Con una bici stabile, ben gommata e con ruote pronte a reagire, hai una tale velocità di esecuzione che se il tracciato è un bel misto stretto mantieni sempre un passo elevatissimo.

Pure troppo, fortuna che questo Ultegra frena benissimo, ma al capitolo dischi ci arriviamo più avanti.

Devo continuare sui comandi, per me una delle parti più importanti di ogni gruppo. Posso rinunciare a una dose di precisione o velocità di cambiata, non posso tollerare comandi che mi creino dolori alle mani o abbiano leve freno che fatico ad afferrare. Guasterebbero il piacere della bici, quella sensazione di padronanza che chi ama la piega da corsa ben conosce. E minerebbero la sicurezza.

Ho usato la Holdsworth Mystique con due differenti pieghe; una tipicamente stradale, l’altra da gravel ma con apertura moderata.

Questo perché data la differente conformazione cambiano due parametri: l’appoggio in presa alta e la raggiungibilità della leve in presa bassa.

Le leve hanno classica inclinazione verso l’esterno, ma grazie anche alla minima apertura della Pro Bike Gear Discover usata per la maggior parte del tempo, non sporgono oltremisura.

Con piega stradale l’inclinazione delle leve è perfetta.

La conformazione degli ammortizzatori permette comodo appoggio con piega stradale, altrettanto comodo con piega gravel perché sfrutti la zona interna, incavata.

Ultime note sui comandi; le leve freno sono regolabili nella distanza, c’è una piccola brugola e l’abbiamo vista nell’articolo sul montaggio dell’impianto frenante.

I pulsanti Di2 sono sempre assai agevoli da usare. La diversa forma e lavorazione superficiale permette di familiarizzare subito con la funzione assegnata. E se uno preferisce, può sempre scegliere di invertire. Sono sensibili, basta una leggera pressione; insistendo appena si attiva la multicambiata. Che è anch’essa funzione programmabile; io consiglio di impostare il valore a tre, perfetto in quasi ogni utilizzo.

Perché potendo contare su velocità e precisione del cambio, se in quel tratto serve salire o scendere due pignoni è un battito di ciglia.

Sconsiglio la multicambiata “infinita”, cioè la catena che sale (o scende) mantenendo pressione sul pulsante.

Troppo facile durante le fasi concitate della guida perdere il conto di quanto e come si stia cambiando.

Troppo facile pure agire per sbaglio sui pulsanti nascosti, quelli sotto i copricomandi e destinati a gestire il ciclocomputer. Per come son solito impugnare io la piega pedalando rilassato, li ho “cliccati” spesso senza volerlo.

Bene, altro sui comandi non c’è da dire, passiamo a deragliatore e cambio.

Da quando anni fa Shimano introdusse il primo Di2 stradale quello che mi colpì allora e continua a stupirmi adesso è la precisione del deragliatore.

Vero, un buon deragliatore meccanico, ben montato e regolato, è efficace, sempre.

Ma il Di2 ha qualcosa in più; anzi in meno: non lo avverti.

Mai, nemmeno una volta, abbassi lo sguardo per assicurarti che stia funzionando, rimanda una incertezza, un ritardo, qualunque sintomo se non di malfunzionamento (impossibile) un cenno che sia lì. 

E’ una certezza, un dogma, un atto di fede. Lo accetti, c’è, non ti sbaglia un colpo, un quarto di giro e la catena è su. Punto.

Grazie anche alla sapiente tecnologia HG con le sue lavorazioni che favoriscono la cambiata.

Certo, nel silenzio dei sentieri di campagna fa strano il tipico ronzio di accompagnamento, quel bzzzzz a ogni deragliata.

Soprattutto se usi spesso Shimano, con deragliatori meccanici silenziosissimi. 

Ma il senso di sicurezza, la assoluta certezza che non ti sbaglia una deragliata, sono qualcosa che bisogna provare per apprezzare in pieno.

Il cambio invece richiede qualche precisazione in più.

Anzitutto serve una regolazione, anzi calibratura, assai precisa in fase di montaggio. L’abbiamo visto nell’articolo dedicato a questa operazione, sbagliare l’appoggio della catena al pignone significa trascinarsi problemi che con l’uso aumentano, accumulando gioco. 

Se con ogni trasmissione meccanica vale sempre il concetto che 999 volte su 1000 il problema non è la trasmissione ma un errore in fase di montaggio e/o regolazione, con il Di2 vale ancor più. Non puoi metterci una pezza tensionando il cavo mentre pedali. Se hai sbagliato all’inizio l’errore te lo porti dietro, sempre.

E rimedi solo rimettendo la bici sul cavalletto ed eseguendo con cura una nuova calibratura.

Posti quindi montaggio e regolazione a regola d’arte, il cambio Ultegra RX a gabbia media funziona perfettamente ma non stupisce come il deragliatore.

Non fallisce un colpo, nemmeno quando usi la cambiata multipla senza ritegno. Ma senti che c’è, che è lì.

Ho scelto di provare le diverse modalità, perché la velocità di esecuzione è un altro dei tanti parametri regolabili a piacere. 

Raffrontando con un Ultegra serie precedente, sempre Di2, ma cambio a gabbia corta e pacco pignoni di conseguenza più piccino.

Questo perché impostando la cambiata in modalità più veloce ho avvertito alcune incertezze, mi serviva capire.

Avevo attribuito la causa alla diversa rapportatura, e infatti così è. Impostando la cambiata veloce con cambio SS, cioè gabbia corta, nessun problema rilevato.

Qualcosa invece in termini di precisione si perde con il cambio GS (gabbia media) quando impegna i pignoni più agili e ricordo che qui abbiamo il 32 finale, grossicello direi.

Diciamo che in linea di massima usando cambio GS è preferibile la velocità impostata su normale. 

Non hai evidenti ritardi (a scendere qualche meccanico può essere un capello più veloce) e puoi contare su una salita di catena sempre perfetta.

E poi c’è la tecnologia Shadow RD plus, questo stabilizzatore mutuato dal mondo off road.

Serve? Dipende.

Su asfalto non sai che fartene, ed è naturale, non è stato pensato per questo. Quindi chi deciderà di prendere un Ultegra Di2 per uso solo stradale, può tranquillamente farne a meno.

Ma già sul pavé si avverte il suo apporto; e stranamente ma non tanto, è persino più efficace sui basolati che in fuoristrada.

Perché usiamo rapporti diversi.

La migliore strategia sul pavé e andar via duri, per tenere carico sulla bici e lasciandola libera con le braccia, per non forzare la direzione che invece troverà in modo naturale.

Significa avere la catena su pignoni piccoli e molto vicina al fodero basso. Significa che “sbatacchia” e sono spesso proprio quei colpi che la fanno saltar via.

In fuoristrada al contrario tendiamo ad andar via agili, e l’apporto della tecnologia RX lo apprezzi solo se impegni corona minore e pignoni in zona mediana. Una condotta di guida però non sempre sfruttata, resta preferibile usare la corona maggiore e far salire la catena di qualche pignone, si controlla meglio la bici.

All’inizio mi sembrava inutile complicazione questo RX, un corretto uso del cambio scongiura i salti di catena. Ma a parte averlo poi apprezzato con l’uso, ne ho riconosciuto la validità per chi ha meno propensione a fissarsi sui dettagli tecnici e preferisce godersi la bici senza pensieri. Saggio.

Se proprio voglio spaccare il capello in quattro o in sedici, resta la seccatura dell’attuazione manuale, che in tanto sfoggio di elettronica appare quasi estranea.

Tecnicamente ignoro se e come sia possibile far si che si abbia comando elettrico pure per lui, senza doversi fermare e scendere di sella per passare da una modalità all’altra. E nemmeno posso scoprire se bloccare o meno la gabbia in movimento in caso di possibile comando elettrico potrebbe causare problemi. Se però fosse possibile… 😀

Proseguo, è il turno della guarnitura.

Poco da dire, da tanto tempo abbiamo tutti imparato ad apprezzare la sua rigidità, la netta sensazione che stia trasferendo ogni stilla della nostra energia senza farne sparire nemmeno una frazione.

Io invece, nota personale, ho finalmente fatto pace con l’estetica; da quando Shimano ha introdotto i quattro bracci ho quell’eleganza e quella leggerezza visiva che sempre cerco in questo componente.

Una mia fissazione, lo so. Uso spesso la guarnitura come forte elemento di caratterizzazione sulle bici che progetto. E quando il ciclista di turno si fissava sulla vecchia Dura Ace (quella modello astronave) per me era un colpo.

Questa nero/antracite è elegante, fluida nelle forme, bello lo spazio lasciato libero dal quinto braccio assente, dona leggerezza.

E poi è leggera anche alla bilancia, merito della pedivelle cave; ancor di più in configurazione 50-34, dove anche le corone  (i braccetti di collegamento) sono cave.

Fin qui i componenti essenziali, con valutazioni che ho ricavato durante l’uso.

Restano due aspetti da approfondire: frenata e gamma rapporti.

Il futuro sono i freni a disco, facciamocene una ragione.

Molti dei limiti iniziali sono spariti, quando telai (soprattutto forcelle) non adeguatamente strutturati e sezione minima dei copertoncini rendevano i dischi molto meno efficaci di un buon impianto al cerchio. Con riferimento alla strada, il mondo Mtb è altra storia, tra gomme larghe, ruote e sospensioni i dischi sono validissimi.

Pensare che la frenata sia solo l’impianto è una sciocchezza. Te ne fai nulla di pinze e pastiglie iperperformanti se la forcella si piega e la gomma scivola. La forza frenante deve poter essere scaricata, altrimenti sei costretto a ridurne la potenza. 

Ma ormai i telai sono più che adeguati e le coperture pure. 

Questo ha permesso ai produttori (non tutti) di offrire impianti a disco idraulico decisamente efficaci, lavorando al contempo per ottimizzarne l’uso stradale.

Su una bici gravel i dischi sono un validissimo supporto, su una bdc pura? Se progettata per questo tipo di impianto, si.

Io ho usato un telaio gravel, non rigidissimo ma con solida forcella e gomme sempre piuttosto panciute, mai sceso sotto le 32.

Così per essere più completo anche stavolta ho chiesto aiuto a un amico per un raffronto, visto che proprio mentre stavo lì a pensare come risolvere mi ha spedito una foto della sua nuova bici da corsa, montata Ultegra 8000 meccanico a disco idraulico.  

In più, non contento, ho scelto di provare il doppio diametro posteriore, cioè rotore sia da 140 che 160 mm; fermo restando il 160 all’anteriore.

Il rodaggio dell’impianto è durato più di quanto preventivato, prima di ottenere piena potenza sono stati necessari circa 300 km. Forse la mescola delle pastiglie. 

Inutile dire che su strada il superiore appoggio delle gomme larghe ha favorito la resa sulla bici gravel; interessante invece il netto passo avanti sulla bici da corsa, gommata 700×25 ma con copertoncini dalla perfetta deformabilità, quindi buona impronta a terra sotto la forza impressa dai freni.

La spugnosità e quella “mancanza di cattiveria” che avvertivo fino a un paio di anni fa è quasi del tutto sparita; resta un leggero ritardo frenando decisi, un buon caliper (e ottima pista frenante) ha dalla sua una immediatezza che deriva da rigidità e diametro cerchio, ben superiore a un rotore ovviamente.

Ma i dischi iniziano non solo ad essere competitivi coi caliper: in tanti frangenti li sopravanzano.

Sempre con riferimento a impianti al cerchio di assoluta qualità.

Non li sopravanzano, come sento ripetere a disco rotto (ahahahah), con la pioggia. I rotori si bagnano uguale ai cerchi ed è più semplice gestire un caliper mentre pedali per tenerlo asciutto che un disco.

E poi io tutti ‘sti ciclisti infoiati lanciarsi in discesa dai passi alpini sotto il diluvio non è che li vedo.

La sfruttabilità è decisamente aumentata, la sua facilità di utilizzo diciamo così.

Hai un gestione della forza frenante perfetta, controllo totale. E se con un caliper servono esperienza e sensibilità per gestirne le potenzialità, questi impianti moderni, e quindi il nostro Ultegra, sono sfruttabili completamente da tutti. 

In dettaglio sull’impianto in prova.

Su strada ho preferito la configurazione 160/140, in fuoristrada quella 160/160 per i rotori, usando la gravel.

Su strada con bici da corsa ho preferito usare sempre il 140 mm al retrotreno. La potenza c’è, il controllo pure, inutile cercare quel plus che rischia di diventare difficile da sfruttare.

Le foto sono con bici in configurazione 160/140 per semplicità logistica.

Non ho elementi scientifici per decifrare la Ice Technologies, il sistema messo a punto da Shimano per abbassare la temperatura d’esercizio.

Posso solo dire che neppure dopo lunghe discese chiamando spesso in causa l’impianto freni ho avuto allungamento degli spazi di arresto o fading; merito di chi esattamente non so, servirebbero prove in laboratorio e io non arrivo a tanto.

Però arrivo a spremerli, questo si.

E ho rilevato come tutto l’insieme, dalla ergonomia delle leve al feeling del comando, dall’efficacia delle pinze a quelle dei dischi (netto peggioramento usando dischi di marca differente: il connubio giusto è questo) non mi ha fatto rimpiangere i caliper.

La potenza c’è, l’idraulica lavora per noi e riesci a dispiegare tutta la forza frenante con due dita; che in presa sui comandi significa usare spesso solo anulare e mignolo, non proprio robusti.

La rapportatura è ben spaziata, usando guarnitura 50-34.

Unita alla cassetta pignoni 11-32 hai gamma di rapporti capace di coprire qualunque esigenza su strada; in fuoristrada, ormai l’abbiamo imparato da tempo, i tratti più ripidi e/o con terreno cedevole, li fai in spalla. Un 34-32 è troppo duro, la gomma perde trazione.

Per questo pensavo all’inizio sarei andato ancor peggio in fuoristrada usando corone 46-36.

E invece…

E invece alla fine mi sono ritrovato bici in spalla negli stessi identici tratti dove con la 34 ero duro; quindi uguale. Però ho potuto gestire meglio il passo in piano, il controllo su salite moderate e soprattutto il salto minimo, appena dieci denti, mi ha portato a usare il deragliatore molto più di quanto son solito fare.

Senza dimenticare che potendo sfruttare la tecnologia Semi Synchronized Shift ho ridotto ancor più il gap a ogni passaggio di corona, senza dover agire anche sul pulsante cambio.

Temevo avrei sentito di più la maggiorazione di due denti affrontando le salite e si, effettivamente nei tratti duri qualcosa ho pagato. Ma non così tanto; e comunque bici relativamente leggera e ruote buone mi hanno aiutato parecchio. 

Però ho innestato il pignone da 32 più spesso del solito, questo si, per compensare la corona minore con due denti in più rispetto a come ormai sono abituato. 

Tutta la gamma di rapporti in ogni caso, sia cioè si usi 50-34 che 46-36, risulta ben spaziata, non hai buchi evidenti. Maggiore regolarità deragliando spesso, facile intuirlo, con la guarnitura montata con corone 46-36, sia in strada che in fuoristrada.

In discesa però la 46 è troppo piccina, anche con l’11 innestato mi sono trovato a vuoto nei tratti più veloci. Vedremo con l’arrivo del GRX, che usa 47 o 46 come corone maggiori e 31 e 30 come inferiori. Credo che, visto quanto sperimentato qui, a parte le discese più sportive ci sarà da godersi la bici, ampliando il campo di utilizzo in fuoristrada. Finta suspance la mia, il test del GRX è chiuso da settimane mentre voi leggete questo, io già conosco la risposta. E vabbè, pazientate 😀

E’ rimasto qualcosa? Ah si, la catena e la batteria

Prima la catena ma non per la catena in sé, che comunque ha la sua buona dose di tecnologia, ma per l’insieme.

Tra disegno delle corone e dei pignoni, con la catena unidirezionale sagomata, e senza dimenticare il Di2 (ma vale anche per il meccanico) l’accompagnamento su corone e pignoni è preciso e silenzioso. A volte pure troppo silenzioso.

La batteria ha mostrato buona durata, l’ho caricata più per prudenza che per necessità dopo 3 settimane di utilizzo. 

L’autonomia è valida, dimentichiamo le sciocchezze tipo “abituati a portare una batteria di ricambio” come purtroppo ho letto sui vari forum.

No, non serve. Serve ricordarsi di metterla in carica, questo si; operazione non del tutto naturale per chi ha poca abitudine al Di2. Infatti durante la lavorazione degli articoli sul montaggio mi si era fermato il deragliatore. E io, tonto, ho rismontato mezza bici per cercare un fantomatico guasto quando, semplicemente, avevo la batteria scarica.   

Il modulo D-fly che dialoga via Bluetooth con il ciclocomputer vuole la sua dose di energia e quindi l’autonomia cala; ma nulla di preoccupante, questa storia che si resta a piedi è una sciocchezza. Anche perché il consumo anomalo, quando si verifica, non dipende dal Di2 ma da un errore di calibratura. Del cambio, che resta in funzione perché mal registrato.  

Il caldo intenso, ho scoperto, manda il sistema in protezione; caldo forte, bici ferma sotto il sole intendo, per molto tempo. Pochi minuti al fresco, tutto torna a funzionare perfettamente.

Alcune note per la tecnologia di cambio sincronizzato, preferisco però dedicargli un paragrafo a parte.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Carlo</cite>

    Ciao, ti vorrei chiedere che protezioni telaio hai usato.
    Grazie e bel articolo

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Carlo, semplice vinile trasparente 3m.

      Fabio

      • <cite class="fn">Carlo</cite>

        Ciao Fabio, potresti mettermi un link di dove prenderlo. Grazie

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Ciao Carlo, mi spiace ma non ne ho idea; la ordino da un ferramenta che me la procura quando serve.
          Comunque, per queste richieste “fuori tema” c’è l’indirizzo mail, questo è il test del Di2, magrai restiamo sul pezzo…

          Fabio

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Bell’ articolo, chiaro ed esaustivo come sempre. Mi hai fatto venire voglia di passare ad una Bici con cambio Shimano Di2 e freni a disco!!!
    Dovresti anche proporre degli articoli su come convincere mogli/compagne ad accettare ben volentieri l’ennesimo cambio di bicicletta. Sarebbe altrettanto utile 😀

    Daniele

  • <cite class="fn">Mattia</cite>

    Ciao!
    È possibile abbinare la corona da 46 con la 34?
    Da specifica sembrerebbe di no, ma mi sfugge il perché.

    Mattia

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