[Test] Trek Checkpoint SL6 Etap

La prova su strada

Tempo di lettura: 7 minuti

La prova su strada

Subito in sella, manca il consueto paragrafo su come è fatta perché c’è, come detto prima, un articolo completo.

Riassumo solo le caratteristiche principali.

Telaio in carbonio OCLV 500, brevetto Trek (la SLR usa OCLV 700), ruote Bontrager Paradigm 25 gommate Bontrager GR1 Team Issue tubeless, trasmissione Sram Rival XPLR (ossia dedicata al gravel) con monocorona da 40T e pacco pignoni 12v 10-44, dischi da 160 morsi da pinze ad azionamento idraulico, sella Bontrager Verse Comp, piega ancora Bontrager Elite Gravel, attacco manubrio sempre griffato dalla casa.

Taglia usata in questo test la 54, che mi calza come un guanto. Solo verso la fine del test ho dovuto ruotare leggermente il manubrio per alzare un poco i comandi (più pratico e veloce rispetto a togliere nastro) a causa del riacutizzarsi dei miei problemi al braccio destro. 

Diversamente dal test della sorella in alluminio, con questa SL6 non ho usato ruote diverse né gomme differenti, stavolta mi sono tenuto sul prodotto di serie dall’inizio alla fine. 

Perché lì chiesi il solo telaio, poi avrei provveduto io ad allestirlo. Qui bici completa, è rimasta come mamma Trek l’ha fatta. Anche se la voglia di metterci sotto un bel paio di rotelle più leggere…

Ma no, basta chiacchiere, pedaliamo.

Prima uscita, breve, dedicata al solito setup della posizione.

E subito primo dubbio fugato.

La Checkpoint SL6 è sportiva si ma non hai quel colpo secco, quello scatto immediato che altri telai gravel trasmettono da subito.

Ti inganna esattamente come fece alla sua prima uscita la sorella in alluminio: sembra paciosa, quasi indolente.

Ma stavolta non mi sono lasciato fregare, sono tornato a casa col sorriso e preparato tutto l’occorrente per la prima uscita di prova, su strada. 

Ossia pavé a iosa, asfalto malmesso, pochissimo decente.

Quasi superfluo dire che nessuna asperità ha impensierito questa Checkpoint; vuoi per l’impostazione gravel, vuoi per le gomme eccellenti, vuoi per l’Isospeed che spiana le difficoltà, il risultato è stato viaggiare sul velluto.

Ma questo me lo aspettavo, non mi ha sorpreso più di tanto. Anzi, era esattamente quello che pretendevo da questa bici.

Del resto il vantaggio di una buona gravel è proprio potersi godere anche la strada malmessa senza patire. Pagando qualcosa in termini di peso e velocità rispetto a una bici sportiva pura.

Arrivati su asfalto liscio la sorpresa però c’è stata.

Pagare qualcosa in peso e velocità? Oibò, davvero ben misero prezzo.

Trovandosi a spingere, la Checkpoint SL prende velocità con regolarità, la precisa spaziatura della cassetta nella parte bassa mantiene la cadenza, se non fosse per la gomma tassellata sotto il naso non le affibbieresti l’etichetta gravel.. 

A limitare le potenzialità sportive credo concorrano due elementi. Le ruote di serie, ottime per la tipologia di bici ma non veloci come altre di casa Bontrager che ho usato, e la corona anteriore. 

Si, alla fine lo sviluppo metrico c’è, però i rapporti non sono solo numeri sulla carta. Spingere il 40/10 (corona/pignone) significa andare veloci, senza dubbio. Però manca quella “rotondità”, quella sensazione di spinta che ti offre una guarnitura stradale.

Con un monocorona, su strada, ti sembra di far più fatica senza ottenere la velocità che lo sforzo dovrebbe ripagare.

Poi, dati alla mano, sei veloce. E allora pensi, io penso, sia più che altro la mia personale incapacità di adattarmi al monocorona. 

Del resto ho faticato anni per abituarmi alla compact, ho ancora difficoltà a metabolizzare la 46/30 da gravel, mentre scrivo queste note mi sto godendo (in pianura…) una 52/36, potete capire che sul punto non riesco ad essere del tutto obiettivo.

Comunque, monocorona o no, mentre stavo lì pancia a terra sulla Checkpoint, mi ha assalito un altro tarlo: ma la Trek Domane SL, che ho provato lo scorso anno, di quanto è stata più veloce?

Così sono andato a ripescare gli appunti di quel test e appurato che si, la Domane su tutti i percorsi stradali è stata ogni volta più veloce (vi ricordo che uso sempre le identiche strade per i test, proprio per avere parametri certi), ma è comunque più leggera, ruote più performanti, gomme stradali, trasmissione pure ecc ecc.

Ma la differenza non è così ampia come si potrebbe credere. Dove la Checkpoint ha mostrato un divario maggiore rispetto alla sorella di casa è stato sul passo veloce su lunghe distanze. In pratica con la gravel ti stanchi prima.

Lungi da essere un limite, anzi.

Io qui non sto paragonando due gravel tra loro: io la sto confrontando con una delle più veloci bici endurance sul mercato. Anzi, con la endurance che quasi tutta la stampa mondiale ha indicato come la più veloce sul mercato. Mica poco…

Certo, poi ci sarebbe da filosofeggiare su questa sorta di sovrapposizione, con bici gravel sempre più veloci e bici endurance che non temono strade bianche per cui, alla fine, il ciclista è giustamente disorientato. Vabbè, magari una altra volta, per ora continuiamo a goderci la nostra Trek Checkpoint SL.

Ora portiamola sul suo potenziale terreno d’elezione, almeno volendo rispettare l’etichetta gravel. Che, ne parlerò meglio nelle conclusioni, anticipo le va stretta ma suppongo lo abbiate già compreso da quanto scritto poco sopra.

Appena lasci l’asfalto per imboccare il sentiero battuto e ti prepari agli inevitabili scossoni che impongono un calo di ritmo beh, diciamo che abbassi lo sguardo per accertarti di essere effettivamente in fuoristrada.

Se dovessi identificare un elemento preponderante rispetto agli altri, direi che l’Isospeed è protagonista. Una tecnologia che malgrado conosca ormai da qualche anno, non finisce mai di stupirmi per l’ottima resa. 

E che su una gravel calza a pennello.

Però sarebbe un errore dare a questo disaccopiatore tutti i meriti dell’eccellente resa dinamica della Checkpoint SL.

Ripeto sempre che una bici è ben più della somma dei componenti, è l’amalgama.

E qui ogni elemento è perfettamente fuso nell’insieme.

Il telaio risponde con enorme sincerità, apparentemente poco pronto (non hai, già detto, la “botta” che ti rimandano altre bici) ma reattivo e stabile; la forcella infonde una sicurezza incredibile, con l’avantreno che segue preciso la linea impostata, l’Isospeed assicura comfort e trazione pedalando seduti (ricordo che in piedi non si aziona), le ruote sono perfette in questo habitat (un poco più leggere e sarebbero eccellenti), le gomme convincono per tenuta e comfort (sono tubeless) e persino il monocorona (che si è capito non è nelle mie corde) si lascia apprezzare.

La scatola movimento, corposa, è ben rigida; il gesto della pedalata si trasmette senza soluzione di continuità lungo i foderi arrivando preciso alla ruota motrice. Credo di averlo già scritto nella presentazione, comunque lo ripeto qui: la zona meglio riuscita, per efficacia, è quella posteriore.

Certo, scindere un telaio è un errore, anche perché qui tutto è ben studiato. 

Ma tra Isospeed e disegno/geometria/andamento delle fibre abbiamo una bici stabilissima, con un retrotreno che non saltella, non stantuffa nei rilanci, mantiene trazione e pedalando da seduti (quindi con Isospeed in azione) spiana le asperità.

Solo quando abbiamo dossi in rapida successione, penso a quelli che incontro spesso lasciati dai mezzi agricoli dopo le piogge, c’è una leggera risonanza dell’Isospeed; che è più morbido di quello che provai sulla Domane, si avvicina tanto come azionamento a quello della Procaliber, Mtb di casa Trek.

Ma non basta.

La sella è comodissima, avevo testato la sorella in carbonio e qui, peso a parte, ho trovato quasi intatte tutti i pregi. 

La piega, che avevo in lista come componente da richiedere in prova e mi è arrivata con tutta la bici intorno, ha quote perfette per la guida arrembante in fuoristrada.

Unendo tutti i punti ne vien fuori un comportamento dinamico velocissimo ma soprattutto la caratteristica che più mi ha colpito: la facilità di guida.

Ora una dirà: bella forza, è una bici, che sarà mai, difficile da guidare? Suvvia…

Invece no, sia perché una bici si guida, letteralmente; e sia perché mi sono ritrovato a compiere in piena e totale sicurezza manovre che con altre bici, compresa la sorella Checkpoint ALR, richiedono una certa cautela.

In bici contano le gambe, lo sappiamo; io ripeto sempre che la testa conta di più.

La padronanza offerta dalla Checkpoint SL, il senso di sicurezza, la certezza potrei dire che qualunque imprevisto sarà risolto senza affanno, ti permette di spingere forte.

Ora non so voi, io la chiamo appunto facilità di guida. Altri diranno feeling o chessò, ma il risultato non cambia.

Ossia grande divertimento, che poi dovrebbe essere lo scopo di andare in bici, almeno per me.

Entrando più in dettaglio, ossia basandoci sull’allestimento di questa versione SL6 (ricordo infatti esistono altre varianti), torno sul comparto trasmissione e freni.

Marchiato Sram, monocorona, freni idraulici.

Nella guida in fuoristrada i pignoni più piccoli non servono, si viaggia in pianura tenendosi nella parte medio alta della cassetta e qui, diversamente dall’asfalto, ho apprezzato meglio la scelta tecnica della singola corona.

Merito di una perfetta spaziatura, devo dire che Sram ha fatto un eccellente lavoro, e di una attuazione elettrica (trasmissione wireless ETap) che ha mandato in soffitta le incertezze e i ritardi di risposta delle prime versioni.

Che però erano più sul deragliatore che sul cambio, ma visto che qui il deragliatore non c’è proprio, beh, suppongo siano spariti i difetti di gioventù pure lì, quando c’è. E, chiariamo, mi riferisco agli esordi, poi per tanti motivi non ho più avuto occasione di tenere con me una bici ETap per molto tempo.

Migliorata anche l’ergonomia delle leve; non sono riuscito però a vincere la perplessità dei comandi trasmissione sdoppiati, ossia un pulsante a destra per scendere di pignone, uno a sinistra per salire. Preferibile alla leva sinistra vuota di tante trasmissioni monocorona e che sempre mi mette tristezza, richiede però un poco di apprendistato, soprattutto se hai più bici montate tutte diverse (io) e la memoria non è tua virtù (sempre io).

Ben più importante e tangibile il netto miglioramento nel comparto freni.

Siamo lontani anni luce dalla resa del tutto ipotetica di quel primo impianto idraulico della famiglia Red, quindi teoricamente il top di gamma per chi ama queste classificazioni, che mi fece dubitare seriamente delle capacità dei tecnici e collaudatori della casa americana.

Rispondendo a qualche commento, non ricordo ora in quale articolo, forse la presentazione di questa bici, avevo espresso alcune remore sull’efficacia.

I successivi chilometri e una puntigliosa manutenzione hanno ridato smalto all’impianto. A mia discolpa, avevo risposto con la bici appena ricevuta, giusto l’assetto e la prima sgrossata, e ancora non ci avevo messo mano. Anche perché la bici ricevuta per il test era reduce dagli strapazzi di altre testate, che fosse stanca è normale. Poi con me si è riposata…

Tornando ai freni, ben pronti a bassa velocità, modulabili e precisi, lamentano solo un certo repentino calo di resa nelle lunghe discese.

Anche qui però devo fare la tara, perché i rotori mi hanno convinto poco e credo siano loro i responsabili. Scaldano tantissimo, facendo quindi perdere efficacia a tutto l’impianto.

Ovviamente questa è una condizione che si verifica su asfalto e non in fuoristrada, avrei dovuto inserire questa nota prima.

In fuoristrada discese a tutta, lunghe, non ci sono. Non con una gravel almeno, la Mtb è altra cosa.

Ci sono però i passaggi ripidi, tipici dei boschi, tipici della Mtb direi e qui poter contare su una frenata modulabile ma subito pronta, poter bloccare la ruota a piacimento conservando ottima sensibilità sul comando è quello che serve.

Anche perché la Checkpoint non disdegna i percorsi più difficili.

Dove solo le coperture si arrendono al terreno pesante ma ci sta, non sono gomme da fango. Con due tassellate si va ovunque, ne ho ragionevole certezza malgrado stavolta mi sia imposto di non cambiare una virgola rispetto all’allestimento di serie.

Così come la piega, anche queste gomme marchiate Bontrager erano in lista sul mio notes in previsione di un test.

Ma visto che mi è toccata, appunto, tutta la bici, direi che va bene così.

E vanno benissimo pure loro.

Mi ricordano moltissimo la resa, anzi, dovrei dire il comportamento globale, dei Panaracer Gravel King. 

Sono tubeless, la bici mi è stata consegnata in questa configurazione, e ovviamente rendono al meglio senza le camere.

Grazie anche ai cerchi di larga sezione, studiati proprio per gommature generose.

Cerchi, e ruote nel complesso, che ho definito perfette per il carattere di questa bici.

Sono ruote poliedriche queste Bontrager Paradigm, con la giusta altezza (25) per potersi adattare a ogni condizione e stile di guida.

Morbide ma non flaccide, non lamentano torsioni eccessive, precise e tetragone agli sforzi.

Nei rilanci in piedi sui pedali avverti un leggero svergolamento, ma più che laterale è verso il basso. Credo, alla fine, sia più la gomma che si schiacci al suolo (ricordo che lavorano su pressioni molto basse e sono morbide di carcassa) che la raggiatura a cedere.

Il corpetto ruota libera ha tecnologia Rapid Drive, con 54 denti di presa contro i 108 delle sorelle Aeolus.

Trasmissione precisa della pedalata senza punti morti, immediata direi. Insomma, l’efficacia non è dimezzata rispetto al Rapid Drive 108 che ho usato la scorsa estate.

Quello che invece sembra non dimezzato ma raddoppiato è il “canto” della ruota libera, tanto che in discesa spesso pedalavo per avere un attimo di silenzio. E vabbè, invecchio, brontolo…

Non sono leggerissime sulla bilancia questa Bontrager Paradigm ma non dimentichiamo che la famiglia Checkpoint SL è meno costosa della famiglia SLR, ossia quella con carbonio 700 e allestimenti più lussuosi.

Nella valutazione qualità prezzo direi che ci siamo.

E, come detto poco fa, vantano una robustezza a tutta prova.

Ne hanno prese di botte in questo test…

Non tutte volontarie, molte a causa di errori miei di guida. Ma ti sembra tutto così facile alla guida di questa Checkpoint che dimentichi quanto sei scarso. Ok, quanto sono scarso.

Però non dimentico che su una bici devi provare ogni potenziale condizione d’uso.

E siccome questo telaio è sforacchiato più di una groviera, con attacchi per borse e accessori, mi è venuto il dubbio che forse la bici ha una sua anima turistica, da globetrotter. Visto che significa l’esperienza, eh? Acuto che sono…

Ho scelto due diversi assetti: bikepacking e portapacchi con borse.

Trek prevede una serie di borse da bikepacking specifiche, mi sembrava superfluo richiederle per valutare il comportamento della bici, bastano quelle che ho già in casa. Certo, se poi volessimo organizzare un test anche delle borse, vorrà dire che mi farò rimandare anche la bici intorno, pare che questa cosa funzioni bene. No è? Ok, vado avanti.

Non ho montato la borsa da manubrio semplicemente perché…non la trovo più. O l’ho prestata e chi si ricorda a chi o vattelapesca dove l’ho messa.

Comunque, poiché ero agli sgoccioli dei giorni che potevo tenere la bici e il meteo prevedeva più giorni consecutivi di pioggia, sono uscito in assetto semi completo.

Solito carico di bottiglie d’acqua e gommapiuma per mantenerle, via a fingersi viaggiatore avventuroso.

La guidabilità della bici non ha risentito del carico aggiuntivo tranne che per una leggera perdita di precisione dell’avantreno a bassa velocità. E ci sta tutta perché di fatto l’anteriore era scarico per mia smemoratezza.

La borsa da telaio rende inaccessibili gli attacchi superiori per le borracce, caratteristica comune a questo tipo di borsa. Ma si può ovviare con portaborraccia a estrazione laterale e non dimentichiamo che abbiamo il terzo attacco sotto l’obliquo (affogato nella piastra protettiva), che in foto non ho sfruttato.

Oltre quelli sulla forcella, quindi a secco non restiamo.

Io però sono un tradizionalista e mi piacciono portapacchi e borse, quindi ho montato pure loro.

Trek, sempre col marchio Bontrager, offre portapacchi e borse dedicate alle sue bici. Anche in questo caso ho ritenuto inutile chiederle, visto che potevo sfruttare la dotazione dell’officina. E soprattutto stavolta sapevo esattamente dov’era riposto il tutto, che è un bel vantaggio.

Sono ricorso a un set di portapacchi BacMilano, azienda dell’amico Alfonso, montare il tutto è stato un attimo perché il telaio della Checkpoint SL ha fori ben spaziati e con le bussole affogate con precisione nella fibra. Bussole che godono di adeguato rinforzo.

Due borse dietro, due avanti, carico ben bilanciato sugli assi: si viaggia come su un binario.

In discesa, ovvio, e chi ce la fa a salire con tutto quel peso aggiuntivo…

In ambedue i casi, bikepacking e borse tradizionali, ho benedetto il padellone finale, quel pignone da 44 che in accoppiata alla corona da 40 (quindi un rapporto inferiore a 1:1) mi ha salvato la gamba in più di una occasione.

A vederlo da fermo continua a farmi strano un pignone grosso poco più della la corona da salita che usavo da ragazzo, ma non sono più ragazzo e quindi va bene così.

Bene, abbiamo analizzato più o meno tutti gli aspetti, passiamo alle conclusioni per fare il punto. Anche perché se scrivevo tutto qui, poi dopo che facevo?

Voltiamo pagina.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Lorenzo</cite>

    Non dubitavo dell’ottima riuscita di questa Checkpoint. Da utilizzatore di freni SRAM su mtb (anche se lo ammetto, di bassa gamma) ho ritrovato le tue sensazioni, modulabilità a pacchi, potenza (soprattutto in caso di discese lunghe) carente. Come te ho pensato che il problema fossero i dischi, passando così dai rotori da 160 di serie a dei galfer da 180….il miglioramento c’è stato ma che devo dire, non mi convincono fino in fondo.

    Infine, ne parlavamo nell’articolo di presentazione della bici, sono curioso di capire cosa ne pensi del mono su gravel. Mi pare che non ti abbia del tutto persuaso….io da grande fautore del mono su mtb credo che in gravel non c’entri l’obiettivo, a mio avviso l’ideale sarebbe avere una cassetta posteriore 12v tipo 10-40 o 11-42 e una doppia davanti. Ma a parte la rapportatura che si può avere con il mono è proprio l’architettura di questo tipo di cambio che non mi convince tantissimo…..quando il deragliatore sta sugli estremi (sopratutto sul padellone) l’angolo a cui è costretta la catena non mi piace molto, su percorrenze da mtb ci può stare (troppi i benefici!) in ambito gravel invece mi pare una forzatura.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Lorenzo, diciamo che questo Rival non ha freni eccellenti ma si difendono bene; soprattutto hanno una resa che fa dimenticare i fallimentari Red prima versione.
      Il monocorona, lo ripeto da tempo, non è una cattiva soluzione in sé ma non è la soluzione universale come troppi credono.
      Per il mio modo personale di vivere la bici e di vivere il gravel, una doppia mi è più congeniale.
      Ma ne conosco tanti, soprattutto ciclisti che vengono dalla Mtb, che invece con la doppia litigano.
      Del resto in questa recensione ho parlato per dovere di freni e trasmissione perché erano lì.
      Però dissi che avevo poca scelta, l’unica 54 disponibile era la 6, avessi avuto la scelta che c’era sino a due anni fa e non l’attuale penuria, avrei chiesto per me una 5 nella famiglia SL.
      Però il vantaggio di quando acquisti è che puoi scegliere, quindi l’importante è che chi voglia una doppia, la troverà; chi il mono, troverà uguale.
      Quando invece chiedi una bici test (ripeto, è un problema da post pandemia, il mercato finale è una cosa diversa) i sample test scarseggiano e se vuoi scrivere devi anche accettare cosa c’è disponibile.
      A me in ogni caso interessava il telaio, quindi mi va benissimo così perché mono o doppia, quello mi ha soddisfatto e pure di più.
      E visto che la bici è ancora qui da me perché il corriere latita da due settimane per ritirarla, mi sa che la tiro fuori di nuovo…

      Fabio

  • <cite class="fn">Vincenzo Muccione</cite>

    Buonasera Fabio, per favore puoi indicare le tue misure, altezza e cavallo; riformulo la domanda in modo meno invasivo per la tua privacy, io sono alto 170 cm ed ho cavallo 80 cm, il configuratore Trek indica per me la taglia 54, che è appunto quella da te testata, ritieni sia corretta anche per me? Da qualche parte leggevo che qualche rivenditore tende a suggerire la 52, non riesco a capire. Grazie per il tempo che mi dedicherai

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Tranquillo Vincenzo, le mie quote non sono nulla di che. 172 con 82 di cavallo.
      Come ti ho già detto, questa l’ho avuta in tg M e mi ci sono trovato perfettamente. E ha le stesse geometrie della attuale AL, che è diversa dalla ALR che ho testato anni fa.
      E come già detto, io senza vedere il ciclista sulla bici non mi pronuncio, troppe variabili, le sole misure non bastano per avere certezza.
      Di sicuro la 52 attuale, di fatto la vecchia 54 più o meno, ti va bene.

      Fabio

  • <cite class="fn">Vincenzo Muccione</cite>

    Grazie Fabio, sei stato gentilissimo e chiaro come sempre. Buona giornata

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